IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza ex art. 23 legge n. 87/1953. Letti gli atti nei confronti di Tudor Florin Ion, nato a Lunca Corbului (Romania) il 7 gennaio 1976, senza fissa dimora; Rilevato che il predetto e' stato tratto in arresto dai C.C. di Corato in data 28 aprile 2004 ai sensi dell'art. 14, comma 5-ter d.lgs. n. 286/1998, come modificate dalla legge n. 189/2002 per non ottemperato all'ordine del Questore di Bari in data 27 ottobre 2003, notificatogli in pari data e successivamente all'ordine del Prefetto di Bari in data 20 aprile 2004; Rilevato che il p.m. ha chiesto la convalida dell'arresto e l'espulsione ai sensi dell'art. 14, comma 5-quinquies richiamato; Sentito l'imputato e il suo difensore; Rilevato che l'arresto e' intervenuto nei termini di legge e per disposizioni di legge che lo consentono, convalida l'arresto di Tudor Florin Ion e ne dispone l'espulsione, con conseguente nulla osta; Con riferimento al rito richiesto dal p.m.; Rilevato che in data odierna il predetto e' stato tratto a giudizio innanzi a questo ufficio con rito direttissimo ai sensi dell'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998, come modificato dalla legge n. 189/2002; Sentito l'imputato, che dichiarava di comprendere sommariamente l'italiano e di essere effettivamente andato in Francia e di essere poi rientrato per avere congiunti in Bitonto; Proceduto alla convalida per essere l'arresto intervenuto nel caso previsto e nel rispetto dei termini; Rilevato, con riferimento alla richiesta di giudizio direttissimo da parte del p.m. e sempre in via preliminare, che sussistono seri dubbi circa la legittimita' costituzionale della norma penale contestata (art. 14, comma 5-quater), nonche' delle norme processuali collegate (art. 13, commi 3 e 3-bis; art. 14, comma 5-quinquies), con riferimento agli artt. 2, 3, 24, 25 e 111 Cost. atteso che: 1. - gli artt. 13 commi 3 e 3-bis e 14, comma 5-quinquies. a) i ridotti tempi di conduzione dell'imputato in vinculis innanzi al dibattimento per il rito direttissimo, obbligatorio ex art. 14, comma 5-quiquies, d.lgs. n. 286/1998 come modificato con legge n. 189/2002, non consentono al p.m. di accertare compiutamente le modalita' del fatto ne' la individuazione di un interprete al fine di fargli esattamente percepire l'addebito e le conseguenze penali e processuali, a nulla valendo la circostanza, nella specie, della sommaria comprensione dell'italiano corrente, posto che i termini tecnici devono essergli tradotti in modo univoco, chiaro e preciso, cio' che e' possibile solo nella lingua madre dell'imputato (nella specie gli ordini di espulsione e le sanzioni conseguenti sono stati rivolti all'imputato in lingua italiana ed in lingua inglese), con conseguente violazione degli articoli 109 e 143 c.p.p. nella lettura data dalla Consulta con sentenza del 24 febbraio 1994 n. 64, con inevitabile e illegittima compressione del diritto di difesa ex artt. 3, 24 e 111 Cost.; b) le dette norme costituzionali appaiono violate anche con riferimento all'iter ordinario del rito direttissimo (art. 451 e ss. c.p.p.) posto che le norme censurate approntano un rito che - se da svolgersi in presenza dell'imputato - deve verosimilmente concludersi all'udienza dibattimentale del giorno in cui l'imputato e' tratto a giudizio, non consentendo di fatto i termini a difesa anche ai fini di scelta di riti alternativi, e comunque impedendo lo svolgimento effettivo della difesa quanto a testi da indicare e documenti da fornire in ordine ai motivi del rientro (ricongiungimenti familiari, pericoli di incolumita' personale nel paese di residenza, indigenza, condizioni di salute), nonche' vulnerando la possibilita' di avvalersi delle norme sul gratuito patrocinio ai fini di una piu' incisiva difesa; c) discriminatorio ai sensi dell'art. 3 Cost. appare poi la predisposizione di norme processuali espressione di vero e proprio diritto speciale per gli stranieri, posto che si prevede l'arresto al di fuori dei limiti ordinariamente indicati dall'art. 380, 381 c.p.p., legittimandolo anche in caso di contravvenzione (art. 14, comma 5-ter), diversamente da quanto previsto per i cittadini italiani, arresto poi finalizzato all'espulsione piuttosto che all'applicazione di una misura cautelare, e quindi in ossequi a ragioni meramente amministrative e di prevenzione piuttosto che di natura cautelare penale; d) e' irragionevole e non comprensibile per assenza di beni costituzionali da comparare la presenza nell'ordinamento di norme processuali (che appaiono solo tese a raggiungere scopi di tutela dell'ordine pubblico in astratto quale la gestione dei flussi migratori), concretamente incidenti sui principi di uguaglianza e di difesa tutelati dalla costituzione nei confronti di soggetti cui si applicano i diritti fondamentali dell'individuo quale la norma che prevede il nulla osta all'espulsione ex art. 13 comma 3-bis, con impossibilita' all'a.g. di negarlo in caso di accertamenti necessari in ordine all'innocenza dell'imputato, atteso che il precedente comma 3 prevede il diniego del nulla osta solo «in presenza di inderogabili esigenze processuali valutate in relazione all'accertamento delle responsabilita' di eventuali concorrenti nel reato o imputati in procedimenti in reati connessi, e all'interesse della persona offesa», con vulnerazione assoluta delle esigenze difensive dell'imputato con riferimento ai motivi della mancata osservanza dell'ordine del questore; 2. - L'art. 14, comma 5-quater. a) con riferimento all'ari. 14 comma 5-ter, appare in contrasto con l'art. 3 Cost. la predisposizione di una norma di diritto penale speciale per gli immigrati, laddove una particolare ipotesi di inosservanza di provvedimenti dell'autorita' (come l'ordine di lasciare il territorio dello Stato rivolto dal questore), normalmente punita con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a lire 400.000 ai sensi dell'art. 650 c.p., in caso di stranieri extracomunitari viene aumentata tanto nel minimo quanto nel massimo (arresto da sei mesi ad un anno); e) va poi evidenziato che all'imputato non e' stato mosso alcun addebito con riferimento alla condotta tenuta sin'ora sul territorio di Stato, non avendo lo stesso dato ragione di censure sotto il profilo del rispetto della legge penale; f) sul punto il Consiglio di Stato in recenti decisioni 1) ha richiamato altre pronunce della Consulta 2), affermando che «Quando venga riferito al godimento dei diritti inviolabili dell'uomo, il principio costituzionale di eguaglianza non tollera in generale discriminazioni tra la posizione del cittadino e quella dello straniero» (arg. Corte cost. 26 giugno 1997, n. 203; Corte cost. 13 febbraio 1995, n. 34; Corte cost. 20 gennaio 1977 n. 46); Rilevato che per tali motivi appare non manifestamente infondata la questione di incostituzionalita' dell'art. 13, comma 3 e 3-bis nella parte in cui non consente che il nulla osta sia rilasciato anche per esigenze difensive, dell'art. 14, commi ter e quinquies del d.lgs. n. 286/1998 come modificato con legge n. 189/2002 nella parte in cui non consentono la previa comprensione dei profili illeciti della fattispecie incriminatrice e la svolgimento minimo di adeguata attivita' difensiva, per contrasto con gli artt. 2, 3, 24, 25 e 111 Cost.; Rilevato che la questione appare altresi' rilevante per il procedimento di cui trattasi, atteso che la migliore descrizione della fattispecie, la presenza in dibattimento e la predisposizione di tempi processuali piu' ampi consentirebbero all'imputato una piu' concreta ed efficace difesa, con possibilita' di avvalersi di un interprete e di provare i motivi che lo hanno indotto a fare rientro in Italia (convivenza con cittadina italiana, rischi di incolumita' personale nel paese d'origine, indigenza economica, motivi di salute, motivi di famiglia, etc.); Considerato che l'art. 17 del d.lgs. n. 286/1998 non consente alcun concreto svolgimento di attivita' difensiva, posto che subordina la partecipazione al processo ad autorizzazioni di autorita' amministrative che non sono nei tempi coordinabili con le scadenze processuali e soprattutto comportano oneri incompatibili con le condizioni socioeconomiche dell'interessato, bracciante agricolo e muratore, di talche' non garantiscono l'effettivita' della difesa 3). Rilevato che la Corte costituzionale si e' piu' volte espressa sul principio secondo cui la tutela giurisdizionale deve trovare attuazione per tutti (cittadini e stranieri) indipendentemente da ogni differenza di condizioni personali e sociali 4), e che l'art. 24 Cost. costituisce specificazione e concretizzazione dell'art. 3 comma 2, Cost. 5) e pertanto non tollera arbitrari ed ingiustificati limiti soggettivi che impediscano a rendere effettiva l'uguaglianza di tutti innanzi alla legge; Rilevato in definitiva, che l'automatismo nel rilascio del nulla osta, al quale consegue la espulsione immediata dello straniero eseguita dal questore mediante accompagnamento alla frontiera, contrastante con la possibilita' e il diritto (costituzionalmente garantito) per l'imputato di difendersi, e dunque di fare emergere anche ed eventualmente il proprio diritto ad essere nel territorio dello Stato italiano, costituisca un privilegio tecnico-processuale per la p.a. 6), attribuito senza alcuna giustificazione (se non una presunta migliore gestione dei flussi migratori) in norme di rango costituzionale; Rilevato che il combinato disposto delle norme qui censurate non consentano alcuna effettivita' della tutela giudiziaria cui hanno diritto tutti i soggetti che entrano nell'orizzonte processuale, siano essi cittadini residenti o stranieri, non essendo sufficiente, per esercitare il diritto di difesa, la presenza formale in udienza con il nulla osta gia' emesso e l'espulsione gia' effettuata, e che bisogna assicurare a qualsiasi individuo, in qualsiasi procedimento ed indipendentemente dalle sue condizioni personali, sociali e razziali la «possibilita' seria e reale di ottenere adeguata tutela giunsdizionale» 7); Rilevato, infine, che viene chiesto dal p.m. il giudizio nei confronti dell'imputato per ipotesi penale che a breve non potra' piu' essere considerata tale per il previsto prossimo ingresso della Romania nell'Unione europea 8), di talche' appare irragionevole - ai sensi dell'art. 3 Cost. - considerare i cittadini dei paesi che hanno attivato la procedura d'ingresso nell'U.E. come «stranieri» ai sensi della legge penale richiamata; 1) Cfr. Consiglio di Stato, sezione IV, decisione 30 marzo-20 maggio 1999 n. 870. (pres. Pezzana; rel. Lamberti), in Guida al diritto numero 27 del 10 luglio 1999, p. 90, la cui massima recita: «Il previsto termine di otto giorni dalla data d'ingresso in Italia, assegnato allo straniero extracomunitario per avanzare formale richiesta di permesso di soggiorno all'autorita' di pubblica sicurezza, non e' da considerare perentorio, con la conseguenza che il suo mancato rispetto non puo' comportare di per se' l'espulsione dello straniero inadempiente dal territorio dello Stato, allorche' questi abbia nel frattempo instaurato in Italia una normale condizione di vita e sia comunque in possesso degli altri requisiti richiesti dalla legge per il soggiorno nel territorio nazionale. 2)Corte cost. 10 dicembre 1987 n. 503, in Riv. dir internaz. 1988, 918. 3) V. note segenti. 4) Cfr. Corte cost. sentenza n. 67/1960, in Foro it. 1960, I, 1873. 5) Cfr. Corte cost. sentenza n. 55/1974, in Foro it. 1974, I, 959-963. 6) Cfr. Corte cost. sentenza n. 97/1967 in Giur. cost., 1967, 1071. 7) Cfr. L.P. Comoglio, Commentario della Costituzione a cura di G. Branca, Commento all'art. 24 Cost., 1981, Zanichelli. 8) Decorrenza dal 2007.