Ricorso della Regione Toscana, in persona del Presidente pro tempore, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 1000 in data 11 ottobre 2004, rappresentato e difeso, per mandato in calce al presente atto, dagli avvocati Lucia Bora e Fabio Lorenzoni e presso lo studio di quest'ultimo elettivamente domiciliato in Roma, via del Viminale n. 43. Contro il presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'articolo 1: comma 2, lettera c); comma 4, lettere c) ed f); comma 7, lettere g), h) e i); comma 8, lettera a), punto 3) e punto 7); comma 8, lettera b), punto 3); comma 24, lettera a); comma 26; comma 33; commi 56, 57 e 58; commi 77, 78, 79, 80, 81, 82 e 83; comma 84; comma 121, della legge 23 agosto 2004, n. 239, avente ad oggetto «Riordino del settore energetico, nonche' delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia». Nella Gazzetta Ufficiale n. 215 del 13 settembre 2004 e' stata pubblicata la legge 23 agosto 2004, n. 239. Dopo gli interventi eccezionali e provvisori dettati con le leggi n. 55/2002 e n. 290/2003 (in relazione a quest'ultima e' fissata, per il prossimo 30 novembre, l'udienza di discussione della questione di legittimita' costituzionale sollevata dalla Regione Toscana), e' quindi stata approvata la nuova legge sull'energia, intesa come insieme di attivita', essenzialmente tecnico-economiche, che in diverso modo riguardano energie in senso proprio e fonti di energia, come elettricita', gas e idrocarburi, geotermia e calore prodotto da altre fonti. La materia e' oggetto di normativa comunitaria: per quanto attiene ai due principali settori dell'elettricita' e del gas rilevano le direttive 96/92/CE e 98/30/CE, ora sostituite dalle direttive 2003/54 CE e 2003/55/CE. Il decreto legislativo n. 79/1999 (di attuazione della direttiva 96/92), con riferimento all'energia elettrica, menziona le attivita' di produzione, importazione, esportazione, acquisto, vendita, trasmissione, dispacciamento, distribuzione; sono altresi' disciplinati la rete di trasmissione nazionale, sotto il profilo della manutenzione, dello sviluppo e della gestione, ed il mercato elettrico. Quanto al gas naturale, il decreto legislativo n. 164/2000 (di recepimento della direttiva 98/30) prevede le attivita' di coltivazione, esportazione, importazione, stoccaggio, trasporto, dispacciamento, distribuzione e vendita. Con riferimento agli idrocarburi la legge n. 9/1991 prevede, oltre alle attivita' di prospezione e ricerca dei giacimenti, le attivita' produttive di coltivazione dei giacimenti, la lavorazione e il deposito di oli minerali. Quanto alla geotermia il d.P.R. n. 395/1991 detta una disciplina che include la ricerca e lo sfruttamento dei giacimenti; per la fase di produzione la normativa si ricollega con quella dell'energia elettrica, salva la collaterale produzione di calore. L'energia, come risultante dall'insieme delle attivita' specificate dalla richiamata legislazione, e' materia complessa quanto a competenze legislative ed amministrative: essa infatti non e' inclusa tra le materie che l'art. 117, secondo comma Cost. riserva in via esclusiva allo Stato; presenta alcuni aspetti interferenti con le competenze statali comunemente dette di tipo trasversale (come la «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale»; la «tutela della concorrenza»); e' soggetta alla potesta' legislativa concorrente per quanto attiene alla «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» e alla potesta' legislativa residuale regionale per i restanti profili; interferisce infine anche con altri ambiti di competenza concorrente quali, precisamente, il governo del territorio, la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali (per quanto attiene alla localizzazione e realizzazione delle infrastrutture) e la tutela della salute (per quanto attiene alla gestione degli impianti). La Corte costituzionale ha poi rilevato che l'energia e' una materia in cui vengono in rilievo le esigenze di carattere unitario che, in applicazione del principio di sussidiarieta', giustificano l'allocazione a livello statale di funzioni amministrative, ma, al contempo, ha affermato che, per contemperare le esigenze di sussidiarieta' con le competenze regionali, e' imprescindibile che la normativa preveda adeguati meccanismi di cooperazione e di accordo tra lo Stato e le Regioni stesse (sentenza n. 6/2004). Le norme che si impugnano con il presente ricorso non rispettano le suddette attribuzioni costituzionali delle Regioni: non sono previsti adeguati meccanismi di intesa; per quanto attiene alla distribuzione dell'energia l'art. 117, terzo comma Cost. fa riferimento alla «distribuzione nazionale», mentre nella legislazione statale sopra richiamata la distribuzione ha una connotazione locale tanto per l'energia che per il gas (art. 9 del decreto legislativo n. 79/1999 e art. 14 del decreto legislativo n. 164/2000). Anche secondo la definizione delle due recenti direttive comunitarie (dir. 2003/54/CE e 2003/55/CE) la distribuzione e' considerata in generale come trasporto in aree delimitate ed in funzione della consegna ai clienti. Da tutto cio' consegue che la «distribuzione locale» dell'energia, che ha un fondamento normativo, non e' soggetta a potesta' legislativa concorrente ne' e' riservata allo Stato, ma rientra nella potesta' legislativa residuale regionale, ai sensi dell'art. 117, quarto comma Cost. Tanto premesso in via generale, le norme impugnate sono incostituzionali per i seguenti motivi di Diritto 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2, lettera c) per violazione degli artt. 117 e 118 Cost. La disposizione stabilisce che le attivita' di distribuzione di energia elettrica e gas naturale a rete, di esplorazione, coltivazione, stoccaggio sotterraneo di idrocarburi, nonche' di trasmissione e dispacciamento di energia elettrica sono attribuite in concessione secondo le disposizioni di legge. Come appena rilevato, la distribuzione locale e' materia affidata alla potesta' legislativa residuale delle Regioni; da cio' consegue che deve ritenersi ad esse spettante decidere come debba essere esercitata la relativa attivita', funzionale all'erogazione di un servizio pubblico. Cio' anche considerando che puo' avere un senso prevedere la «concessione» delle attivita' di distribuzione di energia in quanto vi sia, a monte, una riserva - qui non prevista - in mano pubblica. Spetta dunque all'Amministrazione regionale decidere con quali istituti giuridici garantire la distribuzione dell'energia. 2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 4, lett. c) per violazione degli articoli 117, 118 e 119 Cost. La disposizione impone allo Stato e alle Regioni, preposti ad assicurare i livelli essenziali delle prestazioni concernenti l'energia, di garantire l'assenza di oneri di qualsiasi specie che abbiano effetti economici anche indiretti fuori dall'ambito territoriale delle autorita' che li prevedono: dunque le azioni che in materia di energia le Regioni sono legittimate a programmare e realizzare devono rispettare il suddetto obbligo all'interno del territorio regionale. Data la vaghezza e la generalita' della categoria «effetto economico indiretto» risulta che ogni politica regionale nel settore energetico puo' essere impedita, stante il vincolo in questione. Tale previsione, quindi, e' idonea a bloccare a comunque limitare pesantemente l'esercizio delle competenze sia legislative che amministrative regionali in materia di energia, con conseguente sussistenza della denunciata illegittimita'. La disposizione si pone altresi' in contrasto con l'art. 119 Cost. perche' l'indeterminatezza della dizione usata (effetto economico indiretto) puo' diventare uno strumento per limitare anche l'autonomia di entrata e di spesa riconosciuta alle Regioni dalla citata norma costituzionale. 3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 4, lett. f) per violazione degli artt. 117 e 118 Cost., anche in relazione agli artt. 3 e 97 Cost. In base a questa disposizione lo Stato e le Regioni garantiscono l'adeguato equilibrio territoriale nella localizzazione delle infrastrutture energetiche, prevedendo eventuali misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale qualora esigenze connesse agli indirizzi strategici nazionali richiedano concentrazioni territoriali di attivita', impianti e infrastrutture ad elevato impatto territoriale, con esclusione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili. Pertanto la norma stabilisce che per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili non possano essere previste misure di riequilibrio territoriale. Questa particolare statuizione appare lesiva delle competenze regionali in materia di governo del territorio, stante la incidenza che anche gli impianti alimentati da fonti rinnovabili possono avere sul territorio. La stessa disposizione inoltre non puo' essere ritenuta costituzionale neppure se considerata principio fondamentale, perche', in tale caso si tratterebbe di un principio illogico ed irrazionale per disparita' di trattamento e per violazione dei canoni di buona amministrazione (artt. 3 e 97 Cost.). Infatti, poiche' anche gli impianti alimentati da fonti rinnovabili possono avere un forte impatto territoriale, non si comprende perche' gli stessi debbano a priori essere esclusi da ogni previsione di possibile riequilibrio ambientale e territoriale. 4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 7, lettere g) e h), per violazione degli artt. 117 e 118 Cost. - Violazione del principio di leale collaborazione. Il settimo comma elenca i compiti che sono riservati allo Stato e, tra questi, alle lettere g) e h) include l'identificazione delle linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale, con riferimento all'articolazione territoriale delle reti infrastrutturali energetiche dichiarate di interesse nazionale ai sensi delle leggi vigenti, nonche' la programmazione di grandi reti infrastrutturali energetiche dichiarate di interesse nazionale. Tali previsioni escludono del tutto le regioni dalla programmazione delle reti infrastrutturali energetiche di interesse nazionale e dalla loro articolazione territoriale. E' incontestabile che la programmazione delle reti energetiche nazionali incide sulle competenze regionali, per l'interferenza con le attribuzioni che l'art. 117 Cost. affida alle Regioni in materia di energia ed anche - come rilevato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 6/2004 - per il particolare impatto che le infrastrutture energetiche hanno su tutta una serie di funzioni regionali relative al governo del territorio, alla tutela della salute, alla valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, al turismo. Percio', in applicazione dei principi espressi dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 303/2003 e n. 6/2004, il contemperamento delle competenze statali e regionali coinvolte dalla programmazione della rete energetica nazionale deve essere assicurato tramite la previsione dell'intesa. Cosi', del resto, e' previsto per il settore del gas, ai sensi del medesimo art. 1, comma ottavo, lettera b), punto 2, in base al quale lo Stato provvede ad individuare la rete nazionale di gasdotti di intesa con la Conferenza unificata e, parimenti, per gli olii minerali in relazione ai quali, sempre il medesimo art. 1, ottavo comma, lett. c), punto 6, affida allo Stato l'individuazione della rete nazionale di oleodotti di intesa con la Conferenza unificata. Non si comprende, quindi, perche' lo stesso coinvolgimento regionale non sia previsto per la programmazione delle reti infrastrutturali energetiche nazionali. Di qui la denunciata illegittimita' costituzionale delle lettere g) e h) per la mancata previsione dell'intesa con la Conferenza Stato-Regioni ovvero con la Conferenza unificata e, quindi, per la violazione degli artt. 117 e 118 Cost., nonche' del principio di leale collaborazione. 5) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 7, lettera i) per violazione degli artt. 117 e 118 Cost. - Violazione del principio della leale collaborazione. La disposizione affida allo Stato l'individuazione delle infrastrutture e degli insediamenti strategici, ai sensi della legge n. 443/2001 e del decreto legislativo n. 190/2002, al fine di garantire la sicurezza strategica, ivi inclusa quella degli approvvigionamenti energetici e del relativo utilizzo, il contenimento dei costi dell'approvvigionamento energetico del Paese, lo sviluppo delle tecnologie innovative per la generazione di energia elettrica e l'adeguamento della strategia nazionale a quella comunitaria per le infrastrutture energetiche. La Corte costituzionale, nella sentenza n. 303/2003, ha rilevato che la classificazione delle infrastrutture come opere interregionali, l'individuazione delle opere strategiche, la loro localizzazione e l'approvazione dei relativi progetti, ai sensi della legge n. 443/2001 e del decreto legislativo n. 190/2002, devono essere disposte d'intesa con la regione interessata: solo la previsione di tale forma di collaborazione infatti consente di ritenere la legge statale - interferente in ambiti materiali non riservati allo Stato - non invasiva delle attribuzioni regionali, ma corretta applicazione dei principi di sussidiarieta' ed adeguatezza. La disposizione qui contestata non prevede invece alcuna intesa con la regione con conseguente illegittimita' costituzionale della norma, per violazione dei principi enunciati nella citata sentenza costituzionale e, quindi, per violazione degli artt. 117 e 118 Cost. e del principio di leale collaborazione. 6) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 8, lettera a), punto 3, per violazione degli artt. 117 e 118 Cost. - Violazione del principio della leale collaborazione. Il comma ottavo elenca i compiti e le funzioni esercitati dallo Stato; i punti elencati alla lettera a) riguardano le competenze statali nel settore elettrico. La disposizione censurata stabilisce che compete allo Stato l'approvazione degli indirizzi di sviluppo della rete di trasmissione nazionale, considerati anche i piani regionali di sviluppo del servizio elettrico. Tale censura si ricollega a quanto esposto al precedente punto 4; in particolare la programmazione della rete nazionale e quindi anche gli indirizzi di sviluppo della rete stessa devono essere elaborati ed approvati con il coinvolgimento regionale, stante la connessione, l'intersezione e l'incidenza di queste scelte programmatorie con le competenze regionali in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia e nelle materie del governo del territorio, tutela della salute, valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, turismo. Percio', in applicazione dei principi espressi dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 303/2003 e n. 6/2004, il contemperamento delle competenze statali e regionali coinvolte dalla programmazione della rete energetica nazionale, comprendente anche lo sviluppo della rete di trasmissione nazionale, deve essere assicurato tramite la previsione dell'intesa. Di qui la denunciata illegittimita' costituzionale della disposizione, per la mancata previsione dell'intesa con la Conferenza Stato-Regioni ovvero con la Conferenza unificata e, quindi, per violazione degli artt. 117 e 118 Cost. e del principio di leale collaborazione. 7) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 8, lettera a) punto 7, per violazione degli artt. 117 e 118 Cost. - Violazione del principio della leale collaborazione. La disposizione prevede che lo Stato definisca i criteri generali per le nuove concessioni di distribuzione dell'energia elettrica e per l'autorizzazione alla costruzione e all'esercizio degli impianti di generazione di energia elettrica di potenza termica superiore ai 300MW, sentita la Conferenza unificata e tenuto conto delle linee generali dei piani energetici regionali. Le nuove concessioni di distribuzione dell'energia attengono a competenze regionali; precisamente la distribuzione non nazionale non e' contemplata tra le funzioni riservate allo Stato, ne' tra quelle soggette a potesta' legislativa concorrente, con la conseguenza che - come sopra gia' rilevato - per la distribuzione locale, e quindi anche per le relative concessioni, sussiste una competenza regionale piena ai sensi dell'art. 117, quarto comma Cost. Invece la distribuzione nazionale e le relative concessioni, come pure la generazione dell'energia elettrica e quindi l'autorizzazione alla costruzione e all'esercizio degli impianti di generazione rientrano nella materia soggetta a potesta' legislativa concorrente in cui quindi compete allo Stato determinare i principi: principi che devono essere stabiliti con legge o atto legislativo e devono essere rivolti al legislatore regionale chiamato a disciplinare organicamente la materia. Tanto premesso, la disposizione impugnata stabilisce che lo Stato, anche avvalendosi dell'Autorita' per l'energia elettrica ed il gas, determini i criteri per le nuove concessioni di distribuzione (sia nazionale che locale) e per le autorizzazioni alla costruzione ed esercizio degli impianti: si prevedono quindi criteri statali per l'esercizio di funzioni amministrative attinenti a materie regionali, funzioni che lo Stato stesso non trattiene a se' in sussidiarieta': la norma percio' viola gli artt. 117 e 118 Cost. i quali non consentono all'Amministrazione statale di dettare criteri per l'esercizio di funzioni amministrative che la legge regionale deve allocare e disciplinare. In denegata ipotesi, ove si ritenga che il sistema costituzionale consenta allo Stato di dettare criteri per l'esercizio di funzioni amministrative che devono essere disciplinate dalla legge regionale, e' necessario che detti criteri siano stabiliti d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni e che a tale intesa sia riconosciuto il carattere di intesa «forte»; diversamente, infatti, il potere statale di dettare i previsti criteri verrebbe a condizionare l'esercizio delle potesta' regionali. In tal senso, del resto, e' disposto dalla successiva lettera c), punto 5) per gli olii minerali; ai sensi di tale norma, i criteri e le modalita' per il rilascio delle autorizzazioni all'installazione e all'esercizio degli impianti di lavorazione e di stoccaggio di olii minerali sono individuati di intesa con la conferenza unificata. La norma impugnata invece non prevede neanche tale intesa, ma prevede un mero parere non vincolante della conferenza ed e' pertanto incostituzionale. 8) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 8, lett. b), punto 3, per violazione degli artt. 117 e 118 Cost. - Violazione del principio di leale collaborazione. La lettera b) riguarda il gas naturale. La disposizione impugnata affida allo Stato le determinazioni inerenti lo stoccaggio di gas naturale in giacimento. Tale stoccaggio non rientra tra le attivita' oggetto di materie affidate allo Stato, ne' tra quelle di cui al terzo comma dell'art. 117 Cost. Pertanto compete alla regione normare in merito, allocando e disciplinando le funzioni in questione, con la conseguente illegittimita' costituzionale denunciata. In denegata ipotesi in cui sia ritenuto che lo Stato possa dettare norme come quella in esame, in applicazione del principio di sussidiarieta', resta la prospettata censura, perche' non e' prevista l'intesa con le regioni, indubbiamente necessaria in considerazione delle pesanti ricadute sul territorio regionale dell'esercizio delle funzioni in parola. 9) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 24, lettera a), per violazione degli artt. 117 e 118 Cost. - Violazione del principio di leale collaborazione. Il comma in esame alla lettera a) sostituisce il comma secondo dell'art. 1-ter della legge n. 239/2003, prevedendo che il Ministro delle attivita' produttive emana gli indirizzi per lo sviluppo delle reti nazionali di trasporto di energia elettrica e di gas naturale e verifica la conformita' dei piani di sviluppo predisposti, annualmente, dai gestori delle reti di trasporto con gli indirizzi medesimi. La censura in oggetto si ricollega a quanto esposto ai precedenti punti 4 e 6; in particolare la programmazione della rete nazionale e quindi anche gli indirizzi per lo sviluppo della rete stessa devono essere elaborati ed approvati con il coinvolgimento regionale, per la connessione, l'intersezione e l'incidenza di queste scelte programmatorie con le competenze regionali sia in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia che in materia del governo del territorio. Percio', in applicazione dei principi espressi dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 303/2003 e n. 6/2004, il contemperamento delle competenze statali e regionali coinvolte dalla programmazione della rete energetica nazionale, comprendente anche lo sviluppo delle reti nazionali di trasporto di energia elettrica e di gas e la verifica circa la conformita' dei piani di sviluppo presentati dai gestori rispetto a detti indirizzi, deve essere assicurato tramite la previsione dell'intesa. Di qui la denunciata illegittimita' costituzionale della disposizione, per la mancata previsione dell'intesa con la Conferenza Stato-Regioni ovvero con la Conferenza unificata e, quindi, per violazione degli artt. 117 e 118 Cost. e del principio di leale collaborazione. 10) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 26 per violazione degli artt. 117, 118 e 120 Cost. - Violazione del principio della leale collaborazione. Il comma in esame modifica l'art. 1-sexies del decreto-legge n. 239/2003, convertito nella legge 27 ottobre 2003, n. 290, che disciplinava il procedimento di autorizzazione per le reti di trasporto di energia e per gli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici. In particolare la norma in esame sostituisce i commi da 1 a 4 del citato art. 1-sexies: in base alla nuova disciplina la costruzione e l'esercizio degli elettrodotti facenti parte della rete nazionale di trasporto dell'energia elettrica sono soggetti all'autorizzazione statale rilasciata - a seguito di un procedimento unico al quale partecipano anche le altre amministrazioni interessate - previa intesa con le regioni; e' altresi' previsto che il procedimento di V.I.A., laddove necessario, costituisca parte integrante del procedimento autorizzatorio. La disciplina in esame modifica l'assetto delle competenze gia' disciplinato dal decreto legislativo n. 112/1998. Gli artt. 29 e 30 di quest'ultimo attribuivano alle regioni le funzioni amministrative, comprese quelle di autorizzazione alla costruzione ed esercizio di impianti di produzione di energia elettrica di potenza inferiore a 300 MW termici e delle reti di trasporto con tensione sino a 150 KV: dunque le competenze erano ancorate al dato oggettivo del voltaggio. Ora invece si riconducono alla competenza statale tutte le funzioni autorizzative relative alla rete nazionale e tale concetto e' molto «elastico»: precisamente, ai sensi dell'art. 3 del decreto legislativo n. 79/1999, l'ambito di tale rete e' determinato con decreto del Ministero dell'industria, senza alcun coinvolgimento regionale (dato che il citato decreto n. 79 e' stato emanato nella vigenza del precedente assetto costituzionale nel quale le regioni non avevano competenze in materia di energia). E' ben noto che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 6/2004, ha dichiarato costituzionalmente legittima l'attrazione a livello statale delle suddette funzioni amministrative di autorizzazione alla costruzione ed esercizio degli elettrodotti, in applicazione del principio di sussidiarieta' di cui all'art. 118 Cost., a condizione, pero' che siano previste le attivita' concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese che devono essere condotte in base al principio di lealta' sul punto la sentenza n. 6/2004 richiama la precedente sentenza n. 303/2003). E su questo specifico aspetto dell'intesa la sentenza n. 6/2004 testualmente rileva: «Appare evidente che quest'ultima va considerata come un'intesa "forte", nel senso che a suo mancato raggiungimento costituisce ostacolo insuperabile alla conclusione del procedimento - come del resto ha riconosciuto anche l'Avvocatura dello Stato - a causa del particolarissimo impatto che una struttura produttiva di questo tipo (anche in quel caso venivano in considerazione gli impianti per l'energia elettrica) ha su tutta una serie di funzioni regionali relative al governo del territorio, alla tutela della salute, alla valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, al turismo, etc.». Il comma 4-bis, introdotto dal comma 26 in esame, e' oggetto della presente censura: esso, infatti, prevede che se non e' raggiunta l'intesa sull'autorizzazione per la costruzione e l'esercizio di elettrodotti, lo Stato agisce in via sostituiva ai sensi dell'art. 120 Cost., con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro delle attivita' produttive previo concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. Per molteplici aspetti il comma 4-bis e' incostituzionale. In primo luogo si pretende di far uso del potere sostitutivo in assenza dei presupposti costituzionali di cui all'art. 120 Cost. Il potere delineato da tale disposizione infatti e' esercitabile soltanto in presenza delle emergenze istituzionali di particolare gravita' contemplate dalla norma stessa e dunque costituisce uno strumento di estrema ratio. Nella fattispecie in esame, invece, si prevede il ricorso al potere sostitutivo dell'art. 120 ordinariamente in tutti i casi in cui non sia stata raggiunta l'intesa sull'autorizzazione e, quindi, non solo nei casi di inerzia regionale (ipotesi in cui puo' giustificarsi la sostituzione), ma anche nei casi in cui la Regione abbia manifestato il suo motivato dissenso sull'ipotesi formulata dall'Autorita' statale, chiedendo soluzioni alternative. Ne' puo' dirsi che il generico rinvio al «rispetto dei principi di sussidiarieta' e leale collaborazione» contenuto nella disposizione sia idoneo ad evitare l'automatico superamento del dissenso attraverso la mera sostituzione: spetta infatti al legislatore disciplinare in modo preciso i presupposti e le modalita' procedurali per l'esercizio del potere sostitutivo, affinche' sia salvaguardata la natura dell'intesa tra Stato e Regioni, quale effettivo strumento di codeterminazione paritaria della decisione da assumere. In merito la giurisprudenza costituzionale ha piu' volte rilevato che la legge che prevede il potere sostitutivo deve definire i presupposti sostanziali e procedurali del medesimo e predisporre garanzie procedurali in base alle quali l'ente sostituito sia messo in grado di interloquire con gli organi deputati alla sostituzione e di evitare la sostituzione stessa (tra le tante: sent. n. 338/1989; n. 419/1995; n. 172/2004; n. 227/2004; n. 240/2004). Il comma 4-bis qui contestato non rispetta alcuno dei citati criteri legittimanti la previsione del potere sostitutivo. In secondo luogo, la norma viola ancora l'art. 120 Cost. essendo ormai insito nel nostro sistema costituzionale che, tra le garanzie necessarie nella previsione del potere sostitutivo, e' incluso il rispetto della regola di proporzionalita' tra i presupposti che nello specifico caso legittimano l'intervento sostitutivo ed il contenuto e l'estensione del relativo potere; in mancanza di tale proporzionalita' la sostituzione ridonda in un'ingiustificata compressione dell'autonomia regionale Corte cost. sent. nn. 177 e 294/1986). La generica previsione del potere sostitutivo, l'indeterminatezza dei presupposti, l'attivazione del medesimo a fronte di ogni ipotesi di mancata intesa violano sicuramente il rispetto della regola di proporzionalita', richiamata anche dall'art. 8 della legge n. 131/2003. In terzo luogo - ma e' il motivo di maggiore rilevanza - la disposizione che si esamina declassa l'intesa da forte a debole e percio' la trasforma in strumento non piu' idoneo a garantire il rispetto del principio di leale collaborazione, essenziale in tutti i casi in cui vi sia interferenza tra competenze statali e regionali. La Corte costituzionale ha chiarito che l'intesa consiste in una «paritaria codeterminazione del contenuto dell'atto» ed essa non puo' in alcun modo essere declassata a «mera attivita' consultiva non vincolante» (sentenze n. 351/1991; n. 27/2004). Nella citata sentenza n. 6/2004 la Corte costituzionale, proprio in riferimento alla materia dell'energia ed al procedimento di autorizzazione in esame, ha dichiarato che l'intesa e' da considerarsi in senso forte «nel senso che il suo mancato raggiungimento costituisce ostacolo insuperabile alla conclusione del procedimento», stante l'impatto che una struttura produttiva come l'impianto energetico ha su molteplici funzioni regionali (governo del territorio, tutela della salute, turismo, valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, ecc.). La norma in esame, con la previsione che la mancata intesa consente l'attivazione del potere sostitutivo e, dunque, la unilaterale conclusione del procedimento da parte dello Stato, si pone in netto contrasto con il suddetto orientamento espresso dalla Corte costituzionale, violando gli artt. 117 e 118 Cost. perche' le competenze regionali non possono piu' trovare espressione in quel punto di equilibrio rappresentato dall'intesa forte. Oltre tutto - si ripete - l'attivazione di tale potere sostitutivo e' ammessa indifferentemente sia a fronte dell'inerzia regionale rispetto all'attivazione della procedura dell'intesa, sia a fronte del ben diverso caso in cui l'intesa non sia raggiunta perche' la regione ha espresso il proprio articolato dissenso. In tal caso l'applicazione del principio di leale collaborazione impone di trovare una diversa soluzione su cui sia raggiungibile l'intesa e non certo di prevedere la sostituzione dell'amministrazione regionale. Come gia' accennato sopra e' solo il legislatore che puo' e deve procedimentalizzare l'intesa per assicurarne il carattere «forte», percio' occorre la disciplina di un procedimento teso a favorire l'avvicinamento delle parti su una posizione consensuale. Diversamente l'intesa viene declassata in un parere non vincolante; ma questo non e' compatibile con l'assetto costituzionale delle competenze e con il principio di leale collaborazione, come chiarito nelle sentenze costituzionali nn. 6 e 27 del 2004 sopra richiamate. Quand'anche si riconduca il potere sostitutivo alla logica generale della sussidiarieta', resta comunque che nei casi in cui il conseguimento delle esigenze unitarie interferisce in modo rilevante con ambiti materiali di competenza regionale cio' che avviene sicuramente a fronte dell'autorizzazione alla costruzione ed esercizio degli elettrodotti, come rilevato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 6/2004) l'intesa deve essere forte. Nel caso in esame il legislatore statale non ha disciplinato il procedimento dell'intesa si' da garantirne il carattere necessario per il rispetto delle competenze costituzionali di tutti gli enti di governo coinvolti. Per gli stessi motivi sopra esposti e' incostituzionale anche il comma 4-ter dell'art. 1-sexies introdotto dal comma 26 in oggetto, in quanto estende la rinnovata disciplina per il rilascio dell'autorizzazione, compresa la previsione del potere sostitutivo statale, anche ai procedimenti autorizzatori in corso all'entrata in vigore della legge in esame. 11) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 33, per violazione degli artt. 117 e 118 Cost. - Violazione della leale collaborazione. La disposizione prevede che sono fatte salve le concessioni di distribuzione di energia elettrica in essere, ivi compresa, per quanto riguarda l'attivita' di distribuzione, la concessione di cui all'art. 14, comma primo, del d.l. n. 333/1992, convertito in legge n. 359/1992. Ancora e' previsto che il Ministro delle attivita' produttive, sentita l'Autorita' per l'energia elettrica ed il gas, anche al fine di garantire la parita' di condizioni puo' proporre modifiche e variazioni delle clausole contenute nelle relative convenzioni. La norma in sostanza congela le concessioni di distribuzione in essere sino al 31 gennaio 2030 (secondo quanto gia' previsto, ma prima della riforma del Titolo V, dal decreto legislativo n. 79/1999, art. 9) nonche', per quanto riguarda l'attivita' di distribuzione, la concessione di cui all'art. 14, comma 1, del d.l. n. 333/1992 (attribuita con d.m. 28 dicembre 1995 all'ENEL sino all'11 luglio 2032). La stessa norma consente al Ministro di apportare modifiche alle relative convenzioni. Come gia' piu' volte rilevato, la distribuzione locale dell'energia e' materia affidata alla potesta' regionale residuale e la distribuzione nazionale e' soggetta alla potesta' legislativa concorrente: quindi compete alla Regione legiferare in merito alle concessioni di distribuzione in essere ed esercitare i poteri relativi ai rapporti in essere con le imprese di distribuzione, ovviamente nel rispetto dell'affidamento dei concessionari. Da cio' deriva l'illegittimita' della disposizione, per violazione degli artt. 117 e 118 Cost. perche' essa, in contrasto con le competenze regionali introdotte in materia di energia dalla riforma costituzionale, limita la potesta' regionale in merito alle concessioni di distribuzione gia' in essere ed affida al Ministro, ed unicamente a quest'ultimo, il potere di proporre modifiche e variazioni alle clausole convenzionali delle concessioni medesime. Tale potere di proporre modifiche e variazioni, invece, compete alle regioni cui, ora, sono affidate le competenze relative alle concessioni di distribuzione elettrica. Il congelamento delle concessioni in essere, unito alla riserva al Ministro del potere di proposta delle modifiche delle convenzioni allegate alle stesse, comporta invece nei fatti l'annullamento delle potesta' regionali sino al 2030. In denegata ipotesi in cui la norma fosse ritenuta compatibile con l'attuale assetto delle competenze costituzionali, resta comunque la denunciata illegittimita': infatti non si prevede alcuna forma di intesa con la Regione, invece indispensabile, per la rilevante interferenza che le concessioni in parola hanno con le competenze regionali. 12) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 56, 57, 58 per violazione degli artt. 117 e 118 Cost. Il comma 56 elenca le attivita', attinenti la lavorazione e lo stoccaggio di oli minerali, che devono essere sottoposte ad autorizzazione, prevedendo: l'installazione e l'esercizio di nuovi stabilimenti; la dismissione degli stabilimenti; la variazione della capacita' complessiva di lavorazione degli stabilimenti di olii minerali; la variazione di oltre il 30% della capacita' complessiva autorizzata di stoccaggio di olii minerali. Il comma 57 prevede che le autorizzazioni suddette sono rilasciate dalle regioni, sulla base degli indirizzi e degli obiettivi generali di politica energetica, fatte salve le disposizioni vigenti in materia ambientale, sanitaria, fiscale, di sicurezza, di prevenzione incendi e di demanio marittimo. Il comma 58 dispone che le modifiche degli stabilimenti di lavorazione o dei depositi di oli minerali non ricomprese tra quelle sottoposte ad autorizzazione ai sensi del precedente comma 56, nonche' quelle degli oleodotti sono liberamente effettuate dall'operatore, nel rispetto delle norme vigenti in materia ambientale, sanitaria, fiscale, di sicurezza, di prevenzione incendi e di demanio marittimo. In merito si rileva che le attivita' di lavorazione e stoccaggio di oli minerali non sono ricomprese nell'ambito della «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», con la conseguenza che dette attivita' ricadono in ambiti materiali di competenza regionale, ai sensi dell'art. 117, quarto comma Cost.: pertanto le disposizioni sono incostituzionali perche' non rispettano tale piena potesta' legislativa regionale. In ogni caso, se pure si ritenga che le attivita' in oggetto siano ascrivibili alla produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia, le disposizioni restano parimenti incostituzionali perche' non si limitano a dettare i principi fondamentali della materia. Spetterebbe infatti alle regioni valutare, in base alle varie situazioni territoriali, quali attivita' sottoporre ad autorizzazioni e quali lasciare libere: le norme in esame, invece, disciplinano tale aspetto in modo completo, senza lasciare alcun margine di valutazione alle amministrazioni regionali. L'invasivita' delle norme si evince anche dal contenuto illogico di talune disposizioni. Ci si riferisce, in particolare alla lettera d) del comma 56, ove si stabilisce che deve essere autorizzata la variazione di oltre il 30% della capacita' complessiva autorizzata di stoccaggio di oli minerali. Tale 30% e' una percentuale che, nella sua assolutezza, non ha significato, perche' andrebbe rapportata alle dimensioni dell'impianto. Le regioni, che hanno conoscenza della realta' territoriale, potrebbero valutare l'incidenza della variazione e, quindi, se assoggettarla o meno ad autorizzazione. Dovrebbe dunque essere il legislatore regionale a stabilire la portata dell'autorizzazione ed il suo oggetto, anche in relazione agli altri interessi tutelati dalle diverse normative di cui gli stessi commi 57 e 58 fanno salvo il rispetto. In denegata ipotesi, ove si ritenga sussistere la competenza statale, l'elenco delle disposizioni fatte salve e' incostituzionale nella parte in cui non richiama anche il rispetto delle normative in materia di governo del territorio: le attivita' di lavorazione e deposito degli oli minerali hanno infatti un notevole impatto sul territorio per cui deve essere assicurata l'osservanza della relativa disciplina. Il comma 58, poi, ammette come attivita' libere, tutte le modifiche degli oleodotti, senza specificazioni ne' limiti, cosi' che, ad esempio, e' ammessa anche la modifica del tracciato, senza alcuna autorizzazione: anche tale previsione contrasta con le competenze regionali sia in materia di energia che in materia di governo del territorio. 13) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 77, 78, 79, 80, 81, 82, 83 per illegittimita' costituzionale degli artt. 117 e 118 Cost. - Violazione del principio della leale collaborazione. I commi in questione disciplinano il procedimento volto al rilascio del permesso di ricerca e della concessione degli idrocarburi. Tali provvedimenti costituiscono titolo per la costruzione degli impianti e delle opere necessarie; sostituiscono ad ogni effetto autorizzazioni, permessi, concessioni ed atti di assenso comunque denominati; qualora le opere comportino variazioni agli strumenti urbanistici hanno effetto di variante urbanistica. Il medesimo art. 1, comma sette, punto n), stabilisce che competono allo Stato le determinazioni inerenti la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, ivi comprese le funzioni di polizia mineraria, adottate, per la terraferma, di intesa con le regioni interessate. I commi qui contestati non richiamano l'intesa con la regione: se l'omissione deve intendersi irrilevante in virtu' della generale previsione di cui al citato comma settimo, lettera n) allora la previsione e' compatibile con l'assetto costituzionale delle competenze. Sorge tuttavia il dubbio circa la correttezza della suddetta interpretazione, perche' il dettaglio con cui i commi in esame disciplinano il procedimento avrebbe reso necessario richiamare anche la formazione dell'atto conclusivo adottato d'intesa con la regione interessata. Invece non vi e' alcun cenno in proposito; anzi la lettura dei commi non chiarisce in che modo dovrebbe essere acquisita l'intesa, perche' si prevedono termini di conclusione dell'istruttoria e si stabilisce che il permesso di ricerca e la concessione sono rilasciati a seguito di un procedimento unico ai sensi della legge n. 241/1990, in cui partecipa anche la regione. Cio' significa che l'intesa debba essere acquisita in sede di Conferenza di servizi? E quali sono le conseguenze se detta intesa con la regione non si raggiunge? Come rilevato, i provvedimenti in esame hanno effetto di variante urbanistica e sostituiscono tutti gli atti del procedimento previsti dalle norme vigenti compresi quindi quelli sul vincolo idrogeologico e paesaggistico. Percio' si tratta di atti che interferiscono, oltre che con la materia dell'energia, anche con il governo del territorio. Per questo, quindi, in applicazione del principio di sussidiarieta', l'esercizio delle funzioni amministrative in questione, relative al rilascio del permesso di ricerca e della concessione di coltivazione degli idrocarburi in terraferma, che lo Stato ha trattenuto a se' per esigenze unitarie, deve essere esercitato d'intesa («forte») con la regione interessata, secondo quanto enunciato dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 303/2003 e n. 6/2004. Pertanto le impugnate disposizioni sono incostituzionali ove non prevedono espressamente che il permesso di ricerca e la concessione di coltivazione degli idrocarburi in terraferma siano rilasciati d'intesa con la regione interessata. 14) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 84, per violazione degli artt. 117 e 118 Cost. La norma disciplina il contributo compensativo per il mancato uso del territorio dovuto alla regione ed enti locali da parte dei titolari di concessioni di coltivazione di idrocarburi in terraferma: in particolare si prevede che il valore complessivo delle misure stabilite, a seguito di specifici accordi tra la regione, gli enti locali ed i suddetti titolari, a titolo di contributo compensativo, non puo' superare il valore complessivo del 15 per cento di quanto spettante alla regione e agli enti locali per le aliquote di prodotto della coltivazione; e' aggiunto che la mancata sottoscrizione degli accordi non costituisce motivo per la sospensione dei lavori necessari per la messa in produzione dei giacimenti di idrocarburi o per il rinvio dell'inizio della coltivazione. La norma interviene in ambiti materiali riservati alla potesta' legislativa concorrente, sia in riferimento alla produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia, sia in relazione al governo del territorio, cui sono collegabili le misure compensative in questione. La disposizione impugnata e' del tutto incompatibile con una legislazione di principi, l'unica ammessa in detta potesta' concorrente: infatti si disciplinano nel dettaglio i limiti del contributo compensativo che, invece, dovrebbe essere disciplinato dalla legge regionale. Cosi' pure, per gli stessi motivi, lede le competenze regionali la previsione in base alla quale, ove non venga sottoscritto l'accordo con i titolari, non possono essere sospesi i lavori per la messa in produzione dei giacimenti o per il rinvio dell'inizio della coltivazione: e' infatti evidente che in tale modo la sottoscrizione degli accordi disciplinanti il contributo compensativo e' totalmente rimessa alla buona volonta' dei titolari delle concessioni, senza che la regione possa disporre di uno strumento giuridicamente efficace per pervenire a detta sottoscrizione, nei casi in cui i titolari non siano consenzienti rispetto all'ipotesi di accordo. 15) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 121, per illegittimita' costituzionale degli artt. 76 e 117 Cost. Con la disposizione in esame il Governo e' delegato ad adottare uno o piu' testi unici per il riassetto delle disposizioni in materia di energia. I criteri e principi direttivi appaiono generici e quindi in contrasto con l'art. 76 Cost.; inoltre la delega in esame non appare compatibile con la distribuzione costituzionale delle competenze nella materia dell'energia, in cui lo Stato dovrebbe determinare i principi fondamentali, con riferimento alla produzione, trasporto e distribuzione nazionale. L'esercizio della delega in esame, pertanto, puo' essere considerato costituzionalmente legittimo nei soli limiti dei testi unici meramente ricognitivi.