Ricorso  del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e  difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in
Roma,  via  dei  Portoghesi  n. 12 e' domiciliato nei confronti della
Regione Abruzzo, in persona del Presidente della Giunta regionale per
la  dichiarazione  di illegittimita' costituzionale degli articoli 2,
comma  3,  45,  comma  3,  46,  comma  2, 47, comma 2, 79, comma 2 in
relazione  al comma 1, lett. c), 86, comma 3 in relazione ai commi 1,
2,  4,  dello  Statuto  della  Regione  Abruzzo,  approvato  in prima
deliberazione  il  20 luglio  2004  ed in seconda deliberazione il 21
settembre  2004  (n. 144/9) pubblicato nel B.U.R. n. 101 del giorno 8
ottobre  2004,  in  relazione  agli articoli 1, 3, 117, comma 5, 121,
122, 123, 126, 134 della Costituzione.

    In  data  8  ottobre  2004  e'  stato pubblicato lo statuto della
Regione  Abruzzo  approvato  in  seconda  deliberazione  in  data  21
settembre 2004.
    Tale  Statuto,  in  conformita'  della delibera del Consiglio dei
ministri in data 28 ottobre 2004, viene impugnato nelle sottoindicate
disposizioni   non  in  armonia  con  la  Costituzione  e  quindi  in
violazione dell'art. 123 di questa, come appresso specificato.
    1) Art. 2, comma 3.
    Secondo  la norma in oggetto la Regione «partecipa all'attuazione
e all'esecuzione degli accordi internazionali dello Stato.»
    Tale  norma, in quanto omette di riferirsi al necessario rispetto
delle  norme  di  procedura  stabilite da legge dello Stato, la quale
deve   disciplinare  anche  le  modalita'  di  esercizio  del  potere
sostitutivo,   viola  l'art. 117,  comma 5,  Cost.  che  tale  limite
stabilisce.
    2) Art. 45, comma 3.
    Dispone  la  norma in oggetto che «il Presidente della Giunta nel
caso  in  cui il Consiglio sfiduci uno o piu' assessori provvede alla
loro sostituzione».
    Tale disposizione, che vincola giuridicamente il Presidente della
Giunta  ad adeguarsi alla volonta' espressa dal Consiglio, non appare
coerente  con  la  scelta  istituzionale  della  elezione a suffragio
universale  e  diretto del vertice dell'esecutivo di cui all'art. 43,
comma  2  (conforme  alla  previsione  del comma quinto dell'art. 122
Cost.)  e  con  le  conseguenti  implicazioni costituzionali inerenti
all'attribuzione  ad  esso  di  forti e tipici poteri per la gestione
unitaria  dell'indirizzo  politico  e  amministrativo  della  Regione
(sent. 2/04). In particolare, ai sensi dell'art. 122, comma 5, Cost.,
al  Presidente  della  Giunta eletto a suffragio universale e diretto
compete  lo  speciale  potere di nomina e revoca dei componenti della
Giunta,  che  risulterebbe  ferito  e limitato dalla previsione della
norma  in esame, riduttiva, per tale verso, della sua figura politica
rispetto a quella considerata dalla Costituzione.
    3) Art. 46, comma 2.
    L'art. 46,  dello  statuto,  dopo aver previsto al comma 1 che il
Presidente  della Giunta si presenta nella prima seduta del Consiglio
regionale per l'esposizione del programma, dispone al comma 2 che «il
programma  e'  approvato  dal  Consiglio regionale. Il voto contrario
produce   gli  stessi  effetti  dell'approvazione  della  mozione  di
sfiducia».
    In  tal  modo  quest'ultima  disposizione stabilisce una causa di
scioglimento  del  Consiglio  regionale non considerata dall'art. 126
Cost.,  il  quale  sembra recare una tassativa previsione dei casi in
cui  possono realizzarsi i presupposti di operativita' del meccanismo
del  simul  stabunt  simul  cadent  legato  al  sistema di elezione a
suffragio  universale  e  diretto  del Presidente della Giunta, non a
caso espressamente richiamato dal comma 3 del ripetuto art. 126. Ogni
dilatazione di quei casi viene a frustrare la finalita' di assicurare
stabilita'  alla  gestione  politica  della Regione, che e' alla base
delle ricordate previsioni costituzionali.
    Inoltre  la  disposizione  non  risulta  coerente  con  la scelta
istituzionale  della  elezione  a  suffragio universale e diretto del
vertice  dell'esecutivo  di  cui  all'art. 43, comma 2 (conforme alla
previsione  del  comma  quinto  dell'art. 122  Cost.), in quanto, nel
prevedere  come  passaggio necessario ed indispensabile la preventiva
approvazione  da  parte  del  Consiglio  regionale  del  programma di
governo,   instaura   irragionevolmente  e  contraddittoriamente  tra
Presidente  e  Consiglio  regionale  un  rapporto  diverso rispetto a
quello che dovrebbe discendere dall'anzidetto sistema di elezione. In
dipendenza  di  questo,  infatti,  non puo' configurarsi un' iniziale
investitura   fiduciaria   da  parte  del  Consiglio  rappresentativo
dell'intero  corpo  elettorale  (sent.  2/2004) perche' il Presidente
della Giunta riceve una diretta investitura popolare.
    La  mancata approvazione del programma di governo, in relazione a
quanto previsto dall'implicitamente richiamato art. 47, comma 2, (con
impropria  equiparazione all'approvazione della mozione di sfiducia e
salvo   quanto   appresso   considerato   in  ordine  a  quest'ultima
disposizione),  provoca  come conseguenza la decadenza automatica del
Presidente  della  Giunta  e di quest'ultima (nominata entro quindici
giorni  dalla  proclamazione  dell'elezione  dello stesso Presidente)
senza  il  concorso  della  volonta' di tali organi. Essa costituisce
evento   ben  diverso  da  un  giudizio  eventuale  e  successivo  su
comportamenti,  quale  puo'  essere  l'approvazione di una mozione di
sfiducia.  La  mancata  approvazione del programma esclude infatti ab
initio  ed  a priori la possibilita' per il Presidente e la Giunta di
operare  per  l'attuazione del programma e vanifica nella sostanza la
legittimazione  democratica  che  al  Presidente deriva dalla diretta
investitura  della  fiducia  popolare,  quale  prevista dall'art. 122
Cost.,   contraddicendo  la  stessa  ratio  di  tale  previsione  pur
condivisa a livello statutario.
    Se la previsione della necessita' di una maggioranza assoluta per
l'approvazione  di una specifica mozione di sfiducia va nel senso del
rafforzamento  della  stabilita'  dell'esecutivo, la previsione della
necessita'  di un approvazione consiliare del programma per l'entrata
in  funzione dell'esecutivo rappresenta invece un indebolimento della
posizione  del  Presidente  della  Giunta,  incompatibile  con la sua
investitura  popolare, sottoponendolo in pratica ad un'investitura di
secondo grado.
    Evidente l'assurdo di richiedere, dopo l'investitura da parte del
popolo, l'investitura da parte dei rappresentanti del popolo.
    Il  che  si  risolverebbe  in  una  limitazione  ed  anzi  in una
vanificazione della sovranita' popolare.
    Tenuto   anche  conto  dei  canoni  fondamentali  di  coerenza  e
ragionevolezza  di  cui  all'art. 3  Cost.,  oltre che delle ripetute
previsioni  degli artt. 122 e 126 Cost. nonche' dell'art. 1 Cost., la
norma   in  esame  non  puo'  dunque  ritenersi  in  armonia  con  la
Costituzione..
    4) Art. 47, comma 2.
    Secondo  la  norma  in  oggetto  «l'approvazione della mozione di
sfiducia  nei  confronti  del  Presidente  della  Giunta  comporta la
decadenza della Giunta e lo scioglimento del Consiglio».
    Tale  disposizione  non  appare  in  armonia  con  la  previsione
costituzionale   dell'art. 126,   comma   3,   Cost.,  per  la  quale
l'approvazione della mozione di sfiducia comporta le dimissioni della
Giunta e non la decadenza automatica di questo.
    Cio'  significa  che risultano limitati, rispetto alle previsioni
costituzionali, i poteri dell'esecutivo regionale. A questo, infatti,
nel  caso  di  dimissioni,  sia  pure  dovute,  compete  comunque una
valutazione  sui tempi delle medesime e quindi dello scioglimento del
Consiglio  regionale, con la conseguente possibilita', anche da parte
di  questo,  di porre in essere nel frattempo atti ritenuti necessari
ed  indifferibii,  che  non  potrebbero  in  ogni caso sottrarsi alla
verifica di legittimita' costituzionale..
    5) Art. 79, comma 2, in relazione al comma 1, lett. c).
    Il  Collegio  regionale  per  le  garanzie  statutarie, organo di
consulenza  della  Regione,  «esprime pareri e rende valutazioni» tra
l'altro,   sui   rilievi  di  compatibilita'  con  lo  Statuto  delle
«deliberazioni  legislative»  sollevati  da un quarto dei consiglieri
regionali (art. 79, comma 1, lett. c).
    Secondo   la  norma  in  oggetto  «il  Consiglio  regionale  puo'
deliberare  in  senso  contrario  ai  pareri  e  alle valutazioni del
Collegio con motivata decisione».
    La  disposizione,  di significato tutt'altro che chiaro e percio'
solo    censurabile,    si    presta    a   letture   diverse   tutte
costituzionalmente illegittime.
    Non e' chiaro in particolare:
        se  la  «deliberazione  legislativa»  di  cui al primo comma,
lett.  c)  sia ancora da adottare ed il parere del Collegio regionale
per  le  garanzie  statutarie  intervenga  solo  su di un progetto di
legge,  ovvero  se  la  «deliberazione  legislativa»  sia  gia' stata
adottata e quindi il parere anzidetto intervenga su di una legge gia'
approvata;
        se la deliberazione consiliare in senso contrario al parere e
alla  valutazione  del  Collegio regionale per le garanzie statutarie
«con  motivata decisione» di cui al comma 2, consista in una motivata
delibera  di approvazione della legge ovvero in una motivata delibera
di   riapprovazione  della  legge,  ovvero  ancora  se  la  «motivata
decisione»   consista   in   una  determinazione  amministrativa  del
Consiglio  regionale che preceda o accompagni la delibera legislativa
di  approvazione  o  di  riapprovazione della legge o che addirittura
segua  ad  una  legge  gia' definitivamente approvata come condizione
della sua promulgazione.
    Quello  che e' certo e' che il Collegio regionale per le garanzie
statutarie,  organo  burocratico amministrativo estraneo al Consiglio
regionale  e  privo  di  legittimazione  democratica  -  composto  da
«esperti»  non  meglio  statutariamente  qualificati  -  puo'  essere
coinvolto  nel  procedimento  legislativo  ove  almeno  un quarto dei
consiglieri formuli rilievi sulla compatibiita' del progetto di legge
con lo statuto.
        Orbene,   in   tutte   le   ipotesi   come  sopra  variamente
configurabili,   dato   l'effetto  giuridico  che  consegue  comunque
all'espressione del parere e della valutazione del Collegio regionale
per  le  garanzie  regionali, risulta palese l'aggravamento dell'iter
legislativo  con  illegittima interferenza sui poteri legislativi del
Consiglio  regionale  e/o  sui poteri di promulgazione del Presidente
della  Giunta  e  limitazione  dei  poteri stessi ad opera di un tale
organo amministrativo.
    La   valutazione  di  incompatibilita'  statutaria  espressa  dal
ripetuto  organo  amministrativo  blocca il procedimento legislativo.
Questo  puo'  proseguire  ed  arrivare a compimento solo in quanto il
Consiglio motivi (con atto ed in forme non puntualmente precisati) in
senso  contrario  alle  valutazioni  del  Collegio  regionale  per le
garanzie statutarie.
    L'imposizione  dell'obbligo  di  motivare «in senso contrario» al
parere  del  Collegio  di garanzia, limita l'esercizio della potesta'
legislativa  da  parte  del  Consiglio  regionale,  in  contrasto con
l'art. 121, comma 2 Cost. e viola il principio dell'irrilevanza della
motivazione  della norma frutto dell'attivita' legislativa, di natura
politica   e  libera  nei  fmi,  non  assoggettabile  ad  obbligo  di
motivazione.  Puo'  inoltre costituire, a seconda della ricostruzione
interpretativa  che  si  ritenga di dover seguire, un condizionamento
dei  poteri  del Presidente della Giunta in violazione dell'art. 121,
comma 4, Cost.
    Ne'  e'  chiaro se la motivazione del Consiglio regionale (organo
politico)  debba essere di natura tecnico giuridica, come sembrerebbe
deporre  il  riferimento  al  «senso  contrario» alla valutazione del
Collegio   di   garanzia   (e   come   avviene  per  i  provvedimenti
amministrativi    assunti   in   difformita'   dell'avviso   espresso
dall'organo   consultivo),  ovvero  possa  essere  una  decisione  di
contenuto  squisitamente  politico  e risolversi, quindi, nelle ovvia
assunzione di responsabilita' politica dell'iniziativa legislativa.
    In  entrambi  i  casi,  la necessita' di motivare per discostarsi
dalle  valutazioni  del Collegio di garanzia comporta, in definitiva,
«un'amministrativizzazione» della legge regionale (e del procedimento
legislativo).
    Neppure   e'  chiaro  se  l'eventuale  elusione  dell'obbligo  di
motivazione (approvazione definitiva e/o promulgazione della legge in
assenza  della  «motivata  decisione»  consiliare)  comporti un vizio
dell'atto  legislativo,  per  violazione della previsione statutaria,
deducibile in via principale e/o incidentale in sede costituzionale.
    In  quanto  poi  il parere del Collegio regionale per le garanzie
statutarie intervenga su di una legge gia' definitivamente approvata,
in  contraddizione  con  la natura di organo di consulenza di questo,
risulterebbe    violato    anche    l'art. 134   Cost.   in   ragione
dell'attribuzione  ad  un  organo  amministrativo  di un sindacato di
legittimita'   su  di  una  legge  produttivo  di  specifici  effetti
giuridici.
    6) Art. 86, comma 3, in relazione ai commi 1, 2, 4.
    L'art. 86  dello  statuto  prevede  (nei commi 1 e 2) che questo,
dopo   la   seconda   deliberazione,   venga   pubblicato   nel   BUR
(pubblicazione  notiziale)  «per  la decorrenza del termine di trenta
giorni    per    l'eventuale   impugnazione»   dinanzi   alla   Corte
costituzionale  e  che,  dopo  l'inutile  decorso  del  detto termine
(ovvero,   e'   da   ritenere,   dopo   la  reiezione  dell'eventuale
impugnazione  (1)),  venga nuovamente pubblicato (altra pubblicazione
notiziale)  «per  la  decorrenza del termine di tre mesi utile per la
presentazione  della  richiesta di referendum popolare confermativo».
Nel  comma  quarto  prevede  poi  che  lo  Statuto  sia  promulgato e
pubblicato  (pubblicazione  necessaria  per  l'entrata in vigore) nel
caso  in  cui,  trascorso  il  termine  di  tre  mesi,  non sia stato
richiesto  il referendum ovvero, nel caso di richiesta di referendum,
questo sia stato approvato dalla maggioranza dei voti validi.
    L'eventualita'  che,  proposta  l'impugnativa  per  il  controllo
preventivo  di legittimita' costituzionale questo si concluda con una
pronunzia di illegittimita', e' considerata nel terzo comma, il quale
stabilisce   che   «l'impugnazione   sospende  la  pubblicazione  nel
Bollettino  Ufficiale  della  Regione;  dopo  la sentenza della Corte
costituzionale  lo  statuto  e'  riesaminato  dal Consiglio regionale
limitatamente   alle   disposizioni  dichiarate  illegittime  per  le
deliberazioni  consequenziali.  Lo  statuto subito dopo e' pubblicato
nel Bollettino Ufficiale della Regione».
    Dell'infelice  formulazione  della  norma  (che non fa cenno, tra
l'altro,  alla  necessita' della doppia deliberazione per l'eventuale
sostituzione  di  disposizioni  dichiarate illegittime) possono darsi
diverse  letture,  tutte  costituzionalmente incompatibili e comunque
non in armonia con la Costituzione.
    In  una  prima  lettura  sembrerebbe  desumersi che il termine di
trenta giorni per l'impugnativa, decorrente dalla prima pubblicazione
notiziale,  rimanga  sospeso per effetto dell'impugnazione medesima e
che,  «subito  dopo»  il  riesame e le nuove deliberazioni consiliari
consequenziali  alle intervenute dichiarazioni di illegittimita', con
la  successiva  pubblicazione  notiziale lo stesso termine riprenda a
decorrere, ai fini di un'eventuale nuova impuguativa relativa a dette
delibere  consequenziali,  per  quanto  ancora residui degli iniziali
trenta  giorni.  Si  avrebbe,  in  questo  modo,  una limitazione del
termine entro il quale promuovere l'eventuale controllo preventivo di
legittimita'   sulle   nuove  disposizioni  statutarie,  che  sarebbe
soltanto quello che, sul totale degli iniziali trenta giorni, residui
dalla  sospensione  determinata  dalla precedente impugnativa. Palese
dunque  l'illegittimita'  della  norma  che  verrebbe a comprimere il
termine  per  promuovere  il  controllo  preventivo  di  legittimita'
stabilito  dalla  norma  costituzionale  (art. 123, comma 2, Cost.) o
addirittura  a  vanificarlo  se  la  prima  impugnativa  fosse  stata
(legittimamente) proposta nell'ultimo dei trenta giorni utili.
    Nella  logica  seguita  dai  primi  due  commi  dell'art. 86,  di
prevedere  pubblicazioni  notiziali  diverse ai fini della decorrenza
del termine per l'impugnazione e, rispettivamente, del termine per la
richiesta  di  referendum,  una seconda lettura del comma terzo dello
stesso  articolo  porterebbe  a ritenere che esso postali addirittura
un'inesplicabile  esclusione  della  possibilita'  di  promuovere  il
controllo  di  legittimita'  costituzionale  sulle nuove disposizioni
statutarie   e   che   la  pubblicazione  notiziale  successiva  alle
deliberazioni   consequenziali  ad  una  precedente  declaratoria  di
illegittimita'    della    Corte   costituzionale   sia   finalizzata
esclusivamente   a   far   decorrere  il  termine  per  la  richiesta
referendaria.  Questa  seconda interpretazione, che conduce anch'essa
alla  conclusione  dell'illegittimita'  della norma per contrasto con
l'art. 123  Cost.,  sembra avallata dalle previsioni del comma quarto
dell'art. 86,  in  quanto  si  ritenga che il termine di tre mesi ivi
considerato  decorra  appunto  dalla  pubblicazione  notiziale di cui
all'ultima parte del terzo comma che immediatamente precede.
    Una  terza lettura del comma terzo dell'art. 86, secondo la quale
la   pubblicazione   notiziale   successiva  alle  ripetute  delibere
consequenziali  ad  un precedente annullamento in sede di giudizio di
costituzionalita'  farebbe  decorrere  sia il termine per l'ulteriore
controllo  di  legittimita'  costituzionale riferito a dette delibere
sia  il  termine  per la richiesta di referendum, oltre a contrastare
con  il  rilevato collegamento topografico tra ultima parte del comma
terzo e prima parte del comma quarto, evidenzierebbe un'incoerenza di
sistema  interna allo stesso art. 86, venendo a contraddire la regola
risultante  dai  primi  due  commi  che vuole ricondurre a differenti
pubblicazioni   notiziali  la  decorrenza  dei  diversi  termini  per
l'iniziativa  del  controllo  preventivo  di  legittimita'  e  per la
richiesta   di   referendum.   Le  varie  articolazioni  dell'art. 86
risponderebbero,  in  altre parole, a logiche diverse e contrastanti,
in violazione dell'art. 3 Cost..
    Non   sembrerebbe   infine   praticabile   un'ulteriore  lettura,
ugualmente obliteratrice del collegamento formale tra le due ripetute
disposizioni  ed  assertiva di un salto nell'enunciato normativo, che
portasse  a  ritenere  la  pubblicazione  notiziale di cui all'ultima
parte  del comma terzo funzionale solo alla decorrenza del termine di
trenta giorni per promuovere un nuovo controllo di legittimita' e che
il  termine  menzionato nella prima parte del comma quarto decorresse
invece    da    un'ulteriore   successiva   pubblicazione   notiziale
implicitamente  presupposta.  Ricostruzione  ostacolata dalla lettera
della   legge  e  che  determinerebbe  un  abnorme  ed  irragionevole
allungamento  dei  termini  del  procedimento,  in  violazione  degli
artt. 3 e 123 Cost.
    Non   appare   comunque   in   armonia  con  la  Costituzione  la
dissociazione  degli  effetti  della  pubblicazione  notiziale  dello
Statuto   all'interno   della  sua  unitaria  funzione  di  provocare
l'apertura   dei   termini   previsti   dai  commi  secondo  e  terzo
dell'art. 123  Cost..  Dissociazione che, limitando inammissibilmente
gli   effetti   legali   dell'atto   costituzionalmente  considerato,
costituisce  il fulcro della disciplina statutaria di reiterazione di
una  pubblicazione notiziale di identico contenuto, per farla fungere
prima   come  momento  iniziale  per  il  solo  decorso  del  termine
dell'iniziativa  del  controllo preventivo di legittimita' e poi come
momento iniziale per il solo termine di presentazione della richiesta
di referendum.
              1) Ipotesi peraltro non esplicitata.