LA COMMISSIONE TRIBUTARIA Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 38/04 depositato il 20 gennaio 2004 avverso avviso irrogazione sanzioni n. R45LS0200009 2003 sanzione amministrativa 2003. Contro Agenzia entrate Ufficio Borgo Valsugana, proposto dal ricorrente Ristorante Lozen di Bettega Arnaldo e C. s.n.c. - loc. Lozen 1 - 38050 Mezzano (Trento) difeso da Zortea Massimo e Fanara Renato, via Paradisi 15/5 - 38100 Trento. Ordinanza In data 20 gennaio 2004, Bettega Arnaldo, in qualita' di legale rappresentante della Societa' Ristorante Lozen di Bettega Arnaldo & C. s.n.c. presentava dinanzi a questa Commissione Tributaria ricorso avverso l'atto di irrogazione sanzioni n. R45LS0200009 2003, notificato in data 24 ottobre 2003 dall'Agenzia delle Entrate - Ufficio di Borgo Valsugana, in materia di sanzioni di cui alla legge n. 73 del 2002. Deduceva la ricorrente sette motivi di ricorso: 1) violazione di legge: artt. 2 e 11 del d.lgs. n. 472/1997 per la mancata notifica dell'ano alla persona fisica autore della violazione; 2) assoluta infondatezza nel merito dell'atto impugnato; 3) violazione degli artt. 3 del d.lgs. n. 472/1997 e 25 Cost. per illegittimita' retroattivita' delle sanzioni; violazione dell'art. 3, comma 3 della legge n. 73/2002; 4) incostituzionalita' dell'art. 3 della legge n. 73/2002: violazione degli artt. 3, 25 e 27 Cost.; 5) difetto di giurisdizione della Commissione Tributaria: violazione degli artt. 2 e 3 del d.lgs. n. 546/1992. Incostituzionalila' dell'art. 3, legge n. 73/02 - Violazione di legge: artt. 3, 25 e 102 Cost.; 6) difetto di motivazione dell'ano impugnato; 7) mancata applicazione dell'istituto della continuazione ex art. 12 del d.lgs. n. 472/1997 nell'applicazione delle sanzioni. Concludeva per l'annullamento dell'atto impugnato, previa sospensione della procedura di riscossione, con vittoria delle spese del giudizio. Si e' costituito in giudizio l'Agenzia delle Entrate - Ufficio di Borgo Valsugana chiedendo il rigetto del ricorso, rilevando la legittimita' del proprio operato. All'udienza del 20 febbraio 2004, veniva accolta la richiesta di sospensione presentata dalla ricorrente e all'odierna pubblica udienza e' comparso solo il rappresentante dell'ufficio, il quale si e' riportato alle proprie deduzioni, insistendo per il rigetto del ricorso. La Commissione ritiene non manifestamente infondata e rilevante per la presente decisione la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 3 della legge n. 73 del 2002. La predetta norma, intitolata «Modifiche alle disposizioni in materia di lavoro irregolare», prevede che «ferma restando l'applicazione delle sanzioni previste, l'impiego di lavoratori dipendenti non risultanti dalla scrittura o altra documentazione obbligatoria, e' altresi' punito con la sanzione amministrativa dal 200 al 400 per cento dell'importo, per ciascun lavoratore irregolare, del costo del lavoro calcolato sulla base dei vigenti contratti collettivi nazionali, per il periodo compreso l'inizio dell'anno e la data di constatazione della violazione». Ora, come osservato dalla ricorrente, se il calcolo della sanzione da applicare deve essere effettuato, come sostenuto dall'Ufficio e come emerge dal tenore della norma, dall'inizio dell'anno fino al momento dell'accertamento della violazione, e non ragguagliandolo al periodo di effettivo svolgimento di lavoro irregolare, la norma non sembra compatibile con il principio di ragionevolezza che dovrebbe accompagnare ogni meccanismo volto a scoraggiare lo svolgimento di attivita' lavorativa irregolare, anzi per certi aspetti, ne potrebbe incoraggiare l'attivita'. Infatti, l'assurda conseguenza che si determina con l'applicazione di tale principio normativo e' quella secondo cui se un contribuente impiegasse un lavoratore irregolarmente dal primo gennaio di un certo anno fino alla fine dell'anno e prima della fine dell'anno dovesse essere scoperta la violazione, pagherebbe una sanzione identica a quella di un contribuente che avesse assunto irregolarmente un dipendente pochi giorni prima della fine dell'anno ed entro quello stesso anno ne venisse scoperta l'esistenza. Appare inoltre evidente, in tale formulazione della norma, la sproporzione tra la condotta illecita introdotta' e la sanzione che la accompagna - dal 200 al 400 per cento dell'importo, per ciascun lavoratore irregolare, del costo del lavoro calcolato sulla base dei vigenti contratti collettivi nazionali - soprattutto nei casi in cui la sanzione non e' ragguagliata all'effettivo periodo di svolgimento dell'attivita' lavorativa irregolare. Inoltre, sempre sotto il profilo della ragionevolezza e logicita' della previsione normativa e non secondo il parametro indicato dalla ricorrente dell'art. 27 della Costituzione, riguarda esclusivamente le sanzioni penali e non quelle amministrative, come fattispecie, appare condivisibile la censura per cui con la norma in questione e' stato sancito il principio del cumulo fra la sanzione ex art. 3, comma 3 della legge n. 73 del 2002 e tutte le altre sanzioni a vario titolo applicabili alla condotta materiale che ne e' alla base. In definitiva, la sanzione irrogata con il provvedimento impugnato viene a costituire un quid pluris che va ad aggiungersi alle sanzioni gia' previste dalla legislazione fiscale, lavoristica e previdenziale. Ne deriva che il carico sanzionatorio per il contribuente attraverso tale meccanismo di cumulo risulta di entita' tale da palesare una evidente sproporzione (rispetto a quanto rilevato al punto che precede) rispetto alla effettiva gravita' dell'illecito previsto dalla norma. Per quanto fin qui esposto, appare necessario rimettere gli atti alla Corte costituzionale affinche' esamini la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 3 della legge n. 73 del 2002 in relazione agli artt. 3 e 25 della Costituzione;