IL MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA

    Vista  l'istanza  di  concessione del beneficio della sospensione
condizionata  dell'esecuzione  della  pena  definitiva ai sensi della
legge  n. 207/2003  proposta  da  Perretta  Michele Arcangelo, nato a
Ripacandida  (Potenza)  il 25 marzo  1953,  detenuto  presso  la Casa
circondariale di Trani, ha emesso la seguente ordinanza.

                      Svolgimento del processo

    Con ordinanza in data 26 giugno 2002 il Tribunale di Sorveglianza
di  Potenza  concedeva  al  nominato in oggetto la misura alternativa
dell'affidamento  T.S.,  successivamente  revocata  con ordinanza del
Tribunale di Sorveglianza di Bari in data 22 dicembre 2003 (in atti),
per violazioni al programma di trattamento.
    Con  istanza  in  data 24 gennaio 2004, il detenuto ha chiesto di
fruire  del  beneficio della sospensione condizionata dell'esecuzione
della   parte   finale   della  pena  detentiva  di  cui  alla  legge
n. 207/2003,  con  riferimento  alla  pena di cui alla sentenza della
Corte  d'assise  di  Bari 1° giugno 2000 (decorrenza pena 24 novembre
2003; scadenza pena 14 novembre 2004).

                       Motivi della decisione

    Ritiene  il decidente di dover sollevare la seguente questione di
illegittimita' costituzionale.
    L'art. 1, terzo comma, lett. d) della legge n. 20720/2003 esclude
dalla  concessione  del  beneficio  della sospensione dell'esecuzione
della  parte  finale  della  pena  detentiva  le persone che, dopo la
condanna,   «siano   state  ammesse»  alle  misure  alternative  alla
detenzione:  espressione  francamente ambigua, poiche' non e' affatto
chiaro se essa riguardi solo i condannati che siano stati ammessi - e
si   trovino   -  in  misura  alternativa  all'atto  della  decisione
sull'istanza  di sospensione condizionata ex legge n. 207/2003 ovvero
anche  i  condannati  che,  dopo  essere  stati ammessi ad una misura
alternativa  alla  detenzione,  ne  abbiano successivamente subito la
revoca [e il caso del nominato in oggetto che - ammesso con ordinanza
in  data  26  giugno 2002 del Tribunale di Sorveglianza di Potenza al
beneficio  dell'affidamento  di  li'  a  poco  subiva  la  revoca del
benefico  con  successiva  ordinanza T.S. di Bari in data 22 dicembre
2003  -  il 24 gennaio 2004 ha presentato, in relazione alla medesima
condanna,  istanza  di sospensione condizionata dell'esecuzione della
parte finale della pena detentiva].
    Ora, a consentire la concessione del beneficio nel caso di specie
non pare sufficiente il disposto dell'art. 7 della legge n. 207/2003,
a  mente del quale «le disposizioni della presente legge si applicano
nei  confronti dei condannati in stato di detenzione ovvero in attesa
di  esecuzione  della  pena  alla  data  di  entrata  in vigore della
medesima»,  poiche'  esso  sembra  avere  solo il valore di «norma di
chiusura»,   destinata  ad  individuare  il  criterio  temporale  per
l'applicazione  del  beneficio  di nuova istituzione, ma non anche di
individuare  le  condizioni sostanziali, soggettive ed oggettive, per
la  concessione  o il diniego del beneficio, che sono invece previste
dall'art. 1  della legge in questione. E la lettera d) di tale ultimo
articolo  prevede  appunto,  tra le condizioni ostative, l'ammissione
del  condannato  ad  una  misura  alternativa alla detenzione, ma non
anche  l'attualita'  di  tale  condizione:  pertanto,  la  condizione
ostativa  ben  potrebbe  ritenersi  integrata anche nei confronti dei
condannati   che,   successivamente   all'ammissione  ad  una  misura
alternativa, ne abbiano subito la revoca.
    Una  diversa  interpretazione  della  norma  -  fondata  sul dato
meramente  letterale  -  appare  in  contrasto  con  la Costituzione,
perche'  ancora  ad  un  dato  meramente  temporale  (essere  o  meno
sottoposto  a misura alternativa alla data di entrata in vigore della
legge) l'ammissione al beneficio, la cui applicazione risulterebbe in
tal  modo  dipendente  da  una  circostanza  meramente  aleatoria, in
violazione dunque del principio di ragionevolezza.
    Per altro verso, poi, essa discrimina ingiustamente la condizione
di  chi,  essendo stato ammesso a misura alternativa alla detenzione,
non  abbia subito la revoca della stessa: questi, infatti, e' escluso
dal  beneficio  della  sospensione dell'esecuzione della parte finale
della  pena detentiva, pur avendo rispettato le prescrizioni di legge
ed essendo dunque piu' meritevole di chi abbia subito la revoca della
misura  alternativa  (che al contrario, in caso di accoglimento della
presente  istanza,  potrebbe  ottenere  il  beneficio  de  quo). Tale
interpretazione  appare  in contrasto con il principio di uguaglianza
sancito dall'art. 3 della Costituzione: se e' vero, infatti, che tale
principio   e'   pur  sempre  rispettato  quando  siano  diversamente
disciplinate situazioni non identiche fra loro, e' anche vero, pero',
che  nel  caso  in  esame  la condizione del condannato cui sia stata
revocata  una  misura  alternativa  e'  si' diversa, ma senz'altro in
senso  peggiorativo,  rispetto  a  quella  di  chi,  ammesso a misura
alternativa,  non  ne  abbia  subito la revoca. Il primo, dunque, pur
trovandosi  in  una  situazione soggettivamente deteriore rispetto al
secondo,  potrebbe  pero'  ugualmente  fruire  del beneficio, con una
vistosa  ed  ingiustificata disparita' di trattamento rispetto a chi,
originariamente  nella  sua stessa condizione, abbia invece tenuto un
comportamento  osservante delle prescrizioni, come tale meritevole di
maggiore  tutela  [senza  tra  l'altro  dimenticare che, in tal modo,
potrebbe  essere  addirittura  legittimato  il  perverso  «gioco»  di
provocare   intenzionalmente  la  revoca  della  misura  alternativa,
soprattutto  se  diversa  dall'affidamento  in  prova  (la detenzione
domiciliare  e  la semiliberta' comportano limitazioni della liberta'
personale  senz'altro  piu'  gravose rispetto a quelle rivenienti dal
c.d.  «indultino»),  al  solo  fine  di  ottenere  successivamente la
sospensione  condizionata  (la  cui  concessione e' «automatica», una
volta  accertata la sussistenza dei presupposti «oggettivi» stabiliti
dal   legislatore),  in  palese  contrasto  con  il  principio  della
finalita'  rieducativa  della  pena sancito dall'art. 27, terzo comma
della Costituzione].
    Ne  consegue  che  il  mancato inserimento, tra le cause ostative
alla  concessione  del  beneficio introdotto dalla legge n. 207/2003,
delle ipotesi di cui al secondo comma dell'art. 58-quater della legge
n. 354/1975  [che  vieta,  nel  caso  di  evoca  di  una delle misure
alternative  (ai  sensi  degli artt. 47 comma 11, 47-ter comma 6 e 51
comma  1  della legge n. 354/1975), la concessione di taluni benefici
penitenziari],  appare per un verso irragionevole [non appare infatti
razionale  un  sistema che, a fronte di determinati comportamenti del
condannato,   gli   neghi   per  un  certo  periodo  alcuni  benefici
penitenziari   (tra   cui  misure  alternative  recanti  prescrizioni
piuttosto  restrittive  della  liberta' personale, come la detenzione
domiciliare  e  la  semiliberta),  ma  nel  contempo gli riconosca il
diritto  di  ottenerne  immediatamente  un  altro piu' favorevole (le
prescrizioni  inerenti  alla sospensione condizionata, assimilabili a
quelle  dell'affidamento in prova, sono senz'altro piu' favorevoli di
quelle  inerenti  alla detenzione domiciliare ed alla semiliberta)] e
per  altro  verso  contrastante  con  i  principi di uguaglianza e di
finalita'  rieducativa della pena [la legge de qua, difatti, consente
la  concessione  al  condannato  resosi responsabile di trasgressioni
agli  obblighi  o addirittura di reati in corso di misura alternativa
(cioe'   ad  un  soggetto  rivelatosi  per  facta  concludentia  poco
affidabile  e  non  meritevole  di  trattamenti  extramurari)  di  un
beneficio   che   invece,   contestualmente,   nega  precisamente  al
condannato  che,  essendo  stato  ammesso  a misura alternativa e non
avendo   commesso  violazioni,  si  presenta  sicuramente  come  piu'
meritevole].
    Consegue  a  tanto  che  appare  non  manifestamente infondata la
questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 1, terzo comma,
lett.  d)  della  legge  n. 207/2003  nella  parte  in  cui  consente
l'ammissione    al    beneficio    della   sospensione   condizionata
dell'esecuzione della parte finale della pena detentiva in favore dei
condannati  che  precedentemente  abbiano subito la revoca, per fatto
colpevole   (e   cioe'   ai   sensi   dell'art. 51-ter   della  legge
n. 354/1975), di una misura alternativa.
    Va  infine evidenziato che la sollevata questione di legittimita'
costituzionale  rileva direttamente nel caso di specie, poiche' dalla
pronuncia  su  di  essa  dipende la decisione in ordine alla proposta
istanza.