LA CORTE DI APPELLO

    Ha  pronunciato all'odierna udienza del 7 luglio 2004 la seguente
ordinanza nelle cause riunite iscritte ai nn. 1459+1460/2002 del R.G.
promosse da: Casa della Pasta di Aragno Mario & C. s.n.c., in persona
del socio amministratore sig. Mario Aragno, elettivamente domiciliata
in  Genova, via Galata 36/4, presso lo studio dell'avv. Rodolfo Bozzo
che  la  rappresenta  e  difende  per  procura  a  margine  dell'atto
d'appello e Aragno Fabrizio, elettivamente domiciliato in Genova, via
Galata  36/4,  presso  lo  studio  dell'avv.  Rodolfo  Bozzo  che  lo
rappresenta e difende per procura a margine dell'atto d'appello;
    Contro  Vezzolla  Sabrina,  rappresentata  e  difesa, in forza di
procura  stesa  a  margine  della  memoria difensiva in questo grado,
dall'avv.  Sergio  Acquilino  e dall'avv. Monica Becchino del Foro di
Savona  ed  elettivamente  domiciliata  in  Genova,  Vico  Falamonica
n. 1/13,  presso  la  persona e nello studio dell'avv. Roberto Faure,
appellata.
    Vista  la  propria  sentenza  non  definiva  pronunciata  in data
18 febbraio 2004 con la quale ha accertato che tra Vezzolla Sabrina e
Aragno  Fabrizio  sono  intercorsi  due  distinti  rapporti di lavoro
subordinato  dal  9 settembre  1988  all'8 luglio 1989 e dal 5 agosto
1991  al  21 aprile  1995;  rilevato  che  la  causa  prosegue per la
decisione   dell'appello   in   ordine  alla  pronuncia  di  condanna
dell'Aragno al pagamento delle differenze retributive, considerata la
diversa  determinazione temporale dei due rapporti di lavoro rispetto
a quanto accertato dal primo giudice;
    Considerato che l'appellante Aragno ha riproposto fra i motivi di
impugnazione   la  eccepita  prescrizione  dei  crediti  vantati  con
riferimento  al  periodo  anteriore  al  31 marzo  1993  (quinquennio
anteriore  alla  costituzione  in mora del 31 marzo 1998), e che tale
eccezione,  se accolta, condurrebbe a ritenere interamente prescritti
i  crediti sorti in relazione al primo rapporto lavorativo intercorso
fra il 9 settembre 1988 e l'8 luglio 1989;
    Considerato che, viceversa, essendo pacifico in causa che nessuno
dei due rapporti e' stato caratterizzato dalla garanzia di stabilita'
del   posto  di  lavoro,  per  cui  durante  la  loro  esecuzione  la
prescrizione  non e' decorsa, accogliendo la tesi sostenuta dal primo
giudice  circa  la  sospensione  del  decorso  della prescrizione dei
crediti  maturati  in  forza del primo rapporto durante la esecuzione
del   secondo   rapporto,   l'eccezione   in  esame  dovrebbe  essere
integralmente respinta;
    Ritenuto,  pertanto, che e' rilevante in causa la questione se un
ulteriore  rapporto  di  lavoro  intercorso fra lo stesso datore e lo
stesso   prestatore   e'   idoneo   a  sospendere  il  decorso  della
prescrizione  anche  dei  crediti sorti in relazione ad un precedente
diverso  e  cessato rapporto di lavoro fra i medesimi soggetti, e che
venga a maturazione durante tale secondo rapporto;
    Considerato che deve ritenersi principio di diritto vivente, alla
luce  dell'orientamento assunto dalla Corte di cassazione, dapprima a
sezioni  unite,  e poi confermato nelle successive pronunce a sezioni
semplici, l'assunto secondo il quale il successivo rapporto di lavoro
subordinato  non  ha  alcun  effetto  sospensivo  del  decorso  della
prescrizione dei crediti sorti in virtu' di un precedente rapporto di
lavoro subordinato fra le stesse parti: ed infatti la suprema Corte a
ss.uu.  con  la  sentenza n. 575 del 16 gennaio 2003 ha statuito «Nel
caso  che  tra  le  stesse parti si succedano due o piu' contratti di
lavoro  a  termine,  ciascuno  dei  quali  legittimo  ed efficace, il
termine   prescrizionale   dei   crediti  retributivi,  di  cui  agli
artt. 2948,  numero  4,  2955, numero 2, e 2956, numero 1, cod. civ.,
inizia  a decorrere, per i crediti che sorgono nel corso del rapporto
lavorativo  dal  giorno  della  loro  insorgenza e, per quelli che si
maturano  alla  cessazione  del  rapporto, a partire da tale momento,
dovendo  -  ai  fini  della decorrenza della prescrizione - i crediti
scaturenti   da   ciascun   contratto  considerarsi  autonomamente  e
distintamente  da quelli derivanti dagli altri e non potendo assumere
alcuna  efficacia  sospensiva  della  prescrizione  gli intervalli di
tempo correnti tra un rapporto lavorativo e quello successivo, stante
la  tassativita'  della  elencazione  delle cause sospensive previste
dagli artt. 2941 e 2942 cod. civ., e la conseguente impossibilita' di
estendere  tali  cause  al  di  la' delle fattispecie da quest'ultime
norme  espressamente  previste».  Per  quanto il principio di diritto
enunciato  dalle  sezioni  unite  faccia riferimento alla irrilevanza
«degli  intervalli  di  tempo  correnti  tra un rapporto lavorativo e
quello  successivo»,  dal  corpo della motivazione si evince altresi'
che  la  suprema  Corte  ha inteso affermare anche la irrilevanza, ai
fini sospensivi della prescrizione, del successivo rapporto di lavoro
subordinato  intercorso  fra  le stesse parti, la' ove, esaminando la
questione con riferimento ai contratti stagionali in a gricoltura, ha
affermato  che  «la  prescrizione  decorre  durante  l'arco temporale
comprendente  i rapporti plurimi stagionali ciascuno dei quali si sia
esaurito   con   il   compimento  dell'attivita'  lavorativa  con  la
conseguenza che durante lo svolgimento di ciascuno di essi decorre la
prescrizione  relativa  ai  diritti derivanti da precedenti e cessati
rapporti  di  lavoro».  Ed  inoltre, benche' nella citata sentenza la
Corte  di  cassazione  abbia  affrontato  il  tema  in  questione con
riferimento   alla  pluralita'  di  contratti  di  lavoro  a  termine
legittimi,  tuttavia  il  principio affermato pare doversi applicare,
stante la eadem ratio, anche all'ipotesi di successione fra le stesse
parti  di  piu' contratti sorti a tempo indeterminato: significative,
al  riguardo,  sono le circostanze, da un lato, che la suprema Corte,
nel  dare conto dei diversi orientamenti che era chiamata a comporre,
ha ricordato l'estensione del principio di non decorrenza del termine
prescrizionale  alla  intera durata di rapporti plurimi e successivi,
ad  opera  di  a lcune pronunce le quali - intervenendo su ipotesi di
successione  di contratti a tempo indeterminato ovvero di successione
di  contratti  a  tempo  indeterminato  a contratti a termine - hanno
affermato  che  la  prescrizione,  pur  iniziando  a  decorrere dalla
maturazione  del  credito  ovvero  dalla  cessazione  del rapporto in
relazione  al  quale  e'  sorto  il  credito,  non  puo'  giungere  a
maturazione  se  nel  frattempo  intervenga  un nuovo rapporto tra le
stesse   parti  non  assistito  da  stabilita',  nel  quale  caso  la
prescrizione  iniziera'  a decorrere ex novo dalla cessazione di tale
successivo  rapporto  (cfr.  Cass.  22  febbraio  1995 n. 2020; Cass.
21 febbraio   1985  n. 1581);  dall'altro  alto,  che  la  successiva
giurisprudenza  della  Corte,  richiamando  il  precedente costituito
dalla  citata  sentenza  a  ss.uu.  n. 575/2003,  lo ha espressamente
esteso  all'ipotesi di piu' contratti a tempo indeterminato estintisi
per recesso (Cass. sez. lavoro n. 19351/2003);
    Ritenuto   che   con   riferimento   alla   disciplina  normativa
applicabile al caso in esame (art. 2948, nn. 4 cod. civ.), cosi' come
interpretata  dalla giurisprudenza della Corte di cassazione a ss.uu.
e a Sezioni semplici, non e' manifestamente infondata la questione di
legittimita'   costituzionale   per  violazione  dell'art.  36  della
Costituzione,  per le stesse argomentazioni gia' adottate dalla Corte
costituzionale nella sentenza n. 63 del 1966;
    Considerato  che nella predetta pronuncia la Corte costituzionale
ha  dichiarato la illegittimita' della citata norma del codice civile
(unitamente  agli  artt. 2955, n. 2 e 2956, n. 1 c.c.) nella parte in
cui,  nei  rapporti  di  lavoro  subordinato non caratterizzati dalla
«resistenza»  tipica  del  rapporto  di impiego pubblico, consente il
decorso  della  prescrizione  durante  l'esecuzione  del  rapporto di
lavoro,  in  quanto  il  timore  del  lavoratore di essere licenziato
costituisce un ostacolo materiale (dovuto alla situazione psicologica
di   sudditanza)   che   impedisce  di  far  valere  il  dritto  alla
retribuzione,  creando cosi' un situazione del tutto analoga a quella
della  rinuncia,  la  cui  invalidita'  e' sancita dall'art. 36 della
Costituzione;
    Ritenuto   che   la   ratio   della   predetta   declaratoria  di
incostituzionalita'  si  ripresenta  del  tutto identica nell'ipotesi
all'esame   di   questa  Corte  d'appello,  posto  che  nel  caso  di
successione   fra   le   stesse  parti  di  piu'  contratti  a  tempo
indeterminato  non  caratterizzati  dalla  stabilita'  del  posto  di
lavoro, la condizione psicologica del lavoratore, durante i contratti
successivi,  e'  caratterizzata  dal medesimo metus nei confronti del
datore  a  fronte della possibilita' di essere licenziato, sia che il
lavoratore  intenda far valere diritti sorti dal rapporto in corso di
esecuzione, sia che intenda far valere diritti sorti in un precedente
rapporto di lavoro subordinato e che vengano a maturazione durante la
permanenza  del  vincolo  di  subordinazione,  seppure in forza di un
nuovo  contratto;  non si vede, infatti, come possa sostenersi che il
dipendente  si  trovi,  contestualmente,  in condizioni di sudditanza
psicologica  in  relazione  ai crediti sorti dal rapporto in corso, e
non lo sia, viceversa, per i crediti sorti in un precedente rapporto,
dato che la fonte del metus, cioe' il timore di essere licenziato, e'
assolutamente identica in entrambe le situazioni.
    Rilevato,  per  le  considerazioni  sopra  esposte,  che  non  e'
possibile  adottare una interpretazione costituzionalmente orientata,
in   quanto  la  stessa  si  porrebbe  in  insanabile  contrasto  con
l'orientamento  giurisprudenziale  ormai  consolidato  della Corte di
cassazione,  che ha affrontato ex professo il tema in esame a sezioni
unite proprio per fornire un orientamento univoco;
    Che,  pertanto,  e' rilevante e non manifestamente infondata, con
riferimento   all'art. 36   della   Costituzione,   la  questione  di
legittimita'  dell'art. 2948,  n. 4  codice civile nella parte in cui
consente  che durante il rapporto di lavoro subordinato non assistito
dalla garanzia di stabilita' decorra la prescrizione del diritto alla
retribuzione   sorto  in  forza  di  precedente  rapporto  di  lavoro
subordinato intercorso fra le medesime parti.