Ricorso  per  il  Presidente  del  Consiglio dei ministri, difeso
dall'Avvocatura  generale  dello Stato, presso la quale ha il proprio
domicilio  in  via  dei  Portoghesi  n. 12,  Roma nei confronti della
Regione  Umbria,  in  persona del suo presidente per la dichiarazione
della  illegittimita'  costituzionale della legge regionale 26 maggio
2004,  n. 8,  «Ulteriori  modificazioni  ed  interazioni  della legge
regionale   28 febbraio  1994,  n. 6  -  Disciplina  della  raccolta,
coltivazione, conservazione e commercio dei tartufi (B.U.R. n. 24 del
9 giugno 2004), negli articoli 2 e 4.
    Dalla  legge che si impugna non e' desumibile su quale materia la
regione   sia  voluta  intervenire.  L'indicazione  non  puo'  essere
considerata  irrilevante  poiche'  attraverso  la  materia la regione
indica  non  soltanto  gli  interessi  perseguiti,  ma  anche la base
costituzionale della potesta' legislativa esercitata.
    In  mancanza,  diventa  onere  del  ricorrente  individuarla  con
conseguenze  sul  contraddittorio.  A  causa  dei limiti che, secondo
codesta Corte, ineriscono ai motivi che possono sostenere il ricorso,
finisce  con  l'incidere  sulla  sua  ammissibilita'  il fatto che il
Consiglio  dei  ministri debba investigare sulla volonta' legislativa
della regione.
    Non  essendo  stata  individuata  la  materia sulla quale intende
intervenire,  la  legge  dovra'  gia'  per  questo  essere dichiarata
costituzionalmente illegittima.
                               Art. 2.
    Vi sono individuati gli ambiti in cui la raccolta e' libera.
    Questa  liberta'  puo'  essere intesa almeno in due sensi, per il
diverso orientamento soggettivo che puo' assumere.
    Considerandola  nei  rapporti  con  la  pubblica amministrazione,
esclude  la  necessita'  di atti di autorizzazione o equivalenti; nei
confronti  del  privato,  proprietario  del  fondo,  non  consente  a
quest'ultimo   di   fare   opposizione   all'accesso  a  chi  intende
raccogliere tartufi.
    La  verifica  della  legittimita'  costituzionale  della legge va
fatta,   pertanto,  da  tutti  e  due  i  punti  di  vista,  con  una
precisazione preliminare: se la legge regionale ha inteso riconoscere
entrambe   queste   liberta',   la  legge  potra'  essere  dichiarata
costituzionalmente  legittima  solo  se  per  entrambe  la regione ha
potesta' legislativa.
    Se  questa  potesta'  manca  anche per una sola di esse, la legge
dovra' essere dichiarata costituzionalmente illegittima.
    La conclusione potrebbe essere diversa se codesta Corte ritenesse
che  dalla  legge  possa derivare una sola liberta' ed in una materia
sulla quale la regione ha potesta' legislativa.
    Codesta  Corte,  nel  pronunciarsi  sulla legge 16 dicembre 1985,
n. 752,  ha  avuto  occasione  di  individuare la materia nella quale
rientra   la   disciplina   sulla   raccolta   dei  tartufi  (  sent.
n. 328/1990).
    «La  legge  quadro  n. 752  del 1985.... persegue la finalita' di
salvaguardare  un  patrimonio  ambientale  di grande valore, specie a
favore di quella parte della popolazione che nella ricerca e raccolta
dei  tartufi  trova un motivo di distensione ed anche di integrazione
del proprio reddito».
    Al  «patrimonio  ambientale»  e  «all'assetto  ambientale»  nella
stessa sentenza si trova piu' di un richiamo.
    La  materia  e',  dunque,  quella  della  tutela dall'ambiente ed
insieme  dell'ecosisterna, secondo quanto ha confermato codesta Corte
rilevando come «la raccolta indisciplinata produca l'estinzione delle
tartufaie e danni irreparabili al patrimonio ambientale».
    La  norma  impugnata,  intervenendo sulla liberta' della raccolta
dei  tartufi, ha, pertanto, sconfinato in una materia di legislazione
esclusiva statale.
    Nel  caso  in  esame  la trasversalita' della materia, piu' volte
ribadita da codesta Corte, non dovrebbe avere rilievo.
    La raccolta dei tartufi non rientra nell'elenco portato dal terzo
comma dell'art. 117 Cost.
    Il  fatto  che,  per svolgere le difese sotto questo profilo, sia
necessario  andare  ad  individuare  una  materia  con  la  quale sia
rilevabile    una    qualche   affinita',   sta   a   confermare   la
inammissibilita' del ricorso, anche a non tenere conto che la materia
disciplinata  e'  elemento  integrante della volonta' normativa della
regione,  la  cui  individuazione  non  puo'  essere  che  un  dovere
preliminare della regione stessa.
    Anche  se  potesse  essere  individuata  una  materia, tra quelle
elencate  nel  terzo  comma  dell'art. 117, nella quale ricondurre la
raccolta  dei tartufi, la legge regionale avrebbe dovuto rispettare i
principi fondamentali fissati dalla legge statale.
    I  criteri per la salvaguardia delle tartufaie non possono essere
che  gli  stessi  su  tutto il territorio nazionale, essendo unico il
loro procedimento di riproduzione.
    Ogni   liberta',  per  non  sconfinare  nell'abuso,  deve  essere
contenuta   nei   limiti   desumibili   dalla   legge.  Il  principio
fondamentale  della liberta', fissato dalla legge statale, comprende,
pertanto,  anche  i  suoi limiti. Modificando questi ultimi, la legge
regionale  avrebbe comunque violato l'art. 117, terzo comma, anche se
fosse ritenuto applicabile.
    Che quei limiti siano stato modificati, e in modo sostanziale, si
ricava  dalla  semplice  comparazione dell'art. 3, primo comma, della
legge n. 572/1985.
    Secondo  la  legge statale la raccolta e' libera nei boschi e nei
terreni non coltivati.
    La legge regionale estende la liberta', tra gli altri, ai parchi,
che  trovano  la  loro disciplina nella legge n. 394/1991 (per quanto
riguarda  gli  aspetti  che  qui interessano nell'art. 11); alle aree
naturali  protette,  che  trovano la loro disciplina negli artt. 22 e
ss.   della   stessa   legge;   alle   aziende   faunisticovenatorie,
disciplinate  con  legge  157/1992  (  artt. 10  e  ss.),  alle  aree
demaniali senza distinzione, comprese quelle statali o, comunque, non
regionali o sub-regionali, e cosi' via.
    Lo  sconfinamento  della  regione dalla sua sfera di legislazione
e', dunque, evidente.
    Se  ne ha una conferma anche attraverso la comparazione del testo
precedente  dell'art. 2  della  legge  regionale n. 6/1994 con quello
attuale, introdotto senza tenere conto delle modifiche costituzionali
intervenute nel frattempo.
    Se   poi  si  ritenesse  che  la  norma  regionale  abbia  inteso
disciplinare  la  liberta'  anche  nei  confronti dei proprietari dei
fondi  interessati,  la  illegittimita' costituzionale sarebbe ancora
piu' evidente.
    Nella   sentenza   gia'  richiamata  codesta  Corte,  sempre  con
riferimento  alla legge n. 752/1985, ha chiarito che «la raccolta non
e'  consentita  nei  terreni  coltivati  e,  anche in base alle norme
contenute  nel  codice  civile  (artt. 841  e 842), nei fondi chiusi,
specie  nei modi stabiliti dalla legge sulla caccia». Investito e' il
regime   di  proprieta',  disciplinato  dal  codice  civile.  Si  e',
pertanto,   nell'ambito   dell'ordinamento   civile,   ugualmente  di
legislazione   esclusiva   dello   Stato  (art. 117,  secondo  comma,
lett. l).
                               Art. 4.
    La sua illegittimita' costituzionale non ha ragioni diverse.
    Le  tartufaie coltivate o controllate sono disciplinate dall'art.
3   della   legge  statale,  con  norme  che  costituiscono  principi
fondamentali  in  quanto rivolte a fissare il limite alla liberta' di
raccolta.
    La disciplina introdotta dall'art. 4 e' ampiamente derogatoria.
    Per  la  «presenza  diffusa»,  ai fini della individuazione della
«tartufaia  controllata»,  e'  stata prevista una quantita' minima di
due   chilogrammi   per   ettaro  (comma  2-bis),  insieme  a  limiti
differenziati    per   l'estensione   massima   (commi   2-quater   e
2-quinquies).  In questo modo la legge ha finito con l'incidere sulla
disciplina della proprieta'.
    Ai  sensi  dell'art. 3  della legge n. 752/1985 la proprieta' sui
tartufi prodotti nelle tartufaie coltivate o controllate non segue la
proprieta' del terreno, ma e' di «tutti coloro che le conducono».
    Il  regime di proprieta' sui beni mobili rientra nell'ordinamento
civile,  quindi nella legislazione esclusiva dello Stato, sulla quale
la norma impugnata viene ad interferire.
    Anche  in  questo caso la interferenza risulta ancora piu' palese
confrontando  il  nuovo  ed  il vecchio testo dell'art. 4 della legge
regionale.