ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di ammissibilita' del conflitto tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito  delle ordinanze e della sentenza pronunciate dalla
Corte  d'appello  di  Milano  -  sezione  IV  penale, all'udienza del
10 novembre  2001,  che  hanno  respinto le istanze di rinvio a nuovo
ruolo,  motivato  da  impegni  di  governo,  dell'on.  Umberto Bossi,
promosso  dal Ministro - pro tempore - per le riforme istituzionali e
la   devoluzione   on.  Umberto  Bossi,  con  ricorso  depositato  il
18 novembre  2003  ed  iscritto al n. 255 del registro ammissibilita'
conflitti.
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 28 aprile 2004 il giudice
relatore Franco Bile.
    Ritenuto  che  con  ricorso  dell'11 novembre 2003, depositato il
18 novembre 2003, l'on. Umberto Bossi, nella sua qualita' di Ministro
per le riforme istituzionali e la devoluzione, ha sollevato conflitto
di attribuzione tra poteri dello Stato a seguito delle ordinanze rese
dalla  Corte  d'appello  di  Milano  - sezione IV penale, all'udienza
dibattimentale  del 10 novembre 2001, e della sentenza pronunciata in
pari  data,  con  cui veniva disattesa l'istanza preliminare dei suoi
difensori  di  rinvio  a  nuovo  ruolo  del  processo per impedimento
consistente  nel  fatto  che, il giorno 10 novembre 2001, l'on. Bossi
doveva  sovrintendere  ad  alcune  attivita' connesse al suo incarico
ministeriale e non poteva prendere parte all'udienza fissata;
        che,   secondo  il  ricorrente,  «spetta  al  Ministro  (...)
stabilire  insindacabilmente  l'agenda dei lavori e degli impegni che
lo   riguardano  e  che  discendono  dalla  carica  ricoperta»,  onde
costituisce  illegittima  compressione  di  tale  potere la decisione
della  Corte d'appello che ha posto il ricorrente nella condizione di
dover scegliere tra l'esercizio del diritto inviolabile di difesa nel
processo e l'adempimento dei suoi doveri d'ufficio;
        che  il  ricorrente chiede quindi alla Corte di affermare che
«il    sindacato    giurisdizionale    sugli   impedimenti   connessi
all'esercizio  di  un  potere costituzionale esula dalle attribuzioni
dell'autorita'  giudiziaria,  cui  non  spetta,  pertanto, operare un
giudizio di bilanciamento tra interessi non comparabili, tali essendo
le esigenze del processo ed i poteri connessi alla carica di Ministro
della Repubblica».
    Considerato  che  in  questa  fase  la Corte e' chiamata, a norma
dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87,
a  delibare  in  camera  di  consiglio  e senza contraddittorio se il
ricorso  sia  ammissibile,  verificando se ne sussistano i prescritti
requisiti  oggettivi  e soggettivi di cui al primo comma del medesimo
art. 37;
        che, quanto all'aspetto soggettivo, questa Corte ha gia' piu'
volte affermato che i singoli Ministri non sono legittimati ad essere
parte  di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, mentre
tale  legittimazione  e'  stata  riconosciuta  nelle ipotesi (che non
ricorrono    nella   specie)   delle   competenze   direttamente   ed
esclusivamente conferite al Ministro della giustizia dagli artt. 107,
secondo  comma,  e  110 della Costituzione (sentenza n. 420 del 1995;
ordinanze  n. 216  del  1995 e n. 38 del 1986) e del voto di sfiducia
individuale  espresso  dal  Parlamento  nei  confronti di un Ministro
(ordinanza n. 470 del 1995);
        che,  al  di  fuori  di  queste  fattispecie, e' il Governo a
prendere  parte  - in funzione dell'unita' dell'indirizzo politico ed
amministrativo,  proclamato  dal  primo comma dell'art. 95 Cost. - ai
conflitti tra poteri dello Stato (sentenza n. 150 del 1981; ordinanza
n. 123 del 1979);
        che   pertanto   il   Ministro   ricorrente,  non  esprimendo
definitivamente  la volonta' del potere esecutivo cui appartiene, non
e'  legittimato  a  far  valere, con ricorso per conflitto tra poteri
dello   Stato,   l'interferenza   in   tali  attribuzioni,  e  quindi
nell'azione  di  governo (art. 95 Cost.), da parte di un altro potere
dello Stato;
        che,  risultando  prima  facie  il  difetto  del  presupposto
soggettivo del sollevato conflitto, puo', gia' in questa Sede, essere
dichiarata l'inammissibilita' del ricorso ai sensi dell'art. 37 della
citata  legge  n. 87  del  1953, senza necessita' di instaurare alcun
contraddittorio.