ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 34, commi 1 e
2, e 35, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80 (Nuove
disposizioni  in  materia  di  organizzazione e di rapporti di lavoro
nelle  amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie
di  lavoro  e  di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione
dell'art. 11,  comma 4,  della  legge 15 marzo 1997, n. 59), promossi
con  ordinanze  del  15 settembre  2001  dal Tribunale di Verona, del
29 novembre  2001  dal  giudice  istruttore  presso  il  tribunale di
Vicenza,  sezione  distaccata  di  Schio, dell'11 dicembre 2001 dalla
Corte  di  cassazione,  del 6 dicembre 2001 dal Tribunale di Bologna,
del  15 febbraio 2002 dal Tribunale di Cassino, sezione distaccata di
Sora,  del 14 febbraio 2002 (n. 2 ordinanze) dal Tribunale di Modena,
sezione  distaccata  di  Sassuolo, del 1° marzo 2002 dal Tribunale di
Parma,  sezione  distaccata  di  Fidenza,  del  27 febbraio  2002 dal
Tribunale  di  Melfi,  del  22 aprile  2002  dalla Corte d'appello di
Genova,  del 1° marzo 2002 dal Tribunale di Parma, sezione distaccata
di  Fidenza,  del 23 luglio 2001 dal Tribunale di Bassano del Grappa,
del  4  giugno 2002  dal  Tribunale  di Forli', sezione distaccata di
Cesena, del 1° agosto 2002 dal Tribunale di Lanusei, del 21 ottobre e
del  4 novembre  2002  dalla  Corte  di  cassazione,  rispettivamente
iscritte  ai  nn. 63,  79, 89, 97, 151, 175, 176, 216, 219, 310, 312,
341,  381,  520  e  584  del  registro  ordinanze 2002 e al n. 47 del
registro  ordinanze  2003 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica  nn. 7,  10,  11,  15,  18,  20, 26, 33, 36 e 48, 1ª serie
speciale,   dell'anno 2002   e   nn. 3   e   7,  1ª  serie  speciale,
dell'anno 2003.
    Visti  l'atto  di costituzione del comune di Sassuolo nonche' gli
atti di intervento della Federconsumatori di Bologna e del Presidente
del Consiglio dei ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 28 aprile 2004 il giudice
relatore Romano Vaccarella.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Con ordinanza dell'11 dicembre 2001 (r.o. n. 89 del 2002) le
sezioni  unite  della  Corte di cassazione, in sede di regolamento di
giurisdizione  proposto  da Belfrontizio S.p.a., in un giudizio volto
ad   ottenere,   in   via   principale,  il  risarcimento  dei  danni
asseritamente  patiti  dalla  societa' a seguito di inadempimento del
comune  di  Acireale  a convenzione di lottizzazione e, in subordine,
l'indennizzo per arricchimento senza causa dell'ente convenuto, hanno
sollevato,  in  riferimento all'art. 76 della Costituzione, questione
di  legittimita'  costituzionale  degli  artt. 34, commi 1 e 2, e 35,
comma 1,   del   decreto  legislativo  31 marzo  1998,  n. 80  (Nuove
disposizioni  in  materia  di  organizzazione e di rapporti di lavoro
nelle  amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie
di  lavoro  e  di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione
dell'art. 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), per eccesso
rispetto  alla  delega  conferita  dall'art. 11, comma 4, lettera g),
della  legge  n. 59  del  1997,  nella  parte  in  cui, in materia di
edilizia  e  di  urbanistica,  non  si  limitano  ad  estendere  alle
controversie   inerenti  a  diritti  patrimoniali  consequenziali  la
giurisdizione  di  legittimita' o esclusiva gia' spettante al giudice
amministrativo,  ma  istituiscono  una  nuova figura di giurisdizione
esclusiva   e   piena   con   riferimento   all'intero  ambito  delle
controversie  aventi  ad  oggetto atti, provvedimenti e comportamenti
delle amministrazioni pubbliche.
    1.1.  -  In  punto  di  rilevanza,  il  giudice  a quo, ricordato
preliminarmente  che parte attrice aveva adito contemporaneamente sia
il  Tribunale  di  Acireale che il Tribunale amministrativo regionale
della  Sicilia, assumendo di aver eseguito, da parte sua, le opere di
urbanizzazione  alla  cui  realizzazione si era impegnata e di averle
trasferite  al  comune,  il quale, viceversa, non aveva rilasciato la
concessione  edilizia  relativa  ad  un  certo  lotto, per la pretesa
inefficacia  del  piano  regolatore  generale di zona, precisa che la
controversia,  avendo  ad  oggetto  il  risarcimento  del  danno  per
comportamento della pubblica amministrazione nella fase di attuazione
di  un  piano  di  lottizzazione  -  che  e' strumento urbanistico di
dettaglio,   concernente   l'uso   del  territorio  -  va  ricondotta
all'art. 34  del decreto legislativo n. 80 del 1998. Evidenzia quindi
che   nella  fattispecie  non  trovano  applicazione  ne'  l'art. 11,
comma 5,  della  legge  7 agosto 1990, n. 241, che riserva al giudice
amministrativo,  in  sede di giurisdizione esclusiva, le controversie
«in  materia  di formazione, conclusione ed esecuzione» degli accordi
conclusi   tra   amministrazione  procedente  e  terzi,  al  fine  di
«determinare  il  contenuto  discrezionale del provvedimento finale»,
ne'  l'art. 16  della  legge  28 gennaio 1977, n. l0, che sancisce la
giurisdizione  esclusiva  del  giudice amministrativo con riguardo ai
provvedimenti   di  rilascio  o  di  diniego  della  concessione,  ai
contributi  di  urbanizzazione e alle sanzioni amministrative: e cio'
in  quanto  alla  disposizione  censurata  deve essere attribuita, in
ragione della sua specificita' (di norma sulla giurisdizione) e della
sua  tendenziale  onnicomprensivita'  (estensibile anche agli accordi
conclusi  in materia urbanistica), efficacia derogatoria, ai fini che
qui interessano, rispetto a tutta la normativa anteriore.
    1.2.   -  Quanto  alla  non  manifesta  infondatezza  del  dubbio
prospettato,  la  Corte,  richiamata la propria, precedente ordinanza
del  9 marzo  2001,  rileva  che  la  ratio della legge delega era di
estendere  la  giurisdizione  amministrativa  gia'  esistente,  nelle
materie  dell'edilizia,  dell'urbanistica  e dei servizi pubblici, ai
diritti patrimoniali consequenziali, ivi compreso il risarcimento del
danno,  in modo da concentrare davanti a un solo giudice e la fase di
controllo  di legittimita' dell'azione amministrativa, e quella della
riparazione  per  equivalente,  cosi'  rendendo piena ed effettiva la
tutela del cittadino.
    Non  a  caso  -  ricorda il collegio rimettente - con riferimento
alla  materia dei servizi pubblici, l'art. 33 del decreto legislativo
n. 80  del 1998 e' gia' stato dichiarato incostituzionale per eccesso
di  delega (sentenza n. 292 del 2000). Per ragioni analoghe anche gli
artt. 34, commi 1 e 2, e 35, comma l, sembrano esorbitare dall'ambito
della  delega:  il  combinato  disposto  delle norme citate, infatti,
istituisce  una  nuova ipotesi di giurisdizione esclusiva e piena che
abbraccia  l'intero ambito delle controversie aventi ad oggetto atti,
provvedimenti   e  comportamenti  delle  amministrazioni  in  materia
urbanistica ed edilizia e cioe' un settore suscettivo di tendenziale,
ulteriore  estensione,  in  ragione dell'amplissima definizione della
materia  urbanistica  (peraltro non compresa nella delega), posto che
questa concerne tutti gli aspetti dell'uso del territorio.
    Ne'  -  argomenta  ancora  il  Supremo Collegio - sulla rilevanza
della  questione  puo'  influire  l'entrata  in  vigore  della  legge
21 luglio  2000,  n. 205,  che  con  l'art. 7  sostituisce  l'art. 34
riproducendone  il  contenuto:  la  nuova legge invero, in difetto di
espressa  previsione in tal senso, non ha efficacia retroattiva ma si
applica  solo  ai giudizi instaurati successivamente alla sua entrata
in vigore (salvi gli effetti convalidanti per i giudizi gia' pendenti
davanti al giudice amministrativo).
    2. - La stessa questione di costituzionalita' e' stata riproposta
dalle  sezioni  unite con altre due ordinanze, l'una del 21 ottobre e
l'altra  del 4 novembre 2002 (rispettivamente, r.o. n. 584 del 2002 e
n. 47   del  2003),  entrambe  pronunciate  in  sede  di  regolamento
preventivo  di  giurisdizione.  Essa  e'  stata inoltre sollevata dai
Tribunali  di Bologna (r.o. n. 97 del 2002), Cassino (r.o. n. 151 del
2002),  Modena  (r.o. nn. 175 e 176 del 2002), Parma (r.o. n. 216 del
2002)  e  Forli' (r.o. n. 381 del 2002), nonche', ma nei riguardi del
solo  art. 34, dai Tribunali di Verona (r.o. n. 63 del 2002), Vicenza
(r.o.  n. 79  del  2002), Melfi (r.o. n. 219 del 2002), Lanusei (r.o.
n. 520  del  2002),  Parma (r.o. n. 312 del 2002), Bassano del Grappa
(r.o. n. 341 del 2002) e dalla Corte d'appello di Genova (r.o. n. 310
del 2002).
    Le  argomentazioni,  in  punto  di  rilevanza  e di non manifesta
infondatezza,  sostanzialmente  ricalcano quelle del Supremo Collegio
innanzi esposte, salve le precisazioni che seguono.
    2.1.  - L'ordinanza delle sezioni unite del 21 ottobre 2002 (r.o.
n. 584  del  2002)  e'  intervenuta in relazione al giudizio promosso
innanzi  al  Tribunale  di  Firenze, con atto di citazione notificato
l'11 novembre  1998,  da  Sirio  Cecchi  e  Carlo Somigli, al fine di
ottenere  il ristoro dei danni da essi subiti a seguito della perdita
del diritto dominicale su alcuni terreni, occupati in via d'urgenza e
irreversibilmente   acquisiti   per   la  realizzazione  di  un'opera
pubblica,   da   Ferrovie  dello  Stato  S.p.a.,  quale  proprietaria
dell'opera,  e  da  C.I.R.  S.r.l.,  quale  capogruppo  e  mandataria
dell'associazione di imprese concessionaria dei lavori.
    2.1.1. - In punto di rilevanza la Corte regolatrice chiarisce che
il  convincimento  in  ordine  all'applicabilita'  dei  commi 1  e  2
dell'art. 34  del  decreto  legislativo  n. 80  del  1998, nella loro
originaria  formulazione, non e' scalfito dai rilievi formulati nelle
ordinanze  n. 123  del  2002  e  n. 340 del 2002, con le quali questa
Corte,  in  relazione  a  giudizi instaurati dopo il 30 giugno 1998 e
prima del 10 agosto 2000, ebbe a dichiarare inammissibili le relative
censure,  per  non  essere  stata  vagliata  l'opzione interpretativa
secondo  cui  l'art. 7  della  legge  n. 205 del 2000, sostituendo il
testo degli artt. 33, 34 e 35 del decreto legislativo n. 80 del 1998,
non  solo  avrebbe trasformato la natura delle disposizioni, da legge
in  senso materiale a legge in senso formale, cosi' affrancandole dal
vizio  di  eccesso  di  delega,  ma  avrebbe  anche  disciplinato  la
giurisdizione,  per  i giudizi innanzi indicati, apportando eccezioni
al  principio  sancito  dall'art. 5  cod.  proc.  civ., attraverso il
mantenimento  dell'art. 45,  comma 18,  del  d.lgs.  n. 80  del 1998,
relativo   alla   devoluzione   al   giudice   amministrativo   delle
controversie di cui agli artt. 33 e 34, a partire dal 1° luglio 1998.
Richiamato   l'iter  argomentativo  gia'  esplicitato  nell'ordinanza
n. 12198  del  5 luglio  2002,  osservano  le  sezioni  unite  che la
«sostituzione»  di una norma di regola esprime una vicenda innovativa
con  effetti ex nunc, posto che essa non comporta l'eliminazione o la
modificazione  ab origine della disposizione sostituita - della quale
viene  anzi  sottintesa la perdurante validita' fino al momento della
sostituzione  -  e  che  nessuna  rilevanza puo' attribuirsi alla sua
appartenenza  ad  un  testo normativo del quale non sia modificata la
data  di  entrata  in  vigore,  trattandosi  di  elemento logicamente
conciliabile  con  l'intento di conservare la disposizione sostituita
fino al momento in cui la sostituzione diventa operativa.
    2.1.2.  -  In  questo  giudizio  e' intervenuto il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale   dello   Stato,   che  ha  dedotto  l'inammissibilita'  per
irrilevanza  o  l'infondatezza  della  questione proposta, osservando
come  l'opzione interpretativa seguita dalla Suprema Corte, e posta a
fondamento  del  dubbio  di  costituzionalita'  sollevato,  non possa
essere  condivisa,  dal momento che essa si basa su criteri di ordine
logico,   sistematico   e  storico,  laddove  l'esegesi  delle  norme
censurate  proposta dalla Corte costituzionale con la declaratoria di
inammissibilita' della questione, contenuta nell'ordinanza n. 123 del
2002,   si   fonda  sul  dato  letterale,  prima  regola  ermeneutica
applicabile  -  ad  esclusione  delle  altre, ove conduca a risultati
appaganti - a norma dell'art. 12 delle preleggi.
    2.2.  -  L'ordinanza del 4 novembre 2002 (r.o. n. 47 del 2003) e'
stata  pronunciata  dalle  sezioni  unite  nel  corso  di un giudizio
proposto  innanzi al Tribunale di Napoli da Maria Rosaria, Vittorio e
Clara  Leone che, con atto di citazione notificato il 28 aprile 1999,
hanno  chiesto  la condanna del comune di Portici al risarcimento dei
danni  da  essi  subiti  per  essere  stati,  alcuni  terreni di loro
proprieta',   occupati   dall'ente  convenuto  in  via  d'urgenza  ed
irreversibilmente impiegati nella realizzazione di opere stradali, in
modo  asseritamente illegittimo per l'invalidita' della dichiarazione
di   pubblica   utilita'   e   dei   successivi   atti  determinativi
dell'indennita'  di  esproprio nonche' della relativa accettazione in
sede di cessione volontaria.
    2.2.1.  -  Anche  in questo giudizio e' intervenuto il Presidente
del  Consiglio  dei  ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
generale   dello   Stato,   che  ha  dedotto  l'inammissibilita'  per
irrilevanza ovvero l'infondatezza della questione proposta sulla base
delle   medesime   argomentazioni   svolte   nel   giudizio   di  cui
all'ordinanza n. 584 del 2002 (sub 2.1.2.).
    2.3.  - Il Tribunale di Verona ha sollevato analoga questione con
ordinanza  del  15 settembre 2001 (r.o. n. 63 del 2002), nel corso di
un  giudizio  promosso  da  Idelma,  Anna  Maria, Giovanna, Tiziana e
Beniamino Boscaini nonche' da Marcellina Buzzi, con atto di citazione
notificato  il  25 novembre  1999,  volto ad ottenere la condanna del
comune  di  Sona  alle  restituzioni  e/o  al  risarcimento dei danni
conseguenti   all'occupazione  e  al  mancato  perfezionamento  della
procedura espropriativa di un terreno di loro proprieta'.
    2.4.  -  Il Tribunale di Vicenza, sezione distaccata di Schio, ha
proposto  analogo  incidente  di  costituzionalita' con ordinanza del
23 novembre  2001  (r.o.  n. 79  del  2002) nel corso di un'azione di
spoglio  intentata,  con  ricorso  depositato  il  18 giugno 1999, da
Oreste Savegnago nei confronti della Provincia di Vicenza, al fine di
ottenere la reintegrazione nel possesso di porzioni di terreno di sua
proprieta'   indebitamente   occupate   e  assoggettate  a  procedura
espropriativa dall'ente convenuto, in quanto non comprese nello stato
di consistenza e nel relativo decreto di occupazione.
    2.4.1.  -  In punto di rilevanza, osserva il giudice a quo che la
domanda   possessoria,   originata  da  un  comportamento  materiale,
esplicato  in  assoluta  carenza  di  potere  e  lesivo  dei  diritti
soggettivi    del    ricorrente,   deve   considerarsi   disciplinata
dall'art. 34  del  decreto  legislativo n. 80 del 1998, atteso che la
nuova giurisdizione esclusiva riguarda «gli atti, i provvedimenti e i
comportamenti  in  materia  urbanistica  ed  edilizia»,  e  che nella
materia   urbanistica   rientrano  tutti  gli  aspetti  dell'uso  del
territorio, come ripetutamente affermato dal Supremo Collegio.
    2.5.  -  L'ordinanza  di  rimessione del Tribunale di Bologna del
6 dicembre  2001 (r.o. n. 97 del 2002) e' intervenuta nel corso di un
procedimento di reclamo ex art. 669-terdecies cod. proc. civ..
    La   domanda   cautelare,  proposta  con  ricorso  depositato  il
28 febbraio  2000,  era  volta ad ottenere, a tutela del diritto alla
salute    dei    cittadini,    la    condanna    in   via   d'urgenza
dell'amministrazione  comunale  all'adozione  di misure di disciplina
del  traffico  sul territorio comunale, rispettose delle prescrizioni
contenute  nel  d.m.  21 aprile 1999, n. 163 e nella legge 26 ottobre
1995, n. 447.
    2.5.1.  -  In  punto  di  rilevanza,  osserva  il  rimettente che
l'applicabilita'  dell'art. 34  alla  controversia  sottoposta al suo
esame  deriva  dall'ampiezza  della  nozione  di materia urbanistica,
nella quale, secondo i consolidati orientamenti del Supremo Collegio,
sono  ricompresi  tutti  gli  usi  del territorio, nessuno escluso, e
quindi  «da  un  lato,  la  disciplina  normativa  e/o pianificatoria
proveniente  dalla p.a; dall'altro, aspetti di utilizzazione concreta
del territorio da parte della p.a.».
    2.5.2. - In questo giudizio e' intervenuta la Federconsumatori di
Bologna   -   associazione  provinciale  autonoma  e  democratica  di
consumatori  e  utenti  -  che  ha sostenuto l'inammissibilita' della
sollevata questione.
    Dedotto  che il petitum dell'azione cautelare proposta e' il c.d.
bene  della  vita, mentre la causa petendi e' il mancato rispetto, da
parte   dell'amministrazione  comunale,  dei  limiti  previsti  dalla
legislazione  nazionale  e  comunitaria  in  materia  di inquinamento
atmosferico,  sostiene l'interveniente che competente a conoscerne e'
il  giudice  ordinario,  in  quanto  giudice «naturale» in materia di
tutela  del  diritto  alla  salute  e all'ambiente salubre e integro,
laddove  nessuna  attinenza  ha l'incoato giudizio con la materia del
traffico e conseguentemente con l'uso del territorio.
    Afferma poi che in ogni caso, essendo stato depositato il ricorso
il  28 febbraio  2000,  e  quindi  in  epoca anteriore all'entrata in
vigore  della legge n. 205 del 2000, dovrebbe farsi applicazione, ove
fosse  vero l'assunto del rimettente, degli artt. 33 e 34 del decreto
legislativo  n. 80 del 1998. Tali norme sono tuttavia venute meno, la
prima,  perche' dichiarata costituzionalmente illegittima per eccesso
di   delega,   e,  la  seconda,  per  il  principio  dell'invalidita'
consequenziale.
    2.6.  -  Il  Tribunale di Cassino, sezione distaccata di Sora, ha
sollevato   la  questione  di  costituzionalita'  con  ordinanza  del
15 febbraio 2002 (r.o. n. 151 del 2002), pronunciata nel corso di una
causa civile iniziata, il 1° febbraio 2000, da Lamesi Giovanni contro
l'amministrazione  provinciale  di  Frosinone, al fine di ottenere la
dichiarazione   di   illegittimita'   dell'occupazione   nonche'   il
risarcimento  dei  danni conseguenti all'irreversibile trasformazione
di  un fondo di proprieta' dell'attore, destinato dall'ente convenuto
alla  realizzazione  di  un  ponte  e  di  una  variante  alla strada
provinciale.
    2.7. - Il Tribunale di Modena, sezione distaccata di Sassuolo, in
sede  di  decisione  di  due distinti processi civili di primo grado,
aventi  ad  oggetto la richiesta di risarcimento dei danni conseguiti
al perfezionamento di altrettante fattispecie di accessione invertita
di  terreni,  ha  formulato  il dubbio di legittimita' costituzionale
degli  artt. 34  e  35 del decreto legislativo n. 80 del 1998 con due
ordinanze,  depositate  entrambe  il  14 febbraio 2002 (r.o. n. 175 e
n. 176 del 2002).
    In  punto  di  fatto,  il  giudice  rimettente riferisce che vari
privati,  con  separati  atti  di citazione in data 21 febbraio 2000,
avevano  convenuto  in  giudizio  il comune di Sassuolo e le societa'
UNI.CA.PRO   s.c.r.l.,   A.B.I.T.   COOP   s.c.r.l.,  C.M.E.  s.r.l.,
Cooperativa  Edilizia Case Popolari s.c.r.l., Societa' di Costruzioni
s.c.r.l. nonche' l'I.A.C.P. - Istituto Autonomo Case Popolari - della
Provincia  di  Modena, al fine di sentirli condannare al risarcimento
del danno derivato dall'accessione invertita maturata a seguito della
illegittima occupazione ed irreversibile trasformazione di un terreno
nell'ambito   di   un  piano  per  l'edilizia  residenziale  pubblica
(comparto  PEEP),  in  relazione al quale il comune di Sassuolo aveva
ceduto il diritto di superficie ai convenuti. Questi, costituitisi in
giudizio,  avevano  tra  le  altre  cose  eccepito preliminarmente il
difetto  di  giurisdizione  del  giudice adito, in ordine al quale il
Tribunale    ha   sollevato   le   questioni   innanzi   alla   Corte
costituzionale.
    2.7.1.  -  Si e' costituito, fuori termine in entrambi i giudizi,
il  comune  di Sassuolo il quale ha concluso affinche' sia dichiarata
l'irrilevanza   e,   in   subordine,  l'infondatezza  del  dubbio  di
costituzionalita' prospettato dal Tribunale di Modena.
    A tale fine, ha sostenuto che la rilevanza della questione de qua
sarebbe  venuta  meno per effetto della entrata in vigore della legge
n. 205  del  2000  che  ha  riprodotto,  sostituendoli  nell'immutato
contesto  normativo  del 1998, gli articoli denunciati, con l'intento
riconoscibile  di  non  innovare  le  disposizioni  ivi contenute, ma
piuttosto di riconfermarne la validita', come si evince dall'utilizzo
del termine «sostituisce»; sarebbe stata cosi' attribuita all'art. 34
«una  doppia  legittimazione, sostanziale e formale, sotto il profilo
della  fonte  normativa».  In  ogni  caso, poi, la modifica in parola
avrebbe  lasciato  integro  il  dettato  dell'art. 45,  comma 18, del
decreto  legislativo  n. 80  del 1998 (rimasto immutato anche dopo la
sentenza  n. 292  del  2000  di questa Corte), a tenore del quale «le
controversie  di  cui agli articoli 33 e 34 del presente decreto sono
devolute al giudice amministrativo a partire dal 1 luglio 1998. Resta
ferma la giurisdizione prevista dalle norme attualmente in vigore per
i  giudizi  pendenti alla data del 30 giugno 1998»: cio' che dovrebbe
indurre,   ad   opinione   del  comparente,  a  ritenere  l'efficacia
retroattiva  ed in parte sanante della legge n. 205 del 2000, secondo
l'assioma  per  cui  «la  volonta' di novare la fonte normativa di un
precetto gia' pienamente efficace nell'ordinamento interno, ancorche'
sospettato   di   illegittimita'   costituzionale,   potrebbe  essere
interpretata come precisa scelta di estendere l'efficacia della norma
a  tutte  le  ipotesi  gia'  contemplate nel vecchio e mai modificato
art. 45, comma 18, del decreto legislativo n. 80 del 1998».
    Una  diversa interpretazione dell'efficacia nel tempo delle norme
sopravvenute  sarebbe, dunque, secondo l'Ente, contraria al legittimo
affidamento  delle  parti  nello  svolgimento del giudizio secondo le
regole  vigenti all'epoca del compimento degli atti processuali, alla
stregua  delle  argomentazioni  svolte  dal giudice delle leggi nella
sentenza n. 525 del 2000.
    2.8.  - L'ordinanza di rimessione del 1° marzo 2002 del Tribunale
di  Parma,  sezione  distaccata di Fidenza (r.o. n. 216 del 2002), e'
intervenuta nel corso di un processo civile di primo grado, avente ad
oggetto  la  condanna  del comune di Salsomaggiore Terme ad adempiere
all'obbligo,   assunto   con   convenzione  ex  art. 35  della  legge
22 ottobre  1971,  n. 865,  di realizzare una strada di accesso ad un
condominio  sito  nel  territorio  comunale.  In  punto  di fatto, il
giudice  a  quo  riferisce  che  un privato avente causa dall'Impresa
Edile Ferrari Renato - concessionaria del diritto di superficie su un
lotto  di  terreno  sito  nel  comune  di Salsomaggiore Terme - aveva
evocato  in  giudizio,  con  atto di citazione notificato l'11 agosto
1999,  il  predetto  comune  al  fine  di  sentirlo condannare: 1) ex
art. 1453  cod.  civ., all'adempimento dell'obbligo di realizzare una
strada  d'accesso  alla  via  pubblica  del  fabbricato ad uso civile
abitazione,  frattanto  realizzato  sul  terreno, per il quale l'ente
territoriale  aveva  concesso  diritto  di superficie ad aedificandum
alla  Impresa  Edile  Ferrari  Renato,  con convenzione stipulata, ai
sensi dell'art. 35 della legge n. 865 del 1971, per atto pubblico del
3 marzo  1982;  2)  al  risarcimento  dei  danni derivati e derivandi
all'attore  a  causa  dell'inadempimento  o  a  causa dell'eventuale,
accertata   impossibilita'  definitiva  di  adempiere  agli  obblighi
sanciti nella richiamata convenzione.
    Ha   anche   precisato   il   rimettente  che  l'ente  convenuto,
costituitosi in giudizio, aveva pregiudizialmente eccepito il difetto
di  giurisdizione  del  giudice  ordinario  e,  subordinatamente,  il
difetto  di  legittimazione  attiva e l'infondatezza nel merito della
pretesa.
    2.9.  -  L'ordinanza  di  rimessione  del  27 febbraio  2002  del
Tribunale  di  Melfi  (r.o. n. 219 del 2002) e' stata pronunciata nel
corso di un processo civile avviato con atto di citazione, notificato
il 28 dicembre 1998, per la condanna del comune di Rionero in Vulture
al   risarcimento  del  danno  conseguente  all'avvenuta  occupazione
illegittima e successiva accessione invertita di un terreno.
    2.10.  - L'ordinanza di rimessione del 22 aprile 2002 della Corte
d'appello di Genova (r.o. n. 310 del 2002) e' stata emessa in sede di
decisione  di  un processo civile di appello intrapreso dal comune di
Genova  nei  confronti  delle  cooperative edilizie a responsabilita'
limitata  Shelley, Iris III e Solar che lo avevano citato in giudizio
in  primo  grado  per  farsi  risarcire  il  danno loro asseritamente
cagionato  dall'inerzia  dell'amministrazione  nell'approvazione  del
progetto   di   piano  particolareggiato  del  Rio  Penego,  da  esse
presentato nel luglio 1995 e poi diventato giuridicamente impossibile
a   seguito  di  variazione  ed  approvazione  del  piano  regolatore
generale,   con   conseguente   vanificazione   delle   potenzialita'
edificatorie dei suoli.
    Il  rimettente  riferisce  che  il  giudice  di primo grado aveva
espressamente  affermato  la  propria  giurisdizione,  ritenendo  che
l'art. 34  del  d.lgs.  n. 80  del 1998, ratione temporis applicabile
nella  sua  formulazione  originaria  al  caso  dedotto  in giudizio,
facesse  riferimento,  per  delineare la giurisdizione amministrativa
esclusiva in materia di edilizia e urbanistica, ai soli comportamenti
della  pubblica  amministrazione  normativamente  rilevanti  sotto il
profilo  della  idoneita'  a  dar  luogo  ad un atto tacito (silenzio
assenso o rifiuto), con esclusione quindi di ogni altro comportamento
non  tipizzato, come quello, consistito in un'omissione valutabile ai
sensi dell'art. 2043 cod. civ., realizzatosi nella fattispecie.
    Non  condividendo  tale  ricostruzione,  priva,  a  suo  dire, di
qualsivoglia «aggancio interpretativo», il giudice a quo considera la
questione   rilevante   per   le  ricadute  che  essa  avrebbe  sulla
regolamentazione  del  riparto  di  giurisdizione,  con riguardo alla
causa da decidere.
    2.11. - L'ordinanza di rimessione del 1° marzo 2002 del Tribunale
di  Parma,  sezione  distaccata di Fidenza (r.o. n. 312 del 2002), e'
stata  pronunciata  nel  corso  di  un  giudizio  civile  promosso da
Pincolini & C. s.r.l. nei confronti del comune di Fidenza e di Renato
Ferrari,  con  atto di citazione notificato, rispettivamente, il 27 e
il  30  giugno 2000,  al  fine  di  ottenere la condanna del primo al
pagamento  del  corrispettivo  dovuto  per  opere  di  urbanizzazione
eseguite, su diretta richiesta dell'ente medesimo (e sulla base di un
contratto  di  appalto  stipulato con Renato Ferrari, originariamente
obbligato  alla  loro  esecuzione),  in  eccedenza  rispetto a quelle
previste   nel   piano   particolareggiato   di  iniziativa  privata,
costituente   strumento   urbanistico   di   dettaglio  dell'uso  del
territorio.
    2.12.   -  L'ordinanza  di  rimessione  del  23 luglio  2001  del
Tribunale  di  Bassano  del  Grappa  (r.o.  n. 341 del 2002) e' stata
emessa  in  sede  di  decisione di un processo civile di primo grado,
intrapreso  da  Bassa  Giuseppe,  Polon  Luigino,  Buratto  Giovanni,
Golfetto  Guido e Comparin Giorgio nei confronti del comune di Gallio
e  della  societa'  La  Malga  Due  s.a.s.,  con  atto  di  citazione
notificato il 15 e 16 settembre 1999.
    In  punto  di  fatto,  il  rimettente  riferisce  che gli attori,
proprietari   di   appartamenti   compresi   in   complessi   edilizi
condominiali,  ubicati  in  un'area  del  comune di Gallio oggetto di
piano  di  lottizzazione  e  di relativa convenzione di lottizzazione
intercorsa  tra  l'ente  territoriale  e  la s.p.a. La Malga, avevano
convenuto  in  giudizio,  a  seguito del fallimento di quest'ultima e
della  cessione  con  decreto  del  giudice  delegato delle quote dei
terreni  comuni,  compresi nell'area lottizzata, alla s.a.s. La Malga
Due,  sia  il  comune  che  la  cessionaria  per sentir dichiarare la
nullita'  - e comunque l'inefficacia nei loro confronti - della nuova
convenzione  stipulata  dalla  societa'  La  Malga  Due con il comune
(comprendente   sostanziali   modificazioni  dell'originario  assetto
dell'area  previsto  dallo  strumento  urbanistico  esecutivo)  e per
sentire  inoltre  accertare  l'insussistenza  di qualsivoglia diritto
della  societa'  La  Malga  Due  a  realizzare sull'area comune nuove
costruzioni,  con la condanna della stessa alla riduzione in pristino
dei luoghi.
    Il  giudice a quo riferisce che il comune di Gallio si era difeso
eccependo  il  proprio difetto di legittimazione passiva ed invocando
una  declaratoria  di inammissibilita' della domanda siccome proposta
nei  confronti  della  pubblica  amministrazione  per  estinguere  un
rapporto  instaurato  dalla  stessa  nell'esercizio  dei  suoi poteri
autoritativi  in  materia  urbanistica, mentre la s.a.s. La Malga Due
aveva  eccepito  pregiudizialmente  la  carenza  di  giurisdizione in
capo al  giudice  adito,  stante  il disposto dell'art. 34 del d.lgs.
n. 80 del 1998.
    In  punto  di  rilevanza, il Tribunale rimettente osserva che gli
attori    fanno    valere   pretese   «le   quali,   inevitabilmente,
interferiscono  nelle  scelte  di  pianificazione  edilizia  compiute
dall'ente  territoriale  nell'esercizio  dei suoi poteri in materia»,
posto   che  esplicitamente  il  comune  di  Gallio  ha  rivelato  di
considerare  tuttora  vigente  lo strumento urbanistico esecutivo, al
punto  da  qualificare  la  seconda  convenzione come integrazione di
quella  originaria  e  «cosi', manifestamente, mostrando di avvalersi
del  potere  previsto dall'art. 28, comma quinto, della legge n. 1150
del 1942 (come sostituito dall'art. 8 della legge n. 765 del 1967)».
    2.13. - L'ordinanza di rimessione del 4 giugno 2002 del Tribunale
di  Forli',  sezione  distaccata di Cesena (r.o. n. 381 del 2002), e'
stata  pronunciata  nel  corso di un procedimento cautelare, proposto
con ricorso depositato il giorno 8 marzo 2002.
    In   punto   di  rilevanza  osserva  il  giudice  a  quo  che  la
controversia  ha  ad  oggetto  atti  e  comportamenti  della pubblica
amministrazione  in  materia urbanistica, «trattandosi di demolire un
capannone    abusivo,    in    forza   di   pregressi   provvedimenti
amministrativi,  ritenuti  definitivi».  Di  modo  che  essa non puo'
essere  decisa  indipendentemente  dalla  risoluzione della sollevata
questione di costituzionalita'.
    2.14.   -  L'ordinanza  di  rimessione  del  1° agosto  2002  del
Tribunale  di Lanusei (r.o. n. 520 del 2002) e' stata pronunciata nel
corso  di  un  processo  civile di primo grado, intrapreso da Mario e
Attilio  Lai  nonche'  da  Maria  Antonietta,  Sebastiano, Giovanni e
Pietro  Alberto  Maccioni  nei  confronti del comune di Tortoli', con
atto di citazione notificato il 20 dicembre 1999, al fine di ottenere
il  risarcimento  del danno da occupazione acquisitiva di un terreno,
di proprieta' degli attori, irreversibilmente trasformato e destinato
dal convenuto ad opera pubblica.
    2.14.1.  -  In  questo  giudizio e' intervenuto il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale   dello  Stato,  che  ha  dedotto  l'inammissibilita'  della
questione proposta per insufficiente motivazione sulla rilevanza, non
avendo   il   rimettente   adeguatamente   motivato  in  ordine  alla
irretroattivita' dell'art. 7 della legge n. 205 del 2000.

                       Considerato in diritto

    1.  -  I  giudizi,  ponendo  questioni  sostanzialmente identiche
relativamente alle stesse norme, devono essere riuniti.
    2. - Le questioni poste dalle ordinanze n. 89 del 2002, n. 97 del
2002,  e n. 381 del 2002 sono inammissibili: la prima perche', avendo
la  Corte  rimettente  precisato  che  la  controversia  sottopostale
spetterebbe   comunque   alla  giurisdizione  esclusiva  del  giudice
amministrativo  (ex  art. 11,  comma 5,  della  legge  7 agosto 1990,
n. 241  ovvero  ex  art. 16  della  legge 28 gennaio 1977, n. 10), e'
palese  l'irrilevanza  della questione nel giudizio a quo; la seconda
per  l'evidente,  e percio' stesso assorbente, improponibilita' della
domanda   in  relazione  alla  quale  si  porrebbe  la  questione  di
giurisdizione;  la  terza perche' il giudizio a quo e' stato proposto
(8 marzo  2002) nella vigenza dell'art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998,
come  sostituito dall'art. 7, lettera b), della legge 21 luglio 2000,
n. 205.
    3.   -   Le   ordinanze   di  rimessione  pongono,  relativamente
all'art. 34,  commi 1  e  2,  del decreto legislativo n. 80 del 1998,
questioni sostanzialmente identiche a quelle che questa Corte ha gia'
esaminato  con riguardo all'art. 33 del medesimo decreto legislativo:
entrambe  le  norme,  infatti,  rinvengono la loro fonte nella delega
conferita  dall'art. 11,  comma 4,  lettera g),  della legge 15 marzo
1997,  n. 59  (Delega  al  Governo  per il conferimento di funzioni e
compiti  alle  regioni  ed enti locali, per la riforma della pubblica
amministrazione  e  per la semplificazione amministrativa), affinche'
il  Governo,  contestualmente  alla  devoluzione al giudice ordinario
delle  controversie  sulla  gran  parte  dei  rapporti  di lavoro dei
dipendenti delle pubbliche amministrazioni, prevedesse «la estensione
della  giurisdizione  del  giudice  amministrativo  alle controversie
aventi  ad  oggetto diritti patrimoniali consequenziali, ivi comprese
quelle  relative  al  risarcimento  del  danno,  in materia edilizia,
urbanistica e di servizi pubblici».
    3.1.  -  L'Avvocatura  dello Stato ha eccepito l'inammissibilita'
delle  questioni  in  quanto  -  come questa Corte aveva suggerito di
considerare  con  le  ordinanze  n. 123  e n. 340 del 2002 - anche le
controversie  proposte  anteriormente  al  10 agosto  2000  - data di
entrata  in  vigore  della legge n. 205 del 2000 - dovevano ritenersi
governate  dall'art. 34  del  d.lgs.  n. 80 del 1998, come sostituito
dall'art. 7, lettera b), della legge n. 205 del 2000, dal momento che
la  conservazione dell'art. 45, comma 18, del d.lgs. n. 80 del 1998 -
in  forza  del  quale  erano  devolute  al  giudice amministrativo le
controversie  di  cui  agli  artt. 33  e  34  proposte  a partire dal
1 luglio  1998 - sancirebbe una deroga al principio di cui all'art. 5
cod.  proc. civ; sicche' ex tunc la disciplina della giurisdizione si
fonderebbe  non  piu' su una legge (solo) in senso materiale ma anche
su una legge in senso formale.
    L'eccezione   non  puo'  essere  accolta,  in  quanto  i  giudici
rimettenti  hanno  ampiamente,  e  non  implausibilmente,  esposto le
ragioni   per   le  quali  ritengono  di  non  condividere  l'opzione
interpretativa  la  cui  valutazione  era  stata  suggerita da questa
Corte;  e cio' e' sufficiente (cfr. sentenza n. 470 del 2002) perche'
le  questioni  poste  dai  rimettenti  debbano  essere  esaminate nel
merito.
    3.2.  -  In relazione al principio fissato nell'art. 11, comma 4,
lettera g),  della  legge  delega  n. 59  del  1997,  questa Corte ha
osservato  nella  sentenza  n. 292  del  2000  -  e  non puo' qui che
ribadire  -  come  dai lavori parlamentari emerga chiaramente che «in
primo  luogo  il  legislatore  delegante  intendeva  rendere piena ed
effettiva  la  tutela  del  cittadino  nei  confronti  della pubblica
amministrazione,  concentrando  innanzi  al  giudice amministrativo -
nell'esercizio   della   giurisdizione,   sia   di  legittimita'  che
esclusiva,   di  cui  era  gia'  titolare  in  materia  di  edilizia,
urbanistica  e  servizi  pubblici - non solo la fase del controllo di
legittimita' dell'azione amministrativa, ma anche (ove configurabile)
quella  della  riparazione per equivalente, ossia il risarcimento del
danno,  evitando per esso la necessita' di instaurare un successivo e
separato  giudizio  innanzi al giudice ordinario. In secondo luogo la
delega  intendeva  perseguire  tale  risultato  senza  ampliare nelle
suddette   tre   materie   l'ambito   delle  esistenti  giurisdizioni
esclusive. Per due volte infatti fu formulata la proposta di delegare
il   Governo   a   trasferire   le  tre  materie  in  questione  alla
giurisdizione amministrativa esclusiva, ed entrambe le volte essa non
ebbe  seguito,  onde  fu  approvato  definitivamente  un testo che di
giurisdizione esclusiva non parla».
    Ne  discende, cosi' come si e' statuito in ordine all'art. 33 del
d.lgs.  n. 80  del  1998, che anche riguardo alla materia edilizia ed
urbanistica  il legislatore delegante ha affidato al Governo non gia'
il compito di ampliare l'ambito della giurisdizione esclusiva, bensi'
quello di estendere «la giurisdizione amministrativa esistente, tanto
di   legittimita'   che   esclusiva»;  sicche'  soltanto  «i  diritti
patrimoniali  consequenziali,  in  essi  compreso il risarcimento del
danno,   erano   l'oggetto   (normativamente   individuato)  di  tale
estensione» (sentenza n. 292 del 2000).
    Di qui l'illegittimita' costituzionale dell'art. 34, commi 1 e 2,
del  decreto legislativo n. 80 del 1998 nella parte in cui, eccedendo
dai limiti della delega, ha devoluto alla giurisdizione esclusiva del
giudice    amministrativo    tutta   la   materia   dell'edilizia   e
dell'urbanistica,  e non si e' limitato ad estendere la giurisdizione
amministrativa  -  nei  limiti  in  cui essa, in base alla disciplina
vigente,   gia'   conosceva  di  quella  materia,  sia  a  titolo  di
legittimita'  che  in via esclusiva - alle controversie concernenti i
diritti  patrimoniali consequenziali, ivi comprese quelle relative al
risarcimento del danno.
    3.3.   -   La   dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale
dell'art. 34,  commi 1  e  2,  del  d.lgs. n. 80 del 1998 comporta la
necessita'  di interpretare l'art. 35 - censurato in alcune ordinanze
in connessione con l'art. 34 - nel senso che il potere di riconoscere
i  diritti  patrimoniali  consequenziali, ivi incluso il risarcimento
del   danno,  e'  limitato  alle  sole  ipotesi  in  cui  il  giudice
amministrativo   era   gia'   munito   di   giurisdizione,  tanto  di
legittimita' quanto esclusiva.