ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 158, comma 2,
lettera g),  del  decreto  legislativo  30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo
codice della strada), in combinato disposto con gli artt. 11 e 12 del
decreto  del  Presidente  della  Repubblica  24 luglio  1996,  n. 503
(Regolamento   recante   norme   per  l'eliminazione  delle  barriere
architettoniche   negli   edifici,   spazi  e  servizi  pubblici),  e
dell'art. 381 del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre
1992,  n. 495  (Regolamento  di  esecuzione e di attuazione del nuovo
codice  della strada), promosso con ordinanza del 14 ottobre 2003 dal
giudice  di  pace  di  Verona  nel  procedimento  civile vertente tra
Sartori  Antonella  e  il  comune  di  Verona,  iscritta al n. 56 del
registro  ordinanze  2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 9, 1ª serie speciale, dell'anno 2004.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 27 ottobre 2004 il giudice
relatore Annibale Marini.
    Ritenuto  che,  con  ordinanza del 14 ottobre 2003, il giudice di
pace di Verona ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, commi primo
e  secondo,  e  32  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale   dell'art. 158,   comma 2,  lettera g),  del  decreto
legislativo  30 aprile  1992,  n. 285 (Nuovo codice della strada), in
combinato  disposto  con gli artt. 11 e 12 del decreto del Presidente
della  Repubblica  24 luglio  1996, n. 503 (Regolamento recante norme
per  l'eliminazione  delle  barriere  architettoniche  negli edifici,
spazi e servizi pubblici), e dell'art. 381 del decreto del Presidente
della  Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495 (Regolamento di esecuzione
e  di  attuazione  del nuovo codice della strada), nella parte in cui
individuano  «quali  soli  soggetti  legittimati  a beneficiare degli
appositi  contrassegni  per  invalidi civili, abilitanti alla sosta e
fermata  negli  appositi  spazi  e  parcheggi delimitati sulle strade
comunali,  gli  invalidi  civili  non  deambulanti e non invece anche
soggetti parimenti affetti da patologie gravemente invalidanti, ma, a
differenza degli altri, ambulanti»;
        che   il   combinato   disposto   delle  norme  sopra  citate
presenterebbe  -  secondo  il  rimettente  -  una «grave incongruita'
logica» e determinerebbe una ingiustificata disparita' di trattamento
tra  le due individuate categorie di invalidi civili, con conseguente
lesione  dei  principi  di  eguaglianza  formale  e sostanziale e del
diritto alla salute;
        che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, concludendo per la declaratoria di inammissibilita' o comunque
di non fondatezza della questione;
        che la difesa pubblica osserva, innanzitutto, che la norma di
cui all'art. 158, comma 2, lettera g), del decreto legislativo n. 285
del  1992 punisce la sosta in aree riservate a determinati soggetti e
nulla  dispone  in  ordine  alla  individuazione  di  tali  soggetti,
cosicche'   la   questione,   come   proposta,   sarebbe  sicuramente
irrilevante;
        che le norme regolamentari richiamate sarebbero d'altra parte
insuscettibili di sindacato di costituzionalita';
        che,  nel  merito,  la  questione  sarebbe  comunque priva di
fondamento,   apparendo   del  tutto  ragionevole  che,  in  tema  di
circolazione   di   persone   e   cose,   sia  preso  in  particolare
considerazione quell'aspetto dell'invalidita' rappresentato dalla non
deambulazione.
    Considerato  che  il  giudice di pace di Verona, nel sollevare la
indicata  questione di legittimita' costituzionale, omette di fornire
qualsivoglia elemento descrittivo in ordine alla fattispecie concreta
sottoposta   al   suo  giudizio,  difettando  nell'ordinanza  persino
l'indicazione dell'oggetto del procedimento a quo;
        che  tale  circostanza, impedendo in radice a questa Corte la
possibilita'  di  esercitare  il  doveroso  controllo sulla rilevanza
della  questione  prospettata, di per se' determina, a prescindere da
ogni   altra  considerazione,  la  manifesta  inammissibilita'  della
questione stessa.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.