ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di ammissibilita' del conflitto tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione del Senato della Repubblica del 23 luglio 2003, relativa alla insindacabilita', ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dal senatore Raffaele (Lino) Jannuzzi nei confronti del magistrato Anna Maria Leone, promosso dal Tribunale di Milano, prima sezione civile, con ricorso depositato il 18 novembre 2003 ed iscritto al n. 256 del registro ammissibilita' conflitti. Udito nella camera di consiglio del 29 settembre 2004 il giudice relatore Franco Bile. Ritenuto che, nel corso di un giudizio civile, promosso da Anna Maria Leone, magistrato con funzioni di sostituto procuratore generale presso la Corte d'appello di Palermo, contro il senatore Raffaele (Lino) Jannuzzi, il Tribunale di Milano, in composizione monocratica, prima sezione civile, con ordinanza emessa il 13 novembre 2003, ha proposto conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato avverso la delibera adottata il 23 luglio 2003, con la quale il Senato della Repubblica ha dichiarato che i fatti oggetto di quel processo civile concernono opinioni espresse dal convenuto, quale membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione; che il giudizio a quo concerne la richiesta di risarcimento dei danni asseritamente subiti dall'attrice in conseguenza di un articolo del senatore Jannuzzi pubblicato sul settimanale «Panorama» il 22 ottobre 2002, con il titolo «Pressione bassa ed udienze infinite» - riguardante il processo d'appello nei confronti del senatore Giulio Andreotti, all'epoca in corso a Palermo, nel quale la medesima sosteneva il ruolo di pubblico ministero d'udienza insieme ad altro magistrato - nel cui contesto (secondo l'attrice), al denunciato fine di esprimere ingiustificati e gravi giudizi sulla sua capacita' professionale, si faceva falsamente riferimento ad un'abnorme dilatazione dei tempi processuali conseguente a mere esigenze personali della stessa e ad un errore in cui ella sarebbe incorsa nel richiamare l'appartenenza politica di un soggetto tra i molti implicati nel processo; che il Tribunale ritiene che, nella specie, il potere valutativo non sia stato legittimamente esercitato dal Senato, a motivo dell'inesistenza nella condotta del senatore del necessario nesso funzionale fra le opinioni espresse e l'esercizio di funzioni parlamentari, non ravvisabile nel semplice collegamento di argomento e di contesto tra dichiarazioni e attivita' parlamentare; che, al contrario, secondo il ricorrente, le affermazioni riportate nell'articolo in esame devono ritenersi prive di alcun nesso funzionale con atti rientranti nel mandato parlamentare, non risultando dai documenti di causa che il suo contenuto corrisponda a dichiarazioni espresse dal senatore in sede parlamentare, ovvero costituisca divulgazione di opinioni da lui manifestate nell'ambito di atti parlamentari tipici; che, dunque, il Tribunale di Milano ricorrente chiede che questa Corte: a) «dichiari che non spettava al Senato della Repubblica il potere di qualificare come insindacabili le dichiarazioni contestate al senatore Raffaele (Lino) Jannuzzi, in quanto esercitato al di fuori delle ipotesi previste dall'art. 68, primo comma, Cost.»; b) «annulli la relativa deliberazione del Senato della Repubblica adottata in data 23 luglio 2003». Considerato che in questa fase la Corte e' chiamata, a norma dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, a deliberare preliminarmente, senza contraddittorio, se il ricorso sia ammissibile in quanto esista la materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza, in riferimento ai requisiti soggettivo e oggettivo indicati nel primo comma dello stesso art. 37; che, sotto l'aspetto soggettivo, il Tribunale di Milano, in composizione monocratica, e' legittimato a sollevare conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, quale organo competente a dichiarare definitivamente - nel procedimento civile del quale esso e' investito - la volonta' del potere cui appartiene, in ragione dell'esercizio di funzioni giurisdizionali svolte in posizione di piena indipendenza, costituzionalmente garantita; che anche il Senato della Repubblica, che ha adottato la deliberazione di insindacabilita' delle opinioni espresse da un proprio membro, e' legittimato ad essere parte del conflitto costituzionale, essendo competente a dichiarare definitivamente la volonta' del potere che esso impersona, in relazione all'applicabilita' della prerogativa stessa; che, per quanto riguarda il profilo oggettivo del conflitto, il Tribunale di Milano lamenta la lesione delle proprie attribuzioni, costituzionalmente garantite, in conseguenza dell'adozione, da parte del Senato della Repubblica, di una deliberazione che ha affermato - in modo da esso ritenuto arbitrario, perche' non corrispondente ai criteri stabiliti dalla Costituzione - l'insindacabilita' delle opinioni espresse da un parlamentare, a norma dell'art. 68, primo comma, della Costituzione; che, pertanto, esiste la materia di un conflitto costituzionale di attribuzione, la cui risoluzione spetta alla competenza di questa Corte.