IL MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA Vista l'istanza di concessione del beneficio della sospensione condizionata dell'esecuzione della pena detentiva ai sensi della legge n. 207/2003 proposta da Pugliese Vincenzo nato a Barletta il 31 marzo 1975, det. presso la C.le Trani, ha emesso la seguente ordinanza. Svolgimento del procedimento Con ordinanza in data 7 giugno 2004 il magistrato di sorveglianza di Taranto concedeva al nominato in oggetto, la misura alternativa provvisoria della det. domiciliare, successivamente revocata con ordinanza T.S. Taranto in data 14 luglio 2004 (in atti), per violazioni al programma di trattamento. Con istanza in data 21 luglio 2004, il detenuto ha chiesto di fruire del beneficio della sospensione condizionata dell'esecuzione della parte finale della pena detentiva di cui alla legge n. 207/2003, con riferimento alla pena di cui al cumulo p.m. Trani 10 gennaio 2003 (decorrenza pena 3 novembre 2000; scadenza pena 12 febbraio 2006). Motivi della decisione Ritiene il decidente di dover sollevare la seguente questione di illegittimita' costituzionale. L'art. 1 comma 3, lett. d) della legge n. 207/2003 esclude dalla concessione del beneficio della sospensione dell'esecuzione della parte finale della pena detentiva le persone che, dopo la condanna, «siano state ammesse» alle misure alternative alla detenzione: espressione francamente ambigua, poiche' non e' affatto chiaro se essa riguardi solo i condannati che siano stati ammessi - e si trovino - in misura alternativa all'atto della decisione sull'istanza di sospensione condizionata ex legge n. 207/2003 ovvero anche i condannati che, dopo essere stati ammessi ad una misura alternativa alla detenzione, ne abbiano successivamente subito la revoca [e' il caso del nominato in oggetto che - ammesso con ordinanza in data 7 giugno 2004 del magistrato di sorveglianza al beneficio della det. dom. provvisoria di li a poco subiva la revoca del beneficio con successiva ordinanza T.S. Taranto in data 14 luglio 2004 - il 21 luglio 2004 ha presentato, in relazione alla medesima condanna, istanza di sospensione condizionata dell'esecuzione della parte finale della pena detentiva]. Ora, a consentire la concessione del beneficio nel caso di specie non pare sufficiente il disposto dell'art. 7 della legge n. 207/2003, a mente del quale «le disposizioni della presente legge si applicano nei confronti dei condannati in stato di detenzione ovvero in attesa di esecuzione della pena alla data di entrata in vigore della medesima», poiche' esso sembra avere solo il valore di «norma di chiusura», destinata ad individuare il criterio temporale per l'applicazione del beneficio di nuova istituzione, ma non anche di individuare le condizioni sostanziali, soggettive ed oggettive, per la concessione o il diniego del beneficio, che sono invece previste dall'art. 1 della legge in questione. E la lettera d) di tale ultimo articolo prevede appunto, tra le condizioni ostative, l'ammissione del condannato ad una misura alternativa alla detenzione, ma non anche l'attualita' di tale condizione: pertanto, la condizione ostativa ben potrebbe ritenersi integrata anche nei confronti dei condannati che, successivamente all'ammissione ad una misura alternativa, ne abbiano subito la revoca. Una diversa interpretazione della norma - fondata sul dato meramente letterale - appare in contrasto con la Costituzione, perche' ancora ad un dato meramente temporale (essere o meno sottoposto a misura alternativa alla data di entrata in vigore della legge) l'ammissione al beneficio, la cui applicazione risulterebbe in tal modo dipendente da una circostanza meramente aleatoria, in violazione dunque del principio di ragionevolezza. Per altro verso, poi, essa discrimina ingiusta mente la condizione di chi, essendo stato ammesso a misura alternativa alla detenzione, non abbia subito la revoca della stessa: questi, infatti, e' escluso dal beneficio della sospensione dell'esecuzione della parte finale della pena detentiva, pur avendo rispettato le prescrizioni di legge ed essendo dunque piu' meritevole di chi abbia subito la revoca della misura alternativa (che al contrario, in caso di accoglimento della presente istanza, potrebbe ottenere il beneficio de quo). Tale interpretazione appare in contrasto con il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione: se e' vero, infatti che tale principio e' pur sempre rispettato quando siano diversamente disciplinate situazioni non identiche fra loro, e' anche vero, pero', che nel caso in esame la condizione del condannato cui sia stata revocata una misura alternativa e' si' diversa, ma senz'altro in senso peggiorativo, rispetto a quella di chi, ammesso a misura alternativa, non ne abbia subito la revoca. Il primo, dunque, pur trovandosi in una situazione oggettivamente deteriore rispetto al secondo, potrebbe pero' ugualmente fruire del beneficio, con una vistosa ed ingiustificata disparita' di trattamento rispetto a chi, originariamente nella sua stessa condizione, abbia invece tenuto un comportamento osservante delle prescrizioni, come tale meritevole di maggiore tutela [senza tra l'altro dimenticare che, in tal modo, potrebbe essere addirittura legittimato il perverso "gioco" di provocare intenzionalmente la revoca della misura alternativa, soprattutto se diversa dall'affidamento in prova (la detenzione domiciliare e la semiliberta' comportano limitazioni della liberta' personale senz'altro piu' gravose rispetto a quelle rivenienti dal c.d. «indultino»), al solo fine di ottenere successivamente la sospensione condizionata (la cui concessione e' «automatica», una volta accertata la sussistenza dei presupposti «oggettivi» stabiliti dal legislatore), in palese contrasto con il principio della finalita' rieducativa della pena sancito dall'art. 27, terzo comma della Costituzione]. Ne consegue che il mancato inserimento, tra le cause ostative alla concessione del beneficio introdotto dalla legge n. 207/2003, delle ipotesi di cui al comma 2 dell'art. 58-quater della legge n. 354/1975 [che vieta, nel caso di revoca di una delle misure alternative (ai sensi degli artt. 47 comma 11, 47-ter comma 6 e 51 comma 1 della legge n. 354/1975), la concessione di taluni benefici penitenziari], appare per un verso irragionevole [non appare infatti razionale un sistema che, a fronte di determinati comportamenti del condannato, gli neghi per un certo periodo alcuni benefici penitenziari (tra cui misure alternative recanti prescrizioni piuttosto restrittive della liberta' personale, come la detenzione domiciliare e la semiliberta), ma nel contempo gli riconosca il diritto di ottenerne immediatamente un altro piu' favorevole (le prescrizioni inerenti alla sospensione condizionata, assimilabili a quelle dell'affidamento in prova, sono senz'altro piu' favorevoli di quelle inerenti alla detenzione domiciliare ed alla semiliberta)] e per altro verso contrastante con i principi di uguaglianza e di finalita' rieducativa della pena [la legge de qua, difatti, consente la concessione al condannato resosi responsabile di trasgressioni agli obblighi o addirittura di reati in corso di misura alternativa (cioe' ad un soggetto rivelatosi per facta concludentia poco affidabile e non meritevole di trattamenti extramurari) di un beneficio che invece, contestualmente, nega decisamente al condannato che, essendo stato ammesso a misura alternativa e non avendo commesso violazioni, si presenta sicuramente come piu' meritevole]. Consegue a tanto che appare non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1 comma 3 lett. d) della legge n. 207/2003 nella parte in cui consente l'ammissione al beneficio della sospensione condizionata dell'esecuzione della parte finale della pena detentiva in favore dei condannati che precedentemente abbiano subito la revoca, per fatto colpevole (e cioe' ai sensi dell'art. 51-ter della legge n. 354/1975), di una misura alternativa. Va infine evidenziato che la sollevata questione di legittimita' costituzionale rileva direttamente nel caso di specie, poiche' dalla pronuncia su di essa dipende la decisione in ordine alla proposta istanza.