IL GIUDICE DELLE INDAGINI PRELIMINARI

    Sulla   questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 91
d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 nella parte in cui esclude l'ammissione
al  patrocinio  a  spese  dello Stato per l'indagato, l'imputato o il
condannato  di  reati  commessi  in  violazione  delle  norme  per la
repressione in materia di imposte sui redditi e sul valore ggiunto in
relazione  agli  artt. 3 e 24 Costituzione, proposta dal difensore di
Del   Fa'  Franco,  imputato  del  reato  di  cui  all'art. 8  d.lgs.
n. 74/2000  per aver emesso, al fine di consentire a terzi l'evasione
fiscale, delle fatture relative ad operazioni inesistenti;
    Sentito il p.m.;

                            O s s e r v a

    Va  premesso  che  a  parere  di questo giudice, contrariamente a
quanto  sostenuto  dal  p.m.,  la  questione ha decisiva rilevanza in
questo  processo  dal momento che riguarda il fondamentale diritto di
difesa dell'imputato.
    E  tale  diritto di difesa e' assolutamente tutelato dall'art. 24
Costituzione  non  solo dal punto di vista procedurale ma anche sotto
l'aspetto economico.
    Infatti,  in  generale  e'  chiaramente stabilita la prescrizione
della  tutela  difensiva  ed  in  particolare  la  tutela  per il non
abbiente  per  cui  le  norme  non  possono  creare una situazione di
disparita'   a  danno  del  cittadino  indigente  nei  confronti  del
cittadino abbiente.
    Il   principio   era   gia'   stato   evidenziato   dalla   Corte
costituzionale  che  aveva  chiarito, a proposito di altra questione,
che  nella  disposizione  di  cui all'art. 24, primo comma, l'uso del
termine «tutti» ha chiaramente lo scopo di ribadire la uguaglianza di
diritto e di fatto di tutti i cittadini per quanto concerne la tutela
giurisdiziale, e, conseguentemente, il diritto di difesa previsto dai
commi successivi (Corte cost., 3-31 marzo 1961, n. 21).
    La  norma  costituzionale  prescrive soltanto la tutela difensiva
dei  non  abbienti senza alcuna limitazione per cui non e' consentito
al  legislatore  escludere  coloro  che  si  trovano  nelle  relative
condizioni   economiche   sol  perche'  e'  stato  loro  ascritto  un
particolare tipo di reato.
    Tanto  crea semplicemente una presunzione assoluta per cui chi e'
indagato  ovvero  imputato di un reato finanziario non puo' essere in
condizioni  economiche disagiate o, comunque, non e' meritevole della
tutela a spese dello Stato.
    Cio'   non   solo   e'   in   contrasto  con  altra  disposizione
costituzionale  per  cui  la  persona  non  puo'  essere  considerata
colpevole  fino  alla condanna definitiva (art. 27, secondo comma) ma
anche con un semplice criterio di ragionevolezza giacche' e' evidente
che  taluno  possa  essere  incriminato  erroneamente  e  venire  poi
assolutamente assolto.
    La  limitazione introdotta dal legislatore crea un'ingiustificata
disparita'  di trattamento nei confronti degli indagati o imputati di
altre violazioni penali in violazione del principio di cui all'art. 3
Costituzione.
    Nel  caso  di  specie,  inoltre, e' stata contestata non gia' una
condotta  di  vera e propria evasione fiscale bensi', per cosi' dire,
una  condotta di favoreggiamento dell'evasione di altri. Pertanto, la
dedotta questione di legittimita' non appare manifestamente infondata
e richiede una pronuncia da parte del Giudice delle leggi.
    Appare opportuna, come richiesto dal difensore del coimputato, la
trattazione  unitaria  delle  due posizioni processuali per la chiara
ipotesi di connessione di cui all'art. 12, primo comma, lett. a), del
codice di procedura penale.
    Del  resto,  ai  sensi  del  combinato disposto del secondo comma
dell'art. 23,   legge  11  marzo  1953,  n. 87  e  dell'ultima  parte
dell'art. 161  codice  penale,  la  sospensione della prescrizione ha
effetto anche per il coimputato.