IL GIUDICE DI PACE Esaminati gli atti della causa promossa dall'avv. Alberto Taddei nei confronti della Graphic Center S.a.s. di Fratoni Edoardo & C.; Sciolta la riserva formulata all'udienza del 20 aprile 2004; Rilevato che la presente causa ha per oggetto crediti riguardanti onorari per prestazioni giudiziali effettuate dall'attore nei confronti della convenuta; Rilevato quindi che i suddetti crediti corrispondono pienamente alla tipologia di cui all'art. 633, primo comma, n. 2 codice di procedura civile; Rilevato che l'attore ha richiesto a questo giudice l'emissione, nei confronti della convenuta, dell'ordinanza di cui all'art. 186-ter codice di procedura civile; Rilevato che lo stesso art. 186-ter codice di procedura civile esclude dal proprio ambito di applicazione i crediti oggetto della presente causa, la' dove esso fa riferimento esclusivamente ai presupposti di cui all'art. 633, primo comma, n. 1 e secondo comma ed all'art. 634 codice di procedura civile; Tutto cio' rilevato, ritiene di dover pronunciare la seguente ordinanza ex art. 23, legge n. 87/1953. Prende atto questo giudice che la Consulta, gia' con ordinanza n. 545 del 4 dicembre 2000, ebbe a ritenere manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 186-ter, primo comma, del codice di procedura civile in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., sollevata dal Pretore di Ascoli Piceno con ordinanza del 12 aprile 1999, in base ai seguenti rilievi: a) sulla base di un'opzione tesa a distinguere il provvedimento monitorio ante causam (frutto di una cognizione sommaria e delibativi, a contraddittorio eventuale) e l'ordinanza ingiuntiva ex art. 186-ter, codice di procedura civile (pronunciata, di regola, all'esito di un sub-procedimento incidentalmente proposto dalla parte nel contesto di un gia' instaurato processo a cognizione piena, fisiologicamente destinato a sfociare nella pronuncia di una sentenza di merito afferente al diritto azionato, e non solo alla singola pretesa fatta valere in via interinale), il legislatore ha legittimamente ritenuto di limitare le ipotesi di concedib ilita' del provvedimento anticipatorio di condanna a quei casi in cui il supporto documentale prodotto negli atti processuali assuma una piu' consistente valenza probatoria, in termini di presumibile resistenza alle contestazioni di controparte, nell'ottica della decisione definitiva; b) pertanto, l'esclusione dei crediti vantati dai professionisti sulla base di parcelle di spese e prestazioni redatte dagli stessi e corredate dal prescritto parere delle competenti associazioni professionali non puo', per cio' solo, essere considerata irrazionale e lesiva del principio di uguaglianza, seppure non si appalesi come l'unica scelta di politica legislativa costituzionalmente legittima; c) neppure rileva la ricomprensione, nell'ambito di applicazione dell'art. 186-ter codice di procedura civile, delle ipotesi previste dall'art. 634, secondo comma, del codice di procedura civile, in quanto (come gia' ritenuto nella precedente sentenza n. 295/1995) tale norma non puo' fungere da tertium comparationis, avendo natura eccezion ale perche' derogatoria dei principi generali in tema di prova nel processo civile e della regola fissata dall'art. 2710 del codice civile, contenendo la stessa una previsione diretta ad agevolare non il creditore nella sua qualita', bensi' la prova dei crediti dell'imprenditore in considerazione del particolare affidamento richiesto nei rapporti commerciali, anche ai fini della circolazione dei crediti stessi; d) neppure vi e' lesione dell'art. 24 Cost., in quanto il professionista puo' sempre avvalersi, per il riconoscimento dei propri crediti, sia del procedimento monitorio ante causam, sia del giudizio contenzioso ordinario, che e' la sede propria dell'accertamento definitivo della pretesa vantata, e rispetto al quale soltanto puo' essere rapportato il principio di ragionevole durata. E pur tuttavia, si osserva quanto segue. Come insegna la costante giurisprudenza della suprema Corte (cfr., tra le tante, Cass. 24 gennaio 2000, n. 736), la parcella corredata dal parere espresso dall'ordine professionale assume una valenza probatoria privilegiata esclusivamente ai fini della pronuncia dell'ingiunzione ex art. 641 codice di procedura civile, fermo restando che, nell'eventuale giudizio di opposizione instaurato dal debitore ex art. 645 codice di procedura civile, rimane a carico del professionista creditore, ai sensi dell'art. 2697 del codice civile, l'onere di fornire la dovuta dimostrazione dell'attivita' svolta, sulla base della quale spetta al giudice dell'opposizione valutare l'effettiva rispondenza delle somme richieste alla tariffa pertinente, in relazione alla quale il parere dell'ordine professionale costituisce un mero controllo sulla rispondenza delle voci indicate in parcella a quelle previste dalla tariffa, come tale privo di valenza certificativa e che non si estende all'accertamento del valore della causa. Nella specie, il professionista creditore ha richiesto l'emissione di ordinanza ex art. 186-ter codice di procedura civile non gia' sulla base di parcelle corredate dal parere del proprio ordine professionale, bensi' sulla base di articolata documentazione comprovante l'attivita' effettivamente svolta in favore del cliente debitore (cfr. le copie degli atti relativi ai vari procedimenti per il recupero dei crediti vantati dalla Graphic Center nei confronti della Galli Panificazioni S.r.l., della Mauro Mugnai Edizioni e della Quadrifoglio S.p.A.); ed una tale documentazione, proprio ai fini della valutazione spettante al giudice della cognizione piena (sia esso il giudice dell'opposizione proposta ex art. 645 codice di procedura civile dal cliente debitore ingiunto ante causam ovvero, come in questo caso, il giudice del procedimento ordinario promosso direttamente dal professionista creditore), appare senz'altro idonea ad assumere una valenza probatoria piu' consistente rispetto a quella di cui all'art. 636 co dice di procedura civile, in termini di presumibile resistenza alle contestazioni di controparte (nella specie, tra l'altro, mancanti, essendo la controparte contumace), nell'ottica della decisione definitiva. Pertanto, ogni qualvolta il professionista-creditore, all'atto della scelta tra instaurare un procedimento monitorio ante causam mediante produzione della documentazione ex art. 636 codice di procedura civile ed instaurare direttamente un processo ordinario di cognizione mediante produzione della documentazione afferente all'attivita' svolta a favore del cliente, sia gia' in grado di procurarsi e produrre quest'ultima (e non si vede perche' non debba sempre esserlo), la valutazione di irrazionalita' e lesivita' del principio di uguaglianza gia' espressa a suo tempo dal Pretore di Ascoli Piceno non puo' dirsi superata dai primi due rilievi espressi dalla Consulta nella richiamata ordinanza n. 545/2000. Non solo: l'esclusione dei crediti dei professionisti di cui all'art. 633, primo comma n. 2, del codice di procedura civile dall'ambito di applicazione dell'art. 186-ter codice di procedura civile si appalesa costituzionalmente illegittima altresi' in relazione all'art. 111, secondo comma Cost. (come inserito dalla legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2), nonche' in relazione all'art. 41, secondo comma ed all'art. 36, primo comma Cost. Infatti, tale esclusione reca inevitabilmente con se' l'effetto di costringere il professionista-creditore, munito della documentazione afferente all'attivita' svolta in favore del cliente-debitore, che abbia promosso nei confronti di quest'ultimo direttamente un processo ordinario di cognizione, a dare impulso, cio' nonostante, a tutti gli atti processuali istruttori del caso (quanto meno, nell'ipotesi in cui la controparte rimanga contumace, all'ammissione dell'interrogatorio formale ex art. 292 codice di procedura civile, con i relativi oneri di notifica), a precisare le conclusioni e ad attendere la pronuncia della sentenza finale di merito: e con cio', da un lato, essa si risolve nel determinare una durata del processo ben superiore a quella strettamente necessaria, e quindi irragionevole, con tutto il correlativo ed ingiustificato inflazionamento del carico giudiziario nell'ufficio interessato; dall'altro, lo stesso professionista-creditore, nonche' il proprio collega-difensore, a seconda della reale ed effettiva situazione economica in cui versa il debitore, si trovano a «lucrare» ingiustificatamente sui maggiori costi derivanti dall'ulteriore ed inutile attivita' processuale, ovvero vanno incontro ad un'altrettanto ingiustificata «rimessa» economica dovuta alla maggiore probabilita' di un'esecuzione infruttuosa derivante dall'acuirsi della crisi economica del debitore nelle more del processo, con la conseguenza che, nel primo caso, l'attivita' economico-professionale del professionista-creditore e del collega-difensore viene ad essere esercitata in contrasto con l'utilita' sociale, e, nel secondo caso, rischiano entrambi di non essere remunerati in proporzione alla quantita' ed alla qualita' del lavoro svolto, quando invece ben potrebbero esserlo, a condizione che il processo abbia una durata inferiore, a parita' di ottenimento di un titolo avente efficacia esecutiva equivalente. Le problematiche or ora espresse non possono neppure dirsi superate, ad avviso di questo giudice, dal fatto che il professionista-creditore, munito della documentazione afferente all'attivita' svolta in favore del cliente-debitore, che abbia promosso nei confronti di quest'ultimo direttamente un processo ordinario di cognizione, possa pur sempre richiedere l'emissione, in luogo dell'ordinanza ingiuntiva ex art. 186-ter codice di procedura civile, dell'ordinanza anticipatoria di condanna ex art. 186-quater codice di procedura civile, sia perche' ne e' controversa l'ammissibilita' nelle cause c.d. documentali, ove (come nella specie) non viene svolta una vera e propria istruttoria (cfr., per la soluzione negativa, Tribunale di Roma 24 ottobre 1995, in Foro it., 1996, I, 1053), sia perche', in ogni caso, alla luce delle considerazioni sopra esposte, e tenuto conto del contenuto sostanzialmente «imprenditoriale» dell'attivita' esercitata dai professionisti (ancorche' particolarmente qualificata), permane un'ingiusti ficata disparita' di trattamento, sotto il profilo quantitativo, tra la categoria dei professionisti, che possono scegliere fra tre opzioni (procedimento monitorio ante causam, giudizio ordinario di cognizione con istanza ex art. 186-quater codice di procedura civile e giudizio ordinario di cognizione con sentenza finale di merito) e tutte le altre categorie di imprenditori commerciali (ivi compresi gli esercenti le attivita' bancarie, assicurative o di intermediazione mobiliare o immobiliare, nel loro contenuto sostanzialmente piu' qualificate e vicine a quelle professionali tout court), che possono scegliere fra ben quattro opzioni (le tre a disposizione anche dei professionisti, piu', appunto, il giudizio ordinario di cognizione con istanza ex art. 186-ter codice di procedura civile). Pertanto, ritenuta, per i motivi suddetti, l'illegittimita' costituzionale, in relazione agli artt. 3, primo comma, 24 primo e secondo comma, 111, secondo comma, 41, secondo comma e 36, primo comma Cost., dell'art. 186-ter, primo comma del codice di procedura civile, nella parte in cui non prevede la concedibilita' dell'ordinanza ingiuntiva anticipatoria in corso di causa anche per i crediti vantati dai professionisti ex art. 633, primo comma n. 2 codice di procedura civile, e ritenuto che la decisione della questione, pur non essendo necessariamente incidente sull'esito del giudizio, incide sicuramente sul modo di definirlo, ovverosia sulle norme da applicare; Visto l'art. 23, legge n. 87/1953, nonche' l'art. 295 codice di procedura civile.