IL TRIBUNALE

    Ha emesso la seguente ordinanza.
    Viste le istanze di fallimento presentate nei confronti di F. P.;
    Disposta   la   comparizione  personale  del  fallendo  ai  sensi
dell'art. 15 l.f. innanzi al giudice incaricato con decreto in data 7
aprile  2004  del  Presidente del tribunale e, quanto al procedimento
iscritto  al  n. 41  del  registro  delle  istanze di fallimento, con
decreto in data 28 maggio 2004;
    Esaminata la documentazione in atti;
    Ritenuta la propria competenza;
    Udita la relazione del dott. Mario Montanaro;

                              Rilevato

    Con  istanza  depositata  in data 6 aprile 2004 la «Daicom s.a.»,
rappresentata  dall'avv.  Carlo Flacco del Foro di Chieti, ha chiesto
che  questo  tribunale dichiari il fallimento di F. P., imprenditore,
essendo rimaste insoddisfatte le proprie ragioni creditorie e dovendo
desumersi  l'insolvenza  di  cui all'art. 5 l.f. anche dallo stato di
irreperibilita' del fallendo.
    Con  decreto  del  giudice  incaricato  in data 22 aprile 2004 e'
stata disposta la riunione alla suddetta istanza di quella presentata
in   data   21   aprile   2004   dalla  «Cartiera  Lucchese  S.p.a.»,
rappresentata dall'avv. Enrico Lattanzi del Foro di Lucca e dall'avv.
Francesco Bafile del Foro di L'Aquila.
    Disposta  la comparizione personale del fallendo per il 28 giugno
2004  e  disposta  la  comunicazione di entrambe le istanze a cura di
ciascun  creditore  istante,  all'esito  dell'udienza  in  camera  di
consiglio  il  giudice  incaricato  ha  dichiarato  la nullita' della
notificazione  ai  sensi  dell'art. 143 c.p.c. di entrambe le istanze
riunite,  poiche'  in ciascuna relazione di notificazione l'ufficiale
giudiziario  non  ha  indicato  le  ricerche  svolte,  e ha disposto,
quindi,  la  rinnovazione  delle  stesse,  fissando nuovamente per la
comparizione  personale del fallendo l'udienza in camera di consiglio
del 26 luglio 2004.
    Verificata   la   ritualita'   della   notificazione   ai   sensi
dell'art. 143  c.p.c.  alla  luce della disciplina in vigore, nonche'
disposta  la  riunione  alle  suddette  istanze di quella della «Fiam
Andreoni  &  C.  S.r.l.», rappresentata dall'avv. P. Mario Tigano del
Foro di Ancona e dall'avv. Fausto Corti del Foro di L'Aquila, fissata
per  la  medesima  udienza,  ed  in  relazione  alla quale nessuno e'
comparso,  il giudice incaricato ha riservato di riferire al collegio
in camera di consiglio.

                              Ritenuto

    1.  - La materia della tutela dei dati personali e' stata oggetto
di  normazione nel nostro ordinamento solo di recente con la legge 31
dicembre  1996,  n. 675  (Tutela  delle  persone  e di altri soggetti
rispetto  al  trattamento  dei dati personali). Contemporaneamente il
legislatore  ha  delegato  il Governo, con la legge 31 dicembre 1996,
n. 676  (Delega  al  Governo  in materia di tutela delle persone e di
altri  soggetti  rispetto  al  trattamento  dei  dati  personali), ad
emanare  una  serie di decreti legislativi che vi dessero attuazione.
La  data  di  scadenza  per  l'esercizio di tale delega ha subito una
serie  di  proroghe,  l'ultima  con  la  legge  24 marzo 2001, n. 127
(Differimento del termine per l'esercizio della delega prevista dalla
legge  31  dicembre  1996,  n. 676 in materia di trattamento dei dati
personali), il cui art. 1, comma 4, inoltre, recependo un'esigenza di
semplificazione  di  un corpo normativo ormai stratificatosi in norme
di diverso rango (nove decreti legislativi e due d.p.r.), ha previsto
altresi'  che  «il  Governo  [...]  emana  [...] un testo unico delle
disposizioni  in  materia di tutela delle persone e di altri soggetti
rispetto  al  trattamento  dei  dati  personali  e delle disposizioni
connesse,  coordinandovi le norme vigenti ed apportando alle medesime
le  integrazioni e modificazioni necessarie al predetto coordinamento
o  per assicurarne la migliore attuazione» entro il 31 dicembre 2002,
termine  successivamente  prorogato  al  30  giugno 2002 dall'art. 26
della legge 3 febbraio 2003, n. 14 (Disposizioni per l'adempimento di
obblighi   derivanti  dall'appartenenza  dell'Italia  alle  Comunita'
europee. Legge comunitaria 2002).
    La disciplina delle notificazioni e comunicazioni giudiziarie, su
cui  non  ha  inciso  la  legge  n. 675  del 1996, si e' rilevata non
compatibile  con la tutela della riservatezza dei dati personali. Con
la  nota  in data 22 ottobre 1998 (in Bollettino, 1998, n. 6, p. 13 e
segg.)  il  Garante  per  la  protezione  dei dati personali, traendo
spunto  da  alcune  segnalazioni,  ha infatti affermato che l'assetto
normativo   delle   notificazioni  e  comunicazioni  giudiziarie  era
inadeguato  a  garantire pienamente la riservatezza, e con essa anche
la  dignita',  dei  cittadini,  esponendo  gli stessi ad interferenze
nella  loro vita privata. Individuando nell'art. 1, comma 1, lett. i)
della  legge  n. 676  del 1996 - e quindi nella legge 6 ottobre 1998,
n. 344, che ha prorogato il termine per l'esercizio della delega - il
fondamento  normativo legittimante «l'emanazione per decreto delegato
di  alcune  norme integrative che dovrebbero armonizzare la complessa
disciplina  dell'attivita'  degli  uffici  giudiziari  con  la  nuova
normativa  in  materia  di  protezione  di  dati personali», ha cosi'
chiesto  (nuovamente) al(l'allora) Ministero di grazia e giustizia di
modificarne   la   disciplina,   prevedendo   specificamente  che  le
notificazioni  e  le  comunicazioni  di atti personali avvenissero in
busta  o  plico chiuso, quando non effettuate direttamente a mani del
destinatario   o  di  una  persona  da  lui  eventualmente  indicata,
sollecitando  che  nel  frattempo  vi  fosse un maggiore ricorso alle
notificazioni   a  mezzo  posta,  proprio  perche'  la  busta  chiusa
contenente  l'atto  da  notificare  a  mezzo  posta  reca  un  numero
circoscritto di indicazioni.
    Con  il  d.lgs.  30  giugno  2003,  n. 196  (Codice in materia di
protezione  dei  dati  personali)  il Governo ha dato attuazione alla
delega  conferita dal suddetto art. 1 della legge n. 127 del 2001 per
l'emanazione  di  un  testo  unico in materia di trattamento dei dati
personali.  In  particolare, con l'art. 174 di detto decreto e' stata
modificata  la  disciplina  dettata dal codice di procedura civile in
materia  di  notificazioni,  cercando di attuare un bilanciamento tra
pubblicita'  e  certezza  degli  atti  giudiziari,  da  un lato, e il
diritto  degli  interessati a non subire un'indebita divulgazione dei
propri   dati   personali,   quali  quelli  relativi  alle  «pendenze
processuali   civili»,   dall'altro,  intendendo  cosi'  recepire  le
osservazioni  svolte  dal  Garante  nella suddetta analisi con cui si
sollecitava l'intervento del legislatore delegato.
    Nel  modificare  la  disciplina  dettata  dal codice di procedura
civile   in   ordine  alla  notificazione  e  comunicazione  di  atti
giudiziari, esercitando cosi' il potere di conformare la legislazione
vigente  conferito dal citato art. 1, comma 4, della legge n. 127 del
2001,  il legislatore delegato del 2003 ha inciso anche la disciplina
dell'art. 143  c.p.c.,  che  viene  in  rilievo nel caso all'esame di
questo Tribunale.
    Nell'ipotesi  in  cui  sia  ignoto  il  luogo  dove  possa essere
eseguita   la   consegna  dell'atto,  quale  appunto  la  fattispecie
disciplinata  dalla  suddetta  disposizione  del  codice  di rito, si
determina  ab initio, in mancanza anche di un procuratore nominato ex
art. 77  c.p.c.,  il  venir meno della possibilita' di individuare un
qualsiasi  consegnatario, il che impone al notificante di ricorrere a
quelli  che  la  dottrina indica come «consegnatari ex lege»: la casa
comunale  del luogo dell'ultima residenza o, se questa e' ignota, del
luogo di nascita o, se anche questa e' ignota, l'ufficio del pubblico
ministero.  La disposizione in vigore fino al 1° gennaio 2004 - ossia
prima  dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 196 del 2003 (art. 186) -
prevedeva,  poi,  che  in  ogni caso una copia dovesse essere affissa
all'albo  dell'ufficio  giudiziario  davanti  al quale si procede, ma
tale  ultimo  adempimento e' stato eliminato a seguito della modifica
operata  dall'art. 174,  comma  6,  del suddetto decreto all'art. 143
c.p.c.  all'evidente  fine  di garantire la tutela della riservatezza
dei dati personali del destinatario dell'atto.
    2.  -  Nel  disegnare  un  sistema  delle  notificazioni  e delle
comunicazioni   che   intende  garantire  la  riservatezza  dei  dati
personali   del   destinatario   di   notificazioni  e  comunicazioni
giudiziarie,   prevedendo  che,  nelle  forme  in  cui  il  contenuto
dell'atto  possa  venire a conoscenza di soggetti diversi rispetto al
destinatario,  lo stesso venga contenuto in busta chiusa e sigillata,
e  cosi'  recependo  le indicazioni contenute nella suddetta nota del
Garante del 22 ottobre 1998, il legislatore delegato del 2003 non ha,
pero',  modificato  la  disciplina  del  deposito  di copia dell'atto
presso la casa comunale.
    In   particolare:   l'art. 137   c.p.c.,  cosi'  come  modificato
dall'art. 174,  comma  1, del d.lgs. n. 196 del 2003, dispone che «Se
la  notificazione  non  puo'  essere eeguita a mani del destinatario,
[...]  l'ufficiale giudiziario consegna o deposita la copia dell'atto
da notificare in busta che provvede a sigillare e su cui trascrive il
numero  cronologico della notificazione, dandone atto nella relazione
in  calce  all'originale  e alla copia dell'atto stesso»; l'art. 139,
comma 4,  c.p.c.,  a  seguito  della modifica operata dal comma 3 del
suddetto  art. 174,  non  prevede piu' che la sottoscrizione da parte
del  portiere  o  del  vicino  debba  essere apposta su «l'originale»
dell'atto  da  notificare,  ma  su  di  «una  ricevuta»,  proprio  in
relazione a quanto disposto dal nuovo testo dell'art. 137; l'art. 140
c.p.c.  prevede,  a  seguito  della  modifica  operata  dal  comma  4
dell'art. 174  del  d.lgs.  n. 196  del  2003, che l'affissione «alla
porta dell'abitazione o dell'ufficio o dell'azienda del destinatario»
dell'avviso del deposito presso la casa comunale venga effettuata «in
busta  chiusa  e  sigillata»;  la disposizione dell'art. 14, comma 4,
della  legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche a sistema penale), e
successive  modificazioni  ed  integrazioni, che dispone l'osservanza
delle    modalita'   previste   dall'art. 137   c.p.c.   «Quando   la
notificazione   non   puo'   essere  eseguita  in  mani  proprie  del
destinatario». Nella fattispecie di cui all'art. 143, comma 1, c.p.c.
(cosi'  come, in verita', anche nella fattispecie di cui all'art. 140
c.p.c.),  invece,  il  testo unico non ha ritenuto, nel modificare la
disciplina  in  vigore,  di  dover  prevedere  che  anche le copie da
depositare presso la casa comunale debbano essere chiuse in una busta
sigillata,  come  peraltro  aveva suggerito - seppure con riferimento
all'art. 140  c.p.c.,  che  parimenti  detto adempimento prevede - il
Garante  nella  piu'  volte  menzionata  analisi del 22 ottobre 1998,
rilevando  che  «non vi e' ragione di renderle accessibili a chiunque
ne', tantomeno, di sottoporle all'esame del sindaco».
    Ad  avviso  di  questo  Giudicante,  nell'ambito  di  un  sistema
processuale  ridisegnato  dal  legislatore perseguendo l'obiettivo di
tutelare  il  diritto  del  destinatario  alla  riservatezza dei dati
personali  e, in particolare, realizzando cio' mediante l'inserimento
in  busta  chiusa delle copie degli atti consegnati a persone diverse
dal  destinatario,  il  comma  1 dell'art. 143 c.p.c., non prevedendo
tale  modalita'  in  relazione  all'adempimento del deposito di copia
dell'atto   presso  la  casa  comunale,  sebbene  anche  il  suddetto
adempimento determini l'ostensione del contenuto dell'atto a chiunque
ne  venga  in  contatto,  si pone in contrasto con la norma parametro
dell'art. 3 della Costituzione. La fattispecie in esame, ossia quella
di  persona  di cui non siano conosciuti la residenza, la dimora e il
domicilio,  e non vi sia un procuratore ai sensi dell'art. 77 c.p.c.,
ed in cui copia dell'atto da notificare deve essere depositata presso
la  casa comunale, infatti, subisce un trattamento deteriore rispetto
ad  altre  in  cui,  invece,  il  legislatore  ha garantito, mediante
l'inserimento in busta chiusa e sigillata, la tutela del diritto alla
riservatezza  del  destinatario.  Conseguentemente, la persona di cui
non siano conosciuti la residenza, la dimora e il domicilio, e non vi
sia  un  procuratore  ai  sensi  dell'art. 77 c.p.c., laddove divenga
destinataria di una notificazione o di una comunicazione giudiziaria,
pur  essendo  titolare,  al  pari  di  tutte  le  altre  tipologie di
destinatari,  del diritto alla riservatezza dei propri dati personali
(riconosciuto  dall'art. 1  del  d.lgs.  n. 196  del  2003,  ma  gia'
ritenuto esistente nel nostro ordinamento: cfr. Cass. civ., Sez. III,
9  giugno  1998,  n. 5658),  e'  sottoposto  ad  una  disciplina  che
determina invece una lesione di tale diritto.
    Orbene,  la  rilevata  non omogeneita' di trattamento del diritto
alla   riservatezza   nelle   varie   fattispecie   di  notificazione
disciplinate  si atteggia a vera e propria disparita' di trattamento:
la  situazione  giuridica soggettiva tutelata e' la medesima, ma cio'
nonostante nelle ipotesi in cui il procedimento notificatorio preveda
il  deposito  presso la casa comunale, come appunto nella fattispecie
in  esame  di  cui  al  comma  1  dell'art. 143  c.p.c., il contenuto
dell'atto  diviene  ostensibile  a soggetti diversi dal destinatario,
peraltro  ad  un  numero  di  soggetti che e' tendenzialmente (o solo
potenzialmente)  maggiore  rispetto  ad  altre fattispecie, quale, ad
esempio,  la  consegna al coniuge o ad un familiare convivente ovvero
ancora al portiere.
    Ne' puo' ritenersi che, venendo l'atto da notificare o comunicare
necessariamente  a  conoscenza dell'ufficiale giudiziario nella forma
ordinaria  di effettuazione di detto adempimento, la conoscenza anche
solo  da  parte del sindaco o del funzionario comunale si giustifichi
in   considerazione   della   natura   pubblica   di  tale  soggetto,
assimilabile  pertanto  a quella dell'ufficiale giudiziario, cosi' al
contempo  elidendo  le  esigenze  di tutela della riservatezza. Se la
conoscenza  dell'atto  da parte dell'ufficiale giudiziario si pone in
relazione  di  necessita'  con  l'effettuazione  della  notificazione
stessa,  che  - come espressamente previsto dall'art. 137 c.p.c. - e'
appunto  atto  dell'ufficiale  giudiziario  ove sia effettuata con le
forme  di  cui agli artt. 137-149 c.p.c., la conoscenza del contenuto
dell'atto   da  parte  di  tutti  gli  altri  soggetti  che  pure  si
inseriscono  nel  procedimento  notificatorio come consegnatari dello
stesso,  invece,  non  e'  funzionale  all'adempimento processuale in
parola.  A cio' si aggiunga che il diritto alla riservatezza dei dati
personali e' tutelato non solo nei confronti dei soggetti privati, ma
anche  di  quelli  pubblici.  Ed  e'  appena il caso di rilevare che,
laddove  la  notificazione  degli atti giudiziari avvenga nelle forme
speciali  previste  e disciplinate dalla legge (si vedano la legge 21
gennaio  1994,  n. 53  e la legge 7 giugno 1993, n. 183, ma da ultima
anche  la  previsione  dell'art. 2,  comma 1, lett. b) e dell'art. 4,
comma  1,  ultimo  periodo,  del  d.lgs.  17 gennaio 2003,  n. 5),  i
soggetti che vengono a conoscenza dell'atto, da un lato sono soggetti
notificatori,   proprio  come  l'ufficiale  giudiziario,  sicche'  la
conoscenza dell'atto da parte degli stessi e' necessitata, dall'altro
si  tratta  comunque  di  soggetti  per  i  quali  la  conoscenza  e'
funzionale   all'esercizio   del   diritto  di  difesa  delle  parti,
prevedendo  il  nostro  ordinamento (a parte la limitata eccezione di
cui  all'art. 82,  comma  1,  c.p.c.)  la regola dell'obbligatorieta'
della difesa tecnica in giudizio.
    Conseguentemente,  il  Collegio  ritiene  che,  proprio a seguito
della  modificazione delle disposizioni in materia di comunicazioni e
notificazioni  operata  dall'art. 174 del d.lgs. n. 196 del 2003, sia
non   manifestamente   infondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 143, comma 1, c.p.c. in relazione all'art. 3
Cost. nella parte in cui non prevede che la copia dell'atto che viene
depositata presso la casa comunale dell'ultima residenza o, se questa
e' ignota, del luogo di nascita, debba essere chiusa in plico o busta
sigillato.
    3.  -  Ad  avviso di questo Giudicante, pero', deve ritenersi non
conforme  al  dettato  costituzionale  anche l'art. 174, comma 6, del
d.lgs.  n. 196 del 2003 nella parte in cui ha eliminato l'adempimento
dell'affissione   di   copia   dell'atto   da  notificare  a  persona
irreperibile all'albo dell'ufficio giudiziario presso cui si procede,
in  particolare  vendendo la stessa a porsi in contrasto con il comma
secondo  dell'art. 24  Cost.,  secondo  cui  «La difesa e' un diritto
inviolabile  in  ogni stato e grado del procedimento», vera e propria
norma cardine del sistema della tutela giurisdizionale.
    Non  ignora  questo  Giudicante che le modalita' di notificazione
previste  dall'art. 143  c.p.c.,  tra  cui quella all'esame di questo
tribunale,  non garantiscono che il destinatario venga effettivamente
a  conoscenza  dell'atto  notificato.  «Cio', peraltro, si giustifica
nell'ambito  del  contemperamento  del diritto di azione e di difesa.
Non si puo' bloccare la richiesta di tutela di una parte per il fatto
che  la controparte se ne e' andata senza lasciare il recapito». Come
ha  avuto  modo  di  sottolineare  la migliore dottrina, infatti, «La
notificazione  e'  un[o]  [...] di quegli istituti, rispetto ai quali
possono entrare in contrasto il diritto di azione e quello di difesa:
se  si volesse garantire sempre e comunque la conoscenza dell'atto da
parte  del  destinatario,  si  potrebbe  pregiudicare  il  diritto di
azione.    Peraltro,   e   correlativamente,   la   possibilita'   di
notificazioni  «formali»,  effettuate  con il compimento di attivita'
che  non  garantiscono  l'effettiva conoscenza dell'atto da parte del
destinatario,  deve essere ristretta nei limiti indispensabili, cioe'
proprio quando non se ne puo' fare a meno».
    Orbene,  non  vi sono dubbi che quella del soggetto di residenza,
domicilio  e  dimora  sconosciuti  sia senz'altro una di tali ipotesi
«patologiche»  in  cui si rende necessario il ricorso a notificazioni
«formali»,   ma   proprio   in  considerazione  della  necessita'  di
conseguire    il    contemperamento    di    due   diritti   entrambi
costituzionalmente  tutelati, anche laddove il destinatario dell'atto
versi  nelle  condizioni  descritte dalla disposizione in esame, tale
bilanciamento  deve  avvenire  in modo che le formalita' previste dal
legislatore   siano   tali   da  mettere,  seppure  in  astratto,  il
destinatario in condizione di entrare in possesso del documento a lui
destinato  (cfr.  Cass.  civ.,  Sez.  I,  25  giugno  1979, n. 3527).
Sennonche',  a  differenza  del sistema disegnato dal legislatore del
1940,  quello  conseguente  all'eliminazione  da parte dell'art. 174,
comma  6,  del  d.lgs. n. 196 del 2003 dell'ultimo inciso del comma 1
dell'art. 143  c.p.c.  determina  un  procedimento  che non consente,
neanche  formalmente,  che  il  destinatario dell'atto possa venire a
conoscenza  dello  stesso, e cosi' facendo elide del tutto il diritto
di  difesa  del  soggetto  notificato, anziche' cercare di attuare il
necessario contemperamento tra lo stesso e il diritto di azione della
controparte.  E  cosi' facendo si pone in insanabile contrasto con la
disciplina di cui all'art. 24, comma secondo, della Costituzione.
    Nel  sistema  del  codice  di rito del 1940, infatti, il deposito
presso  la casa comunale dell'atto notificato si accompagna sempre ad
altro  adempimento dell'ufficiale notificante finalizzato a portare a
conoscenza   del   notificato  l'avvenuto  deposito,  e  quindi  alla
possibilita'   per   lo  stesso  di  venire  a  conoscenza  dell'atto
notificato.  In  tal  senso,  si  veda  la disposizione dell'art. 140
c.p.c.,  in  cui  dell'avvenuto deposito di copia dell'atto presso la
casa  comunale  «gliene  da'  notizia  con raccomandata con avviso di
ricevimento»,  nonche'  mediante affissione dell'«avviso del deposito
alla  porta  della  abitazione  o  dell'ufficio  o  dell'azienda  del
destinatario».  La  giurisprudenza  formatasi  in  relazione al testo
antevigente  dell'art. 143  c.p.c.,  del resto, riteneva, ai fini del
perfezionamento  della  notificazione,  il  compimento di entrambe le
formalita'  indicate dal comma 1 dell'art. 143 c.p.c., e cioe' sia il
deposito  dell'atto  presso la casa comunale che della sua affissione
nell'albo  dell'ufficio giudiziario davanti al quale si procede (cfr.
Cass.   civ.,   Sez.   II,   10   dicembre  1974,  n. 4158),  a  pena
dell'inesistenza della notificazione stessa (cfr. Cass. civ., Sez. I,
25 giugno 1979, n. 3527).
    Conseguentemente,     l'eliminazione     sic    et    simpliciter
dell'affissione  di  copia  presso  l'albo  dell'ufficio  giudiziario
presso cui si procede, se garantisce la tutela della riservatezza dei
dati   personali   del   destinatario   dell'atto,   finisce,  pero',
nell'economia  complessiva  della  fattispecie  di  cui  all'art. 143
c.p.c.,  per  rendere  non  conoscibile l'atto stesso, seppure in via
«formale»,  al  destinatario,  poiche'  viene  eliminato l'unico modo
tramite   il   quale   il  destinatario  possa  venire  a  conoscenza
dell'avvenuto   deposito   presso  la  casa  comunale.  E'  opportuno
sottolineare   -   anche  con  riferimento  all'ammissibilita'  della
questione  -  come  la  censura  di  incostituzionalita'  del comma 6
dell'art. 174   del  d.lgs.  n. 196  del  2003  ravvisata  da  questo
Giudicante  non  sia volta ad ottenere un bilanciamento di interessi,
in  tesi, piu' opportuno di quello realizzato dalla norma denunciata,
e  cosi'  facendo  risolvendosi  nella denuncia di un vizio di merito
attinente all'esercizio della discrezionalita' legislativa, come tale
non sindacabile dalla Corte costituzionale (cfr. Corte cost., ord. 23
maggio  1995,  n. 188),  quanto  piuttosto  a  denunciare la completa
elisione  del  diritto di difesa del destinatario della notificazione
al  fine di conseguire la tutela alla riservatezza dei dati personali
dello stesso.
    Deve  anche  rilevarsi  che  il  comma  1 dell'art. 143 c.p.c. si
limita  a disporre la «notificazione mediante deposito presso la casa
comunale»,  laddove nella fattispecie di cui al comma 2 dell'art. 143
c.p.c.,  ossia  nell'ipotesi  in  cui  «non  sono  noti  ne' il luogo
dell'ultima   residenza  ne'  quello  di  nascita»,  si  prevede  che
«l'ufficiale  giudiziario  consegna  una  copia dell'atto al pubblico
ministero».  Autorevole dottrina ha cosi' ritenuto, esclusivamente in
relazione  a  detta  ultima fattispecie, che il consegnatario ex lege
debba  «disporre  ulteriori ricerche per far recapitare ugualmente la
copia  al  destinatario».  Adempimento  che  non puo' certo ritenersi
sussistere  nell'ipotesi  di cui al primo comma dell'art. 143 c.p.c.:
infatti,  il  legislatore  distingue,  anche  linguisticamente,  tale
fattispecie  -  che  viene in rilievo innanzi a questo tribunale - da
quella  del  comma seguente, riservando solo all'Ufficio del pubblico
ministero  la  qualifica  di  vero  e  proprio consegnatario ex lege,
mentre  in caso di deposito presso la casa comunale si tratterebbe di
mero   «deposito»   dell'atto,   parimenti   a  quanto  accade  nella
fattispecie  di  cui all'art. 140 c.p.c., senza cioe' che sussista un
obbligo  (e non a caso si fa riferimento alla casa comunale, e non al
sindaco) di ricercare il destinatario al fine di consegnare l'atto.
    A  ben  vedere,  anche  la  previsione  di  cui  all'ultimo comma
dell'art. 143  c.p.c., per cui la notificazione in questa ipotesi «si
ha  per eseguita nel ventesimo giorno successivo a quello in cui sono
compiute  le  modalita'  prescritte», e' dettata proprio a tutela del
diritto  di  difesa del destinatario che abbia residenza sconosciuta,
concedendogli,    proprio    in   considerazione   della   situazione
particolarmente sfavorevole in cui puo' venire a conoscenza dell'atto
con  notevole  ritardo,  un  margine di tempo maggiore per provvedere
agli  adempimenti processuali. Sennonche', nell'attuale sistema della
notificazione ai sensi del comma 1 dell'art. 143 c.p.c., risultante a
seguito  della  modifica  legislativa operata dall'art. 174, comma 6,
c.p.c.,  anche tale proroga di venti giorni degli effetti sostanziali
e  processuali,  limitatamente al notificato, diviene priva di senso,
poiche'  in  mancanza  dell'affissione  presso  l'ufficio giudiziario
innanzi  al  quale  si  proceda,  il  destinatario non potrebbe avere
conoscenza  in  ogni  caso  dell'avvenuto  deposito  presso  la  casa
comunale  del luogo dell'ultima residenza o, se questa e' ignota, del
luogo di nascita, di copia dell'atto.
    Pur   essendo   consapevole  il  Collegio  che  le  modalita'  di
realizzazione  della  tutela  del  diritto alla riservatezza dei dati
personali  nel  sistema  della  notificazione  degli  atti giudiziari
rientri  nella  discrezionalita'  del legislatore, e come esuli dalla
competenza  del  giudice  delle  leggi  «ogni  valutazione  di natura
politica  ed  ogni  sindacato  dell'uso del potere discrezionale» del
legislatore,  non  puo'  non  rilevarsi - al fine di escludere che la
scelta  legislativa  di eliminazione dell'adempimento dell'affissione
all'albo   dell'ufficio  giudiziario  innanzi  al  quale  si  procede
costituisca  una  modalita'  di  bilanciamento  dei  diritti in gioco
(ovvero  l'unica modalita' possibile) - come anche in tale ipotesi la
tutela della riservatezza possa essere realizzata non necessariamente
mediante  l'eliminazione  di  detto  adempimento. Se questo, infatti,
cosi' come strutturato dal legislatore del codice di rito, senz'altro
determina  un'indebita divulgazione di dati personali dei destinatari
dell'atto,   anche  di  dati  che  potrebbero  essere  sensibili,  il
legislatore,  pero',  ben  avrebbe  potuto  prevedere  che anche tale
affissione  venisse effettuata con modalita' tali che, pur garantendo
la conoscenza in capo al notificato della pendenza di un procedimento
civile presso l'ufficio giudiziario medesimo e l'avvenuto deposito di
copia  dell'atto  presso  la  casa  comunale  del  luogo  dell'ultima
residenza  nota  ovvero del luogo di nascita, non determinasse di per
se'  la  conoscenza  terzi  del contenuto dell'atto: ad esempio, come
nell'affissione   «alla   porta   dell'abitazione  o  dell'ufficio  o
dell'azienda  del  destinatario»  di  cui  all'art. 140 c.p.c., anche
l'affissione  presso l'albo dell'ufficio giudiziario innanzi al quale
si procede potrebbe essere effettuato «in busta chiusa e sigillata».
    In  conclusione,  questo  tribunale  ritiene  non  manifestamente
infondata  la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 174,
comma  6,  del d.lgs. n. 196 del 2003 nella parte in cui ha eliminato
l'adempimento  dell'affissione  di  copia  dell'atto  da notificare a
persona   di  residenza,  domicilio  o  dimora  sconosciuti  all'albo
dell'ufficio   giudiziario   presso  cui  si  procede,  ponendosi  in
contrasto con il comma secondo dell'art. 24 della Costituzione.
    4. - Le questioni di legittimita' costituzionale che si sollevano
con la presente ordinanza devono ritenersi ammissibili e rilevanti ai
sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
    Preliminarmente   si   deve   rilevare   come   la   comparizione
dell'imprenditore  in  camera di consiglio ai sensi dell'art. 15 l.f.
per   esercitare   il   diritto   di   difesa   assuma  carattere  di
obbligatorieta'  a  seguito  della  sentenza  n. 141  resa in data 16
luglio  1970  dalla  Corte  costituzionale,  pena  la  nullita' della
sentenza  di  fallimento,  dovendosi  garantire  anche al fallendo il
diritto  di  difesa  previsto  dalla  Costituzione.  Vero e' che, nel
sancire  tale  obbligatorieta', il giudice delle leggi ha considerato
le  peculiarita'  della  struttura  e della funzione dell'istruttoria
prefallimentare,  precisando  che  il contraddittorio deve esplicarsi
compatibilmente  con  le  finalita'  di  interesse  pubblico  cui  la
procedura   fallimentare   e'   preordinata,  «che  caratterizzano  e
giustificano  il  carattere  sommario  della  procedura medesima, non
tassativamente   vincolata  a  speciali  modalita'  di  svolgimento»,
aggiungendo  ancora  che  l'obbligo  di  disporre la comparizione del
debitore,  con l'eventuale successiva audizione del medesimo e con la
possibilita'  di  sue  deduzioni  e  difese,  deve  essere inquadrato
nell'ambito  di  un  procedimento a cognizione sommaria e nell'ambito
delle  ragioni  di  urgenza  e  tempestivita'  cui  e'  informato  il
procedimento  di  dichiarazione di fallimento. Cio' nondimeno, pero',
anche  a  voler  aderire  ad  una  concezione minimale del diritto di
difesa,  non  puo'  ritenersi  in  ogni  caso  che  la  comunicazione
dell'istanza   di  fallimento  possa  essere  nulla  o,  tanto  meno,
inesistente.
    Nel caso all'esame di questo tribunale, infatti, la comunicazione
al   fallendo  dell'udienza  ai  sensi  dell'art. 15  l.f.  e'  stata
effettuata  mediante  notificazione  allo stesso di ciascuna istanza,
del  decreto di fissazione ovvero del decreto di riunione del giudice
incaricato   dal  Presidente  del  tribunale,  secondo  le  modalita'
prevista  dall'art. 143  c.p.c., cosi' come modificato dall'art. 174,
comma   6,  del  d.lgs.  n. 196  del  2003,  sussistendo  l'oggettiva
impossibilita' per i notificanti di individuare il luogo di effettiva
residenza,  domicilio o dimora del destinatario, malgrado siano state
esperite  le  indagini  suggerite  nel  caso  concreto dall'ordinaria
diligenza,  di  cui  e'  stato  dato atto nelle relazioni di notifica
redatte   dall'ufficiale  giudiziario,  cosi'  come  richiesto  dalla
giurisprudenza  di  legittimita'  (cfr.  Cass. civ., Sez. I, 6 aprile
2004,  n. 6761;  Cass. civ., Sez. I, 2 dicembre 2003, n. 18285; Cass.
civ.,  Sez.  II,  28  agosto 2002, n. 12589; Cass. civ., Sez. III, 21
febbraio 2002, n. 2504; Cass. civ., Sez. III, 26 marzo 2001, n. 4339;
Cass.  civ.,  Sez.  II, 10 luglio 1997, n. 6257; Cass. civ., Sez. II,
2 maggio  1997,  n. 3799;  Cass.  civ.,  Sez.  I,  25  novembre 1995,
n. 12223;  Cass.  civ.,  Sez.  I, 28 marzo 1991, n. 3358; Cass. civ.,
Sez.  L,  23  aprile 1980, n. 2693; Cass. civ., Sez. Il, 22 settembre
1977,  n. 4053;  Cass.  civ.,  Sez.  I, 8 maggio 1976, n. 1619; Cass.
civ.,  Sez.  III,  28 settembre 1973, n. 2448; Cass. civ., Sez. I, 30
maggio 1969, n. 1922; Cass. civ., Sez. III, 17 gennaio 1968, n. 124).
Tanto  in sede di notificazione dell'istanza presentata dalla «Daicom
s.a.»,  effettuata in data 7 luglio 2004, quanto di quella depositata
dalla  «Cartiera  Lucchese  S.p.a.»,  in data 9 luglio 2004, infatti,
l'ufficiale  giudiziario  ha fornito nella relata l'indicazione delle
ricerche   ed   indagini   compiute   nel   luogo  di  residenza  del
destinatario,  come risultante da certificazione dell'Ufficio servizi
demografici    del   comune   di   L'Aquila   in   atti,   procedendo
successivamente ad effettuare la notificazione ai sensi dell'art. 143
c.p.c.  mediante  deposito di copia dell'atto presso la casa comunale
del  luogo  dell'ultima  residenza.  In  particolare, nella relata di
notificazione  dell'istanza  presentata dalla «Daicom s.a.», si legge
che  «da  informazioni  rilasciate  dalla  figlia  lo  stesso  si  e'
trasferito altrove senza lasciare recapito». Ed e' opportuno rilevare
che  detto creditore procedente, assai opportunamente, ha ritenuto di
procedere  alla notificazione, unitamente alla propria istanza, anche
di  quella  riunita presentata in data 21 aprile 2004 dalla «Cartiera
Lucchese  S.p.a.», che peraltro ha provveduto parimenti alla disposta
rinnovazione.  Risultando  cosi' il suo allontanamento definitivo per
destinazione  non conosciuta dalla residenza anagrafica e non essendo
possibile   conoscere   la   nuova,   sebbene  la  procedura  di  cui
all'art. 143  c.p.c.  possa  essere  utilizzata  solo  in presenza di
un'effettiva  irreperibilita'  che  resista  alle ricerche effettuate
secondo  la normale diligenza, deve tuttavia ritenersi che questa non
debba  spingersi  fino  ad  una  ulteriore  e  inesigibile ricerca in
qualunque  altra  possibile  localita'  (cfr.  Cass. civ., Sez. I, 19
gennaio 2001, n. 540).
    Ne' il Collegio ritiene che, in base alla documentazione in atti,
i notificanti conoscessero o potessero conoscere, adottando la comune
diligenza, la residenza, il domicilio o la dimora del destinatario.
    Essendo  state  ritualmente  effettuate  -  secondo la disciplina
legislativa  in  vigore, cosi' come interpretata dalla giurisprudenza
di  legittimita' - le notificazioni ai sensi dell'art. 143 c.p.c., la
questione   di  costituzionalita'  di  tale  disposizione  e'  dunque
rilevante.
    Quanto    alla    questione    di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 143, comma 1, c.p.c., poi, deve rilevarsi che con la stessa
questo   Giudicante  richiede  una  sentenza  additiva  che  comporti
l'estensione  della  previsione  della  chiusura  in  busta  chiusa e
sigillata  a  fattispecie  avente - come si e' detto sopra - identica
ratio  rispetto  a quelle in relazione alle quali tale adempimento e'
stato  previsto dall'art. 174 del d.lgs. n. 196 del 2003 recependo le
indicazioni  del  Garante  per  la  protezione  dei  dati personali e
modificando   il   sistema   delle   notificazioni   e  comunicazioni
giudiziarie,  in  particolare  -  ma  non  solo  - in materia civile.
L'addictio  chiesta  al  giudice  delle  leggi  diviene cosi' l'unica
possibile   e,   conseguentemente,   costituzionalmente   imposta  in
considerazione  della  perpetrata  lesione  al  parametro dell'art. 3
Cost. da parte del testo in vigore denunciato di incostituzionalita'.
    In  relazione  al  procedimento in esame, poi, il Collegio rileva
che,  laddove  venga  dichiarata l'incostituzionalita' per violazione
della norma parametro dell'art. 24, comma secondo, della Costituzione
del  comma  6  dell'art. 174  del  d.lgs.  n. 196  del  2003,  che ha
eliminato  l'adempimento  dell'affissione di copia dell'atto all'albo
dell'ufficio  giudiziario  innanzi  al  quale  si  procede, allora il
Collegio   -   come   si  e'  accennato  sopra  -  dovra'  dichiarare
l'inesistenza  (o,  comunque,  la  nullita) della notificazione delle
istanze  di  fallimento riunite a F. P. e, conseguentemente, disporre
che venga fissata altra udienza innanzi al giudice incaricato perche'
il fallendo venga sentito ai sensi dell'art. 15 l.f., di cui sia data
allo  stesso  comunicazione. E laddove la stessa sia effettuata nelle
forme  della  notificazione  ai sensi dell'art. 143, comma 1, c.p.c.,
l'ufficiale  giudiziario,  una  volta  che  la disposizione censurata
abbia  cessato di avere efficacia (art. 136 Cost.), dovra' provvedere
ad  effettuare  anche  il  deposito di copia dell'atto presso la casa
comunale.
    In  conclusione,  si  ritiene  non  manifestamente  infondata  la
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 143,  comma 1,
c.p.c.  con  riferimento  all'art. 3  Cost.  nella  parte  in cui non
prevede  che  il  deposito di copia dell'atto presso la casa comunale
debba  essere  effettuato  in  busta  chiusa  e sigillata, nonche' la
questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 174, comma 6, del
d.lgs.  30  giugno  2003,  n. 196  nella  parte  in  cui ha eliminato
l'ultimo  inciso  del  primo  comma  dell'art. 143 c.p.c., con cui si
prevedeva  che  la  notificazione  a  persona  di residenza, dimora o
domicilio  sconosciuti  venisse effettuata anche «mediante affissione
di altra copia nell'albo dell'ufficio giudiziario davanti al quale si
procede».