LA CORTE DI APPELLO

    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza nel procedimento penale a
carico di Bruno Fabbri.
    Visto  il  ricorso  ex  art. 99  d.P.R.  30  maggio  2002, n. 15,
depositato  il 19 aprile 2004 da Bruno Fabbri contro il provvedimento
19-22  marzo  2004  della 1ª Sezione penale di questa Corte d'appello
che ha rigettato l'istanza di ammissione al gratuito patrocinio dello
Stato proposta dal Fabbri il 31 marzo 2003.
    Rilevato  che  il  Fabbri,  condannato  per  i  reati di cui agli
artt. 8,  legge  n. 4/1929,  110 c.p. e 4 lett. d), legge n. 516/1982
(emissione  di  fatture  per  operazioni  inesitenti nei confronti di
diverse  societa', negli anni 1995 e 1996), ha sollevato la questione
dell'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 91 lett. a) del d.P.R.
30 maggio 2002, n. 115, per violazione del principio di uguaglianza e
di diritto di difesa di cui agli artt. 3 e 24 della Costituzione.
    Ritenuto che la decisione sulla istanza di ammissione al gratuito
patrocinio  dipende  dalla  risoluzione  della  suddetta questione di
legittimita'  costituzionale,  in  quanto  il Fabbri ha documentato i
requisiti reddituali richiesti dal d.P.R. n. 115/2002.
    Ritenuto   che  la  questione  di  illegittimita'  costituzionale
sollevata non e' manifestamente infondata per i motivi seguenti:
    L'art. 24,  terzo comma, della Costituzione stabilisce in termini
chiari  e  precisi che «sono assicurati ai non abbienti, con appositi
istituti,   i   mezzi   per   agire  e  difendersi  davanti  ad  ogni
giurisdizione».
    E' dunque evidente che il legislatore costituzionale ha previsto,
come  unico  requisito  per  l'ammissione  al gratuito patrocinio, lo
stato  di  non abbienza, con esclusione quindi di ulteriori e diverse
condizioni, distinzioni, limitazioni.
    D'altro  canto,  l'art. 91,  n. 1  lett.  a) del d.P.R. 30 maggio
2002,   n. 115   (Testo   unico   delle  disposizioni  legislative  e
regolamentari  in  materia  di  spese  di  giustizia), stabilisce che
l'ammissione  al  gratuito  patrocinio  e'  esclusa  per  l'indagato,
l'imputato  o  il  condannato  di  reati commessi in violazione delle
norme  per  la  repressione  dell'evasione  in materia di imposte sui
redditi e sul valore aggiunto.
    Con  questa  norma  il  legislatore  ha apportato una deroga, una
limitazione  al principio sancito dalla norma costituzionale che, per
l'ammissione   al   gratuito   patrocinio,   richiede  unicamente  la
condizione di non abbienza.
    Risulta  dunque  il  contrasto  tra  la  disposizione  del citato
art. 91 che esclude dal beneficio del gratuito patrocinio l'indagato,
l'imputato,  il  condannato  per determinati reati fiscali e la norma
costituzionale  dell'art. 24  che  invece assicura la possibilita' di
difesa  con  appositi istituti semplicemente «ai non abbienti», senza
esclusioni o condizioni.
    Anche  perche'  il  nostro  ordinamento  non  prevede alcun altro
«istituto»  che  possa  assicurare la garanzia voluta dal legislatore
costituzionale.
    Ritenuto  infine  che  il denunciato contrasto con l'art. 3 della
Costituzione e' del tutto immotivato.