ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei giudizi di legittimita' costituzionale degli articoli 17, 24 e 25
del  d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione
delle  imposte  sul  reddito),  promossi con numero due ordinanze del
10 febbraio  2003  dalla Commissione tributaria provinciale di Milano
sui  ricorsi  proposti da Compagnia Finanziaria e Leasing s.p.a. e da
Gavazzi  Laura  contro l'Agenzia delle Entrate - Ufficio di Milano 3,
iscritte  ai  numeri  1123  e  1159  del  registro  ordinanze  2003 e
pubblicate  nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica nn. 2 e 3, 1ª
serie speciale, dell'anno 2004.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 27 ottobre 2004 il giudice
relatore Romano Vaccarella.
    Ritenuto  che,  nel  corso  di  un processo tributario intrapreso
dalla contribuente «Compagnia Finanziaria & Leasing» S.p.A., con sede
in   Milano,   per   l'annullamento   di  una  cartella  esattoriale,
notificatale  il  25 maggio 2001, relativa a somme dovute a titolo di
interessi  e sanzioni pecuniarie per tardivo versamento degli acconti
Irpeg (imposta sul reddito delle persone giuridiche) ed Ilor (imposta
locale  sui  redditi),  liquidate  in  sede  di controllo formale, ex
art. 36-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni
in   materia  di  accertamento  delle  imposte  sui  redditi),  della
dichiarazione  dei  redditi  relativa  all'anno  d'imposta  1994,  la
Commissione  tributaria  provinciale  di  Milano,  con  ordinanza del
10 febbraio  2003  (r.o. n. 1123 del 2003), ha sollevato questione di
legittimita'  costituzionale  degli  articoli 17 (nel testo anteriore
alla  modifica  operata  dall'art. 6  del  d.lgs.  26 febbraio  1999,
n. 46),  24  e  25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni
sulla  riscossione  delle imposte sul reddito) per asserito contrasto
con gli articoli 3, 23, 24, 53 e 97 della Costituzione;
        che  il giudice a quo riferisce che la societa' ricorrente ha
motivato  la  richiesta  di  annullamento con l'avvenuta decadenza, a
tutti  gli  effetti, della cartella di pagamento in quanto notificata
oltre il termine quinquennale previsto dall'art. 43 del d.P.R. n. 600
del  1973  (e  cioe'  entro  il 31 dicembre 2000), e aggiungendo, nel
merito,  che  i  dati contenuti nella cartella non le consentivano di
risalire ai conteggi effettuati dall'Ufficio;
        che,  nel  costituirsi in giudizio, l'Agenzia delle entrate -
Ufficio di Milano 3 ha dedotto che il termine finale per il controllo
formale  delle  dichiarazioni  presentate  dal  1994 al 1998, fissato
dall'art. 9  della  legge  23 dicembre  1998,  n. 448, al 31 dicembre
2000, risultava nella specie rispettato;
        che,  con  riferimento  alla  rilevanza  della  questione, la
Commissione  tributaria rimettente preliminarmente considera che, ove
il  richiamo  operato  dall'art. 17  del  d.P.R.  n. 602  del 1973 al
termine  decadenziale  di  cui  all'art. 43,  primo comma, del d.P.R.
n. 600  del  1973 (entrambi nel testo ratione temporis applicabile al
caso  di  specie)  potesse  essere inteso nel senso per cui «entro il
31 dicembre  del  quinto  anno  successivo  a  quello in cui e' stata
presentata  la  dichiarazione»  la  pretesa  del  Fisco deve non solo
essere  iscritta  nel  ruolo  reso  esecutivo,  ma  anche  portata  a
conoscenza del contribuente, il ricorso dovrebbe essere accolto;
        che,  tuttavia,  la  Corte di cassazione, con le sentenze del
19 luglio 1999, n. 7662 e dell'8 marzo 2001, n. 3413, ha interpretato
le norme in questione nel senso per cui l'art. 17 cit. fa riferimento
al   termine   disciplinato   dall'art. 43  cit.  esclusivamente  per
l'iscrizione   nei   ruoli   delle   imposte  dovute  e  la  consegna
all'intendente  dei  ruoli  stessi, di modo che le ulteriori fasi del
procedimento   di   riscossione,  quali  la  consegna  dei  ruoli  al
concessionario  e  la  notifica  della cartella di pagamento, possono
avvenire  anche  dopo,  senza  che  si  verifichi  la decadenza della
pretesa tributaria;
        che,   non  ravvisando  motivi  per  non  condividere  questa
interpretazione,  il  rimettente  osserva  come,  nel caso di specie,
l'operato  dell'amministrazione  finanziaria risulterebbe tempestivo,
visto che il ruolo e' stato iscritto e reso esecutivo nell'anno 2000,
e  cioe'  nel  termine  per  il controllo formale delle dichiarazioni
(prorogato,  dall'art. 9 della legge 23 dicembre 1998, n. 448 recante
«Misure  di  finanza  pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo»,
fino al 31 dicembre 2000);
        che,  in  punto  di  non  manifesta infondatezza, il Collegio
rimettente osserva che la (da lui condivisa) soluzione interpretativa
del giudice di legittimita' espone alcune delle norme che regolano il
procedimento  di  riscossione dei tributi a censure di illegittimita'
costituzionale e, segnatamente:
          a) il  combinato  disposto  degli articoli 17 e 43 citati -
nella   parte   in   cui   non   si  prevede  che  incomba  a  carico
dell'amministrazione  l'obbligo  di  dare formale comunicazione degli
incombenti  di  cui  all'art. 17  cit.  al  contribuente  al  fine di
consentirgli  di  controllare  il  rispetto  del termine di decadenza
previsto  da  quella  norma  -  per  violazione del diritto di difesa
tutelato  dall'art. 24  Cost.  e  del  precetto costituzionale di cui
all'art. 23  Cost.,  «in  quanto la legge che impone l'obbligo di una
prestazione  patrimoniale,  quale  e' quella tributaria, non puo' non
indicare  un  termine  di  scadenza  entro  il quale essa deve essere
resa»;
          b) l'art. 24  del d.P.R. n. 602 del 1973 per violazione del
diritto  di  difesa  di  cui  all'art. 24 Cost. e del principio della
certezza  del  diritto, «implicitamente insito nel precetto contenuto
nell'art. 23  Cost.», laddove, nel non prevedere termini decadenziali
per   la   consegna  dei  ruoli  all'esattore  (ora  concessionario),
consentirebbe   legittimamente   all'intendente   di   finanza   (ora
l'ufficio)  l'espletamento  di  tale  incombente anche anni dopo aver
reso  esecutivi  i  ruoli,  autorizzandolo  altresi'  a calcolare gli
interessi  ex  art. 20  del  d.P.R.  n. 602  del  1973  dalla data di
scadenza  del  termine  di  presentazione  della dichiarazione fino a
quella  di  consegna al concessionario dei ruoli, con grave nocumento
per il contribuente;
          c) l'art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, nella parte in cui
stabilisce  un  termine  ordinatorio, decorrente dal giorno in cui il
ruolo  e'  stato  consegnato  al  concessionario,  per la notifica al
contribuente   della  cartella  di  pagamento  formata  in  esito  ad
accertamento eseguito ai sensi dell'art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del
1973,  cosi'  generando  una ingiustificata disparita' di trattamento
tra  il  contribuente  soggetto all'accertamento ordinario ex art. 43
del  d.P.R.  n. 600 del 1973 - al quale entro il termine quinquennale
deve  tassativamente  essere  notificata  la cartella esattoriale - e
quello soggetto all'accertamento formale di cui dell'art. 36-bis cit.
-  al  quale  la  cartella  puo'  essere  notificata  nel  termine di
prescrizione decennale previsto dall'art. 2946 cod civ;
        che,  per  conseguenza, la disparita' di trattamento sussiste
anche   con  riguardo  all'obbligo  che  il  contribuente,  ai  sensi
dell'art. 3   del  d.P.R.  n. 600  del  1973,  ha  di  conservare  la
documentazione  fino allo scadere del periodo entro il quale l'Erario
puo' notificare l'accertamento;
        che,  in definitiva, risultano cosi' violati «il diritto alla
difesa  (art. 24  Cost.), il principio dell'uguaglianza dei cittadini
davanti  alla  legge  (art. 3  Cost.),  il  principio  della certezza
nell'adempimento  degli  obblighi  tributari  ricavabile dall'art. 23
Cost.,  il principio dell'imparzialita' dell'amministrazione pubblica
(art. 97  Cost.)  ed infine il principio della capacita' contributiva
(art. 53  Cost.),  dato  che  non  puo' presumersi che tale capacita'
possa mantenersi costante a tempo indeterminato»;
        che  e'  intervenuto  nel  giudizio,  a mezzo dell'Avvocatura
generale  dello  Stato,  il  Presidente del Consiglio dei ministri il
quale,  nel  concludere per la declaratoria di manifesta infondatezza
della   questione,  ha  replicato  alle  argomentazioni  del  giudice
rimettente:  a)  con  riguardo  alla  violazione  dell'art. 3  Cost.,
deducendo  che  non  sussiste  alcuna  irragionevolezza  nella scelta
discrezionalmente  operata  dal  legislatore,  attesa l'eterogeneita'
delle  fattispecie  regolate  dagli articoli 17 e 43 cit., essendo il
termine   di   notifica   dell'avviso  di  accertamento  «momento  di
esternazione  dei risultati di una complessa e pregnante attivita' di
accertamento»,  temporalmente collocato a monte sia dell'iscrizione a
ruolo,  di  cui  si occupa invece l'art. 17 cit., che della emissione
della  cartella per la quale, in caso di accertamento formale, non e'
posto  alcun  termine;  b)  con riguardo all'art. 24 Cost., deducendo
l'incongruenza  della  censura  relativa all'obbligo di conservazione
della  documentazione  ed osservando che il termine per impugnare non
decorre  dalla data di esecutivita' dei ruoli, ma dalla notificazione
della  cartella  di  pagamento  avverso  la  quale al contribuente e'
garantita  la  piena  esplicazione  del  diritto  di  difesa;  c)  in
riferimento all'art. 53 Cost., considerando che «non e' il momento in
cui  la  pretesa  tributaria  viene  fatta  valere  quello che assume
rilievo  ai  fini  della capacita' contributiva, bensi' quello in cui
matura l'obbligazione tributaria»; d) con riguardo agli articoli 97 e
23 Cost., deducendo, per un verso, che il principio di buon andamento
ed   imparzialita'  della  pubblica  amministrazione  non  impone  di
regolare  l'attivita'  amministrativa secondo termini necessariamente
perentori  e,  per altro verso, che, nella specie, il procedimento in
esame   non  e'  affatto  privo  di  termini  come  mostrato  proprio
dall'art. 17,   comma 1,  cit.  che  ne  disciplina  uno  a  pena  di
decadenza,  con conseguente assorbimento delle censure che richiamano
il   principio   della   certezza   nell'adempimento  degli  obblighi
tributari;
        che,  nel  corso  di  un processo tributario intrapreso dalla
contribuente   Gavazzi  Laura  per  l'annullamento  di  una  cartella
esattoriale  notificatale  il  14  giugno 2001,  relativa all'anno di
imposta  1993 per somme dovute a titolo di Irpef (imposta sul reddito
delle  persone  fisiche)  e  relativi interessi, liquidate in sede di
controllo  formale  ex  art. 36-bis  del  d.P.R.  n. 600 del 1973, la
Commissione  tributaria  provinciale  di  Milano,  con  ordinanza del
10 febbraio  2003  (r.o. n. 1159 del 2003), ha sollevato questione di
legittimita'  costituzionale  degli  articoli 17 (nel testo anteriore
alla  modifica  operata  dall'art. 6  del  d.lgs.  26 febbraio  1999,
n. 46),  24  e  25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, per asserito
contrasto con gli articoli 3, 23, 24, 53 e 97 della Costituzione;
        che  il  giudice  rimettente riferisce sia in punto di fatto,
con  riguardo  ai  motivi  del  ricorso  ed  alle difese spiegate nel
giudizio  a  quo  dall'Ufficio in riferimento al ruolo reso esecutivo
nell'anno 2000,  sia  in  punto  di  diritto,  per  quanto attiene ai
profili  di  illegittimita' costituzionale delle norme denunciate, in
modo  identico a quanto gia' esposto riguardo alla ordinanza iscritta
al n. 1123 del 2003 del relativo registro;
        che  e'  intervenuto,  a mezzo dell'Avvocatura generale dello
Stato,  il  Presidente  del  Consiglio dei ministri, spiegando difese
analoghe  a  quelle  gia'  riferite  con  riferimento  alla ordinanza
n. 1123 del 2003.
    Considerato  che  la Commissione tributaria provinciale di Milano
dubita,  in  riferimento  agli  articoli 3,  23,  24,  53  e 97 della
Costituzione,  della  legittimita'  costituzionale  degli articoli 17
(nel   testo  vigente  per  le  dichiarazioni  presentate  prima  del
1° gennaio  1999),  24  e  25  del  d.P.R.  29 settembre 1973, n. 602
(Disposizioni  sulla  riscossione  delle  imposte sul reddito), nella
parte  in  cui non fissano un termine decadenziale per la notifica al
contribuente   della   cartella  recante  il  ruolo  derivante  dalla
liquidazione, ai sensi dell'art. 36-bis del d.P.R. 29 settembre 1973,
n. 600  (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte
sui  redditi),  delle  imposte  dovute in base alla dichiarazione dei
redditi;
        che,  ponendo  entrambe le ordinanze la medesima questione, i
relativi giudizi debbono essere riuniti;
        che  questa  Corte,  con ordinanza n. 107 del 2003, ha, da un
lato,  ribadito  che  il  carattere perentorio di un termine non deve
risultare  in  modo esplicito dalla norma, ben potendo esso desumersi
dalla  funzione  che  al  termine  chiaramente  assegna  la legge, e,
dall'altro  lato,  statuito  che  e'  conforme  a  Costituzione, e va
dall'interprete ricercata, soltanto una ricostruzione del sistema che
non lasci il contribuente esposto, senza limiti temporali, all'azione
esecutiva del fisco;
        che  il giudice rimettente correttamente esclude che entro il
termine  previsto dal combinato disposto degli articoli 17 del d.P.R.
n. 602 del 1973 e 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 - per la consegna del
ruolo ai fini del visto di esecutorieta' (e, quindi, per un'attivita'
interna all'ufficio) - possa ritenersi che debba altresi' provvedersi
alle  successive  attivita' di consegna del ruolo al concessionario e
di  notifica  della  cartella  di pagamento al contribuente (previste
dagli articoli 24 e 25 del d.P.R. n. 602 del 1973);
        che  tale  corretta conclusione - imposta dall'impossibilita'
logica  di  includere,  in  un  termine  previsto  esplicitamente per
un'attivita'   preliminare,   anche   ulteriori   attivita'  ad  essa
successive  -  non puo' essere superata (come recentissimamente si e'
tentato    di    fare)    neanche    per    soddisfare    l'esigenza,
costituzionalmente  inderogabile  -  di  prevedere  termini perentori
entro  i  quali la pretesa del fisco deve essere portata a conoscenza
del contribuente;
        che,  tuttavia,  il  rimettente  -  a  fronte dell'evoluzione
normativa  che  ha interessato gli articoli 24 e 25 del d.P.R. n. 602
del 1973 - non chiarisce adeguatamente quali dei vari testi normativi
ritiene disciplinino le fattispecie sottoposte al suo esame;
        che,  in  effetti,  quanto alla prima ordinanza di rimessione
(reg. ord. n. 1123 del 2003), premesso e ribadito che non puo' essere
condiviso quanto il rimettente osserva circa il carattere ordinatorio
del   termine  previsto  dall'art. 25  del  d.P.R.  n. 602  del  1973
(ordinanza  n. 107  del  2003),  non  e' desumibile dall'ordinanza di
rimessione  se,  lamentando  la «inesistenza di termini decadenziali»
per   la   consegna  dei  ruoli  al  concessionario,  la  Commissione
provinciale  rimettente  intenda  riferirsi  alla  natura del termine
previsto  dall'art. 24  (nel  testo  anteriore  alla modifica operata
dall'art. 10,  comma 1,  del  d.lgs.  26 febbraio 1999, n. 46) ovvero
alla  soppressione  di  tale  termine  da parte della norma da ultimo
citata;
        che  e'  evidente  che,  nel primo caso, troverebbe integrale
applicazione  quanto  statuito  con  l'ordinanza  n. 107  del 2003 da
questa  Corte, laddove, nel secondo caso, oggetto di censura dovrebbe
essere  esclusivamente la nuova formulazione dell'art. 24 nella parte
in  cui,  sopprimendo  il  termine  dal quale decorre quello previsto
dall'art. 25,    vanifica   anche   quest'ultimo   con   il   rendere
indeterminato il dies a quo;
        che,  quanto  alla seconda ordinanza di rimessione (reg. ord.
n. 1159  del  2003),  risulta  dall'esposizione del fatto operata dal
rimettente  che,  nel  caso  di specie, la notifica della cartella di
pagamento  (14  giugno 2001)  e' avvenuta quando era in vigore (dal 9
giugno 2001)  l'art. 25  del  d.P.R. n. 602 del 1973, come modificato
dall'art. 1  del  d.lgs.  27 febbraio 2001, n. 193, norma nella quale
nessun  termine  e'  previsto  per  la  notifica  della  cartella  di
pagamento al contribuente da parte del concessionario;
        che,   conseguentemente,   non  sono  affatto  pertinenti  le
considerazioni  -  del tutto identiche a quelle svolte nell'ordinanza
iscritta  al numero 1123 del registro ordinanze 2003 - del rimettente
circa  la  natura  ordinatoria  del termine previsto dal (previgente)
testo dell'art. 25;
        che   i   rilievi   appena   svolti   comportano  una  palese
insufficienza  della  motivazione di entrambe le ordinanze sia quanto
alla   rilevanza  sia  quanto  alla  individuazione  delle  questioni
sottoposte  a  questa Corte, e pertanto la manifesta inammissibilita'
delle questioni stesse.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.