Ricorso  del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall'Avvocatura, generale dello Stato presso i cui uffici in
Roma,  via  dei Portoghesi n. 12, e' domiciliato, nei confronti della
Regione Liguria, in persona del Presidente della Giunta regionale per
la  dichiarazione di illegittimita' costituzionale) degli articoli 4,
comma  2,  14, comma 2, 20, comma 2, lett. b), 39, comma 3, 40, comma
1,  41, comma 2, 43, comma 2, 50, comma 3, 64, 76, comma 1, lett. b),
dello,   statuto   della   Regione   Liguria,   approvato   in  prima
deliberazione  il  27  luglio  2004 ed in seconda deliberazione il 28
settembre  2004  pubblicato  nel  B.U.R.  n. 9 del 6 ottobre 2004, in
relazione  agli  articoli  1,  3, 24, 87, 88, 113, 114, 117, comma 2,
lett.  f),  comma  3, comma 4, comma 5 e comma 6, 121, 122, 123, 126,
134 della Costituzione.

    In  data  6  ottobre  2004  e'  stato pubblicato lo statuto della
Regione  Liguria  approvato  in  seconda  deliberazione  in  data  28
settembre 2004.
    Tale  statuto,  in  conformita'  della delibera del Consiglio dei
ministri in data 28 ottobre 2004, viene impugnato nelle sottoindicate
disposizioni   non  in  armonia  con  la  Costituzione  e  quindi  in
violazione dell'art. 123 di questa, come appresso specificato.
    1) Art. 4, comma 2.
    Secondo  la  norma  in ogetto «la Regione concorre alle decisioni
dirette  alla  formazione  degli atti normativi comunitari e provvede
alla   loro   attuazione.   Provvede,   altresi',   all'attuazione  e
all'esecuzione degli accordi comunitari».
    Essa,  omettendo  di riferirsi al necessario rispetto delle norme
di   procedura   stabilite  da  legge  dello  Stato,  la  quale  deve
disciplinare  anche le modalita' di esercizio del potere sostitutivo,
viola l'art 117, comma 5, Cost. che tale limite stabilisce.
    2) Art. 14, comma 2.
    La  norma  in  oggetto prevede che «la legge elettorale regionale
assicura   la  rappresentanza  in  Consiglio  di  tutti  i  territori
provinciali  proporzionalmente  alla  popolazione residente e le pari
opportunita' per uomini e donne nell'accesso alle cariche elettive.»
    Lo  Statuto,  peraltro,  non  puo'  disciplinare  direttamente la
materia  elettorale  che  interessa  l'area legislativa riservata dal
primo  comma dell'art. 122 Cost. alla «legge della Regione nei limiti
dei  principi  fondamen  tali  stabiliti  con legge della Repubblica»
(cfr.  sent.  2/2004),  ai  quali  ultimi specificamente attengono le
indicazioni fornite dalla norma.
    In  altri  termini,  e'  contrario  alla  Costituzione  non  solo
esercitare  direttamente  in sede statutaria una potesta' legislativa
in materia elettorale, attribuita a procedimenti diversi e sottoposta
a  differenti  controlli,  ma altresi' definire statutariamente (come
avvenuto  nella  specie  indirizzi  per  l'esercizio  della  potesta'
legislativa  regionale  in  materia; indirizzi che spetta invece allo
Stato  stabilire  in  termini generali e di principio non legati alle
specificita'  delle  singole  Regioni.  Norme  statutarie in materia,
irrigidirebbero, tra l'altro, la fonte precludendo la possibilita' di
un'iniziativa referendaria di abrogazione.
    3) Art. 20, comma 2, lett. b).
    Dispone  la  norma  in  oggetto  che  il Presidente del Consiglio
regionale «accerta il verificarsi dei presupposti di scioglimento del
Consiglio   nei   casi   indicati   dall'art. 126,   comma  3,  della
Costituzione  e  dallo Statuto, e promuove il conseguente decreto del
Presidente della Repubblica.»
    E'  tuttavia da osservare che il decreto di scioglimento del Capo
dello  Stato e' previsto solo nel primo comma dell'art. 126 Cost., in
relazione  alle  ipotesi  di  atti  contrari alla Costituzione, gravi
violazioni  di  legge,  ragioni  di  sicurezza  nazionale,  cioe'  in
presenza  di  situazioni  che  implicano  una delicata valutazione da
parte  del  Capo  dello  Stato,  il  quale  legittimamente decide con
propria  determinazione  produttiva  dell'effetto di scioglimento del
Consiglio regionale - sostanziante una eccezionale forma di controllo
ab  extra  sull'organo  -  solo nel rispetto della specifica garanzia
procedimentale  di  sentire  previamente  un'apposita  Commissione di
deputati e senatori per le questioni regionali.
    Ben  diverse  sono  le  circostanze considerate nel comma 3 dello
stesso  art. 126  Cost. richiamate nella clausola statutaria in esame
(approvazione  della mozione di sfiducia nei confronti del Presidente
della  Giunta eletto a suffragio universale e diretto, rimozione (1),
impedimento  permanente,  morte  dimissioni  volontarie del medesimo,
dimissioni   contestuali   della   maggioranza   dei   componenti  il
Consiglio).  Rispetto ad esse, che comportano l'automatico effetto di
scioglimento del Consiglio (non conseguente, dunque, a valutazioni di
legittimita'  o di merito costituzionale nella singola fattispecie da
parte   di  qualsivoglia  organo  esterno),  non  e'  previsto  alcun
intervento  provvedimentale del Capo dello Stato. Un tale intervento,
del resto, nelle precisate circostanze non potrebbe che avere un mero
valore  attestativo  della  verificazione dei fatti cui l'ordinamento
costituzionale  riconduce  con immediatezza l'effetto di scioglimento
del  Consiglio  regionale, quindi un contenuto di livello non consono
al  rango  costituzionale dell'Organo e per il quale sarebbe comunque
assolutamente   incongruo  il  procedimento  stabilito  dal  comma  1
dell'art. 126 Cost. Non avrebbe alcun significato, infatti, il parere
della  Commissione  bilaterale che e' invece inscindibilmente legato,
nella  previsione costituzionale, all'esercizio dei poteri in materia
del Capo dello Stato.
    In   definitiva   la   norma   in  esame  viola  le  disposizioni
costituzionali  di cui al ripetuto art. 126, agli artt. 87 e seguenti
sulle funzioni del Presidente della Repubblica ed all'art. 117, comma
2,  lett.  f),  che riserva alla potesta' legislativa esclusiva dello
Stato  la  disciplina  delle funzioni degli organi dello Stato. Nuove
funzioni  del  Presidente  della  Repubblica  non  potrebbero infatti
radicarsi in una fonte regionale (cfr. sent. 134/2004).
    Ancora sotto diverso profilo risulta violato l'art. 126, comma 3,
Cost., allorche' viene fatto riferimento, nella clausola in esame, ai
presupposti  di  scioglimento  del Consiglio regionale indicati dallo
Statuto.  Una  volta  che la scelta istituzionale sia stata quella di
seguire  il  sistema  previsto dall'ultimo comma dell'art. 122 Cost.,
con  tutte  le relative implicazioni, non sembra che lo Statuto possa
prevedere  cause  di scioglimento automatiche del consiglio regionale
diverse ed ulteriori rispetto a quelle considerate direttamente dalla
Costituzione  (v.  invece  le  attuali  previsioni  statutarie di cui
all'art. 39, comma 3 ed all'art. 40, comma 1).
    4) Art. 39, comma 3.
    L'art. 39  dello  statuto,  dopo  aver previsto che il Presidente
della  Giunta regionale entro dieci giorni dal giuramento presenta al
Consiglio  regionale il programma di governo, che viene approvato dal
Consiglio  a maggioranza assoluta dei suoi componenti, stabilisce, al
comma  3,  che  «la  mancata approvazione del programma a maggioranza
assoluta  dei  suoi  componenti  comporta la decadenza del Presidente
della Giunta e lo scioglimento del Consiglio».
    In  tal  modo  la  disposizione  in  esame  stabilisce, come gia'
accennato,   una  causa  di  scioglimento  automatico  del  Consiglio
regionale  non  considerata  dall'art. 126  Cost.  Questo,  peraltro,
sembra  recare  una  tassativa  previsione  dei  casi  in cui possono
realizzarsi  i  presupposti  di operativita' del meccanismo del simul
stabunt  simul  cadent  legato  al  sistema  di  elezione a suffragio
universale  e  diretto  del  Presidente  della  Giunta,  non  a  caso
espressamente  richiamato  dal  comma  3  del ripetuto art. 126. Ogni
dilatazione  di  quei  casi viene infatti a frustrare la finalita' di
assicurare  stabilita'  alla  gestione politica della Regione, che e'
alla base delle ricordate previsioni costituzionali.
    Inoltre  la  disposizione  non  risulta  coerente  con  la scelta
istituzionale  della  elezione  a  suffragio universale e diretto del
vertice  dell'esecutivo  di  cui  all'art. 14, comma 2 (conforme alla
previsione  del  comma  quinto  dell'art. 122  Cost.), in quanto, nel
prevedere  come  passaggio necessario ed indispensabile la preventiva
approvazione  da  parte  del  Consiglio  regionale  del  programma di
governo,  per  di  piu'  a  maggioranza assoluta dei suoi componenti,
instaura  irragionevolmente  e  contraddittoriamente tra Presidente e
Consiglio  regionale  un  rapporto  diverso  rispetto  a  quello  che
dovrebbe discendere dall'anzidetto sistema di elezione. In dipendenza
di  questo,  infatti,  non puo' configurarsi un' iniziale investitura
fiduciaria  da  parte del Consiglio rappresentativo dell'intero corpo
elettorale  (sent.  2/2004) perche' il Presidente della Giunta riceve
una diretta investitura popolare.
    La  mancata  approvazione  del  programma  (e  della  squadra) di
governo,   provoca  come  conseguenza  la  decadenza  automatica  del
Presidente   della   Giunta   e   di   quest'ultima   (gia'  nominata
contestualmente  alla  presentazione  del  programma  di  governo, ex
art. 41,  comma  1), senza il concorso della volonta' di tali organi;
situazione  ben  diversa  da  quella delle dimissioni obbligate da un
giudizio  eventuale  e successivo su comportamenti, quale puo' essere
l'approvazione  di  una  mozione  di  sfiducia.  In altri termini, la
mancata  approvazione  del programma esclude ab initio ed a priori la
possibilita'   per   il   Presidente  e  la  Giunta  di  operare  per
l'attuazione   del   programma   e   vanifica   nella   sostanza   la
legittimazione  democratica  che  al  Presidente deriva dalla diretta
investitura  della  fiducia  popolare,  quale  prevista dall'art. 122
Cost.,   contraddicendo  la  stessa  ratio  di  tale  previsione  pur
condivisa a livello statutario.
    Se  la  maggioranza  assoluta  richiesta per l'approvazione della
mozione  di  sfiducia va nel senso del fafforzamento della stabilita'
dell'esecutivo, l'approvazione consiliare del programma a maggioranza
assoluta   dei   componenti   prevista   per  l'entrata  in  funzione
dell'esecutivo  rappresenta  invece  un indebolimento della posizione
del  Presidente  della  Giunta,  incompatibile con la sua investitura
popolare,  sottoponendolo  ad un'investitura di secondo grado, per di
piu'   a   condizioni   particolarmente   gravose,  che  possono  non
rispecchiare,   in   relazione   alla  rispettiva  consistenza  della
maggioranza  e  dell'opposizione  nell'ambito del Consiglio regionale
(dipendente  dal  sistema  elettorale  seguito),  il  rapporto  tra i
diversi orientamenti politici degli elettori.
    Assurdamente, comunque, dopo l'investitura da parte del popolo si
richiede l'investitura da parte dei rappresentanti del popolo.
    Il  che  si  risolverebbe  in  una  limitazione  ed  anzi  in una
vanificazione della sovranita' popolare.
    Tenuto   anche  conto  dei  canoni  fondamentali  di  coerenza  e
ragionevolezza  di  cui  all'art. 3  Cost.,  oltre che delle ripetute
previsioni  degli artt. 122 e 126 Cost. nonche' dell'art. 1 Cost., la
norma   in  esame  non  puo'  dunque  ritenersi  in  armonia  con  la
Costituzione.
    5) Art. 40, comma 1.
    Considerazioni  del  tutto  analoghe  a  quelle  svolte in ordine
all'art. 39,  comma  3,  sono  a farsi rispetto all'art. 40, comma 1,
secondo il quale «il Presidente della Giunta regionale, trascorsi due
anni dall'insediamento, presenta al Consiglio regionale una relazione
sullo  stato  di  attuazione  del  programma.  Il  voto  negativo del
Consiglio sulla relazione, espresso a maggioranza assoluta dei propri
componenti,  comporta  la  decadenza del Presidente della giunta e lo
scioglimento del Consiglio».
    L'imposizione  dell'obbligo  di una verifica biennale dell'intero
programma  (ben  diversa  dalla  mera  eventualita' di una mozione di
sfiducia),  che  richiede  l'appoggio di una maggioranza qualificata,
limita  grandemente  i  poteri  del Presidente della Giunta (eletto a
suffragio   universale   e  diretto)  e  le  automatiche  conseguenze
dell'esito negativo di tale verifica contrastano, per le ragioni gia'
dette, con gli artt. 3. 122, 123 e 126 Cost.
    5) Art. 41, comma 2.
    Secondo  l'art. 41,  comma  2,  dello Statuto «il vice Presidente
sostituisce il Presidente in caso di assenza o di impedimento».
    La  norma  non  dice  che  l'impedimento  deve  essere  meramente
temporaneo. Per la sua indeterminatezza e formulazione tutt'altro che
inequivoca essa appare suscettibile di determinare una non consentita
surrogazione   del   vice   Presidente  al  Presidente  nel  casa  di
impedimento  permanente  di questo, che invece, secondo la previsione
dell'art. 126, comma 3, Cost. dovrebbe comportare le dimissioni della
Giunta e lo scioglimento del Consiglio.
    7) Art. 43, comma 2.
    L'art.  43,  comma  2, nel prescrivere che la mozione motivata di
sfiducia  nei  confronti  del  Presidente  della Giunta regionale sia
sottoscritta  «da  almeno  un  quarto»  dei  componenti del Consiglio
regionale,  contrasta  palesemente  con  la  disposizione del comma 2
dell'art. 126  Cost. il quale prevede che la mozione sia sottoscritta
da almeno un quinto dei componenti del Consiglio.
    La  norma  in  esame,  richiedendo  un quorum piu' elevato per la
presentazione   della  mozione  di  sfiducia,  rende  piu'  difficile
l'iniziativa  in tal senso delle opposizioni ed il ruolo di controllo
di  queste  rafforzando  la  posizione  del  Presidente  della Giunta
rispetto  alle  previsioni costituzionali, con le quali dunque non e'
in armonia.
    8) Art. 50, comma 3, art. 76, comma 1, lett. b).
    Prevede  il  comma  3  dell'art.  50  che  «la  Giunta  approva i
regolamenti  di  delegificazione  sulla base della legge regionale di
autorizzazione  che  determina  le  norme  generali regolatrici della
materia  e  dispone  l'abrogazione  delle  norme vigenti, con effetto
dall'entrata   in  vigore  delle  norme  regolamentari».  L'art.  76,
comma 1,  lett.  b),  prevede poi il pareri della Consulta Statutaria
(organo  di  alta  consulenza)  sulla  conformita' dei regolamenti di
delegificazione alla legge regionale di autorizzazione.
    La  disposizione dell'art. 50, comma 3, non appare in armonia con
la Costituzione ove si consideri che:
        a)  ai  sensi  dell'art.  121  Cost.  «il Consiglio regionale
esercita la potesta' legislativa attribuita alla Regione»;
        b)  l'art. 117,  comma  3, Cost., nell'indicare le materie di
legislazione  concorrente  precisa che in esse spetta alle Regioni la
potesta'  legislativa,  salvo  che per la determinazione dei principi
fondamentali riservata alla legislazione dello Stato;
        c)  anche  riguardo  alle materie residuali rispetto a quelle
considerate  nei  commi  2 e 3, l'art. 117, comma 4, Cost. stabilisce
che spetta alle Regioni la potesta' legislativa.
    Da  tali  disposizioni,  che  nella  configurazione  del  sistema
costituzionale  delle  fonti  da  un  lato stabiliscono la competenza
(legislativa)   del   Consiglio   regionale  e  dall'altro  la  forma
(legislativa)  con  cui  questo deve provvedere, sembra ricavarsi che
tutte  le  materie  da esse attribuite alla competenza (concorrente o
esclusiva)  delle  Regioni  siano  coperte da una riserva relativa di
legge  regionale, con esclusione della possibilita' di una normazione
regolamentare indipendente.
    Puo' trarsene conferma dal comma 6 dell'art. 117 Cost., il quale,
nell'assegnare  alla potesta' regolamentare della Regione un'area non
coincidente  e  piu'  vasta  di quella della potesta' legislativa, la
considera  sempre  in  modo  omogeneo  ed  indistinto anche nella sua
estensione  alle  materie di competenza concorrente e, per il caso di
delega,  alle  materie di legislazione esclusiva statale. Cio' sembra
testimoniare dell'uniforme tipologia dei regolamenti adottabili dalle
Regioni,  sempre  serventi  rispetto  ad una disciplina legislativa e
quindi meramente di attuazione e/o di esecuzione.
    Deve   escludersi   comunque   la  fungibilita'  della  normativa
regolamentare  rispetto  a quella di livello legislativo nei rapporti
Stato-Regioni.
    Se,  nelle  materie  di  legislazione  concorrente,  lo Stato non
potrebbe  determinare  i  principi  fondamentali in via regolamentare
cosi'   sembra   che   la   normativa   di   dettaglio  debba  essere
necessariamente dettata dalla Regione a livello legislativo. Si pensi
poi  alle  ccdd.  materie trasversali, che reclamano l'uguale livello
delle diverse fonti normative interferenti.
    Piu'  in  generale,  non  sembra  potersi  ammettere che le norme
legislative  statali  ancora in vigore in tutte le materie trasferite
alla  competenza  regionale,  concorrente o residuale, possano venire
invalidate  o  abrogate  da  norme regolamentari e non per effetto di
atti legislativi regionali.
    In  ragione  di  quanto  considerato  sembra precluso allo stesso
Consiglio   regionale,  titolare  del  potere  legislativo,  adottare
direttamente una disciplina regolamentare non meramente esecutiva e/o
di attuazione.
    Tanto  piu'  appare  illegittima una norma statutaria che preveda
che  la  legge  regionale  si  spogli  della  sua funzione regolativa
affidandola   a   fonte   subordinata   attribuita   alla  competenza
dell'esecutivo sia pure determinando le norme generali nel cui ambito
la  potesta' regolamentare dovrebbe essere esercitata (norme generali
che,   nelle  materie  di  competenza  concorrente,  finirebbero  per
confondersi  e  sovrapporsi con i principi fondamentali di competenza
statale).   Non  puo'  trascurarsi,  al  riguardo,  che  nella  fonte
legislativa  e'  istituzionalmente  assicurata  la  partecipazione  e
quindi  il  confronto,  se non la collaborazione, con le opposizioni,
mentre  la  norma regolamentare elaborata nell'ambito dell'esecutivo,
e' espressione di scelta esclusiva della maggioranza di governo.
    Deve  escludersi,  in  definitiva,  che  una  legge del Consiglio
regionale  possa  conferire  al  regolamento  giuntale  una capacita'
estranea  al suo valore, quella, cioe', di modificare l'ordinamento a
livello primario.
    In  ogni caso, premesso che il cd. regolamento di delegificazione
presuppone di necessita' la vigenza di una preesistente disciplina di
livello  legislativo,  che esso e' destinato a sostituire con effetto
di  abrogazione  di  questa  stessa  disciplina  legislativa,  e  che
l'obiettivo  di  semplificazione e di riassetto normativo cui esso e'
preordinato  potrebbe  concernere, nell'attuale contesto, soprattutto
se  non esclusivamente la precedente disciplina statale delle materie
trasferite  alla  competenza  regionale,  e' da ribadire, che un tale
strumento  mai  potrebbe  operare  per fonti di diversa natura tra le
quali  non  vi  e'  un  rapporto  di  gerarchia  ma di separazione di
competenze  istituzionali  (sentt. 376/2002; 302/2003; 303/2003). Non
sarebbe   quindi   possibile   attraverso   di   esso  vanificare  la
collocazione  sistematica  delle fonti, degradando le fonti statali a
fonti subordinate o condizionate a regolamenti regionali.
    Si  aggiunga che nell'assolutezza della sua enunciazione la norma
in  esame non esprime limiti o riserve, pretendendo di assegnare alla
potesta'  regolamentare  un'assoluta fungibilita' rispetto alla fonte
legislativa,  sia  essa  di  natura regionale o statale, in qualsiasi
materia,   senza   neppure   considerare  e  far  salva  un'eventuale
caratterizzazione,  dovuta  a riserva di legge, dell'ambito oggettivo
sul quale lo stesso potere regolamentare potrebbe incidere.
    Sembra  dunque  incontestabilmente leso il principio di legalita'
costituzionale.  Questo inoltre sembra anche richiedere che le stesse
materie  siano  disciplinate nelle diverse Regioni da fonti di uguale
statuto  giuridico,  in ragione dei principi di cui all'art. 3 Cost.,
per  evitare differenziate ricadute sui singoli nei settori assistiti
dalle  garanzie  di  cui  agli  artt. 24 e 113 Cost. e per consentire
l'omogeneo  e  coerente controllo di legittimita' di cui all'art. 134
Cost.
    L'illegittimita'   dell'art.   76,   comma   1,   lett.   b),  e'
consequenziale.
    9) Art. 64.
    Secondo  la  norma  in  oggetto  «la  Regione  puo'  istituire  e
disciplinare  enti  locali  non  previsti  direttamente dall'art. 114
della Costituzione.»
    La  disposizione  appare illegittima in quanto intende riferirsi,
nella  sua  perentoria  laconicita',  all'istituzione  di enti locali
territoriali  diversi  dalle  comunita'  montane  («unioni di comuni»
specificamente   qualificate   dall'ubicazione   montana   dei   loro
territori;   di   cui   all'art. 27  del  T.U.E.L.  267/2000)  ed  in
particolare   alla  creazione  di  soggetti  di  autonomia  ulteriori
rispetto  a  quelli  considerati dall'art. 114 Cost. non derivanti da
forme  di  collegamento  dei  medesimi  (rimesse  comunque dal citato
T.U.E.L. alla loro stessa iniziativa).
        che tale sia l'intenzione della disposizione sembra desumersi
dall'espresso  richiamo  all'art.  114  Cost.,  che essa sembra voler
sostanzialmente  integrare.  Essa  si pone dunque in aperto contrasto
con  questa stessa norma costituzionale, che tassativamente definisce
e  qualifica  le  articolazioni  territoriali di autonomia componenti
della Repubblica.
              (1)  Nel  caso  di scioglimento del Consiglio regionale
          conseguente  alla  rimozione  del Presidente del Presidente
          della  Giunta, ogni aspetto valutario si e' esaurito con il
          precedente   procedimento   che  ha  portato  appunto  alla
          rimozione.