L'Assemblea  Regionale  siciliana  nella seduta del 21-22 ottobre
2004  ha  approvato  il  disegno  di  legge n. 917 dal titolo «Misure
finanziarie  urgenti.  Assestamento  del bilancio della Regione e del
bilancio dell'Azienda delle foreste demaniali della Regione siciliana
per  l'anno  finanziario  2004.  Nuova  decorrenza  di termini per la
richiesta  di  referendum»  pervenuto  a  questo  Commissariato dello
Stato,  ai  sensi  e  per  gli  effetti  dell'art. 28  dello  statuto
speciale, il 25 ottobre 2004.
    Il  provvedimento  legislativo,  originariamente  predisposto dal
Governo  precipuamente  per  porre  in essere una manovra finanziaria
volta  a  risanare  i deficit delle Aziende unita' sanitarie locali e
delle  Aziende  ospedaliere  nell'esercizio finanziario 2003, durante
l'iter  parlamentare  protrattosi  quasi  tre mesi e specialmente nel
corso  dell'ultima  seduta  fiume  che ne ha preceduto l'approvazione
definitiva,   e'   stato   integrato   da  numerosi  emendamenti  con
disposizioni   attinenti  ai  piu'  svariati  settori  di  intervento
regionale,  delle  quali  alcune  danno  adito  a  rilievi  di ordine
costituzionale.
    L'art. 3,  che  si trascrive, appare censurabile sotto il profilo
del  mancato  rispetto del principio di buon andamento della pubblica
amministrazione sancito dall'art. 97 Cost.
                               Art. 3.
                        Concessioni regionali
    1.  -  Il  mancato  versamento  dei  tributi previsti dalla legge
regionale  24  agosto  1993,  n. 24,  relativi  alle  concessioni e/o
autorizzazioni  di  cui  all'elenco annesso al decreto legislativo 22
giugno  1991, n. 230, non produce effetti di decadenza sulle medesime
concessioni e/o autorizzazioni amministrative.
    2.  -  Il  termine  previsto dall'art. 3 della legge regionale 29
dicembre  2003,  n. 21,  come  modificato  dall'art. 19  della  legge
regionale 31 maggio 2004, n. 9, per la regolarizzazione del pagamento
dei  tributi previsti dalla legge regionale 24 agosto 1993, n. 24, e'
prorogato  al  31  ottobre  2005.  Rimangono  salvi  gli  effetti  di
decadenza previsti dall'art. 13 del 26 ottobre 1972, n. 641».
    A fronte del mantenimento del termine di tre anni entro il quale,
a  pena  di  decadenza,  l'amministrazione finanziaria puo' procedere
all'accertamento  del  mancato  pagamento  dei  tributi dovuti per le
concessioni  e/o  autorizzazioni  amministrative, viene espressamente
esclusa  la  decadenza di queste ultime per il mancato versamento dei
tributi previsti dalla legge n. 24/l993.
    L'eliminazione   di   tale   pregnante   effetto   sanzionatorio,
unitamente   al  susseguirsi  di  provvedimenti  legislativi  per  la
definizione  agevolata  delle violazioni commesse in materia di tasse
sulle  concessioni regionali, produce il duplice effetto di ritardare
se  non  di  cancellare  del tutto l'introito di risorse a favore del
deficitario  bilancio  regionale,  oltre che incoraggiare il dilagare
dell'evasione fiscale.
    L'art. 8,  che  si  trascrive, si pone in contrasto con l'art. 43
dello Statuto speciale e con gli artt. 3 e 97 della Costituzione.
                               Art. 8.
  Personale del Corpo Forestale dello Stato in servizio in Sicilia
    «1.  -  Per le finalita' di cui all'art. 4 della legge 6 febbraio
2004,  n. 36,  come modificato dal comma 3 dell'art. 1 della legge 27
maggio  2004,  n. 77,  il  dipartimento  regionale  delle  foreste e'
autorizzato  ad assumere il personale del Corpo Forestale dello Stato
in  servizio  in  Sicilia  ed  in transito alla Regione a seguito del
completamento  della  procedura  di  trasferimento  disciplinata  dal
citato  art. 4,  nei  limiti delle unita' corrispondenti ad una spesa
equivalente  alle risorse finanziarie assegnate alla Regione ai sensi
dei commi 7 e 8 dell'art. 4.
    2.    -   Al   personale   di   cui   al   comma   1   trasferito
nell'amministrazione  regionale,  regionale, continuano ad applicarsi
istituti  istituti  giuridici  ed  economici  ed  il  trattamento  di
quiescenza dell'amministrazione di provenienza».
    Il  legislatore,  per  giustificare  l'inserimento  di  personale
proveniente  dallo Stato nei ruoli dell'amministrazione regionale, fa
riferimento  ad  una normativa riferibile alle sole Regioni a statuto
ordinario,  per  le  quali  e'  stato  previsto  il  trasferimento di
funzioni  e  la  facolta'  di  avvalersi  di  appartenenti  al  Corpo
Forestale dello Stato.
    Orbene  la Regione siciliana, gia' nei primi anni dell'esperienza
autonomistica,  ha  istituito  e  disciplinato in maniera organica un
proprio  Corpo Forestale in attuazione delle prerogative attribuitele
dallo Statuto in materia agricoltura e foreste.
    Risulta  pertanto  incomprensibile,  in  assenza  dei chiarimenti
richiesti  alla Presidenza della Regione - Ufficio legislativo legale
ai  sensi  dell'art. 3  del d.P.R. n. 488/1969, la necessita' di fare
ricorso  al  personale  proveniente  dall'amministrzione statale, cui
peraltro  continuerebbe ad essere riservato il trattamento economico,
giuridico  e  previdenziale  statale anche dopo il trasferimento alla
Regione.
    Appare cosi' censurabile, con riferimento agli artt. 3 e 97 della
Costituzione,      la      prevista      coesistenza      nell'ambito
dell'amministrazione  regionale  di  categorie  di personale che, pur
svolgendo  identiche mansioni e ricoprendo medesimi ruoli, verrebbero
ad   essere   disciplinate  e  remunerate  in  base  a  due  distinti
ordinamenti (id est, quello statale e quello regionale).
    Ultima  nell'esposizione, ma determinante nella valutazione della
legittimita' costituzionale della norma, e' la considerazione che per
espressa  disposizione  statutaria  il  passaggio  di personale dallo
Stato  alla  Regione  deve  essere  disciplinato  da  apposite  norme
legislative    proposte   dalla   Commissione   paritetica   prevista
dall'art. 43 dello satuto speciale.
    L'art. 20  attribuisce  in  via  interpretativa  l'indennita'  di
funzione anche ai vice presidenti dei consigli comunali e provinciali
che  non  svolgono  le funzioni vicarie e di supplenza dei rispettivi
presidenti.  L'adozione  della  norma,  poiche'  riferibile  anche  a
situazioni pregresse verificatesi dal dicembre 2000 ad oggi, potrebbe
avere  l'effetto  di  vanificare  le  richieste  di  restituzione  di
indennita' indebitamente percepite, interferendo ipoteticamente anche
su possibile contenzioso in atto.
    La  stessa  disposizione,  inoltre,  appare lesiva dell'autonomia
dell'ente  locale  laddove  prevede la corresponsione dell'indennita'
nella stessa misura ai vice presidenti dei consigli indipendentemente
dalle   funzioni  svolte,  imponendo  l'onere  sulle  amministrazioni
comunali   e  provinciali  senza  peraltro  attribuire  a  queste  le
necessarie risorse per farvi fronte.
    Gli  artt. 25,  27, 28, 32 e 33, oltre alle specifiche violazioni
di  cui  si  dira'  appresso,  sono tutti suscettibili di censura per
violazione  dell'art. 9  della Costituzione in quanto tutti attinenti
alla materia del governo del territorio.
    L'adozione  delle  cennate  disposizioni,  sebbene motivata dalla
volonta'   di  promuovere  e  sostenere  lo  sviluppo  economico  del
territorio  regionale in quanto favorisce l'insediamento di attivita'
produttive   nei   diversi   settori   del  turismo,  del  commercio,
dell'industria   e  consente  la  realizzazione  di  manufatti  o  il
mutamento    dell'uso    degli    stessi,   indipendentemente   dalla
corrispondenza  con  gli  strumenti  urbanistici  e di programmazione
della  gestione  del territorio nonche' dalle ordinarie procedure per
l'acquisizione  di  nulla  osta  da  parte degli organi preposti alla
tutela   del  patrimonio  ambientale,  nei  fatti  puo'  produrre  un
irreparabile   nocumento  al  bene,  la  cui  tutela  l'art. 9  della
Costituzione   inserisce  tra  i  principi  fondamentali,  in  quanto
appartenente    all'intera    comunita'   nazionale.   Come   codesta
eccellentissima  Corte  ha  peraltro  avuto  modo di chiarire, con la
sentenza    n. 359    del    1985,    l'art. 9    erige   il   valore
estetico-culturale,  riferito  anche  «alla  forma  del territorio» a
valore  primario dell'ordinamento e correlativamente impegna tutte le
pubbliche  amministrazioni  e particolarmente lo Stato e la Regione a
concorrere alla sua tutela e promozione.
    Alla  luce  di  quanto precede, non puo' ritenersi ammissibile la
facolta'  concessa  dall'art. 25,  che  di  seguito  si riporta, alla
Conferenza   di   servizi   composta   dall'Assessore  regionale  del
territorio   e  da  quello  dell'ambiente  e  dei  beni  culturali  e
ambientali  nonche'  dal sindaco del comune in cui ricade l'opera, di
esprimersi  sulla  deroga  al  Piano  territoriale  paesistico e agli
strumenti urbanistici vigenti.
                              Art. 25.
                   Patto territoriale Isole Eolie
    «1.  -  Ai fini della realizzazione delle iniziative previste dal
Patto  territoriale delle Isole Eolie, le opere previste e finanziate
dal  Patto,  alla  data  di  entrata  in vigore della presente legge,
possono  essere  realizzate  anche  in  deroga  al Piano territoriale
paesistico ed alle norme urbanistiche vigenti.
    2.  - Sulla deroga si esprime un'apposita conferenza dei servizi,
composta  dall'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente e
dall'Assessorato  regionale  dei geni culturali ed ambientali e della
pubblica  istruzione,  che si riunisce presso l'Assessorato regionale
del  territorio  e  dell'ambiente su richiesta del Sindaco del comune
nel  cui  territorio  ricade l'opera. Il parere favorevole reso dalla
conferenza  dei  servizi  e'  immediatamente  esecutivo e costituisce
deroga  al  Piano  territoriale  paesistico e variante allo strumento
urbanistico vigente».
    La  norma,  oltre ai gia' rilevati profili d'incostituzionalita',
appare,  altresi',  in  contrasto  con gli artt. 5, 97 e 114, secondo
comma della Costituzione, in quanto consente la deroga allo strumento
urbanistico  vigente  privando,  ope  legis il Consiglio comunale del
potere  di  esprimersi sulla variante al piano regolatore generale ed
impedendo   di   fatto   ai  cittadini  l'esercizio  del  diritto  di
partecipazione al procedimento e di tutela dei propri interessi.
    L'art. 27,  nei  commi  1 e 2, prevede l'esonero dall'obbligo del
rispetto  delle  distanze  minime  degli  opifici  dagli insediamenti
abitativi e dalle opere pubbliche, di cui alla lettera f) del comma 2
dell'art. 22   della   l.r.  n. 71/1978,  limitatamente  ai  progetti
utilmente   inseriti   nella   graduatoria   per  l'assegnazione  dei
finanziamenti P.Q.R. Sicilia 2000/2006.
    La  norma  costituisce,  invero, un privilegio per i soggetti che
«utilmente inseriti nella graduatoria di cui al bando misura 4.09 del
P.Q.R.» potranno realizzare i propri opifici in deroga agli strumenti
urbanistici  generali  ed  attuativi  vigenti,  sebbene gli stessi in
ipotesi    potrebbero   edificare   gli   stabilimenti   nelle   aree
appositamente   destinate   dalle   amministrazioni   locali  per  lo
svolgimento delle attivita' industriali ed artigianali.
    Cio' configura una palese disparita' di trattamento rispetto alla
generalita'  degli  operatori  economici che, privi dei finanziamenti
regionali  di cui alla misura 4.09 del P.Q.R., devono sottostare alle
ordinarie prescrizioni urbanistiche.
    Il    comma   3   dello   stesso   articolo,   inoltre,   prevede
sostanzialmente   la   disapplicazione   della   disposizione   sulla
Valutazione Ambientale Strategica agli strumenti urbanistici adottati
antecedentemente   alla   data  di  entrata  in  vigore  del  decreto
assessoriale n. 748 del 7 luglio 2004.
    Tale  disposizione incomprensibilmente esonera dal rispetto della
procedura   della  V.A.S.  i  piani  regolatori  ancora  in  fase  di
perfezionamento,  con la conseguenza di una potenziale violazione dei
precetti  imposti  dalla  normativa comunitaria nella materia e della
eventualita'  non remota dell'apertura di un contenzioso con l'Unione
europea.
    Parimenti  censurabile  anche  per gli ulteriori profili appresso
evidenziati appare l'art. 28 che di seguito si riporta:
                              Art. 28.
             Mutamento destinazione d'uso dei fabbricati
    «1.  -  Il  terzo  comma  dell'art.  22  della legge regionale 27
dicembre  1978, n. 71, come introdotto dal comma 2 dell'art. 30 della
legge regionale 26 marzo 2002, n. 2 e' cosi' sostituito:
        "previa   autorizzazione  delle  amministrazioni  competenti,
nelle  zone  destinate a verde agricolo e' consentito il mutamento di
destinazione d'uso nei fabbricati realizzati con regolare concessione
edilizia  dalla destinazione esistente a destinazione commerciale e/o
di  civile  abitazione,  nonche'  da civile abitazione a destinazione
d'uso  ricettivo  alberghiera e di ristorazione ove sia verificata la
compatibilita'  ambientale della nuova destinazione ed il rispetto di
tutte le prescrizioni igienico-sanitarie nonche' di sicurezza.
    Nelle  zone  agricole  e'  ammessa l'autorizzazione all'esercizio
dell'attivita'  commerciale,  nonche'  l'autorizzazione all'esercizio
stagionale,  primaverile  ed  estivo,  dell'attivita' di ristorazione
anche  in manufatti destinati a civile abitazione, nel rispetto della
cubatura   esistente  e  purche'  la  nuova  destinazione,  ancorche'
temporanea,   non   sia  in  contrasto  con  interessi  ambientali  e
disposizioni sanitarie.
    La  destinazione  ricettiva-alberghiera  e  di ristorazione cessa
automaticamente allorche' cessi la relativa attivita'".
    La  soprariportata  norma  consente l'indiscriminato mutamento di
destinazione  d'uso dei fabbricati realizzati nel verde agricolo e la
consequenziale  autorizzazione all'esercizio di attivita' commerciali
produttive,  indipendentemente  da qualsiasi forma di programmato uso
del territorio.
    In  buona sostanza, con la norma teste' approvata si consente, ad
libitum  del  soggetto  richiedente,  la  possibilita'  di variare la
destinazione d'uso degli immobili ovunque siano ubicati, nella specie
anche  in verde agricolo e con indici di edificabilita' diversi dalla
tipologia originariamente autorizzata.
    Ne  consegue  la  possibilita'  di  sanare,  peraltro senza alcun
onere,  costruzioni  edificate  in difformita' alla vigente normativa
urbanistica  evitando  di incorrere nelle previste sanzioni penali di
cui  al  combinato  disposto  degli  articoli  7,  8 e 20 della legge
n. 47/1985 lett. a) e b).
    La  disposizione  de qua, pertanto concretizza anche una indebita
interferenza nella materia penale, ritenuta piu' volte illegittima da
codesta  ecc.ma  Corte  (ex plurimis sentenza n. 179/1986) atteso che
consente  tout  court  il  mutamento  della destinazione d'uso, anche
nell'ipotesi   in   cui   implichi   la  variazione  degli  standards
urbanistici  di  cui  al  d.m.  2  aprile  1968,  fattispecie  questa
sanzionata penalmente dal cennato art. 8 legge n. 47/1985.
    La  norma censurata, ancora, consentendo a regime la possibilita'
di  variare  senza  alcun limite e prescrizione la destinazione d'uso
degli  immobili,  mina  alle  fondamenta il principio di una ordinata
pianificazione    e   gestione   del   territorio   che   costituisce
diritto-dovere  di  ogni  comunita' locale per tutelare l'ambiente in
cui vive ed opera.
    Dall'attuazione   della   previsione   in  questione  verrebbero,
infatti,  vanificate  le  scelte  operate dall'amministrazione locale
volte  a  destinare  determinate  aree  del proprio territorio ad uso
abitativo   ed  altre  alle  attivita'  industriali  ed  artigianali,
peraltro  dotandole  delle  necessarie  opere  di  urbanizzazione  ed
infrastrutture,  mentre le aree rurali, gia' pesantemente interessate
in   Sicilia   dal   fenomeno  dell'abusivismo  edilizio,  verrebbero
trasformate  in  indifferenziate  aree  residenziali,  con innegabile
devastante  refluenza  sull'ambiente  che l'art. 9 della Costituzione
impone di salvaguardare».
    L'art. 32  che  di seguito si trascrive, inoltre, suscita rilievi
di  carattere  costituzionale,  oltre  che  per  la  sopra  descritta
violazione  dell'art. 9,  anche sotto il profilo del mancato rispetto
del principio posto dall'art. 97 della Costituzione.
                              Art. 32.
                     Piani regolatori dei porti
    «1. - Agli interventi disposti in attuazione delle previsioni dei
piani regolatori dei porti, ivi compresi quelli ricadenti all'interno
delle   autorita'   portuali,   regolarmente  approvati  con  decreto
dell'assessore  regionale  per  il  territorio  e  l'ambiente, non si
applicano    le    procedure   previste   dalla   normativa   emanata
successivamente alla data di pubblicazione del decreto di cui sopra».
    La  norma dispone infatti, in maniera apodittica, che ai progetti
attuativi  delle  previsioni dei piani regolatori dei porti approvati
dall'Assessorato  regionale  al  territorio  non vengano applicate le
procedure  previste  dalla  normativa  emanata  successivamente  alla
suddetta   approvazione.   E'   evidente   peraltro   che   la   fase
dell'approvazione  di  un  piano  regolatore  di un porto, per la sua
stessa  natura,  ha  lo  scopo di valutare esclusivamente elementi di
pianificazione  e  di inserimento territoriale, mentre gli interventi
di  attuazione  dello  stesso  hanno  come  oggetto la valutazione di
aspetti tecnico-progettuali non contemplati dal piano generale.
    Non  appare,  pertanto,  consona  al principio del buon andamento
della   pubblica   amministrazione   la   prevista  esclusione  dalla
sottoposizione  alle  nuove  procedure  di  valutazione  ed  ai  vari
istituti  autorizzatori,  introdotti  dalla  normativa adottata in un
momento successivo e preordinata, peraltro, a dare attuazione anche a
Direttiva  comunitaria  come ad esempio quella in materia di V.I.A. o
di V.A.S.
    L'art. 33  costituisce  una palese violazione del principio posto
dall'art. 9  della  Costituzione,  in quanto consente, tout court, la
fornitura   di   energia  elettrica  ed  il  collegamento  alla  rete
telefonica  anche  per  via  aerea  con  palificazione, nei territori
soggetti a vincolo paesaggistico.
    Invero,  il riferimento all'art. 57 della l.r. n. 4/2003, rivolto
ai  fabbricati  destinati al turismo rurale ricadenti nell'ambito dei
parchi  naturali,  non  esclude  che  ora possa essere consentita una
«palificazione»  in  aree  vincolate,  indipendentemente da qualsiasi
forma  di  controllo ed autorizzazione. Mentre infatti con la cennata
norma  del  2003 il legislatore si e' premurato di prevedere il nulla
osta  dell'ente  Parco  interessato,  nel  cui  ambito  insistono  le
attivita'  di turismo rurale, altrettanto non fa adesso, giacche' non
indica  l'organo  competente  a  valutare l'impatto delle opere nelle
aree  soggette  a  vincolo  paesaggistico che tuttavia ricadono al di
fuori della perimetrazione di parchi regionali.
    Gli articoli 43 e 45 sono oggetto di censura per violazione degli
articoli  3,  51  e 97 della Costituzione, avendo entrambi ad oggetto
l'introduzione di forme di stabilizzazione privilegiata di situazioni
di   precariato   esistente  nelle  amministrazioni  pubbliche  della
Regione,  a  prescindere  dalle  ordinarie  forme  di  reclutamento e
selezione.
    Nel  primo  caso,  infatti, (art. 43) viene disposta la copertura
ope  legis delle piante organiche degli enti regionali per il diritto
allo  studio  universitario  con  il personale impegnato in attivita'
socialmente  utili  in  servizio  alla  data  del  10  dicembre 2002,
indipendentemente da una pubblica selezione e dalla valutazione della
professionalita' individuale.
    Nel  secondo  caso,  contemplato  dal comma 2 dell'art. 45, viene
istituita  nei  fatti una nuova ed ulteriore riserva nei concorsi per
l'accesso  ai  pubblici impieghi, in favore dei soggetti che prestano
gia'  servizio  negli  stessi  enti in virtu' di contratti di diritto
privato,  attraverso  la  effettuazione  di  una  selezione  solo per
titoli, i cui criteri di valutazione sono stabiliti con deliberazione
della Commissione regionale per l'impiego.
    L'art. 48, di oscuro tenore letterale, sembra trasferire a carico
di  enti non identificabili il presumibile onere previdenziale per il
servizio  prestato in posizione di pre-ruolo da determinate categorie
di personale precario successivamente stabilizzato, senza al contempo
indicare   l'ammontare   dell'impegno   finanziario  derivantene  ne'
tantomeno le risorse cui attingere.
    La norma appare, pertanto, priva della necessaria quantificazione
della  spesa  e  della  conseguente  copertura  finanziaria oltreche'
lesiva  degli  artt. 3  e  97  della  Costituzione in quanto, seppure
indirettamente, riconosce un diritto per i dipendenti rimettendone la
soddisfazione  alla  determinazione  dei vari enti presso i quali gli
stessi prestano servizio ed alle rispettive capacita' finanziarie.
    L'art. 50,  che di seguito si trascrive, si pone in contrasto con
gli artt. 97 e 81 della Costituzione.
                              Art. 50.
                Interventi per il diritto allo studio
    «1.  -  Assessorato  regionale dei beni culturali ed ambientali e
della  pubblica istruzione eroga i contributi previsti dagli articoli
3  e  6  della  legge  regionale  3  ottobre 2002, n. 14 e successive
modifiche  ed  integrazioni,  ivi  compresi i compensi spettanti alle
istituzioni scolastiche per la collaborazione prevista dal menzionato
articolo  6,  sulla  competenza dell'esercizio finanziario successivo
alla chiusura dell'anno scolastico di riferimento.
    2.  -  I  residui  realizzati negli esercizi finanziari 2002-2003
sulle  norme relative alla finalita' di cui agli articoli 3 e 6 della
legge  regionale  3  ottobre  2002,  n. 14  e  successive modifiche e
integrazioni,  da  intendersi gia' comprensive dei compensi di cui al
comma  1,  possono  essere  utilizzati, altresi', per far fronte alla
concessione  dei  contributi  dovuti anche per gli anni successivi al
2003».
    Il  secondo  comma  della  cennata  norma  dispone  che i residui
realizzati  negli  esercizi  2002  e 2003 sugli stanziamenti previsti
dalla  l.r.  4/2002 in materia di diritto allo studio, possono essere
utilizzati  per far fronte alla concessione di contributi anche negli
anni successivi al 2003.
    Orbene,   l'art. 12   della   l.r.   n. 47/1977,   contenente  le
disposizioni  generali  sulla  contabilita'  regionale, espressamente
prevede  in conformita' ai principi della contabilita' pubblica che i
residui  di  parte  corrente,  quali quelli in questione, qualora non
utilizzati    nell'esercizio   successivo   alla   loro   formazione,
costituiscono  economia  di  spesa  e  contribuiscono  a  ridurre  il
disavanzo di amministrazione.
    Pertanto,  le  somme  iscritte  fra  i residui dell'anno 2002 dal
1°gennaio  2004  hanno  costituito  economia di spesa e come tali non
possono  essere  utilizzati  per  contributi dovuti nell'esercizio in
corso.
    La  disposizione  limitatamente  alla  utilizzazione  dei residui
realizzati  nel 2002 configura una violazione dell'art. 81, in quanto
ipotizza  l'utilizzo  di somme non piu' esistenti ponendo altresi' in
essere procedure non conformi al buon andamento della p.a.
    Gli  artt. 53  e  54  costituiscono  riproposizione di norme gia'
oggetto di censure con l'impugnativa del 21 novembre 2003.
    L'art. 53  infatti,  al  pari  dell'art. 61  del disegno di legge
impugnato precedentemente, sostanzialmente consente la trasformazione
ope  legis  del  rapporto  di lavoro da convenzionato a dipendente di
circa  800  medici  in  servizio  presso  le  AUSL nelle strutture di
medicina di servizi.
    Per  raggiungere  tale  obiettivo  il  legislatore  non  esita ad
operare   un   ribaltamento   della  logica  che  dovrebbe  assistere
l'assunzione   di   personale,determinata  alla  luce  delle  vacanze
esistenti  nelle  dotazioni  organiche  definite  in  relazione  alle
necessita' assistenziali.
    La  norma  censurata  dispone,  infatti,  la  rideterminazione in
aumento  degli organici delle AUSL sulla base del numero di medici da
inserirvi   ponendo,  altresi',  l'onere  derivantene,  peraltro  non
quantificato, a carico delle assegnazioni annuali del Fondo sanitario
nazionale,  manifestatesi  peraltro negli ultimi anni insufficienti e
tali da richiedere l'intervento della Regione per ripianare i deficit
dei bilanci delle AUSL stesse.
    La  disposizione  dell'art. 54  prevede una forma di reclutamento
extra ordinem nei ruoli dell'Azienda sanitaria locale n. 6, riservata
al  personale  ausiliario  in  precedenza  addetto all'assistenza nel
presidio manicomiale ex ospedale psichiatrico privato «Villa Stagno»,
con  evidente violazione degli art. 3, 51 e 97 della Costituzione, il
cui rispetto garantisce alla generalita' dei cittadini la facolta' di
accesso ai pubblici impieghi, al fine anche di assicurare la migliore
e  piu'  ampia  forma di selezione del personale alla p.a. necessaria
per  il  raggiungimento  degli  standard  di  professionalita' minimi
richiesti per la tutela del diritto alla salute.
    L'art. 60  interviene  dopo  oltre  8 anni dall'entrata in vigore
della  l.r.  n. 16/1991  per  fornire  un  intervento  interpretativo
relativamente   al   personale   stagionale   con   la  qualifica  di
«autobottista».
    In   assenza  degli  elementi  informativi,  richiesti  ai  sensi
dell'art. 3   del   d.P.R.  n. 488/1969,  riguardo  all'esistenza  di
eventuale  contenzioso o di dubbi interpretativi circa l'applicazione
degli  artt. 57 e 59 della l.r. n. 16/1996, che in ipotesi potrebbero
giustificare  il  nuovo intervento del legislatore, si ritiene che la
norma  costituisca un privilegio in favore dei lavoratori in possesso
di  una  specifica  qualifica,  che  potrebbe  inoltre determinare la
revisione  dinamica  di tutte le graduatorie gia' redatte dal 1996 ad
oggi,  con  conseguente nocumento per il buon andamento della p.a., e
si ponga pertanto in contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost.
    Il  comma  4  dell'art. 62 consente ai componenti del collegio di
revisori   di   conti  negli  enti  locali,  comuni  e  province,  la
possibilita' di essere rieletti piu' volte senza alcun limite.
    Detta  previsione appare censurabile sotto il profilo del mancato
rispetto degli artt. 3 e 97 della Costituzione, per un duplice ordine
di ragioni.
    Da  un canto, infatti, non appare coerente con la funzione svolta
dai  revisori dei conti la possibilita' di una rielezione sine die di
soggetti  preposti  al  controllo  della  regolarita'  della gestione
economico-finanziaria degli enti locali, funzione che potrebbe essere
compromessa  nella  sua  imparzialita'  da  una prolungata permanenza
nelle strutture soggette a controllo e dalla prospettiva di possibili
riconferme nell'incarico.
    Non  ininfluente  e,  in  secondo  luogo, la considerazione della
disparita'  di  trattamento  sia  nei  confronti  di  coloro  i quali
svolgono  la  medesima  funzione  presso  le  istituzioni  locali del
rimanente territorio nazionale, che sono soggetti alle limitazioni di
cui  all'art. 235 del d.lgs. n. 67/2000, sia rispetto ai revisori dei
conti  in  tutti  gli  altri  enti,  soggetti anch'essi a limitazioni
temporali nell'esercizio della carica.
    Il  comma  9  del  medesimo  art. 62 e' parimenti suscettibile di
censura  per  violazione  degli  artt. 3  e 97 della Costituzione, in
quanto  estende a tutte le medie e piccole industrie della Regione la
disposizione  della  lett. f) del comma 2. dell'art. 2 l.r. n. 28/999
in materia di commercio.
    Detta  norma,  in  buona  sostanza, nell'estendere alle piccole e
medie   imprese   l'esclusione   dalla   disciplina   del  commercio,
attualmente  prevista  solo per gli artigiani esercenti la vendita di
beni  propri  nei  locali  di  produzione,  attua  una indiscriminata
liberalizzazione  della  relativa  attivita', che rischia di sfuggire
pertanto  ad  ogni  forma  di  programmazione  economica nell'uso del
territorio   e   di   valutazione  preventiva  del  connesso  impatto
economico-sociale  ed  ambientale  da  parte  degli  organi preposti,
nonche'  di  verifica  del possesso dei requisiti, anche strutturali,
richiesti per l'esercizio delle attivita' commerciali.