ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 17 della legge
13 aprile  1977,  n. 114  (Modificazioni alla disciplina dell'imposta
sul  reddito  delle  persone  fisiche),  promosso  con  ordinanza del
18 marzo  2003  dalla Commissione tributaria provinciale di Prato sul
ricorso  proposto da Bigozzi Luciana contro l'Agenzia delle entrate -
Ufficio  di  Prato  2  ed  altra,  iscritta  al  n. 843  del registro
ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 43, 1ª serie speciale, dell'anno 2003.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 26 maggio 2004 il giudice
relatore Annibale Marini;
    Ritenuto  che la Commissione tributaria provinciale di Prato, con
ordinanza  del  18 marzo 2003, ha sollevato questione di legittimita'
costituzionale   dell'art. 17  della  legge  13 aprile  1977,  n. 114
(Modificazioni alla disciplina dell'imposta sul reddito delle persone
fisiche), «con riferimento agli artt. 1, 6 e 7 della legge n. 212 del
2000  in  relazione  agli  artt. 3,  23, 53 e 97 ed anche all'art. 24
della Costituzione»;
        che  il  giudizio  a  quo  ha ad oggetto l'impugnativa di una
cartella esattoriale per difetto degli atti presupposti e per carenza
di motivazione;
        che,  per  quanto  risulta  dall'ordinanza  di rimessione, la
cartella  sarebbe  stata  emessa  a seguito di avvisi di accertamento
notificati  al  coniuge  della  ricorrente,  in  virtu'  della  norma
impugnata  secondo la quale, nel caso di dichiarazione congiunta, gli
accertamenti  in  rettifica  sono  effettuati  a  nome  di entrambi i
coniugi e notificati al marito;
        che  il  rimettente  dichiara  di  non  ignorare che la norma
censurata  ha  gia'  piu'  volte  superato  il vaglio di legittimita'
costituzionale con riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione;
        che,  tuttavia,  il  quadro  di  riferimento  sarebbe,  a suo
avviso,  mutato  a  seguito  della  entrata  in  vigore  della  legge
27 luglio  2000,  n. 212  (Disposizioni  in  materia  di  statuto dei
diritti  del  contribuente), la quale, oltre a prevedere, all'art. 1,
che  la  deroga  o  la  modifica delle disposizioni in essa contenute
debba  essere  espressa  e mai frutto di una legge speciale, dispone,
agli artt. 6 e 7, che sia assicurata dall'amministrazione l'effettiva
conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati e che
gli  stessi  siano adeguatamente motivati anche tramite l'allegazione
degli atti presupposti eventualmente richiamati;
        che   la  norma  impugnata  sarebbe  in  contrasto  con  tali
principi,  in quanto, in caso di dichiarazione congiunta dei redditi,
esonera  l'ufficio  dall'onere di notificare l'avviso di accertamento
ad  uno  dei  coniugi  e  non  prevede (in sede di notificazione alla
moglie   della  cartella  esattoriale)  l'obbligo,  quanto  meno,  di
allegare  all'atto  ingiuntivo l'avviso di accertamento che sia stato
precedentemente notificato solo al marito;
        che  di  conseguenza  la  norma  stessa violerebbe i precetti
costituzionali   di   efficienza,  correttezza  e  trasparenza  della
pubblica  amministrazione,  di cui all'art. 97 della Costituzione, il
principio di eguaglianza, di cui all'art. 3 della Costituzione, ed il
principio   di  capacita'  contributiva,  di  cui  all'art. 53  della
Costituzione,  «come  codificati  dall'art. 1  della richiamata legge
n. 212 del 2000»;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, concludendo per la declaratoria di inammissibilita' o comunque
di manifesta infondatezza della questione;
        che, ad avviso della parte pubblica, la legge n. 212 del 2000
-  meramente  attuativa  dei  precetti  costituzionali richiamati dal
rimettente   -   non   modificherebbe   in   alcun   modo  il  quadro
costituzionale  alla stregua del quale la Corte ha piu' volte escluso
l'illegittimita' costituzionale della norma censurata;
        che,  in  particolare, i principi enunciati dagli artt. 6 e 7
della  suddetta  legge costituirebbero parametro di valutazione della
legittimita'   degli   atti   posti  in  essere  dall'amministrazione
finanziaria   e   non   delle  disposizioni  legislative  in  materia
tributaria;
        che  la  questione,  oltre  che  inammissibile per carenza di
motivazione  riguardo  a  tutti i parametri evocati, sarebbe percio',
nel merito, manifestamente infondata.
    Considerato    che   il   rimettente   ravvisa   l'illegittimita'
costituzionale   dell'art. 17  della  legge  13 aprile  1977,  n. 114
(Modificazioni alla disciplina dell'imposta sul reddito delle persone
fisiche), nel contrasto con i principi enunciati negli artt. 1, 6 e 7
della  successiva  legge  27 luglio  2000,  n. 212  (Disposizioni  in
materia  di  statuto  dei  diritti  del contribuente), implicitamente
qualificati come norme interposte;
        che   siffatta   qualificazione   sembra  fondarsi  -  senza,
peraltro,  alcuna  espressa  motivazione  -  sul  solo  dato testuale
rappresentato  dall'art. 1  della  legge n. 212 del 2000, secondo cui
«le   disposizioni   della   presente   legge,  in  attuazione  degli
articoli 3,  23,  53  e 97 della Costituzione, costituiscono principi
generali  dell'ordinamento  tributario  e  possono  essere derogate o
modificate solo espressamente e mai da leggi speciali»;
        che   la   giurisprudenza   di  legittimita'  e  la  dottrina
prevalente sono viceversa concordi nell'affermare che le disposizioni
della   legge   n. 212  del  2000,  proprio  in  ragione  della  loro
qualificazione  in  termini  di  principi  generali dell'ordinamento,
rappresentano   (non   gia'   norme   interposte   ma)   criteri   di
interpretazione  adeguatrice  della  legislazione  tributaria,  anche
antecedente;
        che  pertanto  i  parametri  evocati  non  risultano idonei a
fondare  il  giudizio  di legittimita' costituzionale, dovendo invece
ritenersi  che  il  giudice  a  quo  possa eventualmente fare diretta
applicazione  della  citata  legge  n. 212  del  2000,  valutando  la
possibilita'   di   una   interpretazione   adeguatrice  della  norma
censurata, in senso conforme ai principi espressi dagli artt. 6 e 7;
        che    la    questione    risulta    percio'   manifestamente
inammissibile.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.