Ricorso  del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e  difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in
Roma,  via  dei  Portoghesi  12,  e' domiciliato, nei confronti della
Regione Abruzzo, in persona del Presidente della Giunta regionale per
la  dichiarazione  di illegittimita' costituzionale della legge della
Regione  Abruzzo 5 agosto 2004 n. 23, pubblicata nel B.U.R. n. 22 del
20  agosto  2004  n. 22, recante «norme sui servizi pubblici locali a
rilevanza economica» nell'art. 4, comma 4, nell'art. 7, comma 4 lett.
b),  nell'art.  7,  comma 1 lett. b), nell'art. 7, comma 4, lett. d),
nell'art.  7,  comma  4  lett. f), nell'art. 7, comma 4, lett. g), in
relazione  all'art. 3, all'art. 117, comma 1, comma secondo lett. e),
lett.  l) e lett. p), comma terzo, della Costituzione ed in relazione
agli artt. 52 - 58 e 59 - 66 del Trattato dell'Unione europea.

    La  legge  n. 23/2004  della  Regione  Abruzzo  detta  norme  per
regolamentare  i  servizi  pubblici  locali  a  rilevanza  economica,
attinenti  al  servizio  di  gestione dei rifiuti urbani, al servizio
idrico  integrato  ed  ai  servizi  di trasporto pubblico locale, con
riferimento,  in  particolare, alla proprieta' ed alla gestione delle
reti,  degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali, alla loro
separazione  dalla  gestione  del servizio, al sistema di affidamento
del  servizio  e  di  scelta  del  soggetto gestore. Materia che, per
quanto concerne la tutela della concorrenza, riservata dall'art. 117,
comma  2  lett. e) alla competenza legislativa esclusiva dello Stato,
forma   oggetto   di   disciplina   da   parte  dell'art. 113  d.lgs.
n. 267/2000,  Testo  Unico  delle  leggi  sull'ordinamento degli Enti
Locali  (come modificato da ultimo dall'art. 14 del d.l. n. 269/2003,
convertito  con  modifiche  dalla  legge n. 326/2003), da considerare
norma   di   principio  non  derogabile  da  norme  regionali  (sent.
272/2004).
    Tale  legge, giusta delibera del Consiglio dei ministri in data 8
ottobre 2004, viene impugnata nelle sottoindicate disposizioni.
    1. - Art. 4, comma 4 ed art. 7, comma 4, lett. b).
    La  disposizione  dell'art.  4,  comma  4,  vieta alle societa' a
capitale  interamente pubblico (e rispettive collegate e controllate)
proprietarie  di  reti,  di  impianti, di dotazioni patrimoniali e di
beni  essenziali  all'espletamento di un servizio pubblico locale, di
partecipare  alle  gare  di  cui  all'art. 13,  comma  5,  del d.lgs.
n. 267/2000  (T.U.E.L.)  per  la  scelta  del  soggetto  gestore  del
servizio  ovvero  per  la  scelta  del socio privato delle societa' a
capitale misto.
    A  sua  volta  l'art.  7, comma 4 lett. b), vieta alle societa' a
capitale  interamente pubblico (e rispettive collegate e controllate)
affidatarie  dirette  della gestione (in ipotesi anche integrata) del
servizio,  di  partecipare alle dette gare per la scelta del soggetto
gestore del servizio e per la scelta del socio privato delle societa'
a capitale misto.
    Tuttavia,  ai  sensi  del  comma  15-quater  dell'  art. 113  del
T.U.E.L.,  non  opera  sino  al  31  dicembre 2006 l'identico divieto
previsto  dal comma 6 per le societa' che gestiscono servizi pubblici
locali  in virtu' di un affidamento diretto o di una procedura non ad
evidenza  pubblica  nonche'  per  le  societa' a capitale interamente
pubblico   affidatarie  dirette  della  gestione  delle  reti,  degli
impianti  e  delle altre dotazioni patrimoniali ovvero per le imprese
titolari  di  tale  gestione  a  seguito  di  procedure  ad  evidenza
pubblica.
    Ne discende che l'immediato divieto, impeditivo dell'esercizio di
un'attivita'   economica  sul  territorio  abruzzese,  contrasta  con
l'unicita'  del  mercato, che giustifica la disciplina uniforme della
legge statale, «specializzandone» un segmento corrispondente all'area
geografica  anzidetta e si pone in violazione dell'art. 117, comma 2,
lettera  e),  Cost.,  che  riserva allo Stato la potesta' legislativa
esclusiva  in  materia  di  tutela  della concorrenza; cio' anche con
riguardo  all'estensione  soggettiva  del divieto operata dal comma 4
dell'art. 4  in  esame,  che, attraverso il richiamo al comma 1 dello
stesso  articolo,  si riferisce alle societa' proprietarie delle reti
ecc.  anziche' (solo) a quelle titolari della relativa gestione (cfr.
comma  6  ultima  parte  dell'art. 113  T.U.E.L.  in  riferimento  al
precedente comma 4).
    Per  altro  verso,  irragionevolmente,  in  un contesto di mutato
regime  delle  gare  e delle modalita' di gestione e conferimento dei
servizi,  le  norme  in  oggetto  vengono  a negare l'esigenza di una
disciplina transitoria riconosciuta invece dalla legge statale, cosi'
violando uno dei canoni fondamentali di cui all'art. 3 Cost.
    2. - Art. 7, comma 1, lett. b).
    La  norma  in  oggetto prevede un limite minimo (40% del capitale
sociale)  per  la  partecipazione  azionaria  del  socio  privato, da
scegliere  con  procedura  ad evidenza pubblica, della societa' mista
cui  puo' essere conferita la titolarita' della gestione del servizio
pubblico a rilevanza economica.
    Tale  limitazione,  non  contemplata dal corrispondente art. 113,
comma  5,  lett.  b)  del  T.U.E.L.,  appare  irrazionale e quindi in
contrasto  con  l'art. 3  Cost.  in  quanto  fissa  un  limite minimo
anziche'  fissare,  caso  mai,  un limite massimo alla partecipazione
privata  per  assicurare  la  prevalenza  del  capitale  pubblico  in
societa' privilegiate nell'affidamento delle gestioni.
    Essa  e'  suscettibile  inoltre  di  alterare il regime di libero
mercato e contrasta comunque con la scelta del legislatore statale di
non  fissare  un limite alla partecipazione del socio privato al fine
di   potersi   assicurare   anche  apporti  di  non  elevato  rilievo
finanziario   da   parte  di  soggetti  in  possesso  peraltro  della
necessaria  capacita'  tecnica,  cosi'  violando  sia  la  competenza
statale   alla   determinazione  dei  principi  fondamentali  per  il
coordinamento  della  finanza  pubblica  (art. 117,  comma 3), sia la
competenza  esclusiva  statale in materia di tutela della concorrenza
(art. 117, comma 2, lett. e).
    3. - Art. 7, comma 4, lett. d).
    La   norma  fa  divieto  alle  societa'  a  capitale  interamente
pubblico,  affidatarie  dirette della gestione del servizio pubblico,
di   conferire   incarichi  professionali,  di  collaborazione  e  di
qualsiasi  altro  genere  in favore di persone e/o societa' legate da
rapporti  di  dipendenza  e/o di collaborazione con l'ente o gli enti
titolari  del  capitale  sociale,  come  tali obbligati ad esercitare
sulla  societa'  un  controllo analogo a quello esercitato sui propri
servizi.
    In  quanto essa intenda ricondurre alla trasgressione del divieto
la   nullita'   dell'atto   costitutivo   del  rapporto  vietato,  e'
profilabile  un'invasione  della competenza in materia di ordinamento
civile  spettante  in  via  esclusiva  allo Stato (art. 117, comma 2,
lett.   l).   La  violazione  dell'anzidetta  competenza  puo'  anche
rilevarsi  nella  circostanza  che la norma in oggetto, se da un lato
viene  ad  incidere sull'autonomia delle societa' di diritto privato,
dall'altro  viene nella sostanza a configurare delle incompatibilita'
nell'esercizio  della  professione  che attengono ugualmente al piano
dell'ordinamento  civile.  Puo'  anche  profilarsi un contrasto con i
principi di liberta' di stabilimento e libera prestazione dei servizi
di  cui  agli  artt. 52, 58 e 59-66 del Trattato dell'Unione europea,
con violazione dell'art. 117, comma 1, Cost.
    4. - Art. 7, comma 4, lett. f)
    Nel  prevedere  che  le  societa' a capitale interamente pubblico
affidatarie  del  servizio pubblico siano obbligate al rispetto delle
procedure   di   evidenza  pubblica  imposte  agli  enti  locali  per
l'assunzione  di  personale  dipendente,  pone  a  carico di societa'
private  obblighi  e  oneri  non  previsti  per  l'instaurazione  dei
rapporti di lavoro nel settore privato ed invade quindi la competenza
esclusiva  statale  in materia di ordinamento civile (art. 117, comma
2, lett. l) Cost.).
    5. - Art. 7, comma 4, lett. g).
    La  norma,  nel prevedere l'ineleggibilita' a sindaco, presidente
della Provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale
dei  Comuni  e  delle  Province  titolari  del capitale sociale delle
societa'  affidatarie  della  gestione  del  servizio  pubblico per i
legali  rappresentanti  ed  i componenti degli organi esecutivi delle
societa'  medesime,  invade  la  competenza  esclusiva statale di cui
all'art. 117, comma 2, lett. p) Cost. in materia di Organi di Governo
e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Citta' metropolitane.