IL TRIBUNALE

    All'esito  della  udienza  di  convalida dell'arresto di: Slanina
Vasile,  nato  a  Moldavia  il  30  ottobre 1975, senza fissa dimora,
difeso  di  ufficio  dall'avv.  Alberto Crosetto del foro di Saluzzo,
indagato  per  il  reato  di  cui  all'art. 14,  comma  5-ter, d.lgs.
n. 286/1998  come  modificato  dall'art. 13,  legge  n. 189/2000  per
essersi  trattenuto,  senza giustificato motivo, nel territorio dello
Stato   in   violazione  dell'ordine  di  abbandonare  il  territorio
nazionale emesso dal Questore di Torino il 27 settembre 2003 ai sensi
dell'art. 14,  comma  5-bis,  d.lgs.  n. 286/1998  e notificatogli lo
stesso  27  settembre 2003; accertato in Barge il 14 ottobre 2003, ha
pronunciato la seguente ordinanza.
    Alle  ore  8,20  del  giorno  14  ottobre  2003 una pattuglia dei
Carabinieri  di  Barge  procedeva all'arresto di Slanina Vasile nella
flagranza del reato sopra rubricato; a seguito di controllo, infatti,
si  accertava che il predetto era destinatario di ordine del Questore
di Torino del 27 settembre 2003 di lasciare il territorio dello Stato
ai  sensi  dell'art. 14, comma 5-bis. Il pubblico ministero disponeva
che  l'arrestato  fosse  condotto  avanti al giudice per la convalida
dell'arresto ed il contestuale giudizio direttissimo per il giorno 14
ottobre 2003.
    Dubita  il  giudice  scrivente  di  poter  convalidare  l'arresto
perche'   ritiene   che   il   disposto  di  cui  all'art. 14,  comma
5-quinquies,   d.lgs.   n. 286/1998   (come  modificato  dalla  legge
n. 189/2002) si ponga in conflitto con alcune norme costituzionali.
    Violazione dell'art. 3 della Costituzione.
    Nel  nostro  ordinamento  l'arresto  obbligatorio in flagranza di
reato   e'  previsto  dall'art. 380  c.p.p.  in  correlazione  a  due
categorie  di reati: a) genericamente per tutti i delitti per i quali
la  legge  stabilisce  la pena dell'ergastolo ovvero della reclusione
non  inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a venti; b) per
una  serie  di  reati  specificamente  elencati  i quali, pur essendo
puniti  con  una pena detentiva inferiore, sono manifestazione, nella
valutazione  del  legislatore, di una spiccata pericolosita' sociale.
Puo'   dunque   affermarsi   che  l'obbligatorieta'  dell'arresto  e'
correlata  a  reati  che  hanno  natura  di  delitti  (e  quindi sono
caratterizzati    dall'elemento   psicologico   del   dolo)   e   che
rappresentano un grave attentato ai valori e agli interessi giuridici
sociali.
    L'art. 14,  coma 5-quinques, d.lgs. n. 286/1998 (dopo la modifica
apportata   dalla   legge   n.189/2002)   ha   introdotto   l'arresto
obbligatorio per un reato che:
        nella  stessa  valutazione  del  legislatore  e'  di  modesta
gravita', tanto da essere punito con l'arresto da sei mesi a un anno;
        e' un reato contravvenzionale, punito pertanto anche a titolo
di mera colpa.
    Queste    due    caratteristiche   allontanano   la   fattispecie
incriminatrice  in  esame  da  tutte le altre ipotesi per le quali e'
stabilito   l'arresto   obbligatorio,   avvicinandola   invece   alle
numerosissime  contravvenzioni  per  le  quali  e'  escluso  non solo
l'obbligo,   ma   anche  la  facolta'  di  procedere  all'arresto  in
flagranza.
    E'  dunque  indubitabile  che  la norma in oggetto introduca, per
l'autore  del  reato  di cui all'art. 14, comma 5-ter, un trattamento
diverso  -  e  ben piu' afflittivo - da quello previsto per tutti gli
altri autori di reati contravvenzionali anche piu' gravi, equiparando
invece  la  sua  posizione  processuale  e sostanziale a quella degli
autori   di  gravi  delitti  contemplati  dall'art. 380  c.p.p.  Tale
disparita'  di  trattamento  risulta inoltre confermata dal confronto
della   norma   incriminata   con  l'altra  ipotesi  di  arresto  per
contravvenzione  introdotto dalla legge n. 189/2002; l'art. 13, comma
13  punisce  con  la medesima pena (arresto da sei mesi a un anno) lo
straniero   espulso  che  trasgredisca  aldivieto  di  rientrare  nel
territorio  dello  Stato  in  difetto  di speciale autorizzazione del
Ministro  dell'interno;  ebbene, in questo caso, caratterizzato da un
piu'  forte  elemento  soggettivo  e  punito con la medesima sanzione
penale, l'arresto e' soltanto facoltativo.
    Se  dunque  e' vero che spetta al legislatore stabilire i casi in
cui    e'   imprescindibile   incidere   sulla   liberta'   personale
dell'imputato,  e'  ugualmente  vero  che la nuova ipotesi di arresto
obbligatorio  in  flagranza  rappresenta  un  elemento di rottura del
sistema  normativo  che  si ritiene debba conservare una sua coerenza
intrinseca  al  fine  di salvaguardare il principio costituzionale di
eguaglianza   che   esige   un  trattamento  non  discriminatorio  di
situazioni omogenee.
    Violazione dell'art. 13, terzo comma della Costituzione.
    Poiche'  la  previsione  dell'arresto  obbligatorio  in flagranza
incide,  comprimendola, la liberta' personale di un individuo, la sua
legittimita'  e' corretto vada confrontata anche e soprattutto con la
disposizione  costituzionale  che  detta  i  parametri  da rispettare
nell'adozione di provvedimenti provvisori in tema appunto di liberta'
personale.
    Con  la  disposizione  di  cui  all'art. 13,  terzo  comma, si e'
dettato  un  preciso  e  chiarissimo limite alla discrezionalita' del
legislatore  ordinario,  stabilendo  che l'intervento degli organi di
p.s.  sia  giustificato  dalla  ricorrenza  di  «casi  eccezionali di
necessita' ed urgenza».
    Orbene,  l'arresto  obbligatorio  in  flagranza  del reato di cui
all'art. 14,  comma  5-ter, tenuto conto della complessiva disciplina
processuale  e  sostanziale,  si  presenta  non  solo  estraneo  alla
categoria  dei  «casi  eccezionali  di necessita' ed urgenza», ma del
tutto inutile.
    E'  indubitabile  che  l'istituto  dell'arresto  in  flagranza e'
caratterizzato  da una evidente finalita' anticipatoria degli effetti
della  applicazione,  da  parte  del giudice, di una misura cautelare
coercitiva:  cio'  emerge  con  chiarezza dal disposto dell'art. 391,
comma 5 c.p.p. che consente al giudice della convalida l'applicazione
di  misure  coercitive  anche al di fuori dei limiti di pena previsti
dagli  artt. 274,  comma 1, lett. c) e 280 c.p.p. Orbene, nel caso in
esame  questa  finalita'  difetta del tutto: non vi e' infatti alcuna
norma  che  consenta  al  giudice, dopo la convalida dell'arresto, di
applicare  una  misura  cautelare;  dunque,  il sistema delineato dal
legislatore   comporta  che  all'arresto  obbligatorio  in  flagranza
consegue necessariamente la liberazione dell'arrestato o da parte del
g.i.p.  all'esito della fase di convalida dell'arresto oppure, ancora
prima,  dal  pubblico  ministero  ai  sensi  dell'art. 121 disp. att.
c.p.p., come avvenuto doverosamente nel caso di specie.
    L'utilita' dell'arresto in flagranza in tali ipotesi di reato non
puo' essere giustificato altrimenti:
        non  con  la  esigenza di procedere immediatamente a giudizio
direttissimo:   la   previsione  di  un  processo  rapido  nel  quale
all'arresto   segua   il   processo,   la  condanna,  l'espulsione  e
l'accompagnamento  alla  frontiera  e'  incompatibile  con il sistema
processuale   che  consente  all'arrestato,  dopo  la  convalida,  di
ottenere  un  termine  a  difesa e gli da' diritto di lasciare l'aula
libero  nella  persona  e di presentare nelle successive udienze ogni
prova  a  sostegno  della  sussistenza di un giustificato motivo alla
inottemperanza   all'ordine  del  questore;  per  altro  verso,  deve
evidenziarsi  che  non e' necessario l'arresto in flagranza per poter
procedere   con   il   rito  direttissimo,  essendo  sufficiente  una
situazione   di  particolare  evidenza  della  prova  (art. 449,  450
c.p.p.).
        non  con  l'esigenza di garantire con l'arresto la successiva
esecuzione  della  espulsione  con  accompagnamento  alla  frontiera:
premesso   infatti   che   l'autorita'  amministrativa  puo'  sempre,
autonomamente  dalla  autorita'  giudiziaria,  eseguire  l'espulsione
coattivamente   e   che  puo'  fare  affidamento  su  un  periodo  di
complessivi  60  giorni  per risolvere le difficolta' pratiche che si
interpongano  alla  esecuzione  coattiva, e' evidentemente utopistico
pensare  che  l'arresto  in  flagranza  faciliti  la procedura: se la
polizia  e' in grado di eseguire l'espulsione al momento dell'arresto
dello  straniero  la miglior soluzione sarebbe eseguirla subito senza
dover  mettere  l'arrestato a disposizione del p.m. e del giudice; se
non  e'  in  grado per difficolta' oggettive di procedervi al momento
dell'arresto certamente non lo sara' neppure dopo 48 ore.
    In  conclusione  ritiene  il remittente che non siano ravvisabili
nella  fattispecie  in  esame gli estremi costituzionalmente previsti
per una limitazione della liberta' personale, dimostrandosi l'arresto
in  flagranza una previsione sostanzialmente inutile perche' priva di
finalita'   processuali   e  sostanziali  e  non  giustificata  dalla
ricorrenza di un caso eccezionale di necessita' o urgenza.
    Poiche'  la  convalida  dell'arresto  non  puo'  avere  luogo nei
termini  perentori  stabiliti  dalla legge, l'arrestata dovra' essere
immediatamente   liberata   se  non  detenuta  per  altra  causa.  La
liberazione  non  fa peraltro venire meno l'utilita' di una pronuncia
della  Corte  costituzionale  sulla  questione  sopra esposta perche'
permane la sua rilevanza ai fini dell'accertamento della legittimita'
dell'operato della p.g. e della conseguente convalida dell'arresto.