ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale degli artt. 11, 14 e 15
del  decreto  legislativo  28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla
competenza penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14 della
legge  24 novembre  1999,  n. 468)  e dell'art. 415-bis del codice di
procedura  penale,  promossi,  nell'ambito  di  diversi  procedimenti
penali,  dal  giudice  di  pace  di Bari con ordinanza del 3 novembre
2003,  dal giudice di pace di Chieti con ordinanza del 26 marzo 2003,
dal giudice di pace di Montagnana con ordinanza del 14 gennaio 2004 e
dal  giudice  di  pace  diOtranto  con ordinanza del 15 gennaio 2004,
rispettivamente  iscritte  al n. 1193 del registro ordinanze 2003, al
n. 270,  al  n. 305  e  al  n. 325  del  registro  ordinanze  2004  e
pubblicate  nella  Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, 1ª serie
speciale,   dell'anno 2003,   n. 15   e  n. 17,  1ª  serie  speciale,
dell'anno 2004.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 7 luglio 2004 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
    Ritenuto  che  il giudice di pace di Bari (r.o. n. 1193 del 2003)
ha sollevato questione di legittimita' costituzionale degli artt. 11,
14  e 15 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni
sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14
della legge 24 novembre 1999, n. 468);
        che,   in   particolare,   l'art. 15   del  predetto  decreto
legislativo  si porrebbe in contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 della
Costituzione,  nella  parte  in cui non prevede che venga dato avviso
all'indagato della conclusione delle indagini preliminari, cosi' come
stabilito  nel procedimento ordinario dall'art. 415-bis del codice di
procedura penale;
        che  il  combinato  disposto  degli  artt. 11,  14 e 15 dello
stesso decreto violerebbe gli artt. 3, 76 e 109 Cost., nella parte in
cui  prevede  che  le indagini preliminari siano svolte dalla polizia
giudiziaria, che non solo e' svincolata «dal controllo dell'autorita'
giudiziaria  [...] contrariamente al dettato dell'art. 109 Cost.», ma
non  ha  l'onere  di  svolgere indagini anche a favore dell'indagato,
cosi'  come  disposto  per  il  pubblico  ministero  nel procedimento
ordinario;
        che  l'art. 14  dello  stesso  decreto contrasterebbe con gli
artt. 3  e 24 Cost., in quanto «la mancata previsione dell'obbligo di
iscrizione  dell'autore  del reato nel registro contenente la notitia
criminis  [...]  priva  il  soggetto  indagato  della possibilita' di
sapere   se   vi   sono  indagini  investigative  a  suo  carico»  e,
conseguentemente, determina una violazione del suo diritto di difesa;
        che,  quanto  alla  non manifesta infondatezza, il rimettente
osserva  che  se  «e' vero che il giudizio davanti al giudice di pace
riveste  caratteri  di  peculiarita', atteso che lo stesso inerisce a
reati di minore gravita», sembra peraltro «ineludibile il diritto del
prevenuto  di  conoscere  l'esistenza di indagini sul suo conto anche
prima  dell'imputazione» ed e' «essenziale, altresi', che le indagini
della  polizia  giudiziaria  siano  condotte e dirette dall'autorita'
giudiziaria»;
        che  i Giudici di pace di Otranto (r.o. n. 325 del 2004) e di
Chieti   (r.o.   n. 270   del  2004)  hanno  sollevato  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 15  del  decreto  legislativo
n. 274  del  2000,  nella  parte  in  cui  non  prevede che anche nel
procedimento  dinanzi al giudice di pace sia dato avviso all'indagato
della   conclusione   delle   indagini   preliminari,  come  disposto
dall'art. 415-bis  cod.  proc.  pen.  in  relazione  al  procedimento
ordinario;
        che  il  giudice di pace di Montagnana (r.o. n. 305 del 2004)
ha  sollevato  analoga  questione  incentrando  le  censure  non solo
sull'art. 15  del  decreto  legislativo  n. 274  del  2000,  ma anche
sull'art. 415-bis   cod.   proc.  pen.,  nella  parte  in  cui  dette
disposizioni  non  prevedono  che  anche  nel procedimento dinanzi al
giudice  di pace sia dato avviso all'indagato della conclusione delle
indagini preliminari;
        che   i   giudici  rimettenti  ritengono  che  la  disciplina
censurata  sia  in contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 Cost., perche'
renderebbe  «impossibile la difesa dell'imputato», determinerebbe una
evidente  disparita' di trattamento a seconda del giudice (onorario o
togato)  competente per il giudizio e violerebbe il principio secondo
cui   la   persona   accusata  di  un  reato  deve  essere  informata
riservatamente  nel  piu'  breve  tempo  possibile della natura e dei
motivi dell'accusa elevata a suo carico;
        che  in  tutti  i  giudizi  e'  intervenuto il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale dello Stato, chiedendo che siano dichiarate inammissibili le
questioni  sollevate  con  le  ordinanze  iscritte al numero 1193 del
registro  ordinanze  del  2003  (per  l'omessa indicazione della fase
nella  quale  si  trova  il  procedimento  a  quo  e  per  difetto di
motivazione  in  ordine  alla non manifesta infondatezza) e ai numeri
270  e  325  del registro ordinanze del 2004 (per assoluta carenza di
motivazione   in   ordine   alla   rilevanza  e  alla  non  manifesta
infondatezza),  e manifestamente infondata la questione sollevata con
l'ordinanza  iscritta  al numero 305 del registro ordinanze del 2004,
avuto riguardo alla particolare struttura del procedimento davanti al
giudice di pace.
    Considerato  che tutti i rimettenti dubitano, in riferimento agli
artt. 3,  24  e  111 della Costituzione (l'art. 24 e' richiamato solo
dai   Giudici   di   pace  di  Bari,  Otranto  e  Montagnana),  della
legittimita'  costituzionale  dell'art. 15  del  decreto  legislativo
28 agosto  2000,  n. 274  (Disposizioni  sulla  competenza penale del
giudice  di  pace,  a  norma dell'articolo 14 della legge 24 novembre
1999,  n. 468),  nella  parte in cui non prevede che nel procedimento
dinanzi  al  giudice  di  pace  sia  dato  avviso  all'indagato della
conclusione     delle    indagini    preliminari,    come    previsto
dall'art. 415-bis  del  codice  di  procedura penale nel procedimento
davanti al tribunale;
        che  il  giudice  di pace di Montagnana dubita altresi' della
legittimita'  costituzionale  dell'art. 415-bis  cod. proc. pen., che
prevede   l'avviso  all'indagato  della  conclusione  delle  indagini
preliminari,   sul   presupposto  che  tale  disposizione  non  trovi
applicazione nel procedimento davanti al giudice di pace;
        che   secondo   i   rimettenti   le   disposizioni  censurate
determinano  una  irragionevole  disparita'  di  trattamento  tra  il
soggetto indagato per un reato di competenza del giudice di pace, che
si trova nell'impossibilita' di svolgere adeguatamente la sua difesa,
e  il  soggetto  sottoposto  a  indagini  per reati di competenza del
giudice  ordinario, e si pongono altresi' in contrasto con l'art. 111
Cost., nella parte in cui prevede che la persona accusata di un reato
deve  essere  informata  nel  piu'  breve tempo possibile dell'accusa
elevata  a  suo  carico  e deve disporre del tempo e delle condizioni
necessarie per preparare la difesa;
        che  il  giudice di pace di Bari solleva inoltre questione di
legittimita'  costituzionale,  in riferimento agli artt. 3 (parametro
indicato solo in motivazione), 76 e 109 Cost., del combinato disposto
degli  artt. 11,  14  e  15  dello stesso decreto, nella parte in cui
prevede  che  le  indagini  preliminari  siano  svolte  dalla polizia
giudiziaria,   che   non   solo   sarebbe  svincolata  dal  controllo
dell'autorita'   giudiziaria,  ma  non  avrebbe  neppure  l'onere  di
svolgere   accertamenti   anche   a   favore  dell'indagato,  nonche'
dell'art. 14  dello  stesso decreto, in riferimento agli artt. 3 e 24
Cost.,  nella  parte  in  cui, non prevedendo l'obbligo della polizia
giudiziaria   di   iscrivere   la  notizia  di  reato,  non  consente
all'indagato  di  venire  a  conoscenza  delle  indagini svolte a suo
carico e lo priva cosi' del diritto di svolgere attivita' difensiva;
        che,  essendo  censurati  da  tutti i rimettenti vari aspetti
della  medesima  disciplina,  deve  essere  disposta  la riunione dei
relativi giudizi;
        che  la  questione sollevata dal giudice di pace di Chieti va
dichiarata  manifestamente  inammissibile  per  assoluta  carenza  di
motivazione   in   ordine   alla   rilevanza  e  alla  non  manifesta
infondatezza;
        che    non   possono   essere   accolte   le   eccezioni   di
inammissibilita'  dell'Avvocatura  dello  Stato  circa  le  questioni
sollevate dai Giudici di pace di Bari, di Otranto e di Montagnana, in
quanto   le   relative   motivazioni,  sia  pure  succinte,  appaiono
sufficienti   a   dar   conto   della  rilevanza  e  dei  profili  di
incostituzionalita';
        che,  quanto  alle  censure  mosse  all'art. 15  del  decreto
legislativo  n. 274  del  2000,  questa  Corte  ha  affermato  che il
procedimento  davanti  al  giudice  di  pace  configura un modello di
giustizia  non  comparabile  con  il  procedimento  per  i  reati  di
competenza   del   tribunale,   che   verrebbe  ad  essere  snaturato
dall'innesto  dell'avviso  di conclusione delle indagini preliminari,
posto  che  tale  procedura  incidentale  appare incompatibile con le
finalita'  di  snellezza,  semplificazione  e rapidita' che connotano
questa particolare forma di giurisdizione penale (v. ordinanza n. 201
del 2004);
        che  con  riferimento,  piu'  in  generale, alle indagini che
precedono  il  dibattimento,  questa Corte ha gia' avuto occasione di
mettere  in  rilievo che il procedimento penale davanti al giudice di
pace  e'  caratterizzato dal «ruolo marginale assegnato alle indagini
preliminari, che si sostanziano in una fase investigativa affidata in
via principale alla polizia giudiziaria» (v. la Relazione allo schema
di  decreto  legislativo  sul  giudice  di  pace), in coerenza con le
esigenze  di  massima  semplificazione  del  procedimento  e  con  la
«finalita'  conciliativa»  che  costituisce  il  principale obiettivo
della  giurisdizione  penale del giudice di pace (v. ordinanze numeri
231 del 2003; 10, 11, 55, 56, 57 e 201 del 2004);
        che  in particolare, quanto alle specifiche censure formulate
nei  confronti  del  combinato  disposto  degli artt. 11, 14 e 15 del
decreto  legislativo  in  esame,  e'  sufficiente  rilevare  che, pur
essendo  riconosciuto alla polizia giudiziaria (art. 11) il potere di
compiere  di  propria iniziativa tutti gli atti di indagine necessari
per  la ricostruzione del fatto e per l'individuazione del colpevole,
trasmettendo  solo al termine delle indagini la relazione al pubblico
ministero,  questi  puo' esercitare le sue prerogative di direzione e
di controllo anche prima e indipendentemente dalla trasmissione della
relazione,  come  risulta  dai  numerosi  strumenti di intervento nel
corso delle indagini (v., in particolare, l'art. 12 in relazione alle
direttive  impartite  dal  pubblico  ministero  che  abbia  acquisito
direttamente  la  notizia  di reato; l'art. 13 circa l'autorizzazione
alla  polizia  giudiziaria per il compimento di determinati atti, ove
il  pubblico  ministero  non  ritenga  di  svolgere  personalmente le
indagini;   l'art. 15,   comma 2,  circa  la  facolta'  del  pubblico
ministero  di  svolgere  personalmente  ulteriori  indagini ovvero di
delegarle  alla polizia giudiziaria; l'art. 16, comma 2, in ordine al
potere  di  disporre  la prosecuzione delle indagini oltre il termine
ordinario  di  quattro  mesi;  l'art. 5  del  decreto ministeriale di
esecuzione 6 aprile   2001,   n. 204,   relativo   alla  facolta'  di
richiedere  la  trasmissione della documentazione degli atti compiuti
dalla polizia giudiziaria anche prima dell'invio della relazione);
        che  anche  la  disciplina  dettata  per  l'iscrizione  della
notizia  di  reato  - iscrizione prevista obbligatoriamente a seguito
della   trasmissione   della   relazione   da   parte  della  polizia
giudiziaria,   ovvero   fin   dal   primo  atto  di  indagine  svolto
personalmente dal pubblico ministero - appare adeguata alla peculiare
struttura  delle  indagini  preliminari  nel  procedimento davanti al
giudice di pace;
        che,  al  riguardo,  questa  Corte  ha gia' affermato che «le
esigenze   di   informazione   dell'imputato  prima  dell'udienza  di
comparizione  sono  comunque  assicurate dall'avviso, contenuto nella
citazione  a  giudizio  disposta  dalla  polizia  giudiziaria, che il
fascicolo  relativo alle indagini preliminari e' depositato presso la
segreteria  del  pubblico ministero e che le parti e i loro difensori
hanno  facolta'  di  prenderne  visione  e di estrarne copia, nonche'
dall'indicazione,  contenuta sempre nel medesimo atto, delle fonti di
prova  di  cui il pubblico ministero chiede l'ammissione e, ove venga
chiesto  l'esame dei testimoni, delle circostanze su cui deve vertere
l'esame» (v., ancora, ordinanza n. 201 del 2004);
        che,  infine,  in  relazione alla mancata previsione a carico
della polizia giudiziaria dell'onere di svolgere accertamenti anche a
favore dell'indagato, la Corte ha gia' rilevato che l'analogo onere a
carico  del  pubblico ministero non mira a dare attuazione al diritto
di  difesa,  ma si innesta sulla natura di parte pubblica dell'organo
dell'accusa  e  sui  compiti che il pubblico ministero e' chiamato ad
assolvere  nell'ambito  delle proprie determinazioni al termine delle
indagini   (v.   ordinanza   n. 96   del   1997),  che  continuano  a
sostanziarsi,  anche  nel  procedimento  davanti  al giudice di pace,
nell'alternativa  tra  la  richiesta dell'archiviazione e l'esercizio
dell'azione penale;
        che  le  questioni  sollevate  dai  Giudici  di pace di Bari,
Otranto e Montagnana devono pertanto essere dichiarate manifestamente
infondate in relazione a tutti i parametri costituzionali evocati dai
rimettenti.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.