LA COMMISSIONE TRIBUTARIA Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 1385/2003 depositato il 7 ottobre 2003 avverso avviso irrogazione sanzioni n. 796LS0300042 assente 2002 sanzione amministrativa contro Agenzia entrate - Ufficio Bologna 2, proposto dai ricorrenti: Bar Trattoria da Luisa Di Riva Sergio e C. s.n.c. in persona del legale rappresentante Riva Sergio, piazza Massarenti n. 1 - 40046 Porretta Terme (Bologna), difeso da Sichi rag. Massimiliano, piazza IV Novembre n. 5/5 - 40038 Vergato (Bologna); Riva Sergio, via Pieve Caporali n. 1 - 40030 Castel di Casio (Bologna), difeso da Sichi rag. Massimiliano, piazza IV Novembre n. 5/5 - 40038 Vergato (Bologna). La Commissione Tributaria provinciale, Sezione prima, di Bologna, visti gli atti e i documenti relativi alla controversia di cui in epigrafe, ha pronunciato la seguente ordinanza. Osservando quanto segue in Fatto e diritto Con ricorso depositato il 7 ottobre 2003 e diretto alla Commissione Tributaria provinciale di Bologna la Soc. Bar Trattoria da Luisa di Riva Sergio & c. S.n.c., con sede in Porretta Terme, in persona del proprio legale rappresentante sig. Riva Sergio, impugnava l'atto di irrogazione sanzioni emesso dall'Agenzia delle entrate di Bologna 2, notificato a mezzo del servizio postale in data 2 settembre 2003. La societa' ricorrente esponeva che in data 26 novembre 2002 l'INPS di Bologna, a seguito di accesso ispettivo ai sensi dell'art. 1, comma 7 della legge n. 383/2001, accertava che il giorno 23 novembre 2002, in occasione di una serata particolare dedicata alla degustazione di vini e formaggi, prestava la propria attivita' in qualita' di aiuto cuoco il sig. Sauro Bernardini, pur non risultando iscritto nei libri obbligatori. Il verbale di accertamento veniva trasmesso all'Agenzia delle entrate che applicava la sanzione amministrativa pecuniaria di cui all'art. 3, comma 3, legge n. 73 del 23 aprile 2002, determinata in euro 28.068, come risulta dall'atto impugnato. In diritto la ricorrente, nel chiedere l'annullamento dell'atto, deduce che la sanzione di che trattasi e' illegittima in quanto e' stata inflitta in aperta violazione degli artt. 6 e 7 del decreto legislativo n. 472/1997, in relazione all'art. 10 della legge n. 212/2000, per non avere l'A.F. tenuto conto delle peculiari cause di non punibilita' ivi previste e della manifesta sproporzione fra l'entita' della imposizione cui la sanzione si riferisce e la sanzione inflitta. A tal riguardo, la ricorrente ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 3 del decreto-legge del 22 febbraio 2002, come introdotto dalla legge di conversione 23 aprile 2002, n. 73, per disparita' di trattamento sanzionatorio, rispetto a situazioni esattamente identiche fra loro. Con memoria depositata il 22 ottobre 2003, si e' costituita l'Agenzia delle entrate di Bologna 2, deducendo che la ricorrente non ha proposto difese nel merito della irrogazione della sanzione, avvenuta peraltro dopo la scadenza del termine del 30 novembre fissato per la eventuale regolarizzazione della irregolarita' accertata. L'Ufficio non ha preso, invece, posizione in ordine alla sollevata questione di legittimita' costituzionale. All'udienza pubblica del 10 marzo 2004, dopo che il Collegio aveva disposto la sospensione dell'atto impugnato, si e' svolta la trattazione della controversia. Ritiene il Collegio che va sollevata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 3 della legge n. 73/2002 di conversione del d.l. n. 12/2002, in tema di modifiche alle disposizioni in materia di lavoro irregolare, in quanto la stessa appare rilevante e non manifestamente infondata. La norma censurata stabilisce testualmente: «Ferma restando l'applicazione delle sanzioni previste, l'impiego di lavoratori dipendenti non risultanti dalle scritture o altra documentazione obbligatorie, e' altresi' punito con la sanzione amministrativa dal 200 al 400 per cento dell'importo, per ciascun lavoratore irregolare, del costo del lavoro calcolato sulla base dei vigenti contratti collettivi nazionali, per il periodo compreso tra l'inizio dell'anno e la data di constatazione della violazione». Tale disposizione e' in aperto contrasto con il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., poiche' la stessa crea una evidente e ingiustificata disparita' di trattamento fra il datore di lavoro che si avvale di lavoratori irregolari, come tali accertati all'inizio dell'anno e l'azienda che, pur nelle stesse condizioni, e', invece, oggetto di accertamento alla fine dell'anno. Basti considerare che se il datore di lavoro si avvale di dipendenti irregolari impiegati per piu' anni, lo stesso e' favorito nel caso in cui l'irregolarita' venisse accertata all'inizio dell'anno, atteso che in detta ipotesi egli sara' soggetto ad una sanzione minima rispetto a quella che verrebbe inflitta a quel datore nei cui confronti l'irregolarita' fosse accertata negli ultimi giorni dell'anno, posto che egli sarebbe assoggettato ad una sanzione ugualmente commisurata al costo del lavoro di un intero anno. Infatti, appare fin troppo evidente che il momento di accesso dell'organo ispettivo, di carattere del tutto volontario, discrezionale e in ipotesi anche arbitrario, determina il fatto costitutivo dell'ammontare della sanzione, che cosi' non e' ancorato ad un fatto di carattere oggettivo e da chiunque verificabile. Viceversa, la sanzione dovrebbe essere commisurata alla durata di effettivo ricorso a tale forma di lavoro irregolare e quindi la norma censurata invece di stabilire, tout court, una presunzione assoluta, dovrebbe consentire la prova dell'effettiva durata del lavoro e solo in caso di esito negativo di tale prova, ritenere valida la presunzione di legge che il rapporto irregolare debba farsi decorrere dall'inizio dell'anno fino alla data dell'accertamento della violazione. Ne deriva che in base al vigente tenore della norma impugnata, l'ammontare della sanzione, in modo automatico, e' fatto dipendere esclusivamente dalla data di constatazione della violazione, a prescindere del tutto dall'effettiva durata del comportamento antigiuridico del trasgressore; e cio' non solo in violazione del principio di uguaglianza, posto che in presenza di identica condotta antigiuridica si possono avere sanzioni di diverso ammontare e di diversa gravita'; ma anche in violazione del codificato principio di proporzionalita' della sanzione rispetto alla entita' e gravita' della violazione commessa, essendo quest'ultimo principio alla base della razionalita' informante il principio di eguaglianza. (cfr. Corte cost. 21 gennaio 1999, n. 2). D'altra parte, la stessa norma in quanto non ammette, neanche in sede giurisdizionale, la prova dell'effettiva durata del lavoro irregolare, nel senso dianzi precisato, correlata com'e' al fine di realizzare il principio di proporzionalita' della sanzione rispetto alla entita' della violazione, si pone in evidente contrasto anche con il principio costituzionale del diritto di difesa, di cui all'art. 24 della Costituzione. Le censure di illegittimita' costituzionale come sopra esposte sono rilevanti nel caso di specie ai fini della decisione della controversia, in quanto la violazione era stata accertata il 23 novembre 2002 e al riguardo la ricorrente ha dedotto che l'impiego del Bernardini era avvenuto lo stesso giorno e che da tale giorno era iniziato il rapporto di lavoro, con la previsione della prestazione lavorativa per una sola ora al giorno, per complessive cinque ore settimanali. Ne deriva la irrazionalita' e l'ingiustizia di una sanzione per la cui applicazione la norma non tiene conto di alcuna circostanza effettivamente inerente al caso concreto. Pertanto, la questione di legittimita' costituzionale della norma di che trattasi va rimessa all'esame della Corte costituzionale, con conseguente sospensione del giudizio in corso.