IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza su richiesta di convalida di arresto. Letti gli atti del procedimento penale indicato in epigrafe a carico di Ristovski Dejan, nato a Sasa (Macedonia) il 6 giugno 1979, domiciiato in Strevi, via Alessandria n. 112 per il reato di cui all'art. 14, comma 5-ter d.lgs. n. 286/1998; Preso atto delle richieste del pubblico ministero e del difensore; Ritenuto che, come puo' desumersi dall'esame del verbale di arresto e degli altri atti della polizia giudiziaria che l'arresto del prevenuto e' avvenuto nelle condizioni di legge nella flagranza del reato di cui all'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998. Considerato, che sono stati osservati i termini previsti dagli artt. 386, comma 3 e 390, comma 1 c.p.p., che per il reato di cui sopra l'arresto in flagranza e' obbligatorio ai sensi dell'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998; Tanto premesso, si osserva come si siano nel caso di specie verificati i presupposti richiesti dalla legge per procedere all'arresto in flagranza obbligatorio; risulta dal verbale di arresto e dagli altri atti di p.g. che militari del nucleo operativo della Compagnia dei Carabinieri di Acqui Terme in data 20 maggio 2004 alle ore 19,40 circa fermavano in Strevi Ristovski Dejan, trovato a bordo, quale passeggero, di una autovettura Opel Astra tg. BC 664 YK, insieme a due connazionali, nell'ambito di un normale controllo sulla circolazione stradale. Dalla verifica sul nominativo del Ristovski condotta sulla banca dati - forze di polizia risultava che nei suoi confronti era stato emanato in data 10 marzo 2004 dal prefetto di Alessandria provvedimento di espulsione a cui era susseguito provvedimento del questore di Alessandria ex art. 14, comma 5-bis, d.lgs. n. 286/1998, sempre del 10 marzo 2004, (provvedimenti entrambi notificati il 10 marzo 2004), con il quale si intimava al prevenuto medesimo di lasciare il territorio dello Stato entro cinque giorni dalla relativa notifica. Essendo stato il prevenuto trovato sul territorio dello Stato dopo che il termine in oggetto era decorso, gli operanti procedevano all'arresto obbligatorio ex art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998, in quanto si riteneva la flagranza del reato di cui all'art. 14, comma 5-ter. Considerato altresi', che l'identita' del prevenuto come destinatario del provvedimento e' stata accertata tramite precedenti dattiloscopici; che eventuali considerazioni relative alla legittimita' dei provvedimenti amministrativi difficilmente possono essere svolte dalla p.g. nella fase dell' arresto obbligatorio; che la p.g. ha operato l'arresto in base a ragionevole valutazione sull'esistenza dei presupposti richiesti dalla legge per l'arresto obbligatorio, come richiesto ai fini del vaglio che il giudice deve operare per la convalida, anche perche' non sono emersi ictu oculi elementi relativi alla sussistenza di un giustificato motivo per la mancata ottemperanza all'ordine del questore, per cui l'arresto potesse essere non consentito ai sensi dell'art. 385 c.p.p.; l'arresto appare quindi di per se stesso, come anticipato, legittimo e quindi da convalidare secondo la vigente normativa. Si ritiene pero' di sollevare, sulla richiesta della difesa, eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies nella parte in cui prevede per il reato di specie l'arresto obbligatorio, in quanto contrastante con l'art. 3 Costituzione, ma altresi' con gli artt. 13 e 97. Deve essere, innanzi tutto, ritenuta la rilevanza della questione, proprio perche' sono stati integrati tutti i presupposti richiesti dalla legge da un punto di vista sia sostanziale che processuale per la convalida dell'arresto, ponendosi la eventuale illegittimita' costituzionale dell'art. 14 comma 5-quinquies come unico possibile ostacolo alla convalida; il giudizio di convalida non puo' dunque essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' sollevata. Si ritiene altresi' la non manifesta infondatezza dell'eccezione di illegittimita' costituzionale de qua rispetto agli artt. 3 e 13, 97 della Carta costituzionale. Deve premettersi che l'istituto dell'arresto, in quanto mezzo di coazione della liberta' personale, di un bene quindi tutelato dall'art. 13 Cost. che ne prevede la comprimibilita' soltanto in presenza di atti motivati dell'a.g., con l'adozione di provvedimenti provvisori da parte della p.g. solo in casi eccezionali di necessita' ed urgenza, con necessita' di convalida da parte dell'autorita' giudiziaria entro 48 ore dalla comunicazione, che deve avvenire a sua volta da parte dell'autorita' di pubblica sicurezza entro 48 ore dall'adozione del provvedimento, e' disciplinato dagli artt. 380 e 381 c.p.p.; le ipotesi previste da tali norme devono considerarsi tassative e non suscettibili di estensione analogica. Va altresi' rilevato che la misura dell'arresto appare strettamente correlata, per l'insieme sistematico della normativa di riferimento, all'applicazione di misure coercitive, e prova di tale assunto si rinviene nell'art. 391, comma 5 c.p.p., che prevede quale sviluppo funzionale della misura dell'arresto l'eventuale applicazione di misure coercitive; la norma, nella parte seconda, ribadisce ancor di piu' la correlazione fra la misura dell'arresto e quelle coercitive prevedendo che, allorquando l'arresto sia stato eseguito per uno dei delitti previsti dall'art. 381, comma 2 c.p.p. ovvero per uno dei delitti per i quali e' consentito fuori dalla flagranza, l'applicazione della misura coercitiva e' disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dagli artt. 274, comma 1, lettera c) e 280 c.p.p. Ancora ne costituisce evidente conferma l'art. 121, comma 1 disp. att. c.p.p., che prevede l'emissione da parte del p.m. di un decreto di liberazione immediata dell'arrestato, quando non ritenga di dover richiedere l'applicazione di misure coercitive. Tale complesso normativo, coerente con se stesso e con le disposizioni costituzionali, viene invece contraddetto dalle previsioni dell'art. 14, comma 5-quinquies, che ha introdotto nel sistema una forma di arresto che concreta una restrizione della liberta' fine a se stessa, e quindi irragionevole, con violazione anche dell'art. 3 della Costituzione, dato che il reato per cui si procede, sia per le previsioni edittali (essendo punito con l'arresto da sei mesi ad un anno) sia per tipologia (trattandosi di contravvenzione e non di delitto), non rientra nelle ipotesi di applicabiita' delle misure coercitive. Vero e' che, in virtu' dell'art. 121 disp. att. c.p.p., puo' essere disposta la liberazione immediata dell'arrestato, ma cio' comporta il ricorso al giudice per le indagini preliminari per la convalida dell'arresto, oltre che al giudice del dibattimento per la celebrazione del giudizio per direttissima, rito obbligatoriamente adottabile per il giudizio sempre per l'art. 14, comma 5-quinquies; il tutto si traduce in un impiego di mezzi ed energie che appare non sorretto da una finalita' processuale apprezzabile e comunque e' sempre possibile il sacrificio seppur limitato nel tempo della liberta' personale rappresentato da un arresto. Del resto la norma in oggetto sembra conferire alla polizia giudiziaria un potere autonomo di coercizione della liberta' personale, superiore a quello di cui dispone l'autorita' giudiziaria, che non potrebbe appunto applicare misure cautelari per la fattispecie di cui all'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998, laddove dal sistema, a partire dallo stesso art. 13 Cost., emerge che l'operato della polizia giudiziaria puo' considerarsi solo una mera anticipazione dell'attivita' dell'autorita' giudiziaria, chiamata in tempi molto brevi a effettuare le proprie valutazioni in merito alla legittimita' del suddetto operato. Si richiamano a proposito, oltre all'art. 13 Cost., le norme processuali ordinarie di cui agli artt. 386, 389, 121 disp. att. c.p.p. L'art. 386 c.p.p. impone infatti al comma 1 che la polizia giudiziaria dia immediata notizia al pubblico ministero dell'arresto, al comma 3 che l'arrestato sia posto a disposizione del pubblico ministero al piu' presto e comunque non oltre 24 ore dall'arresto, a pena di inefficacia dell'arresto medesimo (art. 386 c.p.p. ultimo comma); il pubblico ministero puo' inoltre sindacare da subito l'operato della polizia giudiziaria sotto il profilo della legittimita' disponendo l'immediata liberazione della persona che sia stata arrestata fuori dei casi consentiti (art. 389 c.p.p.) e sotto il profilo dell'insussistenza delle esigenze cautelari puo' disporre l'immediata liberazione dell'arrestato (art. 121 disp. att. c.p.p.). Ne emerge appunto un sistema di norme che tende a riservare alla sola autorita' giudiziaria in via ordinaria il potere di limitare la liberta' personale, eccettuati i provvedimenti provvisori adottabili dalla polizia giudiziaria in casi eccezionali di necessita' e di urgenza, mentre nell'ipotesi dell'arresto obbligatorio di cui all'art. 14, comma 5-quinquies la sola polizia giudiziaria puo' limitare tale liberta' anche se sempre con un provvedimento provvisorio, senza che l'autorita' giudiziaria possa fare altro che intervenire a convalidare l'operato della polizia giudiziaria, con limiti molto ristretti data l'obbligatorieta' dell'arresto. E' da sottolineare poi che l'arresto non appare ragionevole neppure in funzione dell'immediata espulsione dello straniero; la mancata sottoposizione alla custodia cautelare in carcere comporta, ai sensi dell'art. 13, comma 3 d.lgs. n. 286/1998, che, salvo il ricorrere delle inderogabili esigenze processuali previste tipicamente dalla norma, venga rilasciato da parte dell'a.g. procedente il nullaosta al provvedimento di espulsione, e quindi viene comunque attivata l'esecuzione dell'espulsione ad opera del questore. Infatti l'art. 14, comma 5-ter prevede che si abbia accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica nel caso che sia integrato il reato previsto dalla stessa norma, e 1'art. 14, comma 5-quinquies stabilisce invece che per assicurare l'esecuzione dell'espulsione il questore possa disporre i provvedimenti di cui al comma 1 dello stesso articolo e quindi la collocazione in un centro di permanenza temporanea e assistenza. Il legislatore ha quindi affidato ad istituti diversi dall'arresto l'effettivita' dell'espulsione dello straniero, dovendosi quindi, come premesso, ravvisare l'inutilita' dell'arresto obbligatorio anche sotto questo profilo. La norma oggetto della questione sollevata dalla difesa non sembra quindi sottrarsi, neppure sotto questo aspetto, a profili di irragionevolezza nonche' di non conformita' al principio di buon andamento della pubblica amministrazione dettati dagli artt. 3 e 97 della Carta costituzionale. Del resto, sotto il profilo della ragionevolezza, non appare giustificabile neanche il fatto che l'art. 13, comma 13-ter del d.lgs. n. 286/1998 non preveda l'arresto obbligatorio per le piu' gravi fattispecie di reingresso nel territorio dello Stato italiano a seguito di espulsione amministrativa senza autorizzazione del Ministro dell'interno (art. 13, comma 13), a seguito di espulsione disposta dal giudice e di reingresso dello straniero gia' denunciato per il reato di cui al comma 13 (art. 13, comma 13-bis). L'incidente di costituzionalita' deve quindi essere sollevato gia' in questa fase con la sospensione del giudizio di convalida; si fa luogo quindi all'immediata liberazione dell'arrestato. Ne consegue che non puo' farsi luogo al giudizio direttissimo, la cui celebrazione presuppone l'avvenuta convalida dell'arresto, che in questo caso manca in forza della sospensione. Ulteriore conseguenza, ad avviso di questo giudice, e' la restituzione degli atti al p.m. affinche' proceda con rito ordinario, non potendosi sospendere anche il giudizio direttissimo, non ancora instaurato.