IL TRIBUNALE

    Ha  emesso  la  seguente  ordinanza  su richiesta di convalida di
arresto.
    Letti  gli  atti  del  procedimento penale indicato in epigrafe a
carico  di  Imami  Aissan, nato a Beni Mellal (Marocco) il 3 novembre
1979,  sedicente,  domiciliato  in San Dona' di Piave, via Ancellotto
n. 22;
    Preso   atto   delle  richieste  del  pubblico  ministero  e  del
difensore;
    Ritenuto  che,  come  puo'  desumersi  dall'esame  del verbale di
arresto e degli altri atti della polizia giudiziaria che l'arresto di
Imami  Aissan  e'  avvenuto nelle condizioni di legge nella flagranza
del reato di cui all'art. 14 comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998.
    Considerato  infatti  che sono stati osservati i termini previsti
dagli artt. 386, comma 3 e 390, comma 1 c.p.p.;
        che  per  il  reato  di  cui  sopra l'arresto in flagranza e'
obbligatorio   ai   sensi  dell'art. 14,  comma  5-quinquies,  d.lgs.
n. 286/1998;
    Tanto  premesso,  si  osserva  come  si  siano nel caso di specie
verificati   i   presupposti  richiesti  dalla  legge  per  procedere
all'arresto  in  flagranza; risulta infatti dal verbale di arresto in
data  20 febbraio 2004 che alle ore 00,15 del 20 febbraio 2004 veniva
effettuato  in  Strevi, SS30 reg. Garabello n. 28, da Carabinieri del
N.O.R.  della  Compagnia  di Acqui Terme ordinario controllo relativo
alla circolazione stradale su una automobile Peugeot 106, condotta da
tale Vercellino Pierangelo, a bordo della quale si trovava un giovane
cittadino  extracomunitario,  che asseriva di chiamarsi Imami Aissam,
esibendo  a  conferma  della  sua  identita'  atti  della Questura di
Bergamo,  da  cui  si  desumeva che il 14 febbraio 2004 gli era stato
notificato l'ordine del questore di allontanarsi dal territorio dello
Stato entro 5 giorni.
    Dall'interrogazione  della  banca  dati delle forze di polizia si
aveva   la   conferma   dell'esistenza   a   carico  del  giovane  di
provvedimento  ex art. 14, comma 5-bis del Questore di Bergamo emesso
e  notificato  il  14 febbraio 2004, con cui si ordinava all'Imami di
lasciare il territorio dello Stato, essendo stato emesso da parte del
prefetto   decreto   di  espulsione  e  non  potendosi  eseguire  con
immediatezza  l'espulsione  con  accompagnamento  alla  frontiera  in
quanto  era  necessario  procedere  ad  accertamenti supplementari in
ordine  all'identita/nazionalita'  del  prevenuto,  egli  non  era in
possesso di valido documento per l'espatrio e non risultava possibile
procedere al trattenimento presso un Centro di permanenza temporanea.
    I Carabinieri procedevano quindi all'arresto dell'Imami in quanto
ancora  presente  sul territorio dello Stato, pur essendo, seppure da
pochissimo  tempo, decorso il termine di cinque giorni dalla notifica
dell'ordine del questore.
    Considerato altresi', che sono stati osservati i termini previsti
dagli artt. 386, comma 3 e 390, comma 1 c.p.p.;
        che  per  il  reato di cui sopra e' obbligatorio l'arresto ai
sensi dell'art. 14, comma 5-quinquies d.lgs. n. 286/1998;
        che  la  p.g.  ha  operato  l'arresto  in  base a ragionevole
valutazione  sull'esistenza dei presupposti richiesti dalla legge per
l'arresto,  e che e' stato lo stesso prevenuto a rendere noto tramite
l'esibizione   di  atti  della  Questura  di  Bergamo  di  essere  il
destinatario del provvedimento in oggetto;
    L'arresto  appare  quindi  di  per  se  stesso,  come anticipato,
legittimo   e   quindi   da  convalidare,  considerata  la  normativa
esistente.  Tuttavia  si ritiene di sollevare di ufficio eccezione di
illegittimita'  costituzionale  dell'art. 14, comma 5-quinquies nella
parte  in  cui prevede per il reato di specie l'arresto obbligatorio,
in quanto contrastante con gli artt. 13, 3 e 97 Costituzione.
    Deve   essere,   innanzi   tutto,  ritenuta  la  rilevanza  della
questione,  proprio  perche' sono stati integrati tutti i presupposti
richiesti  dalla  legge  da  un  punto  di  vista sia sostanziale che
processuale  per  la  convalida  dell'arresto, ponendosi la eventuale
illegittimita'  costituzionale  dell'art. 14,  comma 5-quinquies come
unico possibile ostacolo alla convalida; il giudizio di convalida non
puo' dunque essere definito indipendentemente dalla risoluzione della
questione di legittimita' sollevata.
    Si  ritiene altresi' la non manifesta infondatezza dell'eccezione
di  illegittimita'  costituzionale de qua rispetto agli artt. 3 e 13,
97 della Carta costituzionale.
    Deve  premettersi che l'istituto dell'arresto, in quanto mezzo di
coazione  della  liberta'  personale,  di  un  bene  quindi  tutelato
dall'art. 13  Cost.  che  ne  prevede  la comprimibilita' soltanto in
presenza  di atti motivati dell'a.g., con l'adozione di provvedimenti
provvisori da parte della p.g. solo in casi eccezionali di necessita'
ed  urgenza, e' disciplinato dagli artt. 380 e 381 c.p.p.; le ipotesi
previste   da   tali   norme  devono  considerarsi  tassative  e  non
suscettibili  di  estensione  analogica.  Va altresi' rilevato che la
misura  dell'arresto  appare  strettamente  correlata,  per l'insieme
sistematico  della  normativa  di  riferimento,  all'applicazione  di
misure coercitive, e prova di tale assunto si rinviene nell'art. 391,
comma  5  c.p.p.,  che prevede quale sviluppo funzionale della misura
dell'arresto l'eventuale applicazione di misure coercitive; la norma,
nella  parte  seconda, ribadisce ancor di piu' la correlazione fra la
misura  dell'arresto  e quelle coercitive prevedendo che, allorquando
l'arresto   sia   stato   eseguito   per  uno  dei  delitti  previsti
dall'art. 381.2  c.p.p.  ovvero  per  uno  dei delitti per i quali e'
consentito   fuori   dalla  flagranza,  l'applicazione  della  misura
coercitiva  e' disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti
dagli  artt. 274,  comma  1,  lettera  c)  e  280  c.p.p.  Ancora  ne
costituisce  evidente conferma l'art. 121, comma 1 disp. att. c.p.p.,
che   prevede  l'emissione  da  parte  del  p.m.  di  un  decreto  di
liberazione  immediata  dell'arrestato,  quando  non ritenga di dover
richiedere   l'applicazione  di  misure  coercitive.  Tale  complesso
normativo,   coerente   con   se   stesso   e   con  le  disposizioni
costituzionali,    viene   invece   contraddetto   dalle   previsioni
dell'art. 14,  comma  5-quinquies,  che ha introdotto nel sistema una
forma  di  arresto che concreta una restrizione della liberta' fine a
se  stessa,  e quindi irragionevole, con violazione anche dell'art. 3
Costituzione,  dato  che  il  reato  per  cui  si procede, sia per le
previsioni  edittali  (essendo punito con l'arresto da sei mesi ad un
anno)  sia  per  tipologia  (trattandosi  di contravvenzione e non di
delitto),  non  rientra  nelle  ipotesi di applicabiita' delle misure
coercitive.  Vero  e' che, in virtu' dell'art. 121 disp. att. c.p.p.,
puo' essere disposta la liberazione immediata dell'arrestato, ma cio'
comporta  il  ricorso  al  giudice per le indagini preliminari per la
convalida  dell'arresto, oltre che al giudice del dibattimento per la
celebrazione  del  giudizio  per direttissima, rito obbligatoriamente
adottabile  per  il giudizio sempre per l'art. 14, comma 5-quinquies;
il  tutto si traduce in un impiego di mezzi ed energie che appare non
sorretto  da  una  finalita'  processuale  apprezzabile e comunque e'
sempre  possibile  il  sacrificio  seppur  limitato  nel  tempo della
liberta'  personale  rappresentato  da un arresto. E' da sottolineare
poi   che  l'arresto  non  appare  ragionevole  neppure  in  funzione
dell'immediata  espulsione dello straniero; la mancata sottoposizione
alla custodia cautelare in carcere comporta, ai sensi dell'art. 13.3,
d.lgs.  n. 286/1998,  che,  salvo  il  ricorrere  delle  inderogabili
esigenze   processuali   previste   tipicamente  dalla  norma,  venga
rilasciato   da   parte   dell'a.g.   procedente   il   nullaosta  al
provvedimento   di  espulsione,  e  quindi  viene  comunque  attivata
l'esecuzione dell'espulsione ad opera del questore.
    La  norma oggetto della questione sollevata di ufficio non sembra
quindi   sottrarsi,  neppure  sotto  questo  aspetto,  a  profili  di
irragionevolezza  nonche'  di  non  conformita'  al principio di buon
andamento  della  pubblica amministrazione dettati dagli artt. 3 e 97
della Carta costituzionale.
    L'incidente  di  costituzionalita'  deve  quindi essere sollevato
gia'  in questa fase con la sospensione del giudizio di convalida. Ne
consegue  che  non  puo' farsi luogo al giudizio direttissimo, la cui
celebrazione  presuppone  l'avvenuta  convalida  dell'arresto, che in
questo  caso manca in forza della sospensione. Ulteriore conseguenza,
ad  avviso  di  questo giudice, e' la restituzione degli atti al p.m.
affinche'  proceda con rito ordinario, non potendosi sospendere anche
il giudizio direttissimo, non ancora instaurato.