ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi  di legittimita' costituzionale dell'art. 24 della legge
27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale  e  pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2003) e della
legge   1° agosto   2003,   n. 212   (Conversione   in   legge,   con
modificazioni,  del  decreto-legge  24  giugno 2003,  n. 143, recante
disposizioni  urgenti in tema di versamento e riscossione tributi, di
Fondazioni  bancarie e di gare indette da CONSIP S.p.a.), nella parte
in  cui  apporta  modificazioni  all'art. 24  della legge 27 dicembre
2002,  n. 289,  promossi  con  i ricorsi della Regione Toscana, della
Regione  Piemonte,  della  Regione  Valle  d'Aosta,  della  Provincia
autonoma   di   Bolzano,   della   Regione   Umbria,   della  Regione
Emilia-Romagna,  della  Regione Veneto e della Regione Valle d'Aosta,
notificati  il  25,  il  26  ed  il  28  febbraio,  il 1° marzo ed il
10 ottobre  2003,  depositati  in cancelleria il 5 e il 7 marzo ed il
18 ottobre  2003  ed  iscritti ai nn. 15, 18, 19, 20, 22, 25, 26 e 73
del registro ricorsi 2003.
    Visti  gli  atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  28 settembre  2004 il giudice
relatore Paolo Maddalena;
    Uditi  gli  avvocati  Lucia Bora e Fabio Lorenzoni per la Regione
Toscana,  Gabriele  Pafundi  per  la  Regione  Piemonte,  Giuseppe F.
Ferrari  per  la  Regione Valle d'Aosta, Roland Riz e Sergio Panunzio
per  la  Provincia  autonoma  di  Bolzano,  Giovanni Tarantini per la
Regione  Umbria,  Giandomenico  Falcon,  Franco Mastragostino e Luigi
Manzi  per  la Regione Emilia-Romagna, Mario Bertolissi e Luigi Manzi
per  la  Regione  Veneto,  Giuseppe  F.  Ferrari per la Regione Valle
d'Aosta  e  gli avvocati dello Stato Giancarlo Mando' e Franco Favara
per il Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Le  Regioni  Toscana,  Piemonte,  Valle  d'Aosta,  Umbria,
Emilia-Romagna  e  Veneto  e  la  Provincia  autonoma di Bolzano, con
distinti ricorsi (rispettivamente iscritti ai nn. 15, 18, 19, 22, 25,
26  e  20 del registro ricorsi del 2003), hanno proposto questione di
legittimita'  costituzionale  di  numerose  disposizioni  della legge
27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale  e  pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2003), e, tra
queste,  dell'art. 24, nella sua interezza, o di alcuni commi di tale
articolo,  lamentando,  sotto  vari profili, la lesione della propria
competenza legislativa.
    1.1.  -  L'articolo  impugnato, concernente l'«acquisto di beni e
servizi»,  al  comma 1,  «per  ragioni di trasparenza e concorrenza»,
impone   alle   amministrazioni  aggiudicatrici  -  come  individuate
nell'art. 1  del  decreto  legislativo  24 luglio 1992, n. 358 (Testo
unico delle disposizioni in materia di appalti pubblici di forniture,
in attuazione delle direttive nn. 77/62/CEE, 80/767/CEE e 88/295/CEE)
e   nell'art. 2   del   decreto  legislativo  17 marzo  1995,  n. 157
(Attuazione  della direttiva 92/50/CEE in materia di appalti pubblici
di  servizi)  - l'utilizzazione, per l'aggiudicazione delle pubbliche
forniture e degli appalti di pubblici servizi, di «procedure aperte o
ristrette,  con  le  modalita'  previste dalla normativa nazionale di
recepimento  della normativa comunitaria», anche quando il valore del
contratto  e'  inferiore alla c.d. soglia comunitaria, ma superiore a
50.000  euro,  fatta  salva  la  disciplina dettata per l'affidamento
degli incarichi di progettazione dalla legge 11 febbraio 1994, n. 109
(Legge  quadro in materia di lavori pubblici). Il comma 2 completa la
regola  escludendo  da  tale  obbligo:  a)  i  comuni con popolazione
inferiore  a  5.000  abitanti;  b)  le  amministrazioni  che facciano
ricorso  alle  convenzioni  quadro  definite dalla CONSIP s.p.a. - ai
sensi   degli   artt. 26   della   legge   23 dicembre  1999,  n. 488
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello  Stato  -  legge  finanziaria 2000), 59 della legge 23 dicembre
2000,  n. 388  (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale  dello  Stato - legge finanziaria 2001), e 32 della legge
28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale  e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2002) - ovvero
al   mercato   elettronico  della  pubblica  amministrazione;  c)  le
cooperative sociali.
    L'art. 24   prevede   inoltre   (comma   3)   l'obbligo   per  le
amministrazioni  centrali  dello  Stato  e  per  gli  «enti  pubblici
istituzionali»  di  utilizzare  le  convenzioni quadro definite dalla
CONSIP  e  impone  agli  enti  locali, qualora intendano procedere ad
acquisti in maniera autonoma, di adottare come base d'asta al ribasso
i prezzi delle convenzioni quadro definite dalla CONSIP.
    La  norma  impugnata,  al  comma 4,  sanziona  con  la nullita' i
contratti stipulati in violazione dell'obbligo di ricorrere alla gara
«comunitaria»  o  dell'obbligo  di  utilizzare  le convenzioni quadro
definite  dalla CONSIP e prevede che delle obbligazioni derivanti dai
medesimi   contratti  risponde  il  dipendente  pubblico  che  li  ha
sottoscritti, che la stipula degli stessi e' causa di responsabilita'
amministrativa  e  che  il  danno  erariale e' valutato tenendo conto
della  differenza  tra  il prezzo previsto dalle convenzioni e quello
indicato nel contratto.
    Il comma 5 limita il ricorso alla trattativa privata, anche nelle
ipotesi in cui la vigente normativa la consenta, a casi eccezionali e
motivati, previo esperimento di una documentata indagine di mercato e
dandone comunicazione alla sezione regionale della Corte dei conti.
    Il  comma 9  dell'articolo  impugnato,  infine,  afferma  che «le
disposizioni  di cui ai commi 1, 2 e 5 costituiscono, per le Regioni,
norme di principio e di coordinamento».
    1.2.  -  La  Regione  Toscana  (reg.  ric.  n. 15  del  2003), in
riferimento  all'art. 24  della  legge  n. 289  del  2002, lamenta la
violazione   dell'art. 117   della   Costituzione,   in   quanto  non
spetterebbe  allo Stato disciplinare la materia delle acquisizioni di
beni  e  servizi  da  parte  delle  Regioni e degli enti dipendenti e
strumentali   delle   stesse,   dovendo   questa  essere,  piuttosto,
ricondotta alla propria generale competenza legislativa residuale (ai
sensi dell'art. 117, quarto comma, della Costituzione).
    La  ricorrente,  richiamato il comma 1 dell'impugnato art. 24, il
quale  indica  a  fondamento  della  norma  «ragioni di trasparenza e
concorrenza»,   nega   anzitutto   che   la  trasparenza  sia  titolo
legittimante  la  potesta'  legislativa dello Stato e sostiene che la
norma  in  questione  non  abbia  a  che  vedere  con la tutela della
concorrenza,  la  quale,  in  senso  proprio,  andrebbe  intesa  come
disciplina dei mercati (normativa antitrust).
    La  Regione,  nel  censurare il carattere dettagliato della norma
impugnata,  denuncia  la  contraddittorieta'  tra  la invocata tutela
della  concorrenza,  la  quale  e'  materia  di  esclusiva competenza
statale,  e  l'affermazione,  contenuta  nel  comma 9, secondo cui le
disposizioni  dei  commi 1, 2 e 5 costituiscono «norme di principio e
coordinamento».
    1.3.  -  La  Regione  Piemonte  (reg.  ric.  n. 18 del 2003), nel
denunciare  l'art. 24  della  legge  n. 289  del  2002,  prospetta la
violazione   degli  articoli 5,  114,  117,  118,  119  e  120  della
Costituzione.
    Anche  la  Regione Piemonte sostiene che la materia dell'acquisto
di  beni  e  servizi,  non  essendo  ricompresa  ne'  tra  quelle  di
competenza   esclusiva   statale   ne'   tra   quelle  di  competenza
concorrente,   ricadrebbe   nella   propria   competenza  legislativa
residuale (art. 117, quarto comma, della Costituzione).
    La  ricorrente  afferma,  in particolare, che l'impugnato art. 24
della  legge  n. 289  del  2002 non potrebbe trovare fondamento nella
lettera e) del secondo comma dell'art. 117 della Costituzione (tutela
della    concorrenza),    in   quanto,   a   parte   la   irrilevanza
dell'autoqualificazione,   la   norma   non  avrebbe  ad  oggetto  la
concorrenza,  anche  se ragioni di concorrenza possono essere ad essa
sottese.  Tuttavia,  per  la  ricorrente,  dovrebbe escludersi che le
sottese  «ragioni di concorrenza» legittimino la potesta' legislativa
statale, giacche' un siffatto e cosi' ampio criterio finirebbe con il
fondare la competenza statale in ogni ambito materiale, in violazione
delle regole di riparto dettate dall'art. 117 della Costituzione.
    La  Regione, inoltre, nega che l'art. 24 della legge 289 del 2002
possa  trovare fondamento nella materia (di legislazione concorrente)
«armonizzazione  dei  bilanci  pubblici e coordinamento della finanza
pubblica  e  del  sistema tributario», sia perche' non sarebbe questo
l'oggetto  specifico della disposizione, sia perche' la norma avrebbe
contenuto   di   dettaglio   e   non   di  principio,  in  violazione
dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione.
    1.4.  -  Per  la Regione Valle d'Aosta (reg. ric. n. 19 del 2003)
l'art. 24  della  legge n. 289 del 2002 violerebbe gli articoli 3, 5,
114,  117,  118  e  119  della  Costituzione  e l'art. 10 della legge
costituzionale  18 ottobre  2001,  n. 3  (Modifiche al titolo V della
parte seconda della Costituzione).
    La   ricorrente,   dopo   avere   ricostruito  il  nuovo  assetto
costituzionale  delle  competenze  legislative risultante dalla legge
costituzionale  n. 3  del 2001, sostiene che la materia degli appalti
pubblici  di  servizi e forniture, non essendo contemplata fra quelle
di  competenza  statale,  esclusiva o concorrente, dovrebbe ritenersi
attribuita alla propria competenza residuale (art. 117, quarto comma,
della  Costituzione,  applicabile alla Regione a statuto speciale per
il disposto dell'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001).
    Anche  la  Regione  Valle  d'Aosta  sottolinea, poi, il carattere
dettagliato  della norma impugnata, che la renderebbe illegittima ove
pure si volesse riconoscere una competenza concorrente dello Stato in
materia.
    1.5.  -  La  Provincia  autonoma  di Bolzano (reg. ric. n. 20 del
2003) prospetta il contrasto dell'art. 24 della legge n. 289 del 2002
con  gli articoli 8, comma 1, numero 1), 9, comma 1, numero 10), e 16
dello  statuto  speciale per il Trentino-Alto Adige, approvato con il
d.P.R.  31 agosto 1972, n. 670, e con le relative norme di attuazione
di  cui  al  d.P.R.  28 marzo 1975, n. 474 (Norme di attuazione dello
statuto  per  la  Regione  Trentino-Alto Adige in materia di igiene e
sanita),  in  particolare  con  l'art. 2,  secondo comma, nonche' con
l'art. 117  della  Costituzione, in relazione all'art. 10 della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
    Ad avviso della Provincia ricorrente, la disciplina dell'acquisto
di beni e servizi da parte delle pubbliche amministrazioni sarebbe da
ricondurre  alla  materia  dell'ordinamento degli uffici, oltre che a
quella, connessa, della contabilita' e del bilancio.
    La  Provincia autonoma richiama, in proposito, la sentenza n. 107
del  1970  di questa Corte, nella quale, con riferimento alla analoga
competenza  esclusiva della Regione Sardegna, si e' affermato che «il
bilancio  e la contabilita' rappresentano mezzi e strumenti giuridici
indispensabili perche' l'ente Regione possa concretamente operare per
il  perseguimento  dei  vari  fini  assegnatigli»  e che «la potesta'
regionale  a  dettare le norme» in materia di contabilita' e bilancio
«rientra  nel  precetto statutario ... relativo all'ordinamento degli
uffici».
    La  ricorrente  afferma  che  lo Stato sarebbe competente, in via
esclusiva,    in    materia   di   «ordinamento   ed   organizzazione
amministrativa  dello Stato e degli enti pubblici nazionali», in base
all'art. 117,  secondo  comma, lettera g), della Costituzione, mentre
la  Provincia sarebbe competente, sempre in via esclusiva, in materia
di  «ordinamento  degli  uffici  provinciali  e del personale ad essi
addetto», ai sensi dell'art. 8, primo comma, numero 1), dello statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige.
    La  ricorrente  prospetta,  inoltre,  la  violazione dell'art. 16
dello   statuto,   il   quale  riconosce  alla  Provincia  competenza
amministrativa   nelle   materie  oggetto  della  propria  competenza
legislativa esclusiva.
    La  Provincia  autonoma  sostiene,  in particolare, che l'art. 24
della  legge  n. 289  del  2002,  nella  misura  in  cui vincola ogni
pubblica  amministrazione  e  pertanto  anche  le  aziende  sanitarie
locali,  violerebbe  la  propria competenza concorrente in materia di
«igiene e sanita', ivi compresa l'assistenza sanitaria e ospedaliera»
(art. 9,  primo  comma,  numero  10),  dello  statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige), la quale attiene anche al «funzionamento e alla
gestione  delle istituzioni ed enti sanitari» (art. 2, secondo comma,
del d.P.R. n. 474 del 1975).
    Il  carattere  «funzionale»  della acquisizione di beni e servizi
rispetto   al   «funzionamento  delle  aziende  sanitarie»  varrebbe,
infatti,   a   radicare   nella   Provincia  autonoma  la  competenza
legislativa concorrente in materia, con conseguente illegittimita' di
ogni norma non di principio di fonte statale.
    Del  resto,  ad  avviso della Provincia autonoma, l'art. 24 della
legge  n. 289  del 2002, nonostante il disposto del comma 9, il quale
riconosce  natura di norma di principio e coordinamento ai precedenti
commi 1,  2  e  5,  non  sarebbe  una  norma  di principio, attesa la
analiticita'  e  la  specificita' delle sue disposizioni, richiedenti
una diretta ed immediata applicazione.
    La  ricorrente  rileva,  infine,  che,  ove  pure  non si volesse
riconoscere  la  propria  competenza  in  base agli invocati artt. 8,
primo  comma, numero 1), e 9), primo comma, numero 10), dello statuto
speciale, nondimeno questa andrebbe riconosciuta in base al combinato
disposto   dell'art. 117,   quarto   comma,   della   Costituzione  e
dell'art. 10  della  legge costituzionale n. 3 del 2001, in quanto la
materia, non riconducibile ad alcuna di quelle elencate nell'art. 117
della  Costituzione,  sarebbe  oggetto  della  competenza legislativa
residuale delle Regioni.
    1.6.  -  La  Regione  Umbria  (reg. ric. n. 22 del 2003) denuncia
dell'art. 24 della legge n. 289 del 2002 i commi 1, 2, 3 (nella parte
in  cui  gli  obblighi  ivi  previsti  sono estesi agli enti pubblici
istituzionali  e se ed in quanto tra questi possano essere ricomprese
le  Regioni), 5 e 9, lamentando la violazione degli artt. 117, primo,
terzo e quarto comma, e 114, secondo comma, della Costituzione.
    Ad avviso della ricorrente, la disciplina dell'acquisto di beni e
servizi  rientrerebbe  nella  propria competenza residuale (art. 117,
quarto  comma,  della  Costituzione),  in  quanto non riconducibile a
nessuna delle materie elencate nell'art. 117 della Costituzione.
    La  Regione  sostiene che la qualificazione «norme di principio e
coordinamento»,  data  dal comma 9 dell'art. 24 alle disposizioni dei
precedenti  commi 1,  2  e  5,  sarebbe  diversa  da quella prevista,
peraltro  in  caso  di  competenza  concorrente, dall'art. 117, terzo
comma,  della  Costituzione  («principi  fondamentali»), e che in tal
modo  si  introdurrebbe  per  le  Regioni  un  limite  ulteriore, non
contemplato  dalla  Costituzione;  ed afferma che nella specie non si
tratterebbe  comunque  di  norme  di  principio,  bensi'  di norme di
dettaglio che pongono puntuali obblighi e divieti.
    La   ricorrente,   dopo  aver  contestato  che  la  finalita'  di
trasparenza   sia   titolo   legittimante   l'esercizio  di  potesta'
legislativa  statale, esclude che i commi 1, 2 e 5 dell'art. 24 della
legge n. 289 del 2002 possano trovare fondamento nella competenza del
legislatore  statale  in materia di fissazione dei livelli essenziali
delle   prestazioni  (art. 117,  secondo  comma,  lettera  m),  della
Costituzione),  o  di  tutela  della  concorrenza  (art. 117, secondo
comma,  lettera  e), della Costituzione), in quanto, per un verso, si
sarebbe  al  di fuori del campo dei diritti civili e sociali e non si
tratterebbe   di   garantire  livelli  omogenei  di  prestazioni  sul
territorio  nazionale  e,  per  altro  verso, la materia della tutela
della  concorrenza  atterrebbe  alla  disciplina dei mercati in senso
proprio  ed  agli interventi diretti a correggere fenomeni distorsivi
degli  stessi  e  non  all'acquisto  di beni e servizi da parte delle
amministrazioni pubbliche.
    Per le stesse ragioni sarebbe lesivo delle attribuzioni regionali
(art. 117,  quarto comma, della Costituzione) il comma 3 dell'art. 24
della  legge  n. 289  del  2002,  il quale impone agli «enti pubblici
istituzionali»  l'utilizzo  delle  convenzioni  quadro definite dalla
CONSIP,  ove  questa espressione, ritenuta «estremamente vaga», possa
essere riferita alla Regione.
    1.7.  -  La  Regione  Emilia-Romagna  (reg.  ric. n. 25 del 2003)
denuncia  il  contrasto  dell'art. 24 della legge n. 289 del 2002 con
l'art. 117 della Costituzione.
    Con  argomenti sostanzialmente analoghi a quelli sviluppati dalle
Regioni  Toscana,  Piemonte  e  Umbria, la ricorrente sostiene che la
materia  dell'acquisto  di  beni  e  servizi,  non ricompresa ne' tra
quelle  di  competenza esclusiva statale ne' tra quelle di competenza
concorrente,  sia  da  ascriversi alla propria competenza legislativa
residuale (art. 117, quarto comma, della Costituzione).
    La  Regione  nega,  in  particolare, che la norma impugnata possa
essere  intesa come diretta a tutelare la concorrenza, sia perche' la
tutela  della  concorrenza  (intesa  propriamente come disciplina dei
mercati  ed  interventi tesi a rimuovere le distorsioni degli stessi)
non  sarebbe  l'oggetto  immediato della norma impugnata, sia perche'
quest'ultima  non  tutelerebbe  affatto  la  concorrenza,  producendo
piuttosto  una  forte  limitazione ovvero un consistente orientamento
del   mercato.   La   previsione,   accanto  all'obbligo  della  gara
comunitaria   anche  per  appalti  sottosoglia,  di  ampie  eccezioni
soggettive  (comuni  con meno di 5.000 abitanti, che sono circa 7.000
nell'intero  territorio nazionale) ed oggettive (essendo prevista, in
alternativa  alla  gara,  l'adesione alle convenzioni CONSIP, che per
loro   natura   sono  sottratte  alla  partecipazione  di  moltissimi
operatori   medi   e   piccoli  del  mercato),  sarebbe,  secondo  la
ricorrente,  in  palese  contraddizione  con  il  dichiarato  fine di
trasparenza e concorrenza e verrebbe a rendere l'intervento normativo
non  ragionevole  e  non proporzionale rispetto all'art. 117, secondo
comma, lettera e), della Costituzione.
    La   Regione,   infine,  ritiene  che  il  disposto  del  comma 9
dell'art. 24  della  legge  n. 289  del 2002, il quale qualifica come
«norme  di  principio  e  coordinamento» i precedenti commi 1, 2 e 5,
sarebbe  in  contrasto  con  il dichiarato intento di disciplinare la
materia della concorrenza, oggetto di competenza statale esclusiva, e
sarebbe,  peraltro, non corretto, atteso il carattere analitico della
disposizione.  Ne'  sarebbe  possibile  accreditare  quale  norma  di
principio  una  disposizione  (il  comma 1 del citato art. 24) che ha
ampie eccezioni oggettive e soggettive.
    1.8.  -  La  Regione Veneto (reg. ric. n. 26 del 2003) denuncia i
commi 1,  2,  4,  5  e  9  dell'art. 24  della legge n. 289 del 2002,
lamentando la violazione degli artt. 97 e 117 della Costituzione.
    Ad  avviso  della  Regione,  la  materia  dell'acquisto di beni e
servizi,  non prevista ne' tra quelle di competenza esclusiva statale
ne'  tra quelle di competenza concorrente, sarebbe da ricondurre alla
competenza  legislativa  residuale  delle  Regioni  (art. 117, quarto
comma, della Costituzione).
    La  Regione  ritiene  «privo  di  senso,  nell'ambito del disegno
costituzionale tracciato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, il
dettato  del  comma 9,  che vorrebbe attribuire alle disposizioni dei
commi 1,  2  e 5 la natura di norme di principio e coordinamento», in
quanto,  se  effettivamente la materia rientrasse nel dichiarato fine
di  tutelare  la  concorrenza, lo Stato, competente in via esclusiva,
dovrebbe  dettare  la  disciplina della materia e non porre in essere
«norme di principio e di coordinamento».
    La  ricorrente  sostiene,  poi,  che  il  comma 5  dell'impugnato
art. 24,  il  quale limita l'esperibilita' della trattativa privata a
casi  eccezionali  e  motivati, previo esperimento di una documentata
indagine di mercato e pone un obbligo di comunicazione alla Corte dei
conti,  confliggerebbe con il canone costituzionale di buon andamento
della  pubblica  amministrazione  (art. 97  della  Costituzione),  in
quanto da un lato la norma sarebbe ridondante rispetto alle normative
comunitarie,  nazionali  e regionali gia' disciplinanti la materia, e
dall'altro   imporrebbe   una   comunicazione  che  costituirebbe  un
ulteriore  adempimento  «burocratico»  di cui non risulterebbe chiaro
quale sia l'effetto.
    La  Regione  censura, infine, il comma 4 dell'art. 24 della legge
n. 289   del   2002,   la'   dove  esso  prevede  la  responsabilita'
amministrativa   del  dipendente  che  sottoscriva  un  contratto  in
violazione   degli   obblighi   di   esperimento  della  gara  ovvero
dell'utilizzo   delle   convenzioni  quadro  definite  dalla  CONSIP,
rilevando   che   la  disciplina  sostanziale  della  responsabilita'
amministrativa  e  contabile dei funzionari degli uffici non statali,
non  rientrando in nessuna delle materie elencate nell'art. 117 della
Costituzione ed, in particolare, non essendo ascrivibile alla materia
processuale   della   giustizia   amministrativa,   spetterebbe  alla
competenza  residuale  delle  Regioni  (art. 117, quarto comma, della
Costituzione).
    2.  -  In  tutti  i  giudizi  si  e' costituito il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  concludendo  per  la  non  fondatezza  delle
questioni.
    In alcuni degli atti di costituzione l'Avvocatura sostiene che la
norma  denunciata  -  investendo  la  disciplina  della c.d. evidenza
pubblica,  la  quale mirerebbe ad «ampliare e ad assicurare la libera
concorrenza»   e,   nel   contempo,  la  trasparenza  della  pubblica
amministrazione   aggiudicatrice   -  rientrerebbe  nella  competenza
legislativa  esclusiva  dello Stato (art. 117, secondo comma, lettera
e),  della  Costituzione) (cosi' nell'atto di costituzione depositato
nei  giudizi  promossi  dalla Regione Toscana, Valle d'Aosta, Umbria,
Emilia-Romagna  e  Veneto).  A  tale  riguardo,  la  difesa  erariale
richiama,  in  particolare,  il  sesto  considerando  della direttiva
93/37/CEE,  nel  quale  si afferma che la disciplina degli appalti di
lavori  e'  finalizzata ad organizzare la concorrenza, e sostiene che
l'estensione della disciplina di derivazione comunitaria agli appalti
c.d. sottosoglia, al pari dell'intero settore dell'evidenza pubblica,
tenderebbe  ad  assicurare  non  solo  l'imparzialita' della pubblica
amministrazione, ma anche l'uguaglianza e la libera concorrenza degli
operatori  economici.  Che  si  tratti  di competenza esclusiva dello
Stato   non  sarebbe  smentito,  secondo  l'Avvocatura,  dal  comma 9
dell'impugnato  art. 24,  il  quale  definisce  le  disposizioni  dei
precedenti commi 1, 2 e 5 «norme di principio e di coordinamento», in
quanto  si  tratterebbe  di  una  «norma  di  chiusura»  dettata  per
l'evenienza   che   le   Regioni  avessero  inteso  la  materia  come
concorrente, «cosi' da evitare contestazioni».
    Costituendosi  nel  giudizio  promosso  dalla  Regione  Piemonte,
l'Avvocatura  articola la propria difesa sostenendo, in via generale,
che, senza vincolo di materia, lo Stato, nella fase di transizione al
nuovo  modello  di regionalismo inaugurato dalla legge costituzionale
n. 3  del  2001,  sarebbe  legittimato  a  modificare la legislazione
anteriore,  da esso stesso prodotta, «senza incontrare alcuna riserva
di  legge  regionale», «con salvezza delle competenze legislative che
ogni   singola   Regione   potra'  o  meno  esercitare».  Allo  Stato
competerebbe,  quindi,  la  potesta' di disciplinare mediante proprie
leggi,  «eventualmente  cedevoli»,  le attivita' amministrative degli
enti  locali,  anche  in  ambiti  non compresi nelle materie elencate
nell'art. 117, secondo comma, della Costituzione.
    Peraltro  il  legislatore,  con  la  disposizione  contenuta  nel
comma 9  dell'impugnato  art. 24 della legge n. 289 del 2002, avrebbe
«collocato  il  proprio  intervento  nell'ambito  della  legislazione
concorrente»:  la  disposizione  censurata,  inserita  in  una  legge
finanziaria,  rientrerebbe  nella  materia  del  «coordinamento della
finanza pubblica» (artt. 117, terzo comma, e 119 della Costituzione).
Anche  in  questo atto di costituzione, tuttavia, l'Avvocatura rileva
che   «avrebbero   potuto  evocarsi  anche  materie  di  legislazione
esclusiva   dello   Stato»,  quali  la  tutela  della  concorrenza  e
l'ordinamento   civile,   nonche'   i   poteri  sostitutivi  previsti
dall'art. 120  della  Costituzione. La norma denunciata - prosegue la
difesa  erariale  -  perseguirebbe l'obiettivo del contenimento della
spesa  pubblica  «allargata»  attraverso  una  maggiore e piu' aperta
concorrenza,  che  eliminerebbe  le  «nicchie»  di mini-protezionismo
locale,  e  attraverso  le  «economie  di  scala» ottenibili dai piu'
elevati  volumi  di  acquisti  e  di  commesse  gestiti dalla CONSIP:
finalita',   queste,   non   realizzabili   se   non  attraverso  una
legislazione unitaria sul piano nazionale.
    Nell'atto  di costituzione depositato nel giudizio promosso dalla
Provincia  autonoma  di  Bolzano,  l'Avvocatura  contesta  inoltre il
richiamo  all'art. 10  della  legge  costituzionale  n. 3  del  2001,
affermando che, in attesa dell'adeguamento dello statuto, non sarebbe
possibile  stabilire  se  le  competenze  di cui all'art. 117, quarto
comma,  della  Costituzione  spettino  alla  Regione  o alle Province
autonome, sicche' la ricorrente non potrebbe dolersi della lesione di
una  sfera  di  competenza di dubbia spettanza. Nel merito, ad avviso
della  difesa erariale, la censurata disciplina dell'acquisto di beni
e  servizi  sarebbe  materia  concorrente  ai sensi degli artt. 5 e 9
dello statuto speciale, non riconducibile alla materia, di competenza
provinciale  esclusiva,  dell'ordinamento  degli  uffici, non avrebbe
contenuto dettagliato, ma costituirebbe norma di principio.
    3.  -  Con  successivo  ricorso  (iscritto  al n. 73 del registro
ricorsi   del  2003),  la  Regione  Valle  d'Aosta  ha  proposto,  in
riferimento  agli artt. 3, 5, 114, 117, 118 e 119 della Costituzione,
all'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ed agli
artt. 2,  primo  comma,  lettera a),  e  4  dello statuto speciale di
autonomia,  approvato  con  la legge costituzionale 26 febbraio 1948,
n. 4,  questione di legittimita' costituzionale della legge 1° agosto
2003,   n. 212   (Conversione   in   legge,  con  modificazioni,  del
decreto-legge 24 giugno 2003, n. 143, recante disposizioni urgenti in
tema  di versamento e riscossione dei tributi, di Fondazioni bancarie
e  di  gare  indette  da  CONSIP s.p.a.), nella parte in cui modifica
l'art. 24  della  legge  27 dicembre  2002,  n. 289,  sostituendo  il
comma 3 ed introducendo i commi 3-bis e 4-bis.
    3.1. - La norma impugnata circoscrive l'obbligo di ricorrere alle
convenzioni  quadro  definite  dalla  CONSIP,  limitandolo  alle sole
ipotesi  di  acquisto  di  beni  o  servizi caratterizzati «dall'alta
qualita'  dei  servizi  stessi  e  dalla  bassa intensita' di lavoro»
(comma  3)  e  demandando ad un decreto del Ministero dell'economia e
delle   finanze   il   compito  di  indicare  quali  servizi  possano
considerarsi  rientranti  nella  predetta  nozione  (comma 3-bis); il
comma 4-bis,   poi,   consente   alle  amministrazioni  pubbliche  la
stipulazione   di   ogni   tipo  di  contratto  senza  utilizzare  le
convenzioni quadro definite dalla CONSIP, qualora il valore dei costi
e  delle  prestazioni  dedotte  in contratto sia uguale o inferiore a
quello previsto dalle stesse convenzioni.
    3.2.  - La Regione Valle d'Aosta sostanzialmente ripropone contro
la  legge  n. 212 del 2003 le doglianze dalla medesima svolte avverso
la  legge  n. 289  del 2002. Ad esse la ricorrente aggiunge due nuove
censure,  in  riferimento  agli artt. 2, primo comma, lettera a), e 4
dello  statuto  speciale, sostenendo che la disciplina degli acquisti
di  beni  e servizi rientrerebbe nella propria competenza legislativa
esclusiva  in  materia  di  ordinamento  degli  uffici  e  degli enti
dipendenti  dalla  Regione  (art. 2,  primo  comma,  lettera a) e che
sarebbe  violata  la  propria  competenza  amministrativa  in materia
(art. 4).
    4.  - Anche in questo giudizio si e' costituito il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale    dello    Stato,    concludendo,    preliminarmente,   per
l'inammissibilita'   del  ricorso  e  riproponendo,  nel  merito,  le
medesime   difese   e   conclusioni  dell'atto  di  costituzione  nel
procedimento  instaurato  dalla  ricorrente con il precedente ricorso
iscritto al n. 19 del registro ricorsi del 2003.
    Ad   avviso   dell'Avvocatura,   l'inammissibilita'  del  ricorso
deriverebbe  dal  fatto  che  esso,  sebbene  volto apparentemente ad
impugnare  le  nuove  disposizioni introdotte con la legge n. 212 del
2003,  in realta' riprodurrebbe le medesime censure a suo tempo mosse
avverso  l'art. 24  della  legge  n. 289 del 2002, e si limiterebbe a
richiamare   solo  tre  disposizioni  della  legge  impugnata,  senza
tuttavia muovere alcuna autonoma censura verso le stesse.
    Nel  merito,  la  difesa erariale, oltre a ribadire le precedenti
conclusioni,  sostiene  che  la  legge n. 212 del 2003, limitandosi a
ridurre  il  campo  di  operativita' di norme gia' impugnate, sarebbe
priva di contenuto lesivo.
    L'Avvocatura  richiama  inoltre  la  sentenza  n. 303 del 2003 di
questa  Corte  per escludere che la materia dei lavori pubblici possa
essere  ricondotta alla competenza residuale delle Regioni (art. 117,
quarto comma, della Costituzione).
    5.   -  In  prossimita'  dell'udienza  pubblica  fissata  per  il
28 settembre  2004,  le Regioni Toscana, Piemonte ed Emilia-Romagna e
la  Provincia  autonoma  di  Bolzano  hanno  depositato memorie nelle
quali,  dato  atto  della  intervenuta abrogazione della disposizione
impugnata  da  parte  dell'art. 3, comma 166, della legge 24 dicembre
2003,  n. 350  (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale  dello  Stato  -  legge finanziaria 2004), hanno ritenuto
cessata  la  materia  del  contendere.  Altrettanto  ha  affermato la
Regione Umbria, nel corso dell'udienza pubblica. Per lo stesso motivo
la  Regione  Valle  d'Aosta ha espressamente rinunciato ad entrambi i
ricorsi proposti.
    La Regione Veneto, di contro, ritiene che la avvenuta abrogazione
delle disposizioni impugnate dell'art. 24 della legge n. 289 del 2002
non  determini  la  cessazione della materia del contendere ovvero la
sopravvenuta  carenza  di  interesse,  in quanto l'abrogazione non ha
avuto  efficacia  retroattiva e le disposizioni impugnate conservano,
pertanto, una sia pure limitata vigenza temporale.
    La  Regione  Veneto,  inoltre,  rileva che l'art. 1, comma 4, del
decreto-legge  12 luglio  2004,  n. 168  (Interventi  urgenti  per il
contenimento  della spesa pubblica), convertito nella legge 30 luglio
2004,  n. 191,  ha  sostituito  il  comma 3  dell'art. 26 della legge
n. 488  del 1999, prevedendo che le amministrazioni pubbliche possono
aderire alle convenzioni definite dalla CONSIP ovvero ne utilizzano i
parametri  prezzo-qualita',  come  limiti  massimi, per l'acquisto di
beni  e  servizi,  e  che  la  violazione di tale obbligo e' causa di
responsabilita' amministrativa. La ricorrente sostiene che, in questa
parte,  sia  stato sostanzialmente riprodotto il contenuto precettivo
dell'impugnato articolo 24 della legge n. 289 del 2002, e che, per il
principio  di  effettivita'  della  tutela  delle  parti  nei giudizi
costituzionali  in  via  di azione, la successione di norme nel tempo
determini il trasferimento della questione di costituzionalita' sulla
nuova disposizione.
    La   ricorrente  Regione  Veneto  ripropone,  per  il  resto,  le
argomentazioni svolte nell'atto introduttivo.
    6. - In prossimita' dell'udienza pubblica anche il Presidente del
Consiglio  dei  ministri  ha  depositato memorie, nelle quali, in via
preliminare,  chiede  darsi  atto  della cessazione della materia del
contendere, per intervenuta abrogazione delle disposizioni impugnate,
e, nel merito, ribadisce le difese gia' svolte.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Le  Regioni  Toscana,  Piemonte,  Valle  d'Aosta,  Umbria,
Emilia-Romagna  e  Veneto  e  la  Provincia  autonoma di Bolzano, con
distinti ricorsi (rispettivamente iscritti ai nn. 15, 18, 19, 22, 25,
26  e  20 del registro ricorsi del 2003), hanno proposto questione di
legittimita'  costituzionale  di  numerose  disposizioni  della legge
27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale  e  pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2003), e, tra
queste,  dell'art. 24, nella sua interezza, o di alcuni commi di tale
articolo,  oggetto  del presente giudizio, concernenti l'«acquisto di
beni e servizi».
    La  Regione  autonoma Valle d'Aosta, con successivo ricorso (reg.
ric.  n. 73 del 2003), ha altresi' impugnato la legge 1° agosto 2003,
n. 212 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24
giugno 2003,   n. 143,   recante  disposizioni  urgenti  in  tema  di
versamento  e  riscossione  dei  tributi, di Fondazioni bancarie e di
gare indette da CONSIP s.p.a.), nella parte in cui modifica l'art. 24
della legge n. 289 del 2002, sostituendo il comma 3 ed introducendo i
commi 3-bis e 4-bis.
    1.1.  -  L'art. 24  della  legge  n. 289  del  2002  impone  alle
amministrazioni  aggiudicatrici,  come  individuate  nell'art. 1  del
decreto   legislativo  24 luglio  1992,  n. 358  (Testo  unico  delle
disposizioni   in  materia  di  appalti  pubblici  di  forniture,  in
attuazione  delle  direttive  77/62/CEE, 80/19767/CEE e 88/295/CEE) e
nell'art. 2 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157 (Attuazione
della direttiva 92/50/CEE in materia di appalti pubblici di servizi),
di  ricorrere  alle  procedure  comunitarie,  aperte o ristrette, per
l'acquisizione  di beni e servizi di importo superiore ad euro 50.000
(comma  1).  Da  tale  obbligo  sono esclusi i comuni con popolazione
inferiore  a  5.000 abitanti, le amministrazioni che facciano ricorso
alle  convenzioni  quadro  definite  dalla  CONSIP  ovvero al mercato
elettronico  della  pubblica  amministrazione, nonche' le cooperative
sociali  (comma  2).  I  contratti  stipulati  in  violazione di tale
obbligo  e di quello, alternativo, di aderire alle convenzioni CONSIP
sono nulli, con responsabilita' del dipendente che ha sottoscritto il
contratto  (comma 4). Anche nelle ipotesi in cui la vigente normativa
ammette  la  trattativa privata e' fatto obbligo alle amministrazioni
di ricorrervi solo in casi eccezionali e motivati, previo esperimento
di  documentata  indagine  di mercato, con comunicazione alla sezione
regionale  della Corte dei conti (comma 5). Il comma 9 qualifica come
«norme  di principio e di coordinamento» le disposizioni dei commi 1,
2 e 5.
    L'art. 24  della legge n. 289 del 2002 detta pure disposizioni in
riferimento   alla  CONSIP,  prevedendo  (nel  testo  originario  del
comma 3)  che, fermo quanto previsto da altre disposizioni (a partire
dall'art. 26   della   legge   23 dicembre   1999,   n. 488,  recante
«Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello  Stato - legge finanziaria 2000»), le pubbliche amministrazioni
considerate   nella   Tabella  C  (amministrazioni  dello  Stato)  e,
comunque,  gli  «enti  pubblici  istituzionali»,  hanno  l'obbligo di
utilizzare  le  convenzioni  quadro  da  questa  definite  e che, per
procedere  agli  acquisti  in  maniera  autonoma,  gli  enti  di  cui
all'art. 24,  comma 6,  della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (comuni,
Province,  comunita'  montane  e  loro consorzi) adottano i prezzi di
tali convenzioni come base d'asta al ribasso.
    1.2.   -   La   legge   n. 212  del  2003,  di  conversione,  con
modificazioni,  del  decreto-legge  n. 143  del  2003,  ha  in  parte
novellato  l'art. 24  della  legge  n. 289  del  2002. Nel sostituire
l'art. 5  di  detto  decreto-legge,  la  legge  n. 212  del  2003  ha
circoscritto  l'obbligo di ricorrere alle convenzioni quadro definite
dalla  CONSIP,  limitandolo  alle  sole ipotesi di acquisto di beni o
servizi caratterizzati «dall'alta qualita' dei servizi stessi e dalla
bassa intensita' di lavoro» (art. 24, comma 3) e demandando poi ad un
decreto  del  Ministero  dell'economia  e delle finanze il compito di
indicare quali servizi possano considerarsi rientranti nella predetta
nozione (art. 24, comma 3-bis); inoltre ha introdotto nell'art. 24 un
comma 4-bis,  il  quale  consente  la  stipulazione  di  ogni tipo di
contratto  senza  utilizzare  le  convenzioni  quadro  definite dalla
CONSIP  qualora  il  valore  dei costi e delle prestazioni dedotte in
contratto  sia  uguale  o  inferiore  a  quello previsto dalle stesse
convenzioni.
    1.3.   -   Successivamente  alla  proposizione  dei  ricorsi,  il
decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti in tema
di  versamento e riscossione dei tributi, di Fondazioni bancarie e di
gare  indette  dalla  CONSIP  s.p.a.  nonche'  di alienazione di aree
appartenenti  al patrimonio e al demanio dello Stato), convertito con
modificazioni  nella  legge  24 novembre 2003, n. 326, ha soppresso i
commi 1 e 2 dell'impugnato art. 24 della legge n. 289 del 2002, cioe'
le  disposizioni  recanti  l'estensione  alle gare sottosoglia, ma di
importo  superiore  a  50.000  euro,  della  disciplina  nazionale di
recepimento della normativa comunitaria.
    L'art. 3,   comma 166,   della  legge  24 dicembre  2003,  n. 350
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello  Stato  - legge finanziaria 2004) ha, infine, abrogato l'intera
disposizione,   ad   eccezione   dell'ultimo   periodo   del  comma 3
(disposizione  che  consente  ai  partiti  politici  di  aderire alle
convenzioni  della  CONSIP)  e  dei  commi 6-bis  e  7  (disposizioni
relative  a  modalita'  operative  della  CONSIP  ed  alla  peculiare
posizione dei servizi di informazione e sicurezza dello Stato).
    Il  decreto-legge  12 luglio 2004, n. 168 (Interventi urgenti per
il   contenimento  della  spesa  pubblica),  convertito  nella  legge
30 luglio  2004,  n. 191, ha sostituito il comma 3 dell'art. 26 della
legge n. 488 del 1999, prevedendo (art. 1, comma 4), con disposizione
parzialmente  analoga  a  quella  dell'impugnato  art. 24 della legge
n. 289  del  2004,  che  le amministrazioni pubbliche possono aderire
alle  convenzioni  definite  dalla  CONSIP  ovvero  ne  utilizzano  i
parametri  prezzo-qualita',  come  limiti  massimi, per l'acquisto di
beni  e  servizi,  e  che  la violazione di tale obbligo sia causa di
responsabilita' amministrativa.
    2. - Stante la sostanziale identita' dell'oggetto delle questioni
proposte,  riferite  al  medesimo  articolo, i giudizi promossi con i
ricorsi  indicati  in  epigrafe,  possono  essere  riuniti per essere
decisi con unica pronuncia.
    3.  -  Deve  anzitutto darsi atto che, a seguito della pressoche'
integrale  abrogazione  dell'art. 24  della  legge n. 289 del 2002 da
parte dell'art. 3, comma 166, della legge n. 350 del 2003, la Regione
autonoma  Valle  d'Aosta  ha  rinunciato  ai due ricorsi proposti. La
rinuncia  e'  stata accettata dalla Avvocatura generale dello Stato e
deve pertanto dichiararsi l'estinzione dei giudizi in questione.
    Per   gli   stessi   motivi   le  Regioni  Toscana,  Piemonte  ed
Emilia-Romagna  e  la  Provincia  autonoma  di Bolzano, nelle memorie
presentate  in  prossimita'  dell'udienza,  hanno ritenuto cessata la
materia  del  contendere. Altrettanto ha affermato la Regione Umbria,
nel corso dell'udienza pubblica.
    La  richiesta  di  queste  ricorrenti di dichiarare la cessazione
della materia del contendere per il venire meno del loro interesse ad
una pronuncia di merito fa ritenere che l'impugnato articolo 24 della
legge  n. 289  del  2002 non abbia avuto applicazione nell'ambito del
loro territorio.
    Deve   pertanto  dichiararsi  la  cessazione  della  materia  del
contendere  in  ordine  alle questioni di costituzionalita' sollevate
dalle  Regioni  Toscana,  Piemonte,  Emilia-Romagna  e Umbria e dalla
Provincia autonoma di Bolzano con i ricorsi indicati in epigrafe.
    4. - La Regione Veneto ritiene, di contro, che la abrogazione non
retroattiva delle disposizioni impugnate faccia persistere il proprio
interesse al ricorso.
    Al  riguardo  deve  ritenersi che la abrogazione di tutti i commi
impugnati  dell'art. 24 della legge n. 289 del 2002 non faccia venire
meno  di  per  se'  l'attualita'  dell'interesse  in  relazione  alle
questioni  poste  dalla  ricorrente,  giacche'  queste  disposizioni,
abrogate  ex  nunc  e non ex tunc, hanno comunque dispiegato effetti,
sia pure per un breve arco temporale.
    La   Regione   Veneto,   inoltre,  chiede  che  la  questione  di
costituzionalita',  sollevata  in  relazione  al comma 4 dell'art. 24
della  legge  n. 289  del  2002,  sia  trasferita  sulla disposizione
dell'art. 1,  comma 4,  del decreto-legge n. 168 del 2004, convertito
nella legge n. 191 del 2004.
    Tale richiesta non puo' essere accolta.
    Infatti  le  due  disposizioni  appena  richiamate ricollegano la
sanzione  della  responsabilita'  amministrativa  alla  violazione di
obblighi  diversi.  Nel  caso  del  comma 4  dell'art. 24 della legge
n. 289   del   2002,  la  responsabilita'  consegue  alla  violazione
dell'obbligo  di  indire la gara secondo le procedure comunitarie, o,
in  alternativa,  di aderire alle convenzioni CONSIP; mentre nel caso
dell'art. 1,   comma 4,   del   decreto-legge   n. 168  del  2004  la
responsabilita'  stessa  consegue  alla  violazione  dell'obbligo  di
rispettare il prezzo unitario di base delle convenzioni CONSIP.
    La  diversita' delle disposizioni impedisce che possa darsi luogo
a  quanto richiesto dalla Regione Veneto, in quanto, a ben vedere, la
ricorrente chiede una inammissibile estensione oggettiva del giudizio
ad   una   norma   diversa,  che  essa  aveva  l'onere  di  impugnare
autonomamente.
    5.  - In via preliminare, deve essere dichiarata inammissibile la
questione   sollevata   dalla   Regione  Veneto  avverso  il  comma 5
dell'art. 24  della legge n. 289 del 2002, in riferimento all'art. 97
della  Costituzione,  in  quanto  la  norma,  che  sarebbe ridondante
rispetto  alle  normative  comunitarie,  nazionali  e  regionali gia'
disciplinanti la materia, imporrebbe una comunicazione alla Corte dei
conti che costituirebbe un ulteriore adempimento «burocratico» di cui
non risulterebbe chiaro l'effetto.
    Al riguardo deve infatti essere ribadito l'orientamento di questa
Corte,  il  quale esclude che la Regione possa invocare, a fondamento
di una impugnazione in via principale di una legge statale, parametri
costituzionali  diversi  da quelli relativi alla tutela della propria
sfera  di  autonomia  (da  ultimo,  sentenze  n. 4, n. 6 e n. 196 del
2004).
    6.  -  La  Regione  Veneto  impugna  i  commi 1,  2,  4,  5  e  9
dell'art. 24   della   legge  n. 289  del  2002,  sostenendo  che  la
disciplina  dell'acquisto  di  beni  e  servizi  secondo procedure di
evidenza pubblica, non riconducibile a nessuna delle materie elencate
nei   commi   secondo   e  terzo  dell'art. 117  della  Costituzione,
rientrerebbe  nella  competenza  residuale  delle  Regioni  ai  sensi
dell'art. 117, quarto comma, della Costituzione.
    6.1.  -  La  questione  non  e'  fondata  nei  termini di seguito
precisati.
    6.2.  -  Le procedure di evidenza pubblica, anche alla luce delle
direttive  della  comunita'  Europea  (cfr.,  da ultimo, la direttiva
2004/18/CE,  del  31 marzo  2004,  relativa  al  coordinamento  delle
procedure  di  aggiudicazione  degli  appalti  pubblici di lavori, di
forniture  e  servizi),  hanno assunto un rilievo fondamentale per la
tutela  della  concorrenza tra i vari operatori economici interessati
alle commesse pubbliche.
    Viene  in  rilievo,  a  questo  proposito, la disposizione di cui
all'art. 117,  secondo comma, lettera e), della Costituzione, secondo
la  quale  spetta  allo  Stato legiferare in via esclusiva in tema di
tutela della concorrenza.
    Al  riguardo la giurisprudenza di questa Corte (sentenze nn. 14 e
272  del  2004)  ha posto in evidenza che si tratta di una competenza
trasversale, che coinvolge piu' ambiti materiali, si caratterizza per
la  natura  funzionale  (individuando,  piu' che degli oggetti, delle
finalita'  in  vista delle quali la potesta' legislativa statale deve
essere  esercitata) e vale a legittimare l'intervento del legislatore
statale   anche  su  materie,  sotto  altri  profili,  di  competenza
regionale.
    Peraltro  la  stessa  giurisprudenza ha chiarito che l'intervento
del  legislatore statale e' legittimo se contenuto entro i limiti dei
canoni  di  adeguatezza  e  proporzionalita'. In particolare, come si
legge  nella citata sentenza n. 272 del 2004 (punto 3 del Considerato
in  diritto),  la  norma  statale  che imponesse una disciplina tanto
dettagliata  da  risultare  non  proporzionata rispetto all'obiettivo
della   tutela   della   concorrenza  costituirebbe  una  illegittima
compressione dell'autonomia regionale.
    Deve  pertanto ritenersi che nel caso di specie l'estensione agli
acquisti  sotto soglia di beni e servizi della normativa nazionale di
recepimento  della  normativa  comunitaria  non implichi per gli enti
autonomi  l'applicazione  di puntuali modalita', ma solo l'osservanza
dei principi desumibili dalla normativa in questione.
    Questa  interpretazione  del  comma 1  dell'art. 24  della  legge
n. 289  del  2002 appare d'altro canto conforme alla disposizione del
comma 9 dello stesso art. 24, nel quale si legge che «le disposizioni
dei   commi 1,   2   e  5  costituiscono  norme  di  principio  e  di
coordinamento».  Questa  espressione,  diversa da quella di «principi
fondamentali»  che  ricorre  in  ipotesi di legislazione concorrente,
conferma  che  qui  ci  si trova di fronte ad un caso di legislazione
esclusiva  e  «trasversale»  dello  Stato,  che  deve tener conto dei
principi  di proporzionalita' ed adeguatezza dei mezzi usati rispetto
al fine che si vuol raggiungere della tutela della concorrenza.
    6.3.  -  Se  ne  deve  concludere  che  i  commi 1,  2,  4, 5 e 9
dell'art. 24 della legge n. 289 del 2002, la' dove impongono la gara,
fissano l'ambito soggettivo ed oggettivo di tale obbligo, limitano il
ricorso   alla   trattativa   privata  e  collegano  alla  violazione
dell'obbligo  sanzioni  civili  (nullita'  dei  contratti) e forme di
responsabilita',  trovano  fondamento,  nei  termini  sopra riferiti,
nella  potesta'  dello  Stato  di  regolare  il mercato e di favorire
rapporti concorrenziali nell'ambito dello stesso.
    7. - La Regione Veneto ha impugnato il comma 4 dell'art. 24 della
legge  n. 289 del 2002 anche sotto il profilo dell'incompetenza dello
Stato  a  dettare  la  disciplina  sostanziale  della responsabilita'
amministrativa  dei  dipendenti  della  Regione e degli enti pubblici
regionali  e  locali,  sostenendo  che si versi in tema di competenza
residuale  della  Regione in materia di ordinamento dei propri uffici
(art. 117, quarto comma, della Costituzione).
    La questione non e' fondata.
    La  ricorrente trascura che, in proposito, vengono in evidenza le
disposizioni   dell'art. 117,   secondo   comma,   lettera l),  della
Costituzione,  secondo  le  quali  spettano alla competenza esclusiva
dello Stato le materie della giurisdizione e dell'ordinamento civile.
    Nella  disciplina generale della responsabilita' amministrativa i
profili sostanziali sono strettamente intrecciati con i poteri che la
legge  attribuisce al giudice chiamato ad accertarla (come si rileva,
ad   esempio,  dalla  disposizione  dell'art. 52  del  regio  decreto
12 luglio  1934,  n. 1214,  recante il «Testo unico delle leggi sulla
Corte  dei  conti»,  secondo  la quale «la Corte, valutate le singole
responsabilita',  puo'  porre a carico dei responsabili tutto o parte
del  danno accertato o del valore perduto»), ovvero fanno riferimento
a  situazioni  soggettive riconducibili alla materia dell'ordinamento
civile.
    Ne discende che la potesta' legislativa residuale delle Regioni a
statuto  ordinario  in  materia  di  ordinamento  dei  propri  uffici
(art. 117,  quarto comma, della Costituzione), se puo' esplicarsi nel
senso di disciplinare il rapporto di impiego o di servizio dei propri
dipendenti,   prevedendo   obblighi   la   cui   violazione  comporti
responsabilita' amministrativa, non puo' tuttavia incidere sul regime
della stessa.