Ha  emesso  la  seguente ordinanza nella causa civile iscritta al
n. 12039 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 1997
vertente  tra  Gherardo  Colombo, Piercamillo Davigo, Francesco Greco
(rappresentati  e  difesi  dagli  avv.  Francesco  Borasi  e Giovanni
Brambilla  Pisoni),  attori,  Vittorio Sgarbi (rappresentato e difeso
dagli  avv.  Giuseppe  Lupis,  Giampaolo  Cicconi  e Daniele Giusto),
convenuto,  Societa'  Europea  di  Edizioni  S.p.A.  (rappresentata e
difesa  dagli  avv.  Romano Vaccarella e Achille Saletti), convenuta,
Avvenire  Nuova  Editoriale  Italiana  S.p.A. (rappresentata e difesa
dagli avv. Stefano Beretta e Salvatore Trifiro).
    Rilevato  che il presente giudizio civile e' stato promosso dagli
attori,  tutti  magistrati  in  Milano, per il risarcimento dei danni
asseritamente subiti a causa delle dichiarazioni rese dall'on. Sgarbi
e  riportate  sui  quotidiani L'Avvenire e Il Giornale nelle date del
15,  16  e  19 luglio 1994, del seguente tenore: «Di Pietro, Colombo,
Davigo  e gli altri sono degli assassini che hanno fatto morire della
gente  ed e' giusto quindi che se ne vadano. Nessuno li rimpiangera'.
Vadano  anzi  in  chiesa  a  pregare per tutta quella gente che hanno
fatto  morire.  Moroni,  Gardini,  Cicogna:  hanno tutte queste croci
sulla   loro   coscienza»;  «... sono  degli  assassini»;  «... vanno
processati   e  arrestati.  Sono  un'associazione  a  delinquere  con
liberta' di uccidere»;
    Rilevato  che  la Camera dei deputati, nella seduta del 30 maggio
2000,  ha deliberato nel senso che i fatti per i quali e' in corso il
procedimento  civile  concernono  opinioni  espresse da un membro del
Parlamento  nell'esercizio  delle sue funzioni ai sensi dell'art. 68,
primo comma Cost.;
    Ritenuto  che  alla  deliberazione  della  Camera  che  riconosce
l'applicabilita'   dell'art.   68  Cost.  e'  coessenziale  l'effetto
inibitorio  della  prosecuzione  del giudizio o dell'emissione di una
pronuncia giudiziale difforme, salvo il controllo che il giudice puo'
promuovere  con  il mezzo del conflitto di attribuzione (Corte cost.,
sentenze nn. 129/1996, 1150/1988);
    Ritenuto  che nella fattispecie - da annoverare tra i casi in cui
l'identificazione  della  linea  di  confine  tra i comportamenti dei
parlamentari  garantiti  ex  art. 68  Cost.  e quelli che non possono
sfuggire  al diritto comune e' piu' problematica per il contrasto che
si  viene  a  porre  tra  alcuni  beni  morali  della persona (onore,
reputazione,  pari  dignita)  che  e' la stessa Costituzione nei suoi
principi  fondamentali a qualificare inviolabili e l'insindacabilita'
dell'opinione  espressa  dal parlamentare come momento insopprimibile
della  liberta' della funzione (cosi' Corte cost., sentenza 379/1996)
-  non  sembra  a  questo  giudice che il potere valutativo sia stato
dalla  Camera  legittimamente  esercitato  a  motivo dell'inesistenza
nella  condotta  del parlamentare del necessario nesso funzionale fra
le  opinioni  espresse  e  l'esercizio  di funzioni parlamentari, nel
senso  che  la garanzia prevista dall'art. 68, primo comma Cost. puo'
riguardare    solo   quei   comportamenti   strettamente   funzionali
all'esercizio  indipendente  delle  attribuzioni  proprie  del potere
legislativo (cosi' Corte cost. 379/1996 citata);
        che  in  tale contesto si e' precisato che non e' sufficiente
ad  integrare  tale  nesso  funzionale  il  semplice  collegamento di
argomento  e di contesto fra attivita' parlamentare e dichiarazione -
in   quanto   le   opinioni   in  tal  modo  espresse  rientrerebbero
nell'esercizio  della  liberta'  di  espressione  comune  a  tutti  i
cittadini  - ma che invece l'ambito di operativita' della prerogativa
costituzionale attiene alle opinioni manifestate dal parlamentare nel
corso  dei  lavori  della Camera e dei suoi vari organi, in occasione
dello  svolgimento  di  ogni  funzione  svolta dalla Camera medesima,
ovvero   manifestate   in   atti,   anche   individuali,  costituenti
estrinsecazione  delle  facolta'  proprie  del parlamentare in quanto
membro  dell'assemblea  e  che  detta immunita' puo' estendersi anche
alla  riproduzione  esterna  di  tale  opinione  ove  pero'  essa sia
sostanzialmente  riproduttiva  del  contenuto  di  una  dichiarazione
espressa in sede parlamentare (in tal senso Corte cost. 10/2000);
        che nel caso di specie la stessa Giunta per le autorizzazioni
a  procedere nella sua relazione ha riconosciuto che le dichiarazioni
in oggetto «... esulano in via assoluta dall'esercizio delle funzioni
di  membro  del  Parlamento,  secondo i criteri sanciti dalle recenti
sentenze  della  Corte  costituzionale»  osservando  come non potesse
«... certo ravvisarsi una sostanziale corrispondenza di contenuti tra
il  dibattito  parlamentare e le dichiarazioni dell'onorevole Sgarbi,
proprio  per  i contenuti e i toni delle medesime, che mai e in alcun
modo  avrebbero  potuto trovare ingresso in un'aula parlamentare» (v.
Atti Camera dei deputati, Doc. IV-quater n. 130);
        che  peraltro  all'esito  della  votazione  la proposta della
Giunta e' stata respinta dall'Assemblea;
        che,  le valutazioni espresse dalla Giunta a parere di questo
giudice  devono  essere  condivise,  posto  che  le  dichiarazioni in
oggetto non sono state espresse in sede parlamentare ne' costituivano
alcuna  forma  di  divulgazione  delle opinioni espresse dal deputato
nell'ambito di atti parlamentari tipici;
        che  infatti  dette  dichiarazioni  attenevano  a valutazioni
dell'on. Sgarbi espresse in riferimento al contenuto di un comunicato
sottoscritto  dagli  attori  che, commentando l'approvazione da parte
del  Consiglio  dei  ministri del c.d. decreto Biondi e i presumibili
effetti   di   tale   provvedimento  sulle  indagini  in  materia  di
corruzione, avevano preannunciato il loro intendimento di chiedere di
essere  assegnati  alla trattazione di procedimenti penali di diversa
natura;
        che  tali  dichiarazioni devono ritenersi pertanto certamente
attinenti  ad  un  generico contesto politico ma prive di alcun nesso
funzionale con atti rientranti nel mandato parlamentare;
        che cio' non appare contraddetto da alcun elemento rilevabile
dagli atti di causa, ne' lo stesso on. Sgarbi nelle proprie difese ha
offerto  alcun  contributo  a  confutazione  di  tale  circostanza, e
pertanto    sembra    doversi   fondatamente   desumere   che   dette
dichiarazioni, diffuse ad agenzie di stampa, devono ritenersi rese al
di  fuori  dell'esercizio  di attivita' funzionale riconducibile alla
qualita' di membro della Camera dei deputati;
        che pertanto la cognizione in merito alla effettiva idoneita'
di  tali  dichiarazioni  ad  integrare  o  meno l'illecito dedotto in
causa,  anche  in  forza  di  precetti costituzionali (art. 24, 101 e
102), dovrebbe essere riservata all'autorita' giudiziaria ordinaria;
    Ritenuto,  pertanto,  che  sembra  necessario  a  questo  giudice
sollevare  conflitto  di  attribuzione  tra  i  poteri  dello  Stato,
conflitto  ammissibile sia sotto il profilo soggettivo - il tribunale
essendo  organo  competente  a  decidere definitivamente, nell'ambito
delle  funzioni  giurisdizionali  attribuite, sull'assenta illiceita'
delle condotte oggetto delle doglianze dell'attore - sia sotto quello
oggettivo  -  trattandosi  qui,  per  un verso, della sussistenza dei
presupposti per l'applicazione dell'art. 68, primo comma Cost. e, per
altro   verso,   della   lesione   di   attribuzioni  giurisdizionali
costituzionalmente   garantite   (cfr.  Corte  cost.,  ordinanze  nn.
269/1996 e 6/1996);