IL TRIBUNALE

    Ha  emesso  la  seguente  ordinanza  su richiesta di convalida di
arresto.
    Letti  gli  atti  del  procedimento penale indicato in epigrafe a
carico  di: Spavevski Marjan, nato a Delcevo (Macedonia) il 10 maggio
1984,  domiciliato in Ricaldone, Cascina Mezzane n. 4 per il reato di
cui all'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998;
    Preso   atto   delle  richieste  del  pubblico  ministero  e  del
difensore;
    Ritenuto  che,  come  puo'  desumersi  dall'esame  del verbale di
arresto  e  degli  altri atti della polizia giudiziaria che l'arresto
del  prevenuto  e' avvenuto nelle condizioni di legge nella flagranza
del reato di cui all'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998;
    Considerato  che  sono  stati  osservati i termini previsti dagli
artt. 386, 390, 558 c.p.p.;
        che  per  il  reato  di  cui  sopra l'arresto in flagranza e'
obbligatorio   ai   sensi  dell'art. 14,  comma  5-quinquies,  d.lgs.
n. 286/1998;
    Tanto  premesso,  si  osserva  come  si  siano nel caso di specie
verificati   i   presupposti  richiesti  dalla  legge  per  procedere
all'arresto in flagranza obbligatorio; risulta dal verbale di arresto
e  dagli  altri  atti di p.g. che militari del nucleo operativo della
Compagnia  dei  Carabinieri di Acqui Terme in data 6 giugno 2004 alle
ore  20  circa  operavano in Strevi un controllo su Spasevski Marjan,
nell'ambito  di  un  altro  controllo operato su un connazionale, che
risultava  non  avere  documenti  sulla  propria persona e che veniva
accompagnato   dagli  operanti  presso  il  domicilio,  indicato  nel
medesimo  alloggio  sito in via Alessandria, 112, piano IV, in Strevi
dove  veniva  reperito lo Spasevski, con altro connazionale anch'egli
privo  di  documenti.  Dalla  verifica sul nominativo dello Spasevski
condotta  sulla  banca  dati  forze di polizia risultava che nei suoi
confronti  era  stato emanato in data 21 ottobre 2003 dal Prefetto di
Alessandria   provvedimento   di  espulsione  a  cui  era  susseguito
provvedimento  del  questore  di Alessandria ex art. 14, comma 5-bis,
d.lgs.   n. 286/1998,  sempre  del  21 ottobre  2003,  (provvedimenti
entrambi  notificati il 21 ottobre 2003), con il quale si intimava al
prevenuto medesimo di lasciare il territorio dello Stato entro cinque
giorni  dalla  relativa  notifica. Essendo stato il prevenuto trovato
sul  territorio  dello  Stato  dopo  che  il  termine  in oggetto era
decorso,   gli   operanti  procedevano  all'arresto  obbligatorio  ex
art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998, in quanto si riteneva
la flagranza del reato di cui all'art. 14, comma 5-ter.
    Considerato  altresi'  che eventuali considerazioni relative alla
legittimita'  dei  provvedimenti  amministrativi  non  possono essere
svolte  dalla  p.g.  nella  fase  dell'arresto obbligatorio, anche in
relazione  alle lingue adoperata negli atti e alla conoscenza di esse
da  parte  del  destinatario  agli  effetti  del  rispetto  di quanto
prescritto dall'art. 13, comma 7, d.lgs. n. 286/1998;
        che  la  p.g.  ha  operato  l'arresto  in  base a ragionevole
valutazione  sull'esistenza dei presupposti richiesti dalla legge per
l'arresto  obbligatorio,  come  richiesto  ai  fini del vaglio che il
giudice  deve operare per la convalida, anche perche' non sono emersi
ictu  oculi  elementi  relativi  alla  sussistenza di un giustificato
motivo  per  la mancata ottemperanza all'ordine del questore, per cui
l'arresto  potesse  essere  non  consentito  ai  sensi  dell'art. 385
c.p.p.;
    L'arresto  appare  quindi  di  per  se  stesso,  come anticipato,
legittimo e quindi da convalidare secondo la vigente normativa.
    Si  ritiene  pero'  di  sollevare,  sulla richiesta della difesa,
eccezione   di   illegittimita'  costituzionale  dell'art. 14,  comma
5-quinquies  nella  parte  in  cui  prevede  per  il  reato di specie
l'arresto   obbligatorio,   in   quanto   contrastante  con  l'art. 3
Costituzione ma altresi' con gli artt. 13 e 97.
    Deve   essere,   innanzi   tutto,  ritenuta  la  rilevanza  della
questione,  proprio  perche' sono stati integrati tutti i presupposti
richiesti  dalla  legge  da  un  punto  di  vista sia sostanziale che
processuale  per  la  convalida  dell'arresto, ponendosi la eventuale
illegittimita'  costituzionale  dell'art. 14,  comma 5-quinquies come
unico possibile ostacolo alla convalida; il giudizio di convalida non
puo' dunque essere definito indipendentemente dalla risoluzione della
questione di legittimita' sollevata.
    Si  ritiene altresi' la non manifesta infondatezza dell'eccezione
di  illegittimita'  costituzionale de qua rispetto agli artt. 3 e 13,
97 della Carta costituzionale.
    Deve  premettersi che l'istituto dell'arresto, in quanto mezzo di
coazione  della  liberta'  personale,  di  un  bene  quindi  tutelato
dall'art. 13  Cost.  che  ne  prevede  la comprimibilita' soltanto in
presenza  di atti motivati dell'a.g., con l'adozione di provvedimenti
provvisori da parte della p.g. solo in casi eccezionali di necessita'
ed  urgenza,  con  necessita'  di  convalida  da parte dell'autorita'
giudiziaria entro 48 ore dalla comunicazione, che deve avvenire a sua
volta  da  parte  dell'autorita'  di  pubblica sicurezza entro 48 ore
dall'adozione  del  provvedimento,  e' disciplinato dagli artt. 380 e
381  c.p.p.;  le  ipotesi  previste da tali norme devono considerarsi
tassative e non suscettibili di estensione analogica.
    Va   altresi'   rilevato   che   la  misura  dell'arresto  appare
strettamente  correlata, per l'insieme sistematico della normativa di
riferimento,  all'applicazione  di misure coercitive, e prova di tale
assunto  si rinviene nell'art. 391, comma 5 c.p.p., che prevede quale
sviluppo    funzionale    della   misura   dell'arresto   l'eventuale
applicazione  di  misure  coercitive;  la norma, nella parte seconda,
ribadisce  ancor di piu' la correlazione fra la misura dell'arresto e
quelle  coercitive  prevedendo  che,  allorquando l'arresto sia stato
eseguito  per  uno dei delitti previsti dall'art. 381, comma 2 c.p.p.
ovvero  per  uno  dei  delitti  per i quali e' consentito fuori dalla
flagranza,  l'applicazione  della misura coercitiva e' disposta anche
al  di  fuori  dei  limiti di pena previsti dagli artt. 274, comma 1,
lett.  c)  e  280  c.p.p.  Ancora  ne  costituisce  evidente conferma
l'art. 121,  comma  1,  disp. att. c.p.p., che prevede l'emissione da
parte del p.m. di un decreto di liberazione immediata dell'arrestato,
quando  non  ritenga  di  dover  richiedere  l'applicazione di misure
coercitive. Tale complesso normativo, coerente con se stesso e con le
disposizioni   costituzionali,   viene   invece   contraddetto  dalle
previsioni  dell'art. 14,  comma  5-quinquies,  che ha introdotto nel
sistema  una  forma  di  arresto  che  concreta una restrizione della
liberta'  fine  a  se  stessa, e quindi irragionevole, con violazione
anche  dell'art. 3  della  Costituzione, dato che il reato per cui si
procede, sia per le previsioni edittali (essendo punito con l'arresto
da   sei   mesi  ad  un  anno)  sia  per  tipologia  (trattandosi  di
contravvenzione  e  non  di  delitto),  non  rientra nelle ipotesi di
applicabilita'  delle  misure  coercitive.  Vero  e'  che,  in virtu'
dell'art. 121  disp. att. c.p.p., puo' essere disposta la liberazione
immediata  dell'arrestato, ma cio' comporta il ricorso al giudice per
le  indagini  preliminari per la convalida dell'arresto, oltre che al
giudice  del  dibattimento  per  la  celebrazione  del  giudizio  per
direttissima,  rito  obbligatoriamente  adottabile  per  il  giudizio
sempre  per  l'art. 14,  comma 5-quinquies; il tutto si traduce in un
impiego  di mezzi ed energie che appare non sorretto da una finalita'
processuale apprezzabile e comunque e' sempre possibile il sacrificio
seppur  limitato  nel tempo della liberta' personale rappresentato da
un arresto.
    Del  resto  la  norma  in  oggetto  sembra conferire alla polizia
giudiziaria   un   potere  autonomo  di  coercizione  della  liberta'
personale, superiore a quello di cui dispone l'autorita' giudiziaria,
che   non   potrebbe   appunto  applicare  misure  cautelari  per  la
fattispecie  di  cui  all'ar. 14,  comma  5-ter,  d.lgs. n. 286/1998,
laddove dal sistema, a partire dallo stesso art. 13 Cost., emerge che
l'operato  della  polizia giudiziaria puo' considerarsi solo una mera
anticipazione  dell'attivita' dell'autorita' giudiziaria, chiamata in
tempi  molto brevi a effettuare le proprie valutazioni in merito alla
legittimita'  del  suddetto operato. Si richiamano a proposito, oltre
all'art. 13  Cost.,  le  norme  processuali  ordinarie  di  cui  agli
artt. 386,  389,  121  disp.  att.  c.p.p.  L'art. 386  c.p.p. impone
infatti  al  comma 1 che la polizia giudiziaria dia immediata notizia
al  pubblico  ministero  dell'arresto, al comma 3 che l'arrestato sia
posto a disposizione del pubblico ministero al piu' presto e comunque
non  oltre  24  ore  dall'arresto, a pena di inefficacia dell'arresto
medesimo  (art. 386  c.p.p. ultimo comma); il pubblico ministero puo'
inoltre sindacare da subito l'operato della polizia giudiziaria sotto
il  profilo  della  legittimita'  disponendo  l'immediata liberazione
della  persona  che  sia  stata  arrestata  fuori dei casi consentiti
(art. 389   c.p.p.)  e  sotto  il  profilo  dell'insussistenza  delle
esigenze    cautelari    puo'    disporre   l'immediata   liberazione
dell'arrestato  (art. 121  disp.  att.  c.p.p.). Ne emerge appunto un
sistema   di   norme  che  tende  a  riservare  alla  sola  autorita'
giudiziaria  in  via  ordinaria  il  potere  di  limitare la liberta'
personale,  eccettuati  i  provvedimenti  provvisori adottabili dalla
polizia  giudiziaria  in casi eccezionali di necessita' e di urgenza,
mentre  nell'ipotesi  dell'arresto  obbligatorio  di cui all'art. 14,
comma  5-quinquies  la  sola  polizia  giudiziaria puo' limitare tale
liberta'  anche se sempre con un provvedimento provvisorio, senza che
l'autorita'   giudiziaria   possa   fare   altro  che  intervenire  a
convalidare  l'operato  della  polizia  giudiziaria, con limiti molto
ristretti data l'obbligatorieta' dell'arresto.
    E'  da  sottolineare  poi  che  l'arresto  non appare ragionevole
neppure  in funzione  dell'immediata  espulsione  dello straniero; la
mancata  sottoposizione  alla custodia cautelare in carcere comporta,
ai  sensi  dell'art. 13,  comma 3,  d.lgs. n. 286/1998, che, salvo il
ricorrere    delle   inderogabili   esigenze   processuali   previste
tipicamente   dalla   norma,  venga  rilasciato  da  parte  dell'a.g.
procedente  il  nullaosta  al  provvedimento  di espulsione, e quindi
viene  comunque  attivata  l'esecuzione  dell'espulsione ad opera del
questore.  Infatti  l'art. 14,  comma  5-ter  prevede  che  si  abbia
accompagnamento  alla frontiera a mezzo della forza pubblica nel caso
che  sia integrato il reato previsto dalla stessa norma, e l'art. 14,
comma  5-quinquies  stabilisce invece che per assicurare l'esecuzione
dell'espulsione  il questore possa disporre i provvedimenti di cui al
comma  1  dello stesso articolo e quindi la collocazione in un centro
di  permanenza  temporanea  e  assistenza.  Il  legislatore ha quindi
affidato    ad    istituti    diversi   dall'arresto   l'effettivita'
dell'espulsione  dello  straniero,  dovendosi  quindi, come premesso,
ravvisare  l'inutilita'  dell'arresto obbligatorio anche sotto questo
profilo.
    La  norma  oggetto  della  questione  sollevata  dalla difesa non
sembra  quindi  sottrarsi, neppure sotto questo aspetto, a profili di
irragionevolezza  nonche'  di  non  conformita'  al principio di buon
andamento  della  pubblica amministrazione dettati dagli artt. 3 e 97
della  Carta  costituzionale.  Del  resto,  sotto  il  profilo  della
ragionevolezza,  non  appare  giustificabile  neanche  il  fatto  che
l'art. 13, comma 13-ter, del d.lgs. n. 286/1998 non preveda l'arresto
obbligatorio   per  le  piu'  gravi  fattispecie  di  reingresso  nel
territorio   dello   Stato   italiano   a   seguito   di   espulsione
amministrativa   senza   autorizzazione   del  Ministro  dell'interno
(art. 13,  comma  13), a seguito di espulsione disposta dal giudice e
di  reingresso dello straniero gia' denunciato per il reato di cui al
comma 13 (art. 13, comma 13-bis).
    L'incidente  di  costituzionalita'  deve  quindi essere sollevato
gia'  in questa fase con la sospensione del giudizio di convalida. Ne
consegue  che  non  puo' farsi luogo al giudizio direttissimo, la cui
celebrazione  presuppone  l'avvenuta  convalida  dell'arresto, che in
questo  caso manca in forza della sospensione. Ulteriore conseguenza,
ad  avviso  di  questo giudice, e' la restituzione degli atti al p.m.
affinche'  proceda con rito ordinario, non potendosi sospendere anche
il giudizio direttissimo, non ancora instaurato.