IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI

    Visti  gli  atti del procedimento penale a carico di Reale Luigi,
nato a Pescara il 28 marzo 1960, residente in Cepagatti, via Sardegna
n. 6, imputato del reato p. e p. dall'art. 90 del d.P.R. n. 570/1960,
cosi' come sostituito dall'art. 1, secondo comma, della legge 2 marzo
2004,  n. 61, perche' in qualita' di consigliere comunale di Pescara,
addetto  all'autentica delle sottoscrizioni delle firme apposte sulle
liste  elettorali  per  l'elezione  diretta  a sindaco di Pescara del
25/26  maggio 2003, attestava falsamente che la firma riportata sulla
lista  «Sempre  fidelis  luci»  in  data 24 aprile 2003 in Cepagatti,
fosse  stata  apposta da Mancini Vittorio nato a Pesca il 1° gennauio
1968  del  quale  attestava  falsamente di aver accertato l'identita'
mediante documenti.
    In Cepagatti il 24 aprile 2003.

                           R i l e v a t o

        Che  con  atto  depositato il 29 aprile 2004 la Procura della
Repubblica   presso   l'intestato  Tribunale  avanzava  richiesta  di
emissione  di  decreto penale di condanna nei confronti dell'imputato
per  il  reato  ascrittogli  in  rubrica  alla pena di euro 200,00 di
ammenda;
        che,  in  pari  data,  il medesimo ufficio del p.m. formulava
richiesta   di   proposizione   della   questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'art. 1  della  legge  30  marzo  2004, n. 61 per
evidente  contrasto  con  il  principio  di eguaglianza dei cittadini
davanti alla legge sancito dall'art. 3 della Costituzione;

                            O s s e r v a

    La  questione  appare  rilevante e determinante per la decisione,
ne' si rileva manifestamente infondata.
    Osserva  infatti  il giudicante, che con la modifica normativa il
legislatore ha di fatto stabilito una diversita' di trattamento della
falsita'  in  autenticazione  di  liste  di  candidati, rispetto alle
falsita' in atti fidefacenti suscettivi della medesima efficacia.
    Orbene,  non appare ricorrere alcuna ragione valida per sostenere
che   le   due  condotte  abbiano  diverso  disvalore  giuridico  con
riferimento   alle   falsita'   commesse   in  un  medesimo  tipo  di
autenticazione.
    Unica motivazione del diverso trattamento sanzionatorio, andrebbe
individuato  nella  diversa funzione di autenticazione che in un caso
avrebbe  ad  oggetto la veridicita' delle sottoscrizioni di liste dei
candidati,  mentre  negli  altri  casi avrebbe ad oggetto falsita' di
altre sottoscrizioni.
    Tutto cio' appare assolutamente irragionevole perche' sembrerebbe
che  la  materia  elettorale  renda  meno importante la valenza della
pubblica  autenticazione  rispetto agli altri casi disciplinati dagli
artt. 476 e 479 del codice penale.
    Ne'  puo'  dubitarsi  che  l'autenticazione  fatta  dal  pubblico
ufficiale delle sottoscrizioni delle liste elettorali o dei candidati
costituisca  atto  pubblico,  nel  rispetto della definizione fornita
dall'art. 2699  del codice civile, essendo esso destinato a far prova
di  quanto  nell'atto medesimo contenuto o meglio di quanto attestato
per scienza diretta del p.u., sino a querela di falso.
    Si aggiunga, inoltre, che gia' in precedenza, come opportunamente
evidenziato  dal  p.m.,  la  Corte  costituzionale  ha  avuto modo di
affermare  che  la  ragionevolezza  costituisce  un limite necessario
della discrezionalita' legislativa.
    Cosi',  ad  esempio,  nella  nota  sentenza n. 84/1997 con cui si
dichiarava   la   infondatezza  della  questione  della  legittimita'
costituzionale  dell'art. 93,  del  d.P.R.  n. 570/1960,  la Corte ha
evidenziato  che  la  differenza  di  trattamento sanzionatorio della
doppia  sottoscrizione di liste elettorali avvenuta nell'ambito delle
elezioni  amministrative e quella avvenuta nell'ambito delle elezioni
politiche,  sarebbe  stata  difficilmente  giustificabile  ove  fosse
dipesa   da  una  diversa  valutazione  in  astratto  effettuata  dal
legislatore  della  gravita'  dei comportamenti, di per se' identici,
piuttosto che dalla particolare tecnica legislativa utilizzata».
    Ancora, con la sentenza n. 403/1988, in occasione della sollevata
questione  di costituzionalita' in ordine all'art. 2, comma uno della
legge  23  dicembre  1986,  n. 898,  per contrasto con l'art. 3 della
Costituzione   in   relazione   al  diverso  piu'  lieve  trattamento
sanzionatorio  di  un  comportamento  uguale a quello gia' previsto e
sanzionato  piu'  duramente  dall'art. 640-bis  del codice penale, la
Corte  -  pur  dichiarando  la  questione  non  fondata - ha ritenuto
ragionevole  la diversita' di trattamento sulla base della diversita'
delle  condotte  in  esame, sul presupposto che l'art. 2 della citata
legge  sia  volto  a reprimere le false erogazioni pubbliche ottenute
con  il  semplice  mendacio documentale, elemento, questo, di per se'
non  idoneo ad integrare il reato p.e p. dall'art. 640-bis del codice
penale,   cosicche'   le   due   norme   sarebbero   in  rapporto  di
sussidiarieta'  e non di specialita', dovendo l'art. 2 sanzionare una
ipotesi altrimenti sfornita di sanzione penale.
    Ebbene,   alla   luce   delle   suddette   sentenze  della  Corte
costituzionale,  non pare che nel caso di specie possano individuarsi
i  presupposti che hanno portato la Corte a rigettare la questione di
incostituzionalita' per i casi trattati con le sentenze sopra citate.
Deve,   infatti,   concludersi,  a  parere  del  giudicante,  che  il
legislatore  con  l'art. 1  della  legge  n. 6l/2004,  che  non opera
certamente  in  regime  di  specialita' rispetto alla norma generale,
abbia  effettuato  solo  ed esclusivamente una diversa valutazione in
astratto  della  gravita'  del falso tra quello commesso in relazione
alla  falsa autenticazione delle sottoscrizioni di liste elettorali e
di candidati e quelle piu' genericamente sanzionate dagli artt. 476 e
479 del codice penale.
    Quanto   sopra  detto  non  puo',  infine,  non  evidenziarsi  la
rilevanza della questione sollevata ove si consideri che Reale Luigi,
in base alla nuova normativa vigente, sarebbe soggetto esclusivamente
alla  pena  pecuniaria dell'ammenda essendo la fattispecie penale una
mera    contravvenzione,    laddove   -   in   caso   di   dichiarata
incostituzionalita'  della  legge - l'imputato dovrebbe rispondere di
un delitto con ovvia conseguente diversa sanzione.