IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza. Ediha Lucky, nato in Nigeria il 15 gennaio 1976, alias Berkeley Robert Dean Joseph, nato a Croydon (GB) il 19 marzo 1974, alias Fly Philips, nato in Senegal il 26 marzo 1976, alias Mohammed Guru, nato in Congo il 22 luglio 1980, alias James Jhon, nato in Nigeria il 1° luglio 1984, alias William John, nato in Congo il 1° marzo 1983, alias William Jhon, nato in Nigeria il 1° luglio 1984, alias Berkeley Robert Dean Joseph, nato in Zimbabwe il 6 maggio 1974, e' stato tratto in arresto il 6 febbraio 2004 alle ore 11,45 ad opera dei carabinieri del N.O.R. di Sansepolcro in flagranza del reato di cui all'art. 14, comma 5-ter, decreto legislativo 286/1998 e successive modifiche, in relazione al mancato allontanamento dal territorio nazionale in violazione degli ordini impartitigli dai Questori di Livorno, Pisa e Firenze, a seguito di decreti di espulsione emessi dai Prefetti delle anzidette citta' rispettivamente in data 15 febbraio 2003, al nominativo di Mohammed Guru), 21 marzo 2003 (al nominativo di James Jhon) e 29 maggio 2003 (al nominativo di Ediha Lucky). Il medesimo e' stato presentato all'odierna udienza per la convalida dell'arresto ed il conseguente giudizio direttissimo. All'esito della relazione del m.llo La Monica sulle circostanze dell'arresto, il p.m. ha chiesto procedersi alla convalida. La difesa del prevenuto si e' opposta. Questo, giudice, chiamato a convalidare l'operato della polizia giudiziaria, ritiene di sollevare, d'ufficio, questione di legittimita' costituzionale, ravvisando profili di incostituzionalita' della previsione di cui all'art. 14, comma 5-quinquies, decreto legislativo n. 286/1998, con riferimento al disposto di cui all'art. 13 della Costituzione. A tal fine va evidenziato che, essendo preliminarmente chiamato a decidere sulla convalida dell'arresto, la rilevanza della questione e' in re ipsa. Quanto alla non manifesta infondatezza della questione devono svolgersi le considerazioni che seguono. Il reato di cui all'art. 14, comma 5-ter del decreto legislativo n. 286/1998 sanziona la condotta del cittadino straniero che, dopo essere stato raggiunto da decreto prefettizio di espulsione e da ordine del questore di allontanamento dal territorio dello Stato entro cinque giorni a mente dell'art. 14, comma 5-bis predetta legge, si trattenga, in violazione di tale ordine, senza giustificato motivo nel territorio stesso. La pena prevista e' quella dell'arresto da sei mesi ad un anno. Discende dalla natura di reato contravvenzionale dell'anzidetta fattispecie l'impossibilita' di applicazione di qualsiasi misura cautelare personale ai sensi degli artt. 272 e seguenti c.p.p., non essendo operativa neppure la deroga prevista, a prescindere dai limiti di pena ma per i soli delitti, dall'art. 391, quinto comma, ultima parte, del codice di rito. Si viene dunque a realizzare una situazione per la quale alla privazione della liberta' personale operata dalla polizia giudiziaria in forza dell'obbligatorieta' dell'arresto previsto dall'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998, non puo' mai conseguire l'applicazione di una misura coercitiva da parte dell'autorita' giudiziaria. Viene allora in rilievo la questione circa la conformita' al dettato costituzionale della previsione normativa in parola. Il contrasto appare riferibile all'art. 13 della Carta costituzionale, laddove, dopo la preliminare enunciazione del fondamentale principio della inviolabilita' della liberta' personale e dell'inammissibilita' di qualsiasi forma di detenzione, ispezione o perquisizione personale che non intervenga per atto motivato dell'autorita' giudiziaria nei soli casi e modi previsti dalla legge, si ammettono e si regolamentano le ipotesi in cui, in casi eccezionali di necessita' ed urgenza tassativamente indicati dalla legge, l'autorita' di pubblica sicurezza puo' adottare provvedimenti provvisori nelle anzidette materie, provvedimenti che devono essere comunicati entro quarantotto ore all'autorita' giudiziaria per la convalida, in difetto della quale i provvedimenti stessi si intendono revocati e restano privi di ogni efficacia. L'impianto della norma costituzionale in parola configura dunque un sistema in cui viene riconosciuto alla polizia giudiziaria un potere in materia di restrizione della liberta' personale esercitato in via meramente anticipatoria e di supplenza, e per i soli casi eccezionali di necessita' ed urgenza, rispetto a quello riconosciuto in via ordinaria ed esclusiva all'autorita' giudiziaria. Il provvedimento della polizia giudiziaria pertanto, nel nostro sistema, e' destinato sin dall'inizio ad essere superato e sostituito dall'atto di convalida dell'autorita' giudiziaria in temporanea vece della quale la stessa ha agito. Se cosi' e', non puo' che risultare dubbia la legittimita' costituzionale di una norma come l'art. 14, comma 5-quinquies che impone alla polizia giudiziaria l'adozione di un provvedimento restrittivo della liberta' personale in un'ipotesi di reato in cui mai l'autorita' giudiziaria potrebbe, per le ragioni sopra esposte, applicare una misura cautelare personale. Viene dunque ad infrangersi in questa situazione il nesso di strumentalita' e provvisorieta' che secondo il dettato costituzionale deve legare il potere eccezionale ed interinale di intervento della polizia giudiziaria e l'esercizio del potere giurisdizionale di limitazione della liberta' personale attribuito all'autorita' giudiziaria, venendosi a configurare in favore della prima, anziche' un potere precautelare, un potere autonomo di restrizione della liberta' personale che e' insuscettibile di conferma da parte della seconda, vincolata dal vigente sistema normativo in materia di limiti all'applicazione di misure cautelari personali alla remissione in liberta' dell'arrestato. Per tali motivi, in presenza di seri dubbi in ordine alla legittimita' della norma in esame, la stessa deve essere rimessa al vaglio della Corte costituzionale. Dovendosi, secondo legge, sospendere il presente procedimento, deve essere immediatamente disposta la remissione in liberta' dell'arrestato in mancanza di adeguato titolo detentivo.