IL TRIBUNALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nel procedimento penale
n. 6291/04 r.g.n.r. e n. 200084/04 r.g.
    Premesso  che  in  data 8 maggio 2004 alle ore 23,15 Abd Haralemd
Kerim  veniva  tratto  in  arresto per il reato p. e p. dall'art. 14,
comma  5-ter  d.lgs. n. 286/1998 perche' senza giustificato motivo si
trattenevano  nel  territorio  dello  Stato in violazione dell'ordine
impartito  dalla  Questura  di  Venezia  ai sensi del comma 5-bis del
citato articolo in data 12 marzo 2004;
        che  in  data  11 maggio  2004  le suddette persone arrestate
venivano  presentate  davanti a questo giudice per la convalida ed il
contestuale  giudizio  direttissimo  a  norma  dell'art. 14, comma 5,
d.lgs. n. 286/1998;
        che successivamente all'interrogatorio dell'arrestato il p.m.
ha  richiesto  la convalida dell'arresto non chiedendo l'applicazione
di  alcuna misura cautelare in carcere relativamente alla fattispecie
di reato sopra indicata e contestata;

                            O s s e r v a

    1.  -  L'art.  14,  comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998 e succ.
mod. nel prevedere un generale obbligo di arresto ad opera della P.G.
per  il reato di cui all'art. 14, comma 5-ter, legge cit., si pone in
violazione  dall'art. 13 comma 3 Cost. L'art. in questione, dopo aver
stabilito   che   la   liberta'  personale  e'  inviolabile  ed  aver
specificato  che  eventuali  restrizioni  della liberta' in questione
possesso  essere  disposte  solo  in base a previsione di legge e per
atto  motivato  dell'autorita'  giudiziaria,  prevede  al comma 3 una
deroga  in  forza  della  quale  in casi eccezionali di necessita' ed
urgenza  indicati  tassativamente dalla legge e' possibile l'adozione
di  provvedimenti  provvisori  da  Parte  dell'autorita'  di pubblica
sicurezza.
    Orbene,    nel    nostro   ordinamento   processuale,   l'arresto
obbligatorio  e'  previsto  solo  per  reati connotati da particolare
gravita',  ossia  quelli  per  i  quali  la  legge stabilisce la pena
dell'ergastolo  o  della reclusione non inferiore nel minimo a cinque
anni  e  nel massimo a venti (art. 380, comma 1 c.p.p.) e nei casi di
flagranza  di  altri reati specificamente indicati (art. 380, comma 2
c.p.p.),  individuati  dal  legislatore  in  base  alla  legge delega
16 febbraio   1987  n. 81  che  prevedeva  di  contemplare  l'arresto
obbligatorio,  oltre  che  nelle  ipotesi  suddette, anche in caso di
flagranza  di  reati  puniti meno gravemente in relazione ai quali la
misura  fosse  pero'  imposta  da  speciali  esigenze di tutela della
collettivita',  trattandosi  di  fattispecie  connotate  comunque  da
particolare gravita' ed idonee ad ingenerare un significativo allarme
sociale.
    E' dunque evidente che in tali casi ricorrano i presupposti della
necessita' ed urgenza.
    Il  reato  di  cui all'art. 14, comma 5-ter non rientra invece in
tale  categoria  di  reati:  lo  stesso legislatore ha infatti inteso
sanzionare  la condotta dello straniero che non ottempera l'ordine di
espulsione  emanato  da  Questore  con  la  pena detentiva meno grave
dell'arresto,    qualificando    la    fattispecie    come   semplice
contravvenzione.  Il  reato in esame non e' quindi tale da destare un
elevato   allarme   sociale,  tale  cioe'  da  giustificare  da  solo
l'adozione  immediata  di  un provvedimento limitativo della liberta'
personale.
    Giova inoltre osservare che la natura contravvenzionale del reato
in  oggetto esclude in radice che possa essere adottata nei confronti
del  soggetto  agente una misura cautelare. Anche sotto tale profilo,
dunque,  l'arresto  viene snaturato della sua caratteristica saliente
di  misura  precautelare,  cioe' di strumento adottato dalla p.g. per
ragioni  di  necessita'  ed  urgenza  in  funzione  della  successiva
applicazione  da parte dell'autorita' giudiziaria di misure cautelari
personali  privative  in  tutto o in parte della liberta'. L'art. 121
disp., att. c.p.p. stabilisce, infatti, che quando il p.m. ritiene di
dover  richiedere  al  giudice  l'applicazione  di  misura  cautelare
coercitiva deve disporre l'immediata liberazione dell'arrestato o del
fermato.
    E'  evidente  che  tale  norma  deve  trovare  applicazione anche
nell'ipotesi  in  cui  il  reato  non consenta nemmeno in astratto di
poter emettere alcuna misura coercitiva.
    2.  -  Peraltro,  non si vede sotto quale altro profilo l'arresto
possa   assolvere   una   utile   funzione,  posto  che  il  giudizio
direttissimo   non   e'   necessariamente  collegato  all'arresto  in
flagranza   e  non  presuppone  dunque  la  privazione  dello  status
libertatis.
    Appare   dunque   evidente  che  nel  caso  di  specie  l'arresto
obbligatorio  si  rivela essere misura irragionevole e sproporzionata
alla  fattispecie  di  reato  oggettivamente  considerata, quantomeno
prescindendo  a  priori  da  altri  elementi  soggettivi  relativi al
cittadino   extracomunitario   che   ne   giustifichino  in  concreto
l'adozione.
    Si  ritiene,  pertanto,  che l'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs.
n. 286/1998, norma in esame, sia costituzionalmente illegittima nella
parte  in  cui prevede l'arresto obbligatorio, anche sotto il profilo
del canone generale di ragionevolezza e proporzionalita' delle misure
sanzionatorie sancito dall'art. 3 Cost.
    3.  -  La  Corte  costituzionale deve, pertanto, essere investita
della  questione  di  legittimita'  dell'art.  14  comma 5-quinquies,
d.lgs. n. 286/1998 per violazione degli artt. 3 e 13, comma 3, Cost.
    La  questione  e'  rilevante  ai  fini  del decidere nel presente
giudizio:  trattasi  di udienza di convalida, pertanto la liberazione
dell'arrestato  per  oggettiva  impossibilita'  di  emettere nei suoi
confronti  una  misura  cautelare coercitiva non esime questo ufficio
dalla  decisione  in  ordine  alla  legittimita'  o meno dell'arresto
operato  dalla  p.g.,  legittimita' che verrebbe meno nell'ipotesi in
cui  venisse  dichiarata incostituzionale la disposizione di legge in
base alla quale esso e' stato eseguito.