LA CORTE D'APPELLO

    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza nella causa civile recante
il  numero  di  ruolo  generale  sopra  indicato,  promossa  in grado
d'appello  con  citazione  notificata  il 13 aprile 2004; da Vassalli
Luigi,  rappresentato  e  difeso dall'avv. Giorgio Ballabio, galleria
del  Corso  n. 1,  Milano,  presso  il quale ha eletto domicilio, nei
confronti  di  Niki  Hotel  S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.
Carlo  Meleri  del  foro  di  Crema ed Annalisa Montanari, via Emilia
n. 12,  Casalpusterlengo (Lodi); letti gli atti ed i documenti di cui
ai fascicoli d'ufficio e di parte appellante;
    Premesso  che  a  fronte della citazione introduttiva dell'attore
Vassalli,  che  chiedeva il pagamento dell'opera di mediazione svolta
in   un  affare  immobiliare,  la  convenuta  Niki  Hotel  S.r.l.  si
costituiva  nel  marzo  2000  dinanzi l'adito Tribunale di Milano con
l'assistenza  di due difensori (l'avv. Carlo Meleri del foro di Crema
e  l'avv.  Annalisa  Montanari del foro di Lodi), eleggendo domicilio
presso lo studio di quest'ultima in Casalpusterlengo (Lodi);
        all'esito  del giudizio di primo grado, il tribunale, come da
dispositivo,   ha   «respinto  le  domande  dell'attore,  per  essere
intervenuta precedentemente transazione tra le parti»;
        contro  questa sentenza, depositata il 26 febbraio 2003 e non
notificata,  il  soccombente  Vassalli  ha  dunque  proposto  appello
dinanzi  questa  Corte,  con articolati motivi di fatto e di diritto,
notificando  l'atto  d'impugnazione,  in  data 13 aprile 2004 (cioe',
alla  scadenza  del  termine  piu' lungo, come prorogato anche per le
precedenti  festivita),  al domicilio dei procuratori di controparte,
ma a mani del cancelliere presso il Tribunale di Milano;
        alla  prima  udienza  della causa d'appello, in data 6 luglio
2004, l'appellata non si e' costituita e questa Corte si e' riservata
di decidere in ordine alla sua eventuale contumacia;
    Considerato  che  nella  notificazione  dell'atto  d'impugnazione
l'appellante  ha  fatto  evidente applicazione del combinato disposto
dell'art.  330,  primo  comma,  seconda  parte, c.p.c. (che indica il
luogo  di  notifica  della  citazione  d'appello  a  controparte  con
riferimento  al  suo procuratore costituito ed al domicilio eletto in
primo  grado) e dell'art. 82 del R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, recante
norme  integrative  e  di  attuazione  del  R.D.L.  27 novembre 1933,
n. 1578, sull'ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore
(«1.  Gli  avvocati,  i  quali  esercitano  il  proprio ufficio in un
giudizio  che  si  svolge fuori della circoscrizione del Tribunale al
quale   sono  assegnati,  devono,  all'atto  della  costituzione  nel
giudizio   stesso,   eleggere   domicilio  nel  luogo  dove  ha  sede
l'autorita'  giudiziaria  presso la quale il giudizio e' in corso. 2.
In  mancanza  della  elezione  di domicilio, questo si intende eletto
pressa la cancelleria della stessa autorita' giudiziaria»).
    Ritenuto  che  non  vi  e'  dubbio circa l'esatta applicazione da
parte  dell'appellante  del riferito contesto normativo nella stabile
interpretazione  offertane  dalla  S.C.  di  Cassazione:  si  veda, a
conferma di gia' risalente, conforme giurisprudenza, Cass. SS. UU. 15
aprile  1992,  n. 4602,  per la quale «il procuratore che eserciti il
suo  ministero  fuori  della  circoscrizione  del  Tribunale a cui e'
assegnato,  deve  eleggere  domicilio,  all'atto  di  costituirsi  in
giudizio, nel luogo ove ha sede l'Ufficio giudiziario presso il quale
e'  in  corso il processo, ed in mancanza si intende che abbia eletto
domicilio  presso  la  cancelleria  di detto giudice, sicche' e' tale
domicilio de jure che, nell'indicata ipotesi, assume rilevanza sia ai
fini    della    notificazione    della   sentenza   al   procuratore
costituito ...,   sia   ai  fini  della  notificazione  della  stessa
impugnazione»;  e  questa  opzione interpretativa - all'interno della
quale  possono distinguersi solo pronunce piu' rigorose che escludono
ogni  possibilita'  di  scelta  da parte del notificante ed altre che
intendono  il  domicilio  legale dell'art. 82 come una mera facolta',
alternativa  ad  un'eventuale  notifica  piu'  diretta  ed efficace -
risulta poi piu' volte ribadita anche di recente (tra le molte: Cass.
14  marzo  2000,  n. 2952,  e  4  dicembre  2001, n. 15306 e pur dopo
l'ingresso  in  vigore  della  legge  24  marzo  1997,  n. 27, che ha
soppresso  la  distinzione  tra avvocati e procuratori legali (tra le
altre, Cass. 9 maggio 2002, n. 6692);
        nel caso di specie, tra l'altro, entrambi i procuratori della
convenuta-appellata   hanno   indicato  negli  atti  di  parte  studi
professionali  siti  fuori del circondario del Tribunale di Milano e,
da  una  verifica  dell'albo  professionale milanese, nessuno di essi
risulta  ad  oggi  quivi  iscritto:  di  modo  che non sarebbe neppur
ipotizzabile,   per  questa  Corte,  ordinare  un'ulteriore  notifica
dell'impugnazione  presso  l'effettivo  studio di uno dei procuratoni
costituiti  (in  qualche  modo  forzando le suggestioni desumibili da
Cass.  15  febbraio  2000,  n. 1700, 21 dicembre 2001, n. 16145, e 18
aprile 2002, n. 5635, fino a far prevalere, in caso di piu' difensori
ed  anche  a  dispetto  della  specifica  elezione,  il domicilio del
procuratore residente nella circoscrizione del giudice adito, ovvero,
comunque  il domicillo legale ex r.d.l. n. 1578/1933, come risultante
dall'albo professionale rispetto a diverse indicazioni di parte);
        in   ogni   caso,   un  ipotetico  ordine  di  rinnovare  una
notificazione  -  che  sia,  com'e',  formalmente valida - sol per la
probabilita'  che  essa non abbia di fatto raggiunto il destinatario,
non  rientrerebbe  neppure tra i poteri discrezionali di questa Corte
(in  questa  senso  Cass.  SS.UU.  6 aprile 1993, n. 4105: l'art. 291
c.p.c.   lega,   infatti,   la   rinnovazione   alla  nullita'  della
notificazione  della  prima citazione); ed anzi, la gia' citata Cass.
n. 16145/2001,  nel  considerare piu' in generale i poteri ordinatori
del giudice sull'andamento della procedura, anche alla luce del nuovo
art. 111 della Costituzione, ha accertato la nullita' di un'ordinanza
che imponga di rinnovare una citazione valida e la ridondanza di tale
nullita'  anche  sul  provvedimento  con il quale venga sanzionata la
mancata ottemperanza all'ordine di rinnovazione.
    Ritenuto  dunque  che  la  questione di costituzionalita', che si
intende  sollevare  d'ufficio  in ordine alle norme citate, appare in
concreto   rilevante   nella  presente  causa,  giacche'  dalla  loro
applicazione   secondo   il   diritto   «vivente»   discenderebbe  la
dichiarazione di contumacia della societa' appellata ed il sacrificio
di  un  reale  contraddittorio  d'appello  (privato  non  solo  degli
eventuali argomenti di una parte, ma anche dei documenti da essa gia'
prodotti  e  dal  primo giudice posti a fondamento della sentenza ora
criticata).
    Osservato    che   secondo   la   corrente,   ed   ora   unanime,
interpretazione (fin da Cass. 3 luglio 1997, n. 5985 l'art. 82 citato
ha  il duplice fine di esonerare la parte dai maggiori oneri connessi
all'esecuzione  di  una  notifica  fuori  del  circondario e, piu' in
generale,  di  stabilire  un  collegamento di ordine territoriale tra
l'ufficio giudiziario ed il procuratore che esercita il suo ministero
davanti  ad  esso,  per  favorire l'efficienza e la funzionalita' del
rito (si pensi alle comunicazioni di ufficio);
        tuttavia,  quanto  al  primo profilo, l'interesse della parte
notificante  va  coordinato  con  quello  della  parte notificata: la
tutela,   cioe',   del   -  costituzionalmente  garantito  -  «facile
esercizio»  del  diritto  d'azione (e d'impugnazione) deve pur sempre
contemperarsi   con  la  salvaguardia  dell'altrettanto  garantito  e
rilevante  diritto  di  difesa  di  chi  subisce  l'impugnazione.  In
concreto,  il  lieve  peso  o  la  scomodita'  di  una notifica fuori
circondano  -  ma  semmai  a  breve  distanza;  e  soprattutto con le
possibilita'  odierne  di comunicazione e di legale utilizzazione del
mezzo  postale, dove l'impegno del notificante non muta quale che sia
il circondario del destinatario - devono ragionevolmente commisurarsi
con  il  rischio  di  una  rinuncia  al fondamentale obiettivo che il
diritto  di  difesa possa esprimersi in maniera effettiva in tutte le
fasi  ed  i  gradi  del  giudizio; rischio, nella presente situazione
processuale,   per   un   verso   non   inevitabile  (come  nei  casi
d'irreperibilita)  e  per  altro  verso assai concreto, dato il tempo
trascorso   dalla  prima  sentenza  e  le  pratiche  modalita'  delle
notifiche in cancelleria;
        a  maggior  ragione,  il  sacrificio del diritto effettivo di
difesa  se  non  e'  qui  di  certo  necessario,  non  sembra nemmeno
giustificabile  con riferimento alle richiamate ragioni organizzative
di  un  ufficio  giudiziario  od  alla formale efficienza del modello
processuale  lo  studio  della  procuratrice  domiciliataria  rientra
comunque nel distretto di questa Corte);
        la  domiciliazione  della notifica d'appello come imposta, od
almeno  consentita,  dal  combinato disposto delle norme in esame non
risulterebbe  piu' ragionevole o giustificata nemmeno ove intesa come
«sanzione»   all'inosservanza   di   un  legittimo  precetto  rivolto
all'avvocato  dal  primo comma dell'art. 82, regio decreto n. 37/1934
tale   sanzione  sembra,  infatti,  francamente  eccessiva  nei  suoi
probabili    esiti    di    pratica   ignoranza   dell'esistenza   di
un'impugnazione   e   soprattutto   irragionevolmente   punitiva  nei
confronti  non  del  legale,  ma direttamente della parte (alla quale
un'eventuale   sede   risarcitoria   potrebbe  non  offrire  adeguato
ristoro);
        ed  in  effetti gli altri casi di obbligatoria domiciliazione
previsti  dal codice di rito (come agli artt. 165, 319, 480, 638, 660
c.p.c.)  o non prevedono una «sanzione» analoga a quella qui discussa
ovvero,  quando  la  prevedono,  non sono confrontabili con quello in
esame,  poiche'  si riferiscono a situazioni processuali ben diverse,
nelle  quali  e'  esigibile  e  praticabile  dal legale o dalla parte
personalmente  un  onere  d'informazione  presso  la cancelleria, dal
momento  che  in  tutti quei casi l'interessato sa della pendenza del
procedimento,  per  averlo promosso e per essersi costituito: di modo
che  la  conseguenza  della  domiciliazione  legale  non  risulta  in
concreto punitiva;
        in   un'ottica   di   confronto  con  situazioni  lato  sensu
assimilabili, va detto, anzi, che l'esaminata disciplina di legge per
il  caso  di  mancata  elezione di domicilio da parte del procuratore
risulta  in  concreto  inspiegabilmente  piu'  severa  rispetto  alla
necessita',  pur  sempre prevista dall'ultimo comma dello stesso art.
330 c.p.c., di un'efficace notifica dell'impugnazione personalmente a
controparte,  laddove  questa  sia  rimasta contumace in primo grado:
dove  si  dimostra ulteriormente che la «facilita» dell'esercizio del
diritto  d'impugnazione  e  le  esigenze  organizzative  dell'ufficio
giudiziario  non costituiscono criteri sempre vincenti agli occhi del
legislatore;
    Ritenuto  dunque  che  non  e'  ingiustificato  il  dubbio che il
combinato  disposto  delle  norme  di legge indicate violi i precetti
degli   articoli 3,   24   e   111   della  Costituzione,  conducendo
irragionevolmente  a sacrificare l'effettivita' del diritto di difesa
e la parita' delle parti nel contraddittorio processuale;