IL MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA

    Vista  l'istanza  di  concessione del beneficio della sospensione
condizionata  dell'esecuzione  della  pena  detentiva  ai sensi della
legge  n. 207/2003  proposta  da  Belviso  Domenico, nato a Bari il 3
agosto  1968,  det. presso la C.c.le di Lucera, ha emesso la seguente
ordinanza

                    Svolgimento del procedimento

    Con   ordinanza   in  data  3  dicembre  2002,  il  Tribunale  di
Sorveglianza  di  Bari  concedeva  a  Belviso  Domenico,  in epigrafe
generalizzato,  la  misura  alternativa  dell'affidamento in prova ai
S.S. ex art. 94 d.P.R. n. 309/1990, misura che veniva successivamente
revocata  dallo stesso collegio con ordinanza in data 1° luglio 2003,
per fatto colpevole.
    Con  istanza  in  data  19 marzo 2004 il condannato ha chiesto di
fruire  del  beneficio della sospensione condizionata dell'esecuzione
della   parte   finale   della  pena  detentiva  di  cui  alla  legge
n. 207/2003,  con riferimento alle residue pene (oggetto della misura
alternativa revocata) unificate con provvedimento di cumulo emesso in
data  15  gennaio  2004 dal P.M. di Bari (decorrenza pena: 21 gennaio
2004; scadenza pena: 7 marzo 2005).

                       Motivi della decisione

    Ritiene  il decidente di dover sollevare la seguente questione di
illegittimita' costituzionale.
    L'art. 1  terzo  comma  lett.  d) della legge n. 207/2003 esclude
dalla  concessione  del  beneficio  della sospensione dell'esecuzione
della  parte  finale  della  pena  detentiva  le persone che, dopo la
condanna,   «siano   state  ammesse»  alle  misure  alternative  alla
detenzione:  espressione  francamente ambigua, poiche' non e' affatto
chiaro se essa riguardi solo i condannati che siano stati ammessi - e
si   trovino   -  in  misura  alternativa  all'atto  della  decisione
sull'istanza  di sospensione condizionata ex legge n. 207/2003 ovvero
anche  i  condannati  che,  dopo  essere  stati ammessi ad una misura
alternativa  alla  detenzione,  ne  abbiano successivamente subito la
revoca  [e'  il caso del Belviso che, ammesso con ordinanza in data 3
dicembre  2002  del  Tribunale  di  Sorveglianza  di Bari alla misura
dell'affidamento  «terapeutico»,  poi  revocata  con  ordinanza dello
stesso  tribunale  in  data  1° luglio  2003,  il  19 marzo  2004  ha
presentato,   in   relazione   alle  medesime  condanne,  istanza  di
sospensione  condizionata  dell'esecuzione  della  parte finale della
pena detentiva].
    Ora, a consentire la concessione del beneficio nel caso di specie
non pare sufficiente il disposto dell'art. 7 della legge n. 207/2003,
a  mente del quale «le disposizioni della presente legge si applicano
nei  confronti dei condannati in stato di detenzione ovvero in attesa
di  esecuzione  della  pena  alla  data  di  entrata  in vigore della
medesima» (in effetti il Belviso, per effetto dell'intervenuta revoca
della  misura,  il  22 agosto  2003 - data di entrata in vigore della
legge  -  era  «in  attesa  di  esecuzione della pena»), poiche' esso
sembra  avere  solo  il  valore  di «norma di chiusura», destinata ad
individuare il criterio temporale per l'applicazione del beneficio di
nuova   istituzione,  ma  non  anche  di  individuare  le  condizioni
sostanziali, soggettive ed oggettive, per la concessione o il diniego
del  beneficio,  che  sono invece previste dall'art. 1 della legge in
questione.  E  la lettera d) di tale ultimo articolo prevede appunto,
tra le condizioni ostative, l'ammissione del condannato ad una misura
alternativa  alla  detenzione,  ma  non  anche  l'attualita'  di tale
condizione:  pertanto,  la condizione ostativa ben potrebbe ritenersi
integrata  anche  nei  confronti  dei condannati che, successivamente
all'ammissione  ad  una  misura  alternativa,  ne  abbiano  subito la
revoca.
    Una  diversa  interpretazione  della  norma  -  fondata  sul dato
meramente  letterale  -  appare  in  contrasto  con  la Costituzione,
perche'  ancora  ad  un  dato  meramente  temporale  (essere  o  meno
sottoposto  a misura alternativa alla data di entrata in vigore della
legge) l'ammissione al beneficio, la cui applicazione risulterebbe in
tal  modo  dipendente  da  una  circostanza  meramente  aleatoria, in
violazione dunque del principio di ragionevolezza.
    Per altro verso, poi, essa discrimina ingiustamente la condizione
di  chi,  essendo stato ammesso a misura alternativa alla detenzione,
non  abbia subito la revoca della stessa: questi, infatti, e' escluso
dal  beneficio  della  sospensione dell'esecuzione della parte finale
della  pena detentiva, pur avendo rispettato le prescrizioni di legge
ed essendo dunque piu' meritevole di chi abbia subito la revoca della
misura  alternativa  (che al contrario, in caso di accoglimento della
presente  istanza,  potrebbe  ottenere  il  beneficio  de  quo). Tale
interpretazione  appare  in contrasto con il principio di uguaglianza
sancito dall'art. 3 della Costituzione: se e' vero, infatti, che tale
principio   e'   pur  sempre  rispettato  quando  siano  diversamente
disciplinate situazioni non identiche fra loro, e' anche vero, pero',
che  nel  caso  in  esame  la condizione del condannato cui sia stata
revocata  una  misura  alternativa  e'  si' diversa, ma senz'altro in
senso  peggiorativo,  rispetto  a  quella  di  chi,  ammesso a misura
alternativa,  non  ne  abbia  subito la revoca. Il primo, dunque, pur
trovandosi  in  una  situazione soggettivamente deteriore rispetto al
secondo,  potrebbe  pero'  ugualmente  fruire  del beneficio, con una
vistosa  ed  ingiustificata disparita' di trattamento rispetto a chi,
originariamente  nella  sua stessa condizione, abbia invece tenuto un
comportamento  osservante delle prescrizioni, come tale meritevole di
maggiore  tutela  [senza  tra  l'altro  dimenticare che, in tal modo,
potrebbe  essere  addirittura  legittimato  il  perverso  «gioco»  di
provocare   intenzionalmente  la  revoca  della  misura  alternativa,
soprattutto  se  diversa  dall'affidamento  in  prova  (la detenzione
domiciliare  e  la semiliberta' comportano limitazioni della liberta'
personale  senz'altro  piu'  gravose rispetto a quelle rivenienti dal
c.d.  «indultino»),  al  solo  fine  di  ottenere  successivamente la
sospensione  condizionata  (la  cui  concessione e' «automatica», una
volta  accertata la sussistenza dei presupposti «oggettivi» stabiliti
dal   legislatore),  in  palese  contrasto  con  il  principio  della
finalita'  rieducativa  della  pena  sancito dall'art. 27 terzo comma
della Costituzione].
    Ne  consegue  che  il  mancato inserimento, tra le cause ostative
alla  concessione  del  beneficio introdotto dalla legge n. 207/2003,
delle ipotesi di cui al secondo comma dell'art. 58-quater della legge
n. 354/1975  [che  vieta,  nel  caso  di  revoca  di una delle misure
alternative  (ai  sensi degli artt. 47 comma 11, 47-ter sesto comma e
51  primo  comma  della  legge n. 354/1975), la concessione di taluni
benefici penitenziari], appare per un verso irragionevole [non appare
infatti   razionale   un   sistema   che,  a  fronte  di  determinati
comportamenti  del  condannato, gli neghi per un certo periodo alcuni
benefici   penitenziari   (tra   cui   misure   alternative   recanti
prescrizioni  piuttosto restrittive della liberta' personale, come la
detenzione  domiciliare  e  la  semiliberta),  ma  nel  contempo  gli
riconosca  il  diritto  di  ottenerne  immediatamente  un  altro piu'
favorevole  (le  prescrizioni inerenti alla sospensione condizionata,
assimilabili a quelle dell'affidamento in prova, sono senz'altro piu'
favorevoli  di  quelle  inerenti  alla detenzione domiciliare ed alla
semiliberta)]  e  per  altro  verso  contrastante  con  i principi di
uguaglianza  e  di finalita' rieducativa della pena [la legge de qua,
difatti, consente la concessione al condannato resosi responsabile di
trasgressioni agli obblighi o addirittura di reati in corso di misura
alternativa  (cioe'  ad un soggetto rivelatosi per facta concludentia
poco  affidabile  e  non meritevole di trattamenti extramurari) di un
beneficio che invece, contestualmente, nega recisamente al condannato
che, essendo stato ammesso a misura alternativa e non avendo commesso
violazioni, si presenta sicuramente come piu' meritevole].
    Consegue  a  tanto  che  appare  non  manifestamente infondata la
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 1  terzo comma
lett.  d)  della  legge  n. 207/2003  nella  parte  in  cui  consente
l'ammissione    al    beneficio    della   sospensione   condizionata
dell'esecuzione della parte finale della pena detentiva in favore dei
condannati  che  precedentemente  abbiano subito la revoca, per fatto
colpevole   (e   cioe'   ai   sensi   dell'art. 51-ter   della  legge
n. 354/1975), di una misura alternativa.
    Va  infine evidenziato che la sollevata questione di legittimita'
costituzionale  rileva direttamente nel caso di specie, poiche' dalla
pronuncia  su  di  essa  dipende la decisione in ordine alla proposta
istanza.