IL TRIBUNALE

    Ha pronunciato la seguente ordinanza.
    Sull'appello  presentato  dalla  difesa  di Rais Ezzedine, nato a
Kairowan  (Tunisia) il 6 aprile 1976, (attualmente detenuto presso la
Casa  circondariale  di  Asti), avverso l'ordinanza del 29 marzo 2004
con  cui  il  Tribunale  di  Asti  ha respinto l'istanza di immediata
scarcerazione  -  ex  art. 302 c.p.p. - per omesso interrogatorio nel
termine   -   previsto   dall'art. 294  c.p.p.  -  di  cinque  giorni
dall'esecuzione della custodia.

                            O s s e r v a

    1.  - Con ordinanza del 25 settembre 2002 il G.i.p. del Tribunale
di  Asti  ha  applicato  a  Rais  Ezzedine  la  misura della custodia
cautelare  in carcere. L'ordinanza - a causa della latitanza del Rais
- e' stata eseguita il 15 marzo 2004, data in cui il procedimento era
gia'  passato  alla  fase  dibattimentale (precisamente, v'erano gia'
state  le  udienze  del  1° luglio,  2 dicembre,  18 dicembre  2003 e
29 gennaio 2004).
    Il  26  marzo 2004 la difesa - premesso che il Rais non era stato
interrogato nel termine di giorni cinque dall'esecuzione della misura
- ha chiesto la scarcerazione, ai sensi dell'art. 302 c.p.p.
    Con  ordinanza  del 29 marzo 2004 il Tribunale di Asti - rilevato
che la misura era stata eseguita «dopo l'apertura del dibattimento» e
che,  «sulla scorta di quanto previsto dall'art. 294 c.p.p.», in tale
caso «non sussiste l'obbligo da parte del giudice del dibattimento di
interrogare   la   persona   nei  cui  confronti  e'  stata  eseguita
l'ordinanza   di   custodia  cautelare  in  carcere»  -  ha  respinto
l'istanza.
    Avverso  la  suddetta  ordinanza  la  difesa ha proposto appello,
«eccependo  l'illegittimita' costituzionale degli artt. 294, comma 1,
e  302  c.p.p., per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., nella parte
in  cui  il  primo  non  prevede  l'obbligo  da parte del giudice del
dibattimento  di  interrogare  la  persona nei cui confronti e' stata
eseguita  l'ordinanza di custodia cautelare in carcere, ed il secondo
non  prevede l'estinzione della custodia per omesso interrogatorio in
tale fase».
    A   fondamento   della   suindicata   questione  di  legittimita'
costituzionale  la  difesa ha richiamato i principi evidenziati dalla
Corte costituzionale nelle sentenze n. 77/1997 e 32/1999.
    2.  - Nella sentenza 3 aprile 1977, n. 77 la Corte costituzionale
-  premesso  che  «l'interrogatorio  previsto  dall'art. 294  comma 1
c.p.p. costituisce preciso dovere del giudice, un dovere da assolvere
in  un termine immediatamente a ridosso dell'inizio della custodia» -
ha  dichiarato l'illegittimita' costituzionale, per contrasto con gli
artt. 3  e  24  Cost., degli artt. 294 comma 1 e 302 c.p.p. in allora
vigenti,  nella parte in cui non prevedevano il dovere del giudice di
procedere  al  suddetto  interrogatorio «fino alla trasmissione degli
atti al giudice del dibattimento».
    Relativamente  alla  violazione  del  principio di eguaglianza la
Corte  rilevava che, pur essendovi differenze strutturali tra la fase
delle  indagini  preliminari  e  quella  che  inizia con la richiesta
dell'udienza  preliminare,  «la detta diversita' non risulta in grado
di  rendere  razionalmente  giustificata nel secondo caso l'omissione
dell'interrogatorio  di  cui all'art. 294 c.p.p.», in considerazione:
a) che nel periodo di tempo intercorrente tra la data della richiesta
e  quella  dell'udienza  preliminare all'imputato in vinculis sarebbe
sottratta  la  «prima  presa  di  contatto  con  il giudice avente ad
oggetto  esclusivo  la  legittimita'  dello status custodiae»; b) che
«l'interrogatorio  in sede di udienza preliminare di cui all'art. 421
comma  2  -  incentrato sul meritum causae - differisce profondamente
dall'interrogatorio   previsto   dall'art. 294»   nel   quale   hanno
«particolare rilievo le esigenze cautelari che, proprio a forza delle
dichiarazioni  dell'imputato,  potrebbero  assumere una piu' limitata
valenza  fino  a  determinare  il  giudice  a rimettere l'imputato in
liberta'  ovvero  ad  applicare  nei  suoi  confronti una misura meno
gravosa».
    Tale    ingiustificato    limite    all'interrogatorio   previsto
dall'art. 294  c.p.p.  violava  - secondo la Corte - anche l'art. 24,
comma  2  Cost.,  in  quanto privava «l'imputato in vinculis del piu'
efficace  strumento  di  difesa avente ad oggetto la cautela disposta
...  il  tutto  con  precisi  riverberi  sul  diritto  alla  liberta'
personale protetto dall'art. 13 Cost.».
    La  Corte  rilevava,  inoltre,  che  il  suddetto contrasto con i
parametri costituzionali non puo' essere superato dalla «possibilita'
dell'imputato  di  proporre la richiesta di riesame o di domandare la
revoca  del  provvedimento  cautelare»,  non  solo  in  quanto  detti
istituti  non  contemplano un interrogatorio simile a quello previsto
dall'art. 294  c.p.p., ma in quanto l'attivazione del procedimento di
riesame  e  la  richiesta  della  revoca  della  misura  sono rimessi
all'iniziativa   dell'indagato,  «laddove  l'interrogatorio  previsto
dall'art. 294,   comma   1  c.p.p.  costituisce  preciso  dovere  del
giudice».
    3.  -  Nella  successiva  sentenza  n. 32 del 17 febbraio 1999 la
Corte   costituzionale,   richiamando   espressamente   i   parametri
costituzionali  evidenziati nella precedente sentenza n. 77 del 1997,
ha  dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 294, comma 1
c.p.p.,  nella  parte  in cui non prevedeva che fino all'apertura del
dibattimento  il  giudice proceda all'interrogatorio della persona in
stato di custodia cautelare in carcere.
    Osservava la Corte che, una volta superate, con la sentenza n. 77
del   1997,   le   ragioni  ostative  all'applicabilita'  del  regime
dell'interrogatorio  previsto  dall'art. 294,  comma 1, al di la' del
limite  della  fase delle indagini preliminari, diviene contrastante,
oltre  che  con  il principio di uguaglianza, anche con il diritto di
difesa,  una  norma  che non estende tale dovere alla fase successiva
alla  trasmissione  degli  atti al giudice del dibattimento e fino al
momento dell'inizio del dibattimento, «tanto piu' che l'intervallo di
tempo  fra  trasmissione  degli  atti ed inizio del dibattimento puo'
essere  contrassegnato  da  una estensione maggiore rispetto a quello
che   va  dalla  richiesta  di  rinvio  a  giudizio  all'espletamento
dell'udienza  preliminare;  con  la conseguenza di rendere, in via di
principio,  ancora  piu'  irragionevole  la diversita' di trattamento
rispetto   alla   previsione   gia'   dichiarata   costituzionalmente
illegittima».
    4.  -  Con  d.l. 22 febbraio 1999, n. 29, convertito con legge 21
aprile  1999, n. 109, il nostro legislatore ordinario, adeguandosi ai
pronunciamenti della Corte, ha modificato l'art. 294, comma 1 c.p.p.,
estendendo  l'obbligo dell'interrogatorio «fino alla dichiarazione di
apertura del dibattimento».
    5.   -   Dopo  le  due  sentenze  della  Corte  costituzionale  e
l'intervento  del  legislatore  ordinario  parte  della  dottrina  ha
rilevato  che  «attese le insurrogabili finalita' dell'interrogatorio
di   garanzia,  come  individuate  dalla  Corte,  e  le  esigenze  di
tempestivita'  che  lo  contraddistinguono  ...  non sembra peregrino
chiedersi  se  i  margini  temporali  di  applicazione del meccanismo
caducatorio  enunciati dalla Corte siano in futuro destinati a subire
ulteriori  dilatazioni»,  in  considerazione  che  anche  nelle  fasi
successive   all'apertura   del   dibattimento   possono  verificarsi
situazioni  identiche  a  quelle che la Corte ha dichiarato essere in
contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost.
    6.  -  Ritiene  il  Collegio  che  la  questione  di legittimita'
costituzionale   sollevata   della   difesa  non  sia  manifestamente
infondata.
    La  Corte,  in tanto ha dichiarato per due volte l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 294, comma 1, in quanto ha statuito:
        a) che  il  giudice  ha il «dovere» di interrogare la persona
sottoposta   a   misura,   «dovere   da   assolvere   in  un  termine
immediatamente a ridosso dall'inizio della custodia»;
        b) che  l'interrogatorio  previsto  dall'art. 294,  comma  1,
avendo  per  esclusivo  oggetto  la verifica della legittimita' della
privazione della liberta' personale (e, quindi, non solo il controllo
sulla  sussistenza  dei  gravi indizi di colpevolezza, ma anche sulla
sussistenza  delle  esigenze cautelari e sulla inadeguatezza di altre
misure  non  custodiali),  ha  una  insurrogabile peculiarita' che lo
differenzia   dagli   altri   interrogatori   incentrati  sul  merito
dell'accusa.
    A  parere  del  collegio il rispetto di questi principi impone di
prevedere  l'obbligo  dell'interrogatorio ex art. 294, comma 1, anche
nella fase dibattimentale.
    7.  - Il Collegio non ignora che nella sentenza n. 32 del 1999 la
Corte, benche' fosse stata chiamata a pronunciarsi solo sul dovere di
procedere  all'interrogatorio  fino all'apertura del dibattimento, in
un inciso aveva notato: «Appare chiaro, poi, come l'adempimento di un
simile  dovere presuppone che non sia stata ancora instaurata la fase
del  giudizio  che,  per  i suoi caratteri essenziali di pienezza del
contraddittorio  e per l'immanente presenza dell'imputato, assorbe la
stessa  funzione dell'interrogatorio previsto dall'art. 294, comma 1;
senza  contare  che  il  giudice  del dibattimento, quale giudice che
"attualmente" potra' procedere all'esame dell'imputato in vinculis su
ogni  elemento  dell'imputazione  e  sulle condizioni legittimanti lo
status  custodiae,  ha  in ogni momento della fase la possibilita' di
verificare  sia  la legittimita' dello status sia la permanenza delle
condizioni che determinarono l'adozione della misura custodiale».
    Come  si  nota  facilmente  la  Corte  ha  escluso  per  la  fase
dibattimentale l'obbligo dell'interrogatorio ex art. 294, comma 1, in
quanto  si  e' mossa dal presupposto che il dibattimento ha quale suo
carattere essenziale «la immanente presenza dell'imputato».
    Indubbiamente  se  cosi'  fosse,  se  -  cioe'  - fosse possibile
immediatamente  dopo  l'esecuzione della misura presentare l'imputato
al dibattimento, il problema dell'interrogatorio ex art. 294, comma 1
non   si  porrebbe,  perche'  il  giudice  del  dibattimento  -  come
correttamente rileva la Corte costituzionale - avrebbe immediatamente
«la  possibilita'  di verificare sia la legittimita' dello status sia
la  permanenza  delle  condizioni  che determinarono l'adozione della
misura  custodiale».  Ma,  nella  maggioranza  dei  casi, cio' non si
verifica  perche'  il  nostro sistema processuale non sempre consente
l'immediato contatto della persona sottoposta a misura con il giudice
del dibattimento.
    8.  -  A  parte la considerazione che per prassi generalizzata la
disposizione,  meramente  ordinatoria,  di  cui all'art. 477, comma 1
c.p.p.  non  e'  osservata  (e'  notorio  che l'udienza successiva e'
sempre fissata a notevole distanza di tempo da quella precedente), la
legge   prevede   numerosi   casi  di  sospensione  obbligatoria  del
dibattimento  (v.,  gli  artt. 479, 509, 519, 520, etc.). Ne consegue
che,  se  l'esecuzione della misura avviene in un periodo di tempo in
cui  il  dibattimento  e'  sospeso,  la «possibilita» del giudice del
dibattimento di verificare la legittimita' della misura restrittiva e
la  permanenza  delle  condizioni che ne determinarono l'adozione non
puo'  avvenire,  comerichiesto  dalla  Corte  costituzionale  per  le
precedenti  fasi, «in un termine immediatamente a ridosso dell'inizio
della  custodia», ma a notevole distanza di tempo, con inevitabile ed
ingiustificata  lesione - cosi' come evidenziato dalla medesima Corte
per  le  precedenti fasi - del principio di uguaglianza e del diritto
di difesa codificati negli artt. 3 e 24 Cost.
    9.  - Che quanto detto non sia una semplice ipotesi di scuola, ma
cio'  che  avviene ogni giorno nelle aule di giustizia, e' comprovato
dal  caso oggetto dell'attuale procedimento. La prima udienza, in cui
v'e'  stata  la  dichiarazione  di  apertura  del dibattimento, si e'
tenuta  il  1° luglio  2003.  Il  dibattimento e', quindi, proseguito
nelle  udienze  del  2  e 18 dicembre 2003 ed ancora in quelle del 29
gennaio  e  del  22  aprile  2004.  (Notasi  che  qualcuna  di queste
sospensioni  e' stata causata dal fatto che il giudice ha disposto la
trascrizione delle intercettazioni).
    Tenuto  conto  che  la  misura  nei  confronti  del Rais e' stata
eseguita  il 15 marzo 2004, il Rais ha avuto il primo contatto con il
giudice  del dibattimento all'udienza del 22 aprile 2004, vale a dire
a  distanza  di  oltre  un mese (precisamente: 38 giorni) dall'inizio
della  custodia.  Per  oltre  un  mese,  dunque,  nessun  giudice  ha
adempiuto   il   dovere,  non  avendone  avuto  la  possibilita',  di
verificare  la  legittimita'  della  misura  e  la  permanenza  delle
esigenze  cautelari  che,  nel  lontano  2002, ne avevano determinato
l'adozione.  Questa  disparita' di trattamento, con quanto si sarebbe
verificato  se la misura fosse stata eseguita prima dell'apertura del
dibattimento, appare al Collegio priva di razionale giustificazione.
    10.  -  Le  convenzioni  internazionali (v. la Convenzione per la
salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e delle liberta' fondamentali,
firmata  a  Roma  il  4  novembre 1950 e resa esecutiva in Italia con
legge  4 agosto  1955,  n. 848,  il cui art. 5 dispone: «Ogni persona
arrestata  o detenuta ... deve essere tradotta al piu' presto innanzi
a  un  giudice  o  a  un  altro magistrato autorizzato dalla legge ad
esercitare  le  funzioni  giudiziarie»;  ed  il  Patto internazionale
relativo  ai  diritti  civili  e  politici, adottato a New York il 19
settembre  1966 e reso esecutivo in Italia con legge 25 ottobre 1977,
n. 881,  il cui art. 9 dispone: «Chiunque sia arrestato o detenuto in
base  ad  una accusa di carattere penale deve essere tradotto al piu'
presto  dinnanzi  ad  un  giudice o ad altra autorita' competente per
legge ad esercitare funzioni giudiziarie»), cui l'Italia ha l'obbligo
di   osservare,   impongono   che  la  persona  sottoposta  a  misura
custodiale,   indipendentemente   dalla  fase  in  cui  si  trova  il
procedimento, sia tradotta «al piu' presto» davanti ad un giudice.
    Poiche' l'ordinamento giuridico italiano cio' non sempre prevede,
il  Collegio  chiede  alla  Corte  di pronunciarsi se sia conforme ai
principi  della  nostra  Carta costituzionale che, nel caso in cui la
misura  sia  eseguita  dopo  l'apertura  del dibattimento, la persona
sottoposta  a  misura custodiale possa restare per lunghi mesi (ed in
alcuni casi per anni) senza vedere alcun giudice.