IL GIUDICE DI PACE

    Nel  ricorso  ex  art. 22 legge n. 689/1981 promossa da Alesandro
Fusari, con l'avv. Piero Alderighi, attore opponente;
    Contro   Prefetto   di   Milano,  con  il  funzionario  delegato,
resistente;  ha  emesso  la  seguente  ordinanza  ex  art.  22  legge
n. 689/1981 depositato il 9 gennaio 2004, chiedeva l'annullamento del
verbale di contestazione, notificatogli dalla Polizia della Strada di
Milano,  n. ATX0000220641,  e  con  il quale gli veniva addebitata la
assenta  violazione  dell'art.  142,  comma  ottavo  del codice della
strada.
    Il  ricorrente,  a  conforto del ricorso, sosteneva, fra l'altro,
che  l'art. 126-bis  n. 2  del  codice della strada - ed in forza del
quale,  in  aggiunta  alla sanzione pecuniaria, gli erano stati tolti
alcuni  punti  sulla  patente  -  doveva  ritenersi incostituzionale.
Allegava al riguardo il ricorrente di non essere stato alla guida del
proprio veicolo al momento dell'infrazione, accertata con autovelox e
non  immediatamente  contestata,  e di aver, cio' malgrado, subito la
decurtazione  dei punti sulla propria patente ai sensi del richiamato
par. 2 dell'art. 126-bis del c.d.s.
    Si  costituiva,  sia  pure  fuori  termine, il Prefetto di Milano
chiedendo  il  rigetto della opposizione e la conferma del verbale di
accertamento impugnato.
    Essendo  il  thema  decidendum  del  presente processo incentrato
sulla legittimita' costituzionale, o meno, dellart. 126-bis c.d.s. in
ragione  dei  modi  con cui detta norma sancisce la perdita dei punti
sulla  patente,  questo  giudice,  deve osservare al riguardo, quanto
segue.
    L'eccepita    incostituzionalita'   appare   a   questo   giudice
profilabile  con riferimento agli articoli della Carta costituzionale
qui di seguito indicati.
    1.  -  Violazione  dell'art. 3  che  assicuri  l'eguaglianza  dei
soggetti di fronte alla legge.
    A) Come e' noto, l'articolo in esame detta una diversa disciplina
a  seconda  che  il  proprietario  della  vettura,  il cui conducente
risulta  aver  commesso  una infrazione tale da dover sottrarre punti
alla patente, sia una persona fisica oppure una persona giuridica.
    Ed infatti, nel caso di persona fisica, l'art. 126-bis commina la
perdita  dei  punti  al  proprietario del veicolo ancorche' non fosse
affatto alla guida dello stesso al momento dell'accertata infrazione,
salvo   che  la  stessa  comunichi,  entro  un  determinato  termine,
all'organo di Polizia i dati personali e della patente del conducente
al momento della commessa violazione.
    Nel   caso   invece  che  il  proprietario  risulti  una  persona
giuridica,  la  norma  in  esame  dispone  che,  qualora nello stesso
termine  di  cui  sopra,  il  legale rappresentante non fornisca alla
Polizia i medesimi dati, si applichi a suo carico la diversa sanzione
di  cui  all'art. 180, comma 8 c.d.s. (il quale infligge una sanzione
pecuniaria  da  Euro 343,35 ad Euro 1.376,55 a chiunque non ottemperi
all'invito, rivoltogli dall'autorita', di fornire i dati richiesti).
    Sotto  questo primo profilo e' evidente la discriminazione che la
norma  sancisce,  fra  le  persone fisiche e le persone giuridiche, a
fronte  del  medesimo  comportamento  (e  cioe' la omessa indicazione
della  persona  e  della  patente  di  colui  che  era alla guida del
veicolo).
    B)  Il  principio  dell'uguaglianza  di  fronte alla legge appare
inoltre violato sotto altro profilo.
    L'art. 126-bis par. 2 infatti discrimina i proprietari di veicoli
dotati  di patente da quelli che ne sono invece privi, ogni qualvolta
l'infrazione sia compiuta da un soggetto diverso da loro.
    Ed invero detta norma sancisce automaticamente la sottrazione dei
punti  in  danno  dei  proprietari  muniti  di patente, ancorche' non
conducenti, salvo che costoro forniscano i dati sulla persona e sulla
patente  del  conducente  effettivo.  Da  tale sanzione sono peraltro
sicuramente  indenni  coloro  i  quali, pur essendo proprietari di un
veicolo,  non  sono muniti di patente. Ipotesi quest'ultima per nulla
intrequente  in  quanto  e'  ben noto che molte persone acquistano la
vettura,  pur  essendo prive di patente, disponendo che la stessa sia
guidata da propri congiunti o da un autista all'uopo assunto.
    E'  quindi  del  tutto  evidente  che,  nel caso di infrazione al
codice  della strada che comporti la perdita di punti sulla patente e
che  venga  accertata  in  capo  a soggetto non individuato, colui il
quale  e'  titolare  di  una  patente risulta colpito da una sanzione
afflittiva (quella della sottrazione dei punti) che viceversa risulta
totalmente  inapplicabile  a colui il quale, pur essendo proprietario
di un veicolo, e' privo di patente.
    2.  - Violazione dell'art. 24 che assicura il diritto inviolabile
di difesa in ogni fase del procedimento.
    Ad  avviso  di  questo  giudice  la  violazione  di tale norma e'
ravvisabile  sotto  molteplici  profili che qui vengono separatamente
esposti ed illustrati.
    A)  Innanzitutto  l'art.  126-bis  par.  2, cosi' come formulato,
viola  sicuramente  il  diritto  di  difesa del proprietario non alla
guida  del  veicolo  perche' lo costringe ad indicare il responsabile
dell'infrazione,  nonche'  gli  estremi  della  di lui patente, quale
unica via per evitare la sanzione afflittiva della perdita dei punti.
    In  tal  modo il diritto di difesa e' sicuramente pregiudicato, e
comunque  limitato  in quanto chiunque sia incolpato di un infrazione
deve  essere posto nella condizione di dimostrare, con ogni mezzo, di
non  aver  violato  la  legge senza dover subire, a tal fine, l'unico
mezzo  che  l'art.  126-bis  individua  nella  indicazione  del  vero
responsabile.
    B) L'art. 126-bis inoltre viola il principio della «parita' delle
armi»   e   del   «giusto   processo»,  chiaramente  affermati  nella
Convenzione  Europea dei Diritti dell'Uomo. Tali principi la dottrina
prevalente  ritiene  «costituzionalizzati»,  sia  in base all'art. 10
della   Costituzione  medesima,  sia  in  base  alla  piu'  pregnante
interpretazione del diritto di difesa che essi imprimono all'art. 24.
    Al  riguardo  vi  e'  da  domandarsi quale «parita' delle armi» e
quale  «giusto  processo» possa ravvisarsi nella situazione delineata
dal vigente testo dell'art. 126-bis par. 2 c.d.s. atteso che con esso
la  pubblica  amministrazione  nega  la  pienezza  di difesa tanto da
attribuire  al  proprietario  di  un veicolo, quale unico mezzo a tal
fine,  quello  di  comunicare  il  nome  e  gli estremi della patente
dell'effettivo  autore  della  trasgressione  (e  cio', si badi bene,
anche allorquando il proprietario non fosse presente al momento della
commessa infrazione).
    C)  Come noto, la maggior parte delle contravvenzioni concernenti
la  trasgressione  del  limite  di  velocita' viene inflitta senza la
contestazione  immediata  in  quanto il meccanismo di accertamento e'
affidato all'autovelox (e non invece alla contestazione materialmente
rilevata    e   subito   comunicata   dall'agente   di   polizia   al
contravventore). Tale meccanismo di accertamento e' si' ammesso dalla
legge,  ma  soltanto  in  via di eccezione al principio generale, che
presidia  le  infrazioni  al  codice  della  strada,  e  secondo  cui
l'accertamento,  da  effettuarsi  a cura dell'agente di polizia, deve
essere immediatamente contestato al presunto trasgressore.
    E' quindi evidente che il meccanismo accertato con autovelox, per
sua   natura,  comprime  il  diritto  di  difesa.  Tale  compressione
peraltro,  se  appare ammissibile in ordine alle pene pecuniarie, non
appare   invece   consentito  per  le  sanzioni  di  diversa  natura,
soprattutto  se  limitative della sfera di azione del soggetto, tanto
che  lo  stesso  codice  della strada (art. 196, comma 1, ed art. 210
n. 4) prevede la solidarieta' passiva del conducente del proprietario
del  veicolo  solo  per  le  sanzioni pecuniarie, e non invece per le
altre.
    Non   appare   quindi   conforme   al   principio  costituzionale
dell'inviolabilita'   della   difesa   una   norma  che  disponga  la
solidarieta' passiva anche del proprietario, per pene non pecuniarie,
tutte  le  volte  in  cui quest'ultimo non sia stato individuato come
trasgressore.  Ed infatti se la sanzione pecuniaria, in ragione della
sua indole, puo' colpire, anche secondo il diritto penale, i soggetti
non  autori del comportamento illecito, le sanzioni di diversa natura
non  possono dar luogo ad una solidarieta' passiva in capo a soggetti
non  individuati  come responsabili, cosi' come invece si verifica in
danno  del  proprietario  del  veicolo  in  forza  del ricordato art.
126-bis par. 2 del c.d.s.
    D)  Come  sopra  ricordato,  l'art.  126-bis  impone l'obbligo di
autodenuncia  in  tutti  i  casi nei quali il conducente sia anche il
proprietario.
    Tale  obbligo  viene  sanzionato  nel  senso  che, in mancanza di
autodenuncia,   il   proprietario   subisce  sia  la  sanzione  della
decurtazione dei punti, sia la sanzione pecuniaria.
    Tale  normativa  appare incompatibile con il diritto di difesa in
quanto  il meccanismo dell'art. 126-bis in luogo di prevedere che sia
l'autorita'  amministrativa  a  provare  la asserita violazione della
legge,  dispone  che  sia  il  supposto  colpevole  a  dimostrare che
l'infrazione  e'  stata  commessa  da  altri: situazione quest'ultima
chiaramente  incompatibile  con  il  sistema  accusatorio  in  quanto
palesemente   riplasma   il   sistema   inquisitorio,  vigente  prima
dell'Illuminismo,  e secondo cui era l'imputato a dover dimostrare la
propria innocenza.
    E)   L'art. 126-bis   in   esame   appare  incompatibile  con  la
inviolabilita'  del  diritto  di  difesa anche in quanto impone, onde
evitare  la  duplice  sanzione  -  pecuniaria e della sottrazione dei
punti - una attivita' obiettivamente impossibile.
    Detta  norma  impone infatti al proprietario di comunicare i dati
personali e quelli della patente del conducente. E' tuttavia evidente
che il proprietario non puo' materialmente, a distanza di tempo dalla
presunta  infrazione,  ricordare, e quindi comunicare, la persona del
trasgressore.  Si  pensi  al riguardo, a tutti i casi, tutt'altro che
infrequenti,  di  vetture  aziendali  che appartengono ad una impresa
individuale  od ad una persona giuridica e nella quale coloro i quali
si   servono   di   dette   vetture   sono  moltissimi  dipendenti  o
collaboratori.  In  proposito  si osservi che il proprietario, per lo
stesso  meccanismo  che  disciplina  la  comunicazione delle sanzioni
accertate  con  autovelox,  riceve  notizia della asserita infrazione
soltanto molti giorni dopo, con conseguente impossibilita', anche per
tale  ragione,  di  poter  concretamente  ricostruire  la persona del
conducente.
    Infine, ed a riprova della oggettiva impossibilita' imposta dalla
norma in esame, si consideri il caso del soggetto che dia in comodato
la  propria vettura a quattro amici, tutti dotati di patente, per una
gita  e  che,  in  occasione  di quest'ultima, risulti accertato, con
autovelox,  la trasgressione del limite di velocita'. E' evidente che
il proprietario non e' nella materiale possibilita' di conoscere, non
avendo  partecipato  alla  gita,  chi  fosse  al  volante  al momento
dell'infrazione,  mentre,  neppure  gioverebbe  all'accertamento  del
responsabile,  la  comunicazione da lui fatta alla Polizia di tutti i
nomi degli amici ai quali diede la vettura in comodato.
    In  altri  termini, mentre qualsiasi soggetto, ancorche' imputato
del  piu'  grave delitto, conserva il diritto di provare in ogni modo
la propria innocenza, e quindi anche offrendo un attendibile «alibi»,
il  proprietario di un veicolo, che non fosse alla guida dello stesso
al  momento  dell'accertata  infrazione,  non  potrebbe, alla stregua
dell'art.  126-bis c.d.s., liberarsi dalla sanzione, a lui oltretutto
inflitta senza prove, provando in modo plausibile, e quindi anche con
un  «alibi»,  il  non compimento dell'illecito, in quanto detta norma
gli  consente,  a  tal  fine, unicamente di indicare i dati personali
dell'effettivo responsabile, anche se da lui non conoscibili.
    Lungi  quindi  dal  consentire  il  diritto di difesa, cosi' come
delineato  dalla  Carta  costituzionale,  l'art.  126-bis  impone una
attivita'  sicuramente  incompatibile  con la Costituzione, oltre che
tendenzialmente impossibile.
    3.  -  Violazione  dell'art.  27 che istituisce la presunzione di
innocenza e la personale responsabilita' dell'imputato.
    Ritiene   questo   giudice   di  evocare,  anche  nella  presente
fattispecie,  i principi costituzionali di cui all'art. 27, in quanto
i  fatti  ora  sanzionati  in  via  amministrativa,  ed  ai  quali si
riferisce  l'art. 126-bis,  erano  stati  previsti e qualificati come
reati,  ancorche'  contravvenzionali.  Per  tali  fatti tuttavia sono
conservate  sanzioni  afflittive,  non pecuniarie, le quali risultano
incisive della sfera di liberta' della persona.
    Cio'  chiaramente  risulta  dallo  stesso  codice della strada il
quale  tuttavia,  agli  artt. 196  e 210 n. 4, ribadisce il principio
secondo  cui  la  responsabilita'  solidale vale solo per le sanzioni
pecuniarie  e  non  per  tutte  le  altre, fra le quali e' certamente
compresa  quella  della  sottrazione  dei punti alla patente. Risulta
cosi'  confermato  che, proprio in ragione del carattere afflittivo e
ad  personam,  le  sanzioni  non pecuniarie non possono in alcun modo
gravare su soggetti diversi dall'autore del comportamento illecito.
    Una  ulteriore  conferma  della  conservata  matrice  penalistica
dell'intero  impianto  sanzionatorio  ora  qualificato  come illecito
amministrativo,  emerge  dal penultimo comma dell'art. 23 della legge
n. 689/1981   il   quale,   disponendo   che   «il  giudice  accoglie
l'opposizione   quando   non   vi   sono   prove   sufficienti  della
responsabilita'     dell'opponente»,     ribadisce    il    principio
costituzionalmente garantito, della presunzione di innocenza.
    Le  considerazioni  che  precedono,  valutate nel loro complesso,
portano  a  ritenere  che  i  principi  costituzionali ispiratori del
diritto penale, e racchiusi nel ricordato art. 27 della Costituzione,
debbano  applicarsi anche a quegli illeciti, gia' di indole penale ed
ora depenalizzati, e che, tuttavia, prevedono sanzioni non pecuniarie
e comunque limitative della sfera di liberta' delle persone.
    Premessi  tali  rilievi  l'art  126-bis  c.d.s.  par. 2 viola, ad
avviso di questo giudice, i principi della presunzione di innocenza e
della responsabilita' personale sotto i seguenti profili.
        a) il dovere imposto dall'art. 126-bis c.d.s. al proprietario
del  veicolo  di  segnalare alla Polizia il nome del conducente e gli
estremi  della  di  lui  patente,  pena la sanzione in esso indicata,
viola il principio della presunzione di innocenza soprattutto perche'
risulta   imposto   al   proprietario   ogni   qualvolta  l'autorita'
amministrativa  non sia stata in grado di identificare la persona del
conducente (e quindi del vero responsabile).
    Ed  invero,  mentre  secondo  il  principio  della presunzione di
innocenza  e  della  responsabilita' personale, deve essere colui che
sostiene  l'accusa  ad  offrire  la  prova  della colpevolezza di una
persona,  il  dettato  dell'art  126-bis  ribalta  tale  principio  e
sanziona, senza prove, la responsabilita' del proprietario disponendo
che  questi  viene  liberato  dalla sanzione soltanto effettuando una
segnalazione, che piu' spesso e' impossibile, e che comunque postula,
per  il  suo  contenuto,  che  sia  il  supposto  colpevole  a  dover
dimostrare di non essere tale.
        b) la  norma  in  esame  introduce inoltre il principio della
responsabilita'  oggettiva.  Essa  infatti  afferma, sulla base di un
postulato  privo di fondamento, che il proprietario, in quanto tale e
quindi  ancorche'  sia  privo  di patente, debba indicare, se intende
evitare  la  sanzione  inflittagli, la persona che effettivamente era
alla   guida  del  veicolo.  L'introduzione,  cosi'  effettuata,  del
principio  di una responsabilita' oggettiva, viola il principio della
responsabilita'  personale,  vigente  nel nostro ordinamento in forza
del  dettato  costituzionale,  oltre  che del diritto penale (che non
contempla reati se non commessi almeno per colpa).
        c)   come  dianzi ricordato, lo stesso sistema sanzionatorio,
nel  quale  si colloca l'art. 126-bis c.d.s., prevede, in ossequio ai
principi  costituzionali  dianzi evocati, che la solidarieta' passiva
valga  soltanto  per  le  sanzioni pecuniarie. Per contro la sanzione
comportante  la  perdita dei punti tale non e' tale e quindi non puo'
essere  consentito  che  la  stessa  possa  venire applicata, in modo
automatico e senza prove, in danno del proprietario del veicolo.
    Al  riguardo  e'  appena  il  caso  di ricordare che il titolo di
proprieta'  non  e'  affatto  una  prova di colpevolezza, ma, a tutto
concedere,  un  indizio  estremamente  vago, mentre la sanzione della
perdita  dei  punti  e' sicuramente dotata di un carattere invasivo e
limitativo della sfera di liberta' del soggetto: quest'ultimo infatti
puo'  venir  privato,  con  la  perdita  dei punti, della liberta' di
circolare  alla  guida del proprio veicolo e risultare cosi' impedito
dall'usare  un  mezzo indispensabile per la propria vita lavorativa e
di relazione.
    4)  -  Violazione  dell'art. 113 che disciplina i rapporti tra il
cittadino e la pubblica amministrazione.
    Come   e'   noto,   detta   norma   riconosce   la  piena  tutela
giurisdizionale   dei  diritti  dei  cittadini  nei  confronti  della
pubblica  amministrazione  ed  inibisce  che tale tutela possa essere
esclusa  o  limitata  a  particolari  mezzi  di  impugnazione  o  per
determinate categorie di atti.
      Ritiene  questo  giudice  che  entrambi tali principi risultino
violati dal paragrafo 2 dell'art. 126-bis c.d.s.
    Ed  infatti  della  norma  sancisce,  sia  la responsabilita' del
proprietario,  ancorche'  assente al momento dell'illecito accertato,
sia  la  necessita'  della  di lui comunicazione dei dati personali e
della  patente  del  conducente,  quale  unico  mezzo  per elidere le
sanzioni  inflitte.  In  tal  modo detta norma limita vistosamente il
diritto del proprietario, quantomeno per quella particolare categoria
di  atti  costituita  da  determinate  infrazioni al c.d.s. Ed invero
l'obbligo di comunicare i dati anzidetti oltre a costituire un limite
non  costituzionalmente  consentito,  si  profila  inoltre,  e per le
ragioni  dianzi  ricordate,  come  una attivita' che, il piu' spesso,
risulta impossibile.
    Osserva  infine  questo  giudice che il presente giudizio proprio
perche'  incentrato  sulla  eccepita  illegittimita' incostituzionale
delle disposizioni di cui al paragrafo 2 dell'art. 126-bis c.d.s. non
puo'  essere  definito  indipendentemente dall'anzidetta questione di
costituzionalita'.
    Detta   questione   inoltre   non   appare   a   questo   giudice
manifestamente infondata in ragione delle considerazioni esposte piu'
sopra.