Ricorso,   per   il   Presidente   del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato  e  difeso dall'Avvocato generale dello Stato, presso i
cui uffici, in Roma via dei Portoghesi 12, domicilia;

    Contro  la Regione Marche, in persona del Presidente della giunta
regionale   pro-tempore,   per  la  declaratoria  dell'illegittimita'
costituzionale  della  legge  regionale  n. 11  del  13  maggio 2004,
pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Marche n. 51 del 20
maggio  2004  e  recante  «Norme  in  materia  di  pesca marittima ed
acquacoltura,»  ed  in  particolare  dell'art. 4, comma 1, lettera a)
dell'art. 4,  comma  2,  lettera  a)  dell'art. 6,  comma 2, lett. e)
dell'art. 7, comma 1, lett. f), dell'art. 9, comma 1.
    La  presentazione  del  presente  ricorso  e'  stata  decisa  dal
Consiglio   dei  ministri  nella  riunione  del  9  luglio  2004  (si
depositera'   estratto   del   verbale   e   relazione  del  ministro
proponente).
    Con  il provvedimento legislativo in epigrafe indicato la Regione
Marche,  detta  norme  generali  e  specifiche  in  materia  di pesca
marittima ed acquicoltura.
    La   norma   presenta   i  seguenti  elementi  di  illegittimita'
costituzionale:
        1)  Si premette che la materia della pesca persegue interessi
pubblici    molteplici   riconducibili   ad   obiettivi   di   tutela
dell'ecosistema  e delle risorse ittiche che, sfuggendo per la natura
stessa  degli  interessi  da  tutelare  a  sconfinamenti territoriali
richiedono   una  gestione  unitaria,  attribuibile  alla  competenza
esclusiva    statale   in   materia   di   tutela   dell'ambiente   e
dell'ecosistema, nonche' di rapporti internazionali dello Stato e con
l'Unione,  Europea  di cui all'art 117, comma 2, lett. s) ed a) della
Costituzione.
    Su  tali  premesse, alcune norme regionali eccedono dalla propria
competenza. In particolare:
        a)  la  norma  contenuta  nel art. 4, comma 1, lettera a) che
prevede  che  il  piano  regionale della pesca contenga, tra l'altro,
interventi   volti   alla  salvaguardia  di  «risorse  ittiche  della
regione»,  qualifica le risorse biologiche come regionali. In realta'
le  risorse  ittiche  necessitano  di  una  disciplina  di  tutela  e
conservazione uniforme, nel rispetto, peraltro, di accordi e trattati
internazionali (quali, l'UN Convention on the Iaw of the sea del 1982
e  l'UN  Fish  stocks agreement del 1995). La norma si pone quindi in
contrasto   con   l'art. 117,   comma  2,  lettere  a)  ed  s)  della
Costituzione.
        b)  la  disposizione  di cui al medesimo articolo 4, comma 2,
lettera  a)  prevedendo  che  la regolamentazione regionale attuativa
stabilisca  distretti  di  pesca per l'attivita' di pesca produzione,
introducendo  reqole  «obbligatorie  per tutti coloro che vi operano»
concreta  una  regionalizzazione  della flotta di pesca, in contrasto
con  i  principi  che  regolano  la  pesca  nazionale secondo criteri
unitari  in  base  ai  quali  essa puo' essere esercitata nelle acque
nazionali  e,  nei  casi previsti, in acque internazionali o, secondo
accordi  bilaterali,  in  acque di altre nazioni. Tale norma, quindi,
invade  la  competenza  esclusiva  statale  in  materia  di  rapporti
internazionali  e  con  l'Unione,Europea  di cui all'art 117, comma 2
lett. a)   della   Costituzione,   in  relazione  al  regolamento  CE
n. 2371/2002 (in particolare gli articoli 4, 8, 9, 15, 17 e 23) e del
regolamento CE n. 3690/1993 (articoli 2 e 3).
        2)  Le  norme  contenute  nell'art. 6,  comma 2, lettere e) e
nell'art. 7  comma  1 lett. f) prescrivono che tra i componenti della
Consulta  per l'economia ittica e la commissione tecnico scientifica,
nuove strutture regionali che operano nell'ambito della pesca, vi sia
un   rappresentante  delle  Capitanerie  di  porto,  individuato  nel
direttore  marittimo  o  in  un  suo  delegato.  Tali disposizioni si
pongono  in  contrasto  con  l'art  117,  comma  2,  lett.  g)  della
Costituzione  in  materia  di ordinamento degli organi e degli uffici
dello Stato, in quanto dettano norme prescrittive nei confronti di un
titolare  (o  di  un  delegato) di un ufficio periferico dello Stato,
imponendogli  di far parte di organismi regionali e non prevedendo la
mera facolta' di partecipare alle riunioni di questi ultimi.
    In  tal senso si e' espressa recentemente la Corte costituzionale
con  al  sentenza  n. 134/2004  che  ha  peraltro  specificato che la
possibilita'  che  il  titolare  dell'ufficio  statale  deleghi altro
soggetto  quale  componente dell'organismo regionale, conferma che la
legge  regionale  attribuisce  all'ufficio  statale medesimo un nuovo
compito,   invadendo  un  ambito  riservato  in  via  esclusiva  alla
legislazione statale.
          3) La norma contenuta nell'articolo 9, concernente i canoni
demaniali dei beni del demanio marittimo, la cui determinazione viene
affidata  alla  regione  invade  la  competenza  esclusiva statale in
materia  di sistema tributario e contabile dello Stato di cui all'art
117,   comma   2,   lett.   e)  della  Costituzione,  atteso  che  la
determinazione   dei   canoni  relativi  alle  concessioni  demaniali
marittime  (anche  per  gli  usi  relativi  alle  attivita' di pesca)
compete  allo  Stato, in quanto esso ha la titolarita' dominicale dei
beni  demaniali  in  questione.  Detta  titolarita', fondata in primo
luogo sulle norme del codice civile (art. 822) e' peraltro desumibile
dalle  disposizioni  del  d.P.R. 616/1977 (articolo 59) e del decreto
legislativo  112/1998  (articoli  104-105)  che hanno disciplinato la
delega  ed il conferimento alle regioni e agli enti locali delle sole
funzioni amministrative concernenti il demanio marittimo.
    Inoltre,  l'articolo  32  del  decreto  legge  30 settembre 2003,
n. 269  (convertito  in  legge  326/2003) al comma 21, ha ribadito la
competenza   statale   nella   determinazione  dei  canoni  demaniali
marittimi.
    Anche  la  Corte  costituzionale,  nella  sentenza  150/2003,  ha
affermato  la  titolarita'  statale  dei  beni  del demanio marittimo
richiamando  una  propria  precedente  pronuncia  secondo  cui  «  la
potesta'   di  imposizione  e  riscossione  del  canone  demaniale...
segue...  la titolarita' dominicale del bene.., va disattesa, percio'
la  pretesa  della  regione  di  determinare  e  percepire  il canone
demaniale». (sent. 343/1995)