Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, via dei Portoghesi n. 12, domicilia; Contro la Regione Friuli-Venezia Giulia, in persona del presidente della giunta regionale pro tempore, per la declaratoria dell'illegittimita' costituzionale dell'art. 6 della legge regionale n. 15 del 25 maggio 2004, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 21 del 26 maggio 2004 e recante «Riordinamento normativo dell'anno 2004 per i settori della protezione civile, ambiente, lavori pubblici, pianificazione territoriale, trasporti ed energia». La presentazione del presente ricorso e' stata decisa dal Consiglio dei ministri nella riunione del 9 luglio 2004 (si depositera' estratto del verbale e relazione del Ministro proponente). Con il provvedimento legislativo in epigrafe indicato la Regione Friuli-Venezia Giulia effettua un riordino normativo nei settori della protezione civile, dell'ambiente, dei lavori pubblici, della pianificazione territoriale dei trasporti e dell'energia. L'art. 6 della citata legge prevede che la regione provveda agli interventi di bonifica dei siti inquinati di Trieste e della laguna di Marano e Grado mediante «delegazione amministrativa» rispettivamente dell'Ente Zona Industriale di Trieste ed al Consorzio di Sviluppo Industriale nella zona Aussa-Corno. La norma regionale presenta i seguenti aspetti di illegittimita' costituzionale: I siti inquinati di cui si discute sono definiti d'interesse nazionale dal decreto del Ministro dell'ambiente n. 468 del 18 settembre 2001 avente ad oggetto «regolamento recante il programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale» ai sensi dell'art. 1, comma 3 della legge 9 dicembre 1998, n. 426. La materia rientra nella competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione e il legislatore nazionale ha demandato la relativa regolamentazione a norma subprimaria (concordata con i soggetti interessati), secondo la usuale tecnica della delegificazione. Infatti il comma 3 dell'art. 1 della legge n. 426/1998 testualmente dispone: «Per la realizzazione degli interventi di cui al comma 1 e per la utilizzazione delle relative risorse finanziarie il Ministero dell'ambiente adotta, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, un programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati, che individua gli interventi d'interesse nazionale, gli interventi prioritari, i soggetti beneficiari, i criteri di finanziamento di singoli interventi e le modalita' di trasferimento delle relative risorse. Il programma tiene conto dei limiti di accettabilita', delle procedure di riferimento e dei criteri definiti dal decreto ministeriale di cui all'art. 17, comma 1 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni». In tale contesto normativo, l'uso dello strumento legislativo regionale appare incongruo: la giurisprudenza di codesta Corte costituzionale ha stabilito che ove esista una competenza legislativa regionale concorrente deve essere escluso ogni residuo di competenza regolamentare statale delegata (cosiddetta delegificazione); cosi', allorche', come nel caso di specie la materia sia di competenza esclusiva statale e risulti in concreto delegificata, l'intervento legislativo regionale altera il quadro delle fonti di disciplina dei rapporti e si pone in contrasto con la competenza esclusiva riservata allo Stato dall'art. 117, comma 2, lett. s) della Costituzione. Ancor piu' l'uso dello strumento della delegazione amministrativa intersoggettiva interferisce sulle competenze comunali e provinciali in materia di bonifica dei siti inquinati e sulla costante adeguabilita' degli interventi e relative modalita' attuative, in violazione degli artt. 114 e 118, commi 1 e 2 della Costituzione, dal momento che il soggetto individuato dalla Regione Friuli-Venezia Giulia vanta nei confronti degli altri soggetti istituzionali, che concorrono nell'attivita' di bonifica, di una inammissibile posizione di garanzia e/o di inamovibilita' derivante dall'esistenza di una legge regionale. Significativo al riguardo che la Regione Friuli-Venezia Giulia abbia inteso intervenire unilateralmente con legge in materia, malgrado l'epigrafe del d.m. n. 468 del 2001 testualmente recita: «Ritenuta l'opportunita' di demandare alle regioni, sulla base di appositi criteri, l'individuazione dei soggetti beneficiari nonche' la definizione delle modalita', le condizioni ed i termini per l'erogazione dei finanziamenti, trasferendo alle medesime con successivi decreti le risorse finanziarie disponibili». La legge regionale viene, in altri termini, concretamente utilizzata dalla Regione Friuli-Venezia Giulia per sottrarsi al dovere di leale collaborazione con gli altri soggetti istituzionali nella individuazione, attraverso il procedimento stabilito nelle fonti statali, delle modalita' attuative dell'intervento di bonifica dei siti inquinati di interesse nazionale di Trieste e della laguna di Grado e Marano.