IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI

    Esaminata  la  questione di legittimita' costituzionale sollevata
dai difensori di Gravagna Francesco e sentito il parere del p.m.;
    Esaminati  gli  atti  del  procedimento  n. 5890/02  r.g. gip nei
confronti di Gravagna Francesco;
    Rilevato  che  questo  giudice,  in  sede di udienza preliminare,
rigettava  la richiesta di applicazione della pena, nei confronti del
Gravagna,  chiamato a rispondere per quattro estorsioni (capi 18, 72,
85  e 86) con le aggravanti dalle persone riunite e dell'art. 7 legge
n. 203/1991,  per  cui  era  intervenuto  il  consenso  del ritenendo
ingiustificata l'esclusione della prima di tali aggravanti;
    Rilevato  che,  all'udienza  del 30 ottobre 2003, i difensori del
Gravagna  chiedevano  che  il  giudice rimettesse gli atti alla Corte
costituzionale,     eccependo     l'illegittimita'     costituzionaie
dell'art. 34  c.p.p.  per violazione degli artt. 25 e 101 Cost. nella
parte  in  cui  non  prevede  che  non  possa partecipare all'udienza
preliminare  il giudice che abbia pronunciato sentenza di condanna in
sede  di  giudizio  abbreviato  relativamente  agli  stessi fatti nei
confronti di altri imputati e successivamente ha emesso nei confronti
dell'odierno   imputato  ordinanza  di  rigetto  della  richiesta  di
applicazione  della  pena,  pronunciandosi  sulla  sussistenza  delle
circostanze  aggravanti  precedentemente  escluse  per  effetto della
modifica dell'imputazione da parte del p.m.;
    rilevato   che  all'udienza  odierna  il  p.m.  esprimeva  parere
chiedendo  che  il giudice emetta ordinanza di manifesta infondatezza
in quanto alla luce della piu' recente giurisprudenza costituzionale,
il  caso  in  esame  configura  una causa di incompatibilita' in base
all'art. 34 c.p.p.

                            O s s e r v a

    Appare  destituita di fondamento la prima questione sollevata dai
difensori dell'imputato.
    Non  si  ravvisa  alcun  profilo  di incompatibilita' del giudice
conseguente  al fatto che il procedimento in oggetto scaturisce dallo
stralcio rispetto a numerose altre posizioni nell'ambito di una vasta
operazione  antimafia,  che  hanno  visto  lo  sbocco processuale nel
decreto  che  dispone  il  giudizio  e  in  altri  casi  nel giudizio
abbreviato,  anche  relativamente  ad imputati che rispondevano per i
medesimi fatti in concorso con il Gravagna.
    In  argomento va richiamata la nota sentenza n. 371/1996, dove la
Corte  costituzionale  ha  dichiarato l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 34  c.p.p.  nella  parte  in  cui  non  prevede  che  possa
partecipare  al  giudizio nei confronti di un imputato il giudice che
abbia  pronunciato  o  concorso a pronunciare una precedente sentenza
nei  confronti  di altri soggetti, nella quale la posizione di quello
stesso  imputato  in ordine alla sua responsabilita' penale sia stata
comunque valutata. Appare evidente che in sede di giudizio abbreviato
nei   riguardi   di  alcuni  coimputati  del  Gravagna,  anche  nella
motivazione   della   sentenza,  nessun  riferimento  alla  posizione
dell'odierno imputato e' stato fatto da questo giudice. In ogni caso,
come  precisato  in  piu'  occasioni  dalla  Corte costituzionale (ex
multis,  ordinanza  n. 441 del 2001), se il pregiudizio che si assume
lesivo dell'imparzialita' del giudice deriva da attivita' compiute al
di  fuori  del  giudizio,  si verte nell'ambito di applicazione degli
istituti dell'astensione e della ricusazione e va attribuito a questi
piu'  duttili  strumenti  il  compito  di realizzare il principio del
giusto processo attraverso valutazioni caso per caso.
    Pertanto  sotto  questo  profilo,  la  questione  deve  ritenersi
manifestamente  infondata.  Piu'  significativa  la seconda questione
sollevata    dai    difensori,   quella   riguardante   la   ritenuta
incompatibilita'  del  giudice  che ha rigettato l'applicazione della
pena ex art. 444 c.p.p. a celebrare l'udienza preliminare.
    Il problema non si poneva prima della legge n. 105 del 1993 - che
ha   eliminato   l'aggettivo  «evidente»  nell'art. 425  c.p.p.  -  e
soprattutto prima del sistema introdotto con la legge n. 479 del 1999
che  ha  inciso  profondamente sulla natura dell'udienza preliminare.
Prima  di tali riforme, l'udienza preliminare si configurava come una
«verifica che opera su un piano squisitamente processuale, essendo il
gudice  chiamato  a decidere non sul pieno merito della regiudicanda,
ma  sull'ammissibilita'  o meno della domanda di giudizio rivolta dal
p.m.» (sent. Corte cost. n. 431/1990 e 41/1993).
    A  seguito delle citate riforme la situazione si e' letteralmente
rovesciata.  Significative  in proposito sono le pronunce della Corte
Costituzionale  n. 224 del 2001, n. 335 del 2001 le delle SS.UU della
Cassazione  del  26 giugno 2002, PG. in proc. D'Alterio e 26 novembre
2002,   n. 32,   Vottari,   che   hanno  preso  atto  della  profonda
trasformazione  che  ha  subito  l'udienza  preliminare sul piano sia
della  quantita'  e  qualita'  di  elementi,  che  vi possono trovare
ingresso,  sia dei poteri correlativamente attribuiti al giudice, sia
ancora  della gamma delle decisioni che lo stesso giudice e' chiamato
ad  adottare. A tale incremento degli elementi valutativi corrisponde
un  apprezzamento  pieno nel merito, ormai privo di quei caratteri di
sommarieta'  che  prima delle riforme erano tipici di una delibazione
tendenzialmente circoscritta allo stato degli atti.
    Su  tale  piattaforma,  le  piu'  recenti  pronunce  della  Corte
costituzionale   hanno  affermato  che,  essendo  divenuta  l'udienza
preliminare  un  momento  di  giudizio  pieno,  rientrano  nell'alveo
dell'art. 34  comma  primo  c.p.p.  (incompatibilita'  del  giudice a
giudicare se si sia gia' pronunciato sulla medesima res iudicanda) le
ipotesi  di  udienza  preliminare fissata davanti allo stesso giudice
che  aveva  emesso  il  decreto  che  dispone  il  giudizio  dopo una
regressione   del  procedimento,  anche  per  motivi  formali  (sent.
n. 224/2001;  sent.  n. 335/2002;  ord. 10  gennaio  2004), l'ipotesi
della  restituzione degli atti al p.m. in udienza preliminare, avendo
il  g.u.p. ravvisato un fatto diverso da quello di cui all'originaria
imputazione  e nuova fissazione dell'udienza preliminare davanti allo
stesso  giudice  - persona fisica (ord. n. 269/2003), l'ipotesi della
sentenza   di   non  luogo  a  procedere  in  seguito  annullata  con
restituzione  degli  atti al p.m. e nuova udienza preliminare davanti
allo stesso giudice - persona fisica (ord. n. 271/2003).
    D'altro  canto,  sul versante dell'art. 444 c.p.p., sin dal 1992,
la  Consulta  ha  affermato l'incompatibilita' del giudice, che abbia
respinto  la richiesta di applicazione di pena concordata ex art. 444
c.p.p.,  a  partecipare  all'udienza  dibattimentale,  o  al giudizio
abbreviato     (sent.    n. 124/1992;    n. 186/1992;    n. 399/1992;
n. 439/1993).
    Non  sembra  tuttavia  che  sulla  base  di  tali  pronunce possa
affermarsi  che  il caso che riguarda il presente procedimento sia de
plano  riconducibile,  ai  sensi  dell'art. 34 c.p.p. alle ipotesi di
incompatibilita'  sopra delineate che riguardano tutte una precedente
pronuncia  nel merito all'udienza preliminare (decreto che dispone il
giudizio, sentenza di non luogo a procedere o restituzione degli atti
al  p.m.)  prima  della nuova udienza preliminare davanti allo stesso
giudice. Nel caso di specie, invece, la questione attiene ai rapporti
tra  una precedente pronuncia di rigetto dell'applicazione della pena
concordata  tra  le  parti  e  l'udienza preliminare. Fino ad oggi e'
prevista  la  causa  d'incompatibilita'  nell'ipotesi in cui, dopo il
rigetto  della  richiesta  ex  art. 444  si  proceda  con il giudizio
abbreviato, sulla base del testuale disposto dell'art. 34 comma primo
c.p.p., mentre qualche dubbio emerge nell'ipotesi in cui si proceda a
giudizio ordinario, in quanto e' necessario verificare se la pienezza
del  giudizio  conseguente all'udienza preliminare in assenza di riti
alternativi,  come  affermato  dalla  Corte costituzionale nelle piu'
recenti pronunce, sia giunta al punto da essere ritenuta assimilabile
a quella propria del giudizio abbreviato.
    Pertanto  la  questione  appare  meritevole di ricevere il vaglio
della  Corte costituzionale in quanto, sulla base dell'attuale natura
dell'udienza  preliminare  alla  luce delle riforme e dell'evoluzione
giurisprudenziale  sopra  delineata sommariamente, sembrerebbe che il
giudizio  conseguente  sia  dotato  di pienezza, non diversamente dal
dibattimento  o  dal  giudizio  abbreviato  e  conseguentemente  che,
accanto  alle  sopra indicate ipotesi di incompatibilita' conseguenti
al  rigetto  dell'applicazione della pena, sia da annoverare anche il
giudizio  scaturente  dall'udienza  preliminare  in  generale  e  non
soltanto a seguito di giudizio abbreviato.
    Deve  pertanto ritenersi che il giudizio non puo' essere definito
indipendentemente  dalla risoluzione della questione sopra indicata e
va disposta la sospensione del procedimento con la trasmissione degli
atti alla Corte costituzionale.