LA CORTE D'ASSISE
    Nel  procedimento penale contro S.D., nato a Chieri (Torino) il 7
luglio  1978,  in  atto  agli  arresti  presso la struttura sanitaria
dell'Istituto  Fatebenefratelli  di  San Maurizio C.se (TO), imputato
come  in  atti; sentite le richieste finali delle parti; pronuncia la
seguente ordinanza.
    1.  -  Il p.m. e la difesa hanno chiesto concordemente, all'esito
del dibattimento, di emettere nei confronti dell'imputato sentenza di
proscioglimento,  ex art. 88 c.p., in relazione ad entrambi i reati a
lui  ascritti,  per  essere  lo  stesso  non  imputabile  per  totale
incapacita'  di  intendere  e  di  volere,  e, da un lato, il p.m. ha
chiesto,  in  esecuzione  dell'art.  222 comma 2 c.p., l'applicazione
della  misura  di sicurezza del ricovero in O.P.G. per un periodo non
inferiore  ad  anni 5, dall'altro, la difesa ha chiesto l'inserimento
dell'imputato,  fermo il suo stato di custodia cautelare domiciliare,
nella  comunita' terapeutica psichiatrica La Redancia sita in Sanfre'
(CN), richiamando al riguardo i documenti prodotti alla prima udienza
dibattimentale.
    Sulle condizioni di mente dell'imputato e sulla sua pericolosita'
sociale,   il  perito  di  ufficio  dott.  Mauro  Nannini  nella  sua
integrazione   alla  relazione  peritale  del  24  febbraio  2004,  e
oralmente  nella  sua  deposizione alla udienza del 7 aprile 2004, ha
ribadito  la  diagnosi di perdurante schizofrenia paranoide risalente
ad  epoca  anteriore  all'omicidio,  patologia mentale attualmente in
fase  di  parziale  remissione  ottenuta  a  seguito  dei trattamenti
farmacologici,    psicoterapici   e   socio-riabilitativi,   attivati
quantomeno  dal  31  marzo  2003,  data  in  cui, in esecuzione della
ordinanza del g.i.p. del 28 marzo 2003, la misura cautelare detentiva
e'  stata  sostituita  con  quella  degli arresti presso la struttura
sanitaria dell'Istituto Fatebenefratelli di San Maurizio C.se (TO).
    In  ordine  alla  pericolosita'  sociale dell'imputato, il perito
dott.  Nannini  ha  ribadito  avanti  a  questa Corte, nell'udienza 7
aprile  2004,  che  lo stesso puo' essere considerato socialmente non
pericoloso   solo   in   presenza  di  un  inserimento  in  struttura
residenziale  che  garantisca  la  prosecuzione  dei vari trattamenti
sopra  richiamati  con presenza educativa e sanitaria sulle intere 24
ore.
    2.   -   La   difesa,  a  seguito  di  attivazione,  ha  prodotto
documentazione  inerente  la  disponibilita'  attuale della comunita'
terapeutica  psichiatrica  La  Redancia, con sede in Sanfre' (CN), ad
accogliere   l'imputato   in   regime  di  arresto  presso  struttura
sanitaria.
    All'udienza  del 28 aprile 2004 la Corte ha esaminato la dott.ssa
Paola  Cavallotto,  psicologa  e  direttrice  della comunita' stessa,
sulle  concrete  caratteristiche, il regime interno e le opportunita'
terapeutiche praticabili all'interno della struttura in questione.
    Nella  precedente  udienza  del  7  aprile  2004  la difesa aveva
chiesto  al  perito  dott.  Nannini  se la struttura di Sanfre' fosse
compatibile con le attuali condizioni dell'imputato e le sue esigenze
terapeutiche, ottenendo al riguardo risposta positiva.
    3.  -  In questa situazione la Corte e' chiamata a decidere sulle
conclusioni  delle  parti  e,  in  caso di accoglimento della tesi di
vizio  totale  di  mente  del  S. al momento del delitto e di sua per
perdurante   pericolosita'  sociale,  a  dare  applicazione,  con  le
conseguenze  di  legge,  al sistema in materia di misure di sicurezza
previste  dall'ordinamento  (nel caso di specie, attese le condizioni
dell'imputato, il ricovero in O.P.G.).
    Detta misura di sicurezza nel caso di specie non e' stata sino ad
oggi  applicata  provvisoriamente, in considerazione, essenzialmente,
delle  indicazioni  provenienti  dal  perito psichiatrico sulle reali
condizioni  del  S.  e  sulle  «risposte»  da  lui  date a fronte del
trattamento  praticatogli  in  maniera piu' specifica dal momento del
suo inserimento nella struttura sanitaria di cui sopra.
    L'attuale  situazione  psichiatrica  dell'imputato  e'  descritta
adeguatamente,  da ultimo, nella relazione del 21 aprile 2004 a firma
del  dott.  A Jaretti Sodano e della dott.ssa V. Braida, responsabili
della   U.O.  di  psichiatria  forense,  di  San  Maurizio  Canavese,
acquisita  dalla Corte al fine di valutare la richiesta formulata dal
p.m., in data 8 aprile 2004, di applicazione provvisoria della misura
di sicurezza del ricovero in O.P.G.
    In questa relazione i sanitari sopra indicati, oltre ad attestare
la  risposta  positiva  del  S.  ai  trattamenti  praticatigli  nella
suddetta   struttura,   evidenziano   come   «...  Un  suo  eventuale
inserimento  in  O.P.G.  potrebbe rappresentare un passo indietro nel
percorso  riabilitativo  del soggetto», pur confermando la necessita'
del  suo  inserimento  in  una  struttura «contenitiva» sia a livello
psicologico che organizzativo.
    4. - Ne consegue che l'accoglimento della richiesta formulata dal
p.m.  in sede di requisitoria finale, conclusa la fase dibattimentale
e  la  relativa  discussione  finale,  comporterebbe  inevitabilmente
l'interruzione   del   complesso  trattamento  terapeutico  da  tempo
avviato,   con  prospettive  di  ulteriore  sviluppo,  nei  confronti
dell'imputato,  con  conseguente  serio  pregiudizio della sua salute
(tutelata   dall'art. 32   della   Costituzione),  in  virtu'  di  un
ingiustificato   ossequio   alle   sole   esigenze  di  tutela  della
collettivita'.
    Di  qui,  pertanto,  la rilevanza della questione di legittimita'
costituzionale  che  di  seguito  sara'  illustrata  nel  suo profilo
ulteriore di non manifesta infondatezza.
    5.  -  La norma sostanziale di cui andrebbe fatta applicazione in
questa  fase  e'  certamente  quella  di cui all'art. 222 c.p., nella
parte  in  cui,  al  secondo  comma,  prevede  una  periodo minimo di
ricovero in O.P.G. di anni 5, come concordemente indicato dalle parti
con  riferimento  alla  fattispecie  concreta e come la Corte ritiene
sarebbe accoglibile.
    Questa  norma,  come  e'  noto,  ha subito da tempo un intervento
correttivo  di  rilevo  a seguito della sent. n. 139/1982 della Corte
costituzionale nella parte in cui non subordinava il provvedimento di
ricovero in O.P.G. dell'imputato prosciolto ex art. 88 c.p. al previo
accertamento   da   parte   del  giudice  della  cognizione  o  della
esecuzione,  della  persistente pericolosita' sociale derivante dalla
infermita' medesima al tempo dell'applicazione della misura.
    Piu'  di  recente lo stesso articolo del c.p. e' stato dichiarato
incostituzionale,   con   la   sentenza  della  Corte  costituzionale
n. 253/2003,  nella parte in cui non consente al giudice nei casi ivi
previsti  di  adottare,  in luogo del ricovero in O.P.G., una diversa
misura  di  sicurezza,  prevista  dalla  legge,  idonea ad assicurare
adeguate  cure  dell'infermo  di  mente  e  a  far  fronte  alla  sua
pericolosita' sociale.
    Il  caso  di  specie che ha dato adito all'intervento della Corte
costituzionale  da  ultimo  citato riguardava una ipotesi di reato di
tentata  violenza sessuale aggravata e lesione personale, commesso da
imputato   ritenuto   affetto  da  vizio  totale  di  mente,  la  cui
pericolosita'  sociale  era  stata  ritenuta  tale  da  poter  essere
adeguatamente fronteggiata addirittura con una misura di sicurezza di
minore  gravita'  ed afflittivita' per il soggetto sottopostovi, come
quella  della  liberta'  vigilata,  rispetto a quella del ricovero in
O.P.G.
    6.  - Sulla base di queste premesse i principi costituzionali che
dalla  attuale  formulazione  degli art. 205 e 222 c.p. (quest'ultimo
anche  come  da  ultimo  modificato a seguito della sent. della Corte
costituzionale  253/2003)  appaiono  violati  sono quelli di cui agli
artt. 2, 3, e 32 della Costituzione.
    Il  diritto  alla  fruizione dei migliori trattamenti terapeutici
per  assicurare la salute psichiatrica rientra infatti nel novero dei
diritti inviolabili dell'individuo di cui al citato art. 2.
    Al contempo, con riferimento al principio di cui all'art. 3 della
Costituzione,   a   parita'   di   condizioni   psicopatologiche  che
legittimano  una  valutazione di pericolosita' sociale, va assicurato
ai  soggetti interessati, indipendentemente dalla circostanza che sia
gia'  intervenuta,  o  meno,  declaratoria  di proscioglimento di cui
all'art. 222   c.p.   e  conseguente  applicazione  della  misura  di
sicurezza  del ricovero in O.P.G., un trattamento paritario correlato
alla   specifica  patologia  psichiatrica.  Mentre,  nell'ordinamento
attualmente   in   vigore,  e'  prevista,  nella  fase  anteriore  al
proscioglimento, la possibilita' di ricovero dell'imputato affetto da
infermita'   psichica   suscettibile   di   fondare  un  giudizio  di
pericolosita'  presso  adeguata struttura terapeutica psichiatrica di
tipo contenitivo.
    Da  ultimo, l'art. 32 della Costituzione, nel prevedere la tutela
della  salute  come  fondamentale  diritto dell'individuo e interesse
della  collettivita',  postula che in materia di misure di sicurezza,
specie  per  quella  del  ricovero  in  O.P.G.,  venga  garantita una
risposta  non  solo  in  termini  di special prevenzione, ma anche, e
principalmente,  in  termini  di  presidio  terapeutico adeguato alla
patologia psichiatrica ed alla eventuale pericolosita' sociale che la
accompagna.
    7.  -  Nel  caso  di  specie  l'applicazione rigorosa del vigente
sistema  in materia di misure di sicurezza comporterebbe una serie di
conseguenze    pregiudizievoli    non    solo   per   gli   interessi
costituzionalmente  protetti  dalle norme da ultimo richiamate, ma si
porrebbe  anche  in  contrasto  con  le  esigenze di ragionevolezza e
rispetto dei principi costituzionali, sottese ai due interventi della
Corte costituzionale del 1982 e del 2003, di cui sopra si e' detto in
dettaglio,  che  hanno  gia'  inciso  in  maniera rilevante sul testo
originario    dell'art. 222   del   c.p.,   attenuando   in   maniera
significativa,  ma  non  ancora  del tutto appagante per i motivi qui
esposti,  la  estrema rigidita' di una previsione normativa risalente
ormai ad oltre 70 anni addietro.
    8.  -  E  invero  il  ricovero in O.P.G. dell'imputato, che nella
specifica  situazione processuale dovrebbe attuarsi a tempi brevi, in
esecuzione   della   imminente   decisione  di  merito  della  Corte,
comporterebbe  sia  la  interruzione dei diversi trattamenti in atto,
con  prevedibili  difficolta' di adattamento dell'imputato alla nuova
struttura  sanitaria  e  ad  eventuali  nuove  terapie,  sia  il  suo
allontanamento  (di molti chilometri, attesa la attuale distribuzione
degli  O.P.G.  sul  territorio  nazionale)  dai  luoghi  ove vivono e
lavorano   i  famigliari  interessati  a  mantenere  i  contatti  col
congiunto  nel  quadro  di  un'opera di sostegno psicologico ritenuta
utile e necessaria anche dal perito psichiatrico.
    Il  perito  ha  attestato  inoltre che il S. puo' essere ritenuto
soggetto  non  pericoloso  ove inserito in una struttura residenziale
del  tipo  della  comunita' psichiatrica indicata dalla difesa, della
quale  -  come  detto  sopra  - ha illustrato le caratteristiche alla
Corte  la  dott.ssa  Cavallotto nella deposizione della ud. 28 aprile
2004.
    9.  - Per completezza del discorso va ancora aggiunto che, tenuto
conto  del quadro psicopatologico dell'imputato, la Corte ritiene, in
linea con l'opinione del perito psichiatrico, che misure di sicurezza
quali  la  liberta' vigilata o anche la assegnazione a casa di cura e
custodia, sarebbero inadeguate ad assicurare le rilevanti esigenze di
natura  specialpreventiva  che  invece hanno trovato sin qui adeguata
risposta  nel trattamento terapeutico ed organizzativo al quale il S.
e'  stato sottoposto dal momento in cui l'originaria misura cautelare
detentiva e' stata sostituita.
    Ne  consegue  che  mancano  del tutto i presupposti, nel presente
procedimento,   per   dare   applicazione   alla  nuova  formulazione
dell'art. 222   c.p.,   quale  risulta  dalla  sentenza  della  Corte
costituzionale n. 253/2003, alla quale si e' fatto sopra riferimento.