ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  per  conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito della deliberazione del Senato della Repubblica del
31 maggio 2000 relativa alla insindacabilita', ai sensi dell'art. 68,
primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dal senatore
Marcello Pera nei confronti del dott. Giancarlo Caselli, promosso con
ricorso  del  giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Roma,
ufficio   17,   notificato   il   12 settembre  2001,  depositato  in
cancelleria  il  20  successivo  ed  iscritto  al  n. 33 del registro
conflitti 2001.
    Visto l'atto di costituzione del Senato della Repubblica;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  12 ottobre  2004  il  giudice
relatore Franco Bile;
    Udito l'avvocato Stefano Grassi per il Senato della Repubblica.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Roma,
con  ricorso dell'11 gennaio 2001, depositato il 29 gennaio 2001, nel
corso  di  un procedimento penale nei confronti del senatore Marcello
Pera,  ha  sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
nei   confronti  del  Senato  della  Repubblica,  in  relazione  alla
deliberazione  adottata  nella  seduta  del 31 maggio 2000 (documento
IV-quater,  n. 56), chiedendo che la Corte dichiari che non spetta al
Senato  deliberare  l'insindacabilita',  ai sensi dell'art. 68, primo
comma,   della   Costituzione,   delle   dichiarazioni   oggetto  del
procedimento   penale   e,   conseguentemente,  annulli  la  relativa
deliberazione.   Il   giudice   dell'udienza  preliminare  ricorrente
premette  che il pubblico ministero ha depositato richiesta di rinvio
a  giudizio del senatore Marcello Pera per il reato previsto e punito
dall'art. 13  della  legge  8 febbraio  1948, n. 47 e dagli artt. 57,
110, 595, secondo e terzo comma, 596-bis del codice penale - commesso
in  concorso con il direttore dell'Agenzia giornalistica Ansa e di un
giornalista  della  medesima  -  per  avere offeso la reputazione del
magistrato  Giancarlo  Caselli con alcune dichiarazioni rese all'Ansa
il  16  giugno 1999,  chiedendo  altresi'  di  sollevare conflitto di
attribuzione  tra  poteri  dello Stato nei confronti del Senato della
Repubblica, in relazione alla deliberazione con la quale l'Assemblea,
nella  seduta  del  31 maggio  2000,  ha dichiarato che i fatti per i
quali  era  in  corso  il  procedimento  penale concernevano opinioni
espresse  da  un  membro  del  Parlamento  nell'esercizio  delle  sue
funzioni.
    Osserva  il  giudice  ricorrente  che l'insindacabilita' riguarda
esclusivamente  le  opinioni  espresse  nell'esercizio dell'attivita'
parlamentare  e  le  dichiarazioni rese al di fuori di questa, sempre
che  sussista  un'identita'  sostanziale  tra  le prime e le seconde.
Secondo  il  ricorrente, le dichiarazioni del senatore Marcello Pera,
oggetto   del   procedimento  penale,  non  sarebbero  funzionalmente
collegate  alla  sua  attivita'  di  parlamentare. Infatti, esse sono
state  rese  in  riferimento ad una querela presentata dal magistrato
Caselli   e   da   due  suoi  colleghi  nei  confronti  del  predetto
parlamentare   per   un  articolo  pubblicato  dal  parlamentare  sul
quotidiano   «Il   Messaggero»   del   14 gennaio   1999,  nel  quale
quest'ultimo  aveva  svolto  una  serie  di  considerazioni su alcune
presunte  anomalie derivanti dalla configurazione organizzativa degli
uffici   requirenti,   analizzandole  con  riguardo  ad  alcuni  casi
specifici. Il senatore Marcello Pera aveva quindi affermato che detta
querela costituiva «una iniziativa intimidatoria stabilita a freddo e
per ragioni strettamente politiche; il Caselli si muove cosi' perche'
e'  sicuro di avere l'appoggio incondizionato del Governo. Caselli ha
dimostrato di essere completamente privo di carattere intellettuale».
Queste dichiarazioni, ad avviso del giudice dell'udienza preliminare,
sarebbero  state  rese  al  di  fuori  dell'attivita'  parlamentare e
sarebbero   soltanto   genericamente  collegate  a  quest'ultima,  in
relazione  al  tema - ampiamente dibattuto dal senatore Marcello Pera
nel  Senato  e  in  Commissione  giustizia  - della separazione delle
carriere  del  pubblico  ministero  e  del  giudice  e  comunque  non
avrebbero  contenuto identico a quelle espresse in sede parlamentare.
In  tal  senso,  secondo  il  ricorrente,  sarebbe  significativo che
«l'atteggiamento  assunto  dal dott. Caselli di querelare il senatore
Pera  non  ha formato oggetto di dibattito in sede parlamentare» e le
dichiarazioni   rese   all'Ansa  configurerebbero,  quindi,  opinioni
personali  formulate  nell'esercizio  della  liberta'  di espressione
comune  a  tutti  i  cittadini,  che  pertanto  non potrebbero essere
giudicate insindacabili ex art. 68, primo comma, Cost..
    2.  -  Con  ordinanza  n. 271  del  2001  la  Corte ha dichiarato
ammissibile il conflitto.
    3.  -  Con  memoria  dell'8 agosto  2001, depositata il 10 agosto
2004, il Senato della Repubblica, in persona del suo vice-Presidente,
si  e'  costituito  in  giudizio chiedendo che il ricorso del giudice
dell'udienza  preliminare  del  Tribunale di Roma - poi notificato il
12 settembre  2001 e depositato il 20 settembre 2001 - sia dichiarato
inammissibile o comunque infondato.
    In  particolare, la difesa del Senato richiama la relazione della
Giunta  delle elezioni e delle immunita' parlamentari, secondo cui le
opinioni  espresse  dal  senatore  Pera  nel  corso  della menzionata
intervista   rilasciata  all'interno  di  Palazzo  Madama,  erano  in
rapporto  di  stretta  connessione  con le opinioni rappresentate dal
parlamentare  nel  suddetto  articolo  di  giornale,  trattandosi  di
diversi  episodi  di una stessa polemica nella quale il senatore Pera
si  e'  piu'  volte impegnato in Commissione giustizia, nell'Aula del
Senato, con articoli di divulgazione del suo pensiero.
    Sussiste  quindi  -  secondo  la  difesa  del  Senato  - il nesso
funzionale  tra  le opinioni espresse dal senatore Pera e l'esercizio
delle attribuzioni proprie del parlamentare.
    4.  -  In  prossimita'  dell'udienza,  la  difesa  del  Senato ha
presentato  una  memoria  insistendo  per  il  rigetto  del  ricorso,
ribadendo  le  argomentazioni  precedentemente  svolte  e  producendo
ulteriori atti parlamentari a sostegno della propria richiesta.

                       Considerato in diritto

    1.  - Il conflitto sollevato dal giudice dell'udienza preliminare
ricorrente  pone  il  quesito  se  spetti  al Senato della Repubblica
deliberare,  nella  seduta  del  31 maggio 2000 (documento IV-quater,
n. 56),  che  i fatti per i quali era in corso il procedimento penale
nei  confronti  del  senatore  Marcello  Pera,  al  quale  era  stato
contestato  il  reato  di  diffamazione  aggravata in danno del dott.
Giancarlo  Caselli,  Procuratore della Repubblica presso il Tribunale
di   Palermo,   riguardavano  opinioni  espresse  da  un  membro  del
Parlamento  nell'esercizio  delle  funzioni  parlamentari  e pertanto
insindacabili   ai   sensi   del   primo   comma  dell'art. 68  della
Costituzione.
    In  particolare,  era contestato al senatore Pera di avere offeso
la  reputazione  del  dott.  Caselli  dichiarando,  in  un'intervista
concessa  ad  un giornalista dell'agenzia ANSA il 16 giugno 1999, che
la  querela  proposta da quest'ultimo per precedenti affermazioni del
senatore   Pera,   asseritamente   diffamatorie,  rappresentava  «una
iniziativa   intimidatoria   stabilita   a   freddo   e  per  ragioni
strettamente  politiche;  il Caselli si muove cosi' perche' e' sicuro
di avere l'appoggio incondizionato del Governo. Caselli ha dimostrato
di essere completamente privo di carattere intellettuale».
    Il   giudice   ricorrente  ritiene  insussistenti  i  presupposti
dell'insindacabilita'   di   cui   all'art. 68,  primo  comma,  della
Costituzione,   mancando   il   nesso   funzionale   con  alcun  atto
parlamentare  del senatore Pera avente ad oggetto i fatti di cui alla
dichiarazione.
    2.  -  Deve  preliminarmente essere ribadita l'ammissibilita' del
conflitto,  sussistendone i presupposti soggettivi ed oggettivi, come
gia' ritenuto da questa Corte nella citata ordinanza n. 271 del 2001.
    3. - Nel merito il ricorso e' fondato.
    Le  dichiarazioni  asseritamente  diffamatorie, rese dal senatore
Pera  nel corso di un'intervista ad un giornalista dell'agenzia ANSA,
riguardano  l'utilizzo  dello  strumento  della  querela da parte del
dott.  Caselli, il quale era stato criticato dal parlamentare, con le
espressioni sopra riportate, per aver fatto ricorso a tale iniziativa
giudiziaria.  Si  tratta della querela presentata dal dott. Caselli e
da  due  sostituti  della  Procura  della  Repubblica  di Palermo nei
confronti  del senatore Pera, autore di un articolo dal titolo «I PM?
Mostri  a  tre teste», pubblicato sul Messaggero del 14 gennaio 1999,
nel quale egli tra l'altro scriveva «... o le forze dell'ordine fanno
quello  che  vogliono i p.m. e indagano nelle direzioni e nei modi da
essi  voluti,  oppure  sono  nei guai. E' cosi' che sono nati (...) i
casi  Contrada  e  Mori  a  Palermo,  dove  si  e' visto che quando i
poliziotti  non  si  comportano come vogliono i p.m., questi li fanno
processare,  condannare  o  rimuovere  dal  ministro compiacente». La
querela  ha  dato  origine  al  procedimento penale nei confronti del
senatore  Pera, per cui e' sorto il diverso conflitto di attribuzione
tra poteri dello Stato, deciso da questa Corte con sentenza n. 347 di
pari  data,  nel  senso  della  non spettanza al Senato del potere di
dichiarare  che le affermazioni di cui all'articolo del senatore Pera
erano coperte dalla garanzia dell'insindacabilita'.
    Gli  atti  parlamentari  richiamati dalla Giunta delle elezioni e
delle immunita' parlamentari a proposito delle dichiarazioni rese dal
senatore  Pera all'ANSA il 16 giugno 1999 sono gli stessi esaminati a
proposito   della   dichiarazione  di  insindacabilita'  oggetto  del
precedente   menzionato  conflitto.  La  difesa  del  Senato  infatti
inscrive  l'episodio  nella  polemica sulla giustizia e sul ruolo del
p.m.  nella  quale  il  senatore  Pera si e' piu' volte impegnato: le
dichiarazioni all'ANSA costituirebbero un passaggio della sequenza di
dichiarazioni  ed  interventi parlamentari in cui egli si e' espresso
in  termini  anche  fortemente  polemici  e critici nei confronti dei
comportamenti e delle esternazioni del dott. Caselli.
    In realta' pero' le dichiarazioni rese nel corso della menzionata
intervista  riguardano  non  gia' il ruolo del p.m. ed i rapporti tra
quest'ultimo  e  la  polizia  giudiziaria,  bensi'  il  ricorso  allo
strumento  della  querela da parte del dott. Caselli. Soltanto questa
iniziativa  infatti  e' stata stigmatizzata dal senatore Pera, le cui
dichiarazioni  peraltro  criticano  unicamente  la  querela del dott.
Caselli  e  non  anche l'analoga e contestuale iniziativa degli altri
querelanti, i sostituti Teresi ed Ingroia.
    Gli  atti  parlamentari  richiamati  dalla Giunta, gia' esaminati
dalla  sentenza  n. 347 del 2004, hanno invece un oggetto diverso, in
quanto  riguardano  segnatamente  l'azione  degli uffici del pubblico
ministero  nonche'  il trasferimento del gen. Mori, direttore dei ROS
(Reparti  operazioni speciali) dell'Arma dei Carabinieri, che sarebbe
avvenuto  a  causa  di  contrasti  con  la  Procura di Palermo; e non
concernono  minimamente  il  ricorso  allo strumento della querela da
parte del magistrato.
    Pertanto  manca  del  tutto la riproduzione o divulgazione di una
precedente    attivita'   parlamentare   rispetto   alla   quale   la
dichiarazione   in  esame  presenti  una  «sostanziale  identita'  di
contenuti»,  tale  da  comportare  un  «nesso funzionale» (da ultimo,
sentenza  n. 298  del  2004).  E  la polemica sulla giustizia, con il
riferimento  piu'  specifico  alla Procura di Palermo ed ai ROS, vale
tutt'al  piu' ad individuare il contesto di dibattito politico in cui
le   dichiarazioni   suddette   si   inseriscono,   che  puo'  essere
eventualmente   indicativo   di  un'attivita'  di  critica  politica,
valutabile   dal  giudice  penale  in  ragione  della  sua  possibile
idoneita' a scriminare l'illecito.
    Ne'  il  luogo dove le dichiarazioni sono state rese (all'interno
della  sede del Senato) puo', di per se' solo, conferire carattere di
funzione   parlamentare  ad  un'intervista  privata  concessa  da  un
parlamentare  ad  un giornalista (sentenza n. 509 del 2002), giacche'
anche   tale   circostanza  puo'  attenere  semmai  ad  un  «contesto
politico»,  che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, non puo',
di  per  se stesso, fare presumere l'esistenza di un nesso funzionale
idoneo a rendere insindacabili le opinioni ivi espresse.
    4.  - Ne discende che l'impugnata delibera di insindacabilita' ha
violato  l'art. 68,  primo  comma,  Cost.,  ledendo  le  attribuzioni
dell'autorita'   giudiziaria   ricorrente,  e  pertanto  deve  essere
annullata.