ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  degli  articoli 2,  3
comma 1,  lettera a), 5, 6, 7, 8, 9, 13, comma 3, 15 e 16 della legge
27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale  e  pluriennale  dello  Stato  -  legge  finanziaria  2003) e
dell'art. 2,   comma 21,   della   legge   24 dicembre  2003,  n. 350
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello  Stato  -  legge  finanziaria  2004) promossi con ricorsi della
Regione  Toscana, della Regione Emilia-Romagna (n. 2 ricorsi) e della
Regione  Veneto, notificati il 25, il 26 febbraio ed il 1° marzo 2003
ed  il 24 febbraio 2004, depositati in cancelleria il 5 ed il 7 marzo
2003  ed  il  4 marzo  2004, iscritti ai nn. 15, 25 e 26 del registro
ricorsi 2003, ed al n. 33 del registro ricorsi 2004.
    Visti  gli  atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  28 settembre  2004 il giudice
relatore Alfio Finocchiaro;
    Uditi  gli  avvocati  Fabio  Lorenzoni  per  la  Regione Toscana,
Giandomenico   Falcon   e   Franco   Mastragostino   per  la  Regione
Emilia-Romagna,  Mario  Bertolissi per la Regione Veneto e l'avvocato
dello  Stato  Giancarlo  Mando'  per  il Presidente del Consiglio dei
ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  ricorso  notificato  al  Presidente del Consiglio dei
ministri  il 26 febbraio 2003, depositato presso la cancelleria della
Corte  costituzionale  il  5 marzo  2003 e iscritto al n. 15 registro
ricorsi   del   2003,  la  Regione  Toscana  ha  chiesto  alla  Corte
costituzionale   dichiararsi,  fra  l'altro,  l'illegittimita'  degli
artt. 3,  comma 1,  lettera a),  5,  6,  7,  8,  9  (ad eccezione del
comma 17),  13, comma 3, 15 e 16 della legge 27 dicembre 2002, n. 289
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello  Stato  - legge finanziaria 2003), per indebita invasione della
propria  sfera  di  competenza, con violazione degli artt. 117, 118 e
119 della Costituzione.
    La Regione ricorrente lamenta che lo Stato, disciplinando, con le
norme   impugnate,   forme  di  condono  fiscale,  determina  effetti
sostanziali,   come   l'estinzione   delle   sanzioni  amministrative
tributarie,  comprese  quelle accessorie, relative alle dichiarazioni
condonate.
    In particolare:
        l'art. 3,  comma 1,  lettera a),  sospende  gli aumenti delle
addizionali all'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) per
i  comuni  e  le  regioni,  nonche'  la  maggiorazione  dell'aliquota
dell'imposta  regionale  sulle  attivita'  produttive  (IRAP), fino a
quando  non  si  raggiunga un accordo in sede di Conferenza unificata
tra  Stato,  regioni  ed  enti  locali sui meccanismi strutturali del
federalismo fiscale;
        l'art. 5   introduce   una  serie  di  modifiche  al  decreto
legislativo   15 dicembre   1997,  n. 446  (Istituzione  dell'imposta
regionale  sulle  attivita'  produttive,  revisione  degli scaglioni,
delle  aliquote  e  delle  detrazioni dell'IRPEF e istituzione di una
addizionale   regionale   a  tale  imposta,  nonche'  riordino  della
disciplina dei tributi locali);
        l'art. 6  istituisce  il  concordato triennale preventivo cui
possono accedere i contribuenti titolari di reddito soggetto ad IRAP,
con  la  conseguenza  che  eventuali  maggiori imponibili, rispetto a
quelli oggetto del concordato, non sono soggetti ad imposta;
        l'art. 7  prevede  la  definizione  automatica dei redditi di
impresa  e lavoro autonomo per gli anni pregressi, con ricaduta sulle
addizionali  IRPEF  e  IRAP  per  le  Regioni,  che si perfeziona con
versamento,  mediante  autoliquidazione,  dei  tributi  derivanti dai
maggiori ricavi o compensi determinati sulla base dei criteri e delle
metodologie  stabiliti  con  il  decreto  di  cui  al  comma 14 della
medesima disposizione;
        l'art. 8  prevede  che  le  dichiarazioni relative ai periodi
d'imposta  per  i  quali  i termini per la presentazione sono scaduti
entro il 31 ottobre 2002, possono essere integrate, con effetti anche
ai fini delle addizionali IRPEF e IRAP;
        l'art. 9  prevede  la  definizione  automatica  per  tutte le
imposte ed i periodi d'imposta per i quali i termini di presentazione
siano   scaduti   entro   il   31 ottobre   2002,  con  modalita'  di
perfezionamento diverse, a seconda dei tipi di imposta: per l'IRAP si
prevede  il pagamento del 18% dell'imposta lorda, con percentuale del
16%  applicabile  all'eccedenza,  se  l'imposta lorda supera i 10.000
euro, e del 13% se l'imposta lorda supera i 20.000 euro;
        l'art. 13  prevede  che  le regioni e gli enti locali possano
stabilire  la  riduzione  dell'ammontare  delle  imposte e tasse loro
dovute  (da intendersi come i tributi la cui titolarita' giuridica ed
il  cui  gettito siano integralmente attribuiti ai predetti enti, con
esclusione delle compartecipazioni e addizionali a tributi erariali e
delle  mere  attribuzioni  ad enti territoriali del gettito, totale o
parziale,  di  tributi erariali), nonche' l'esclusione o la riduzione
dei  relativi  interessi e sanzioni, qualora i contribuenti adempiano
ad  obblighi  tributari  precedentemente  in  tutto  o  in  parte non
adempiuti;
        l'art. 15   prevede   che  possono  essere  definiti  in  via
agevolata avvisi di accertamento, inviti al contraddittorio, processi
verbali  di  constatazione non ancora definiti, relativamente a tutte
le  imposte,  compresa  l'IRAP, e stabilisce le percentuali da pagare
per la definizione stessa;
        l'art. 16 disciplina la chiusura delle liti fiscali pendenti,
che  possono  essere  definite, anche per l'IRAP, con il pagamento di
determinate somme.
    Le  disposizioni impugnate, poi, nella misura in cui si applicano
anche  all'IRAP,  si  pongono  in  contrasto  con gli artt. 117 e 119
Cost., trattandosi di tributo proprio delle regioni.
    Secondo  la  ricorrente, l'IRAP va annoverata nella categoria dei
tributi  propri  delle  regioni,  sia  in  relazione al vecchio testo
dell'art. 119  Cost.,  in  contrapposizione  alle  quote  di  tributi
erariali,   sia   in   relazione  alla  nuova  versione  della  norma
costituzionale,  che  riferendosi  non  piu'  alle  quote  di tributi
erariali,  ma alla compartecipazione agli stessi, sposta l'attenzione
sulla  spettanza del gettito del tributo (il gettito dell'IRAP spetta
integralmente  alle regioni), poiche' la competenza a disciplinare il
tributo  e' questione che dipende poi dal modo in cui la Costituzione
ripartisce, tra Stato e regioni, i poteri in ordine ai tributi propri
delle regioni.
    Non  sono  oggi  piu'  valide  le  ragioni  per cui in passato si
ritenne   la   legge   istitutiva  dell'IRAP  non  in  contrasto  con
l'autonomia   finanziaria   regionale:   la  potesta'  impositiva  e'
riconosciuta  direttamente  dall'art. 119  Cost.,  in quanto la legge
statale  non  e'  piu'  preposta  a  definire  le  forme  e  i limiti
dell'autonomia finanziaria e in quanto i tributi propri non sono piu'
attribuiti  da  tale  legge; la competenza legislativa dello Stato in
materia  tributaria  riguarda soltanto il proprio sistema contabile e
tributario, e non anche quello delle regioni e degli enti locali, che
dunque  rientra  nella potesta' residuale esclusiva delle regioni. In
tale ambito lo Stato puo' solo dettare, nell'esercizio della potesta'
concorrente  di  coordinamento del sistema tributario e della finanza
pubblica, principi fondamentali, ovvero deve limitarsi a definire gli
ambiti  entro  i  quali puo' essere esercitata la potesta' impositiva
dei  vari  livelli  di  governo, ma, riguardo ai tributi propri delle
Regioni,  non puo' emanare normative come quella istitutiva dell'IRAP
(la   cui   disciplina   resta  in  vigore  finche'  le  Regioni  non
provvederanno  a modificarla), ne' puo' legiferare su questa forma di
prelievo con norme di dettaglio, anche riducendone il gettito.
    Venendo  alle  singole  disposizioni impugnate della legge n. 289
del 2002, la Regione Toscana afferma quanto segue.
    In   particolare,   con   la   sospensione  degli  aumenti  delle
addizionali   IRPEF   per  i  comuni  e  le  regioni,  nonche'  della
maggiorazione  dell'aliquota dell'IRAP fino a quando non si raggiunga
un accordo in sede di Conferenza unificata tra Stato, Regioni ed enti
locali  sui  meccanismi  strutturali del federalismo fiscale, essendo
l'IRAP  tributo  proprio  della  Regione,  lo  Stato,  con  l'art. 3,
comma 1,  lettera a),  blocca un canale di finanziamento regionale, a
tempo  indeterminato,  con la conseguente contrazione delle politiche
regionali,  violando  il  principio di autosufficienza finanziaria di
cui  all'art. 119,  terzo comma, Cost., e non consentendo l'esercizio
delle  competenze  legislative  regionali di cui agli artt. 117 e 118
Cost.
    Infatti, riguardo alle addizionali IRPEF, pur essendo vero che e'
la  legge  statale  di  coordinamento  che attribuisce la potesta' di
istituirle,  attesa  la  funzione  di  stabilire  l'area  di prelievo
spettante  a  ciascun livello di governo e di evitare che ciascuno di
essi  sia  disturbato  dal  modo con cui gli altri esercitano le loro
potesta',  cio'  non e' sufficiente a giustificare misure sospensive,
poiche' se la potesta' degli enti autonomi compromette la politica di
prelievo  dello Stato, delle due l'una, o la disciplina va ridefinita
in  termini generali, e con effetto retroattivo sulle scelte adottate
dagli  enti,  oppure  tale  potesta'  non  compromette la politica di
prelievo  dello  Stato,  e  allora  non  vi  e'  motivo  di limitarne
l'esercizio.
    Con  riguardo  agli artt. 5 e alle altre disposizioni relative ai
vari  tipi  di  condono applicabili anche all'IRAP (artt. 6, 7, 8, 9,
15,  16),  il carattere di tributo regionale proprio dell'imposta non
consente  allo  Stato  l'emanazione  di  norme di dettaglio, quali la
riduzione  del  gettito,  le modalita' di applicazione ed il condono,
dovendosi  limitare  a dettare norme per il coordinamento finanziario
dei  diversi  livelli di governo e definire gli ambiti entro cui puo'
essere esercitata la potesta' impositiva delle varie amministrazioni.
    Con   riferimento,  infine,  all'art. 13,  che  attribuisce  alle
Regioni  e  agli enti locali la facolta' di introdurre e disciplinare
misure di condono relative a tributi propri, la ricorrente rileva che
lo  stesso  detta una definizione di tributi propri - come tributi la
cui  titolarita'  giuridica  ed  il  cui  gettito siano integralmente
attribuiti  ai  predetti enti, con esclusione delle compartecipazioni
ed addizionali a tributi erariali, nonche' delle mere attribuzioni ad
enti territoriali del gettito, totale o parziale, di tributi erariali
-  tale  che,  riguardo a tale ultimo aspetto, la «mera attribuzione»
dipende dal solo fatto che un tributo sia disciplinato dallo Stato, e
non  in base al principio, valido gia' prima della riforma del titolo
V,  per  cui  debbono  essere  definiti  tributi propri quelli il cui
gettito spetti integralmente alle Regioni. Che l'IRAP non possa esser
considerata   tributo  erariale,  e'  dimostrato  dal  fatto  che  la
precedente  disciplina  statale  vige,  alla  luce del nuovo art. 119
Cost.,  solo finche' le Regioni non decidano di esercitare la propria
potesta'  legislativa,  il  che  significa  che  lo Stato ha perso il
potere  di  modificarla  e di neutralizzarne gli effetti con forme di
condono.  La norma si pone dunque in contrasto con gli artt. 117, 118
e 119 Cost.
    2.  -  Nel  giudizio si e' costituito il Presidente del Consiglio
dei ministri, con il ministero dell'Avvocatura generale dello Stato.
    La difesa erariale assume l'infondatezza del ricorso, osservando,
relativamente   agli   artt. 3   e   5,   che   l'IRAP  (ma  analoghe
considerazioni  riguardano  l'addizionale regionale IRPEF) e' tributo
destinato ad alimentare le finanze della Regione in cui e' operato il
prelievo, al netto della quota di gettito spettante allo Stato, e che
cio' avviene in base ad una legge dello Stato che l'ha istituita e ne
detta la disciplina, in funzione dell'esigenza di coordinamento della
finanza pubblica. Sicche' l'IRAP e' inquadrata nel sistema tributario
dello  Stato,  che  continua  a  dettarne  la  disciplina  base,  pur
modificativa  della  precedente, e comunque e' fuori di dubbio che la
funzione  statale  di  coordinamento  della  finanza  pubblica  e del
sistema  tributario consenta di dettare la disciplina delle riduzioni
di  cui  all'art. 5,  quale anticipata e complessiva attuazione della
riforma  del  sistema  fiscale  statale,  e  della  sospensione degli
aumenti  deliberati  dopo la presentazione del d.d.l. finanziaria per
il  2003,  di  cui all'art. 3, fino all'accordo in sede di Conferenza
unificata sui meccanismi strutturali del federalismo fiscale, al fine
di  dar  vita  ad una disciplina uniforme del sistema tributario, per
evitare   che   singole  e  sperequate  iniziative  pregiudichino  la
realizzazione degli obiettivi.
    Analoghe   considerazioni  valgono  per  le  altre  disposizioni,
racchiuse sotto il capo II della legge n. 289 del 2002.
    3.  -  Con  ricorso  notificato  al  Presidente del Consiglio dei
ministri  il  1° marzo  2003,  depositato presso la cancelleria della
Corte  costituzionale  il  7 marzo  2003 e iscritto al n. 25 registro
ricorsi  del  2003,  la  Regione Emilia-Romagna ha chiesto alla Corte
costituzionale   dichiararsi,  fra  l'altro,  l'illegittimita'  degli
artt. 2,  3,  comma 1  lettera a),  5,  6,  7, 8, 9 (ad eccezione del
comma 17), 13, comma 3, 15 e 16 della legge 27 dicembre 2002, n. 289,
per violazione degli artt. 114, 117, 118, 119 Cost.
    L'art. 2  della  legge n. 289 del 2002 introduce il principio per
cui  e'  consentita  una  quota  di deduzione dal reddito imponibile,
suscettibile  di  produrre  un  reddito  d'imposta:  in  particolare,
stabilendo  (comma  4)  che la deduzione da esso disposta (il comma 1
introduce  un  nuovo  art. 10-bis al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917,
recante  «Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi» non
rileva  ai fini della base imponibile per le addizionali IRPEF, e che
resta   fermo  quanto  previsto  dall'articolo 50,  comma 2,  secondo
periodo,  del  d.lgs.  15 dicembre  1997,  n. 446, e dall'articolo 1,
comma 4,  del  d.lgs.  28 settembre  1998, n. 360 (Istituzione di una
addizionale comunale all'IRPEF, a norma dell'art. 48, comma 10, della
legge   27 dicembre   1997,   n. 449,  come  modificato  dall'art. 1,
comma 10,  della  legge  16 giugno 1998, n. 191), qualora l'IRPEF non
sia dovuta del tutto, non sarebbe dovuta neppure l'addizionale IRPEF,
regionale  e  comunale,  dello  stesso  anno.  La  conseguenza  e' la
diminuzione  delle  risorse  a  disposizione  della Regione, senza la
previsione di misure compensative, in contrasto con l'art. 119, comma
quarto, Cost.
    Riguardo  agli  artt. 3,  comma 1, lettera a), 5, 6, 7, 8, 9, 13,
comma 3,   15   e   16  della  legge  n. 289  del  2002,  la  Regione
Emilia-Romagna svolge considerazioni del tutto coincidenti con quelle
del ricorso n. 15 del 2003, della Regione Toscana.
    4.  -  Nel  giudizio si e' costituito il Presidente del Consiglio
dei ministri, con il ministero dell'Avvocatura generale dello Stato.
    La difesa erariale assume l'infondatezza del ricorso, osservando,
relativamente  all'art. 2, che rientra nella potesta' esclusiva dello
Stato   regolare  le  deduzioni  IRPEF  al  fine  di  assicurarne  la
progressivita',   e   che   l'irrilevanza   ai   fini   del   calcolo
dell'imponibile  delle  addizionali  esclude  un  pregiudizio  per la
Regione.   Mantenendosi   fermo  quanto  stabilito  da  altre  norme,
significa  che  l'addizionale IRPEF e' dovuta nella misura in cui sia
dovuta  l'IRPEF  stessa,  e  quindi  non  e' dato comprendere in cosa
consista la diminuzione delle risorse a disposizione delle Regioni.
    Riguardo  alle  altre  norme  censurate dal ricorso della Regione
Emilia-Romagna, l'Avvocatura svolge considerazioni del tutto analoghe
a  quelle mosse a contrastare il ricorso n. 15 del 2003 della Regione
Toscana.
    5.  -  Con  ricorso  notificato  al  Presidente del Consiglio dei
ministri  il 25 febbraio 2003, depositato presso la cancelleria della
Corte  costituzionale  il  7 marzo  2003 e iscritto al n. 26 registro
ricorsi   del   2003,   la  Regione  Veneto  ha  chiesto  alla  Corte
costituzionale   dichiararsi,  fra  l'altro,  l'illegittimita'  degli
artt. 2,  3,  5,  della  legge 27 dicembre 2002, n. 289, per indebita
invasione  nella  propria  sfera  di competenza, con violazione degli
artt. 114, 117, 118, 119 Cost.
    L'art. 2  della  legge  n. 289 del 2002 da' avvio al programma di
riforma  fiscale  partendo  dalle modifiche della disciplina relativa
all'IRPEF:  il  principio e' quello della no tax area, introdotto dal
comma 1  dell'art. 2  con  l'inserimento dell'art. 10--bis del d.P.R.
n. 917  del 1986 (Testo unico delle imposte sui redditi), che prevede
la  deduzione  di  una  quota  di  reddito  imponibile,  che dovrebbe
comportare  un  risparmio  d'imposta.  Il  comma 4  stabilisce che la
deduzione   non  rileva  ai  fini  della  determinazione  della  base
imponibile  delle  addizionali  IRPEF, fermo restando quanto previsto
dall'articolo 50,  comma 2,  secondo  periodo, del d.lgs. 15 dicembre
1997,  n. 446,  e  dall'articolo 1,  comma 4, del d.lgs. 28 settembre
1998, n. 360. Tali norme prevedono che l'addizionale e' dovuta se per
lo  stesso  anno  l'IRPEF,  al  netto  delle detrazioni e dei crediti
riconosciuti  rilevanti  dal testo unico, e' dovuta. In altre parole,
il   sistema   della  no  tax  area  non  incide  sul  calcolo  delle
addizionali,  ma  sempre  che  l'imposta  sia  dovuta,  perche' se il
contribuente non deve versarla, non e' tenuto neppure all'addizionale
regionale  e  comunale. In sostanza l'art. 2 comporta una diminuzione
delle  risorse  a  disposizione  delle  Regioni,  senza  alcuna forma
compensativa,  ponendosi  cosi'  in  contrasto con l'art. 119, quarto
comma, Cost.
    Con  l'art. 3,  prevedendosi  la  sospensione  delle  addizionali
finche'  non  si arrivi all'accordo sul federalismo fiscale, lo Stato
dimostra  di considerare gli artt. 119 e 117, terzo comma, in cui tra
le  materie  di  legislazione  concorrente vi e' l'armonizzazione dei
bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema
tributario»,  come  disposizioni  prive  di  efficacia immediata, che
richiedono  l'intervento  attuativo  del  legislatore  statale.  Tale
impostazione,   che   vede  le  Regioni  costrette  ad  attendere  la
formulazione dei principi fondamentali da parte dello Stato, prima di
emanare  la  legislazione  di  dettaglio,  e'  stata  respinta  dalla
giurisprudenza costituzionale prima della riforma dell'art. 117 Cost.
A  maggior  ragione l'impostazione non e' sostenibile dopo la riforma
del  titolo  V:  dalla  legislazione  statale  sono  gia'  desumibili
principi  di  coordinamento  della  finanza  pubblica in tema di leva
fiscale  delle  Regioni,  perche'  sia  in  tema di IRAP (art. 16 del
d.lgs.  15 dicembre  1997,  n. 446), che in tema di addizionali IRPEF
(art. 50   del   d.lgs.   15 dicembre   1997,   n. 446)  e'  data  la
possibilita', rispettivamente, di variare le aliquote e di maggiorare
le  addizionali.  Per  non  parlare  dell'obbligo  delle  Regioni  di
ricorrere  all'aumento  dei  tributi  per  la  copertura dei maggiori
fabbisogni  di  spesa sanitaria, avendo l'art. 4 del d.lgs. 15 aprile
2002,  n. 63, convertito in legge 15 giugno 2002, n. 112, esteso agli
anni 2002,  2003,  2004,  le  disposizioni  dell'art. 40  della legge
28 dicembre  2001,  n. 448, che lega l'integrazione del finanziamento
della  spesa  sanitaria  al rispetto regionale degli impegni indicati
nell'Accordo  tra  Governo, Regioni e Province autonome dell'8 agosto
2001, tra i quali, al punto 2, e' prevista la facolta' delle Regioni,
di  applicare  un'addizionale IRPEF o ad altri aumenti previsti dalla
normativa   fiscale   vigente,  nella  misura  necessaria  a  coprire
l'incremento di spesa.
    In conclusione, essendo il potere di manovra fiscale coessenziale
al  riconoscimento  dell'autonomia  finanziaria,  e  presupposto  per
l'esercizio    delle    funzioni    legislative    e   amministrative
costituzionalmente riconosciute, l'art. 3 impedisce di ipotizzare una
qualsiasi    politica    regionale   autonoma,   determinando   grave
arretramento rispetto al passato, in violazione degli artt. 114, 117,
terzo comma, 118 e 119, Cost.
    Riguardo all'art. 5, che prevede una serie di riduzioni dell'IRAP
sotto  forma  di  deduzioni  della  base  imponibile,  va  osservato,
impregiudicato  il  problema  se  l'imposta  sia  classificabile come
statale,  regionale  o  locale, che essa ricade nell'area del sistema
tributario regionale: ne consegue che, stabilendosi una riduzione del
tributo  senza  alcuna  forma compensativa, non puo' disconoscersi il
contrasto con gli artt. 114, 117, terzo comma, 118 e 119.
    6.  -  Nel  giudizio si e' costituito il Presidente del Consiglio
dei ministri, con il ministero dell'Avvocatura generale dello Stato.
    La    difesa    erariale,    relativamente   all'art. 2,   assume
l'inammissibilita'  del  ricorso,  osservando  che pur in mancanza di
precisazione  e'  impugnato  il comma 4, in quanto determinerebbe una
diminuzione  delle  risorse a disposizione delle Regioni: resta fuori
l'art. 1,  comma 4,  del  d.lgs.  n. 360  del  1998,  che riguarda le
addizionali  provinciali e comunali (quella regionale e' disciplinata
dall'art. 50  del  d.lgs.  n. 446  del  1997).  La norma impugnata ha
elevato il reddito minimo non soggetto a imposta; ed ha precisato che
la  disposizione non incide su quanto previsto dall'art. 50, comma 2,
del  d.lgs.  n. 446 del 1997. Anche in mancanza di tale precisazione,
che  ha  la  sola  funzione di chiarimento, l'addizionale non sarebbe
stata  applicabile  in  base  all'art. 50.  Di  conseguenza, la norma
investita  dalla  questione  e' l'art. 50 del d.lgs. n. 446 del 1997,
non l'art. 2 della legge n. 289 del 2002.
    Riguardo  all'art. 3, per quanto concerne l'addizionale IRPEF, la
natura  accessoria al tributo statale osta alla configurazione di una
potesta'  regionale  di istituirla, spettando allo Stato istituirla e
dettarne  la  misura  massima, anche al fine di evitare che un carico
tributario  eccessivo possa costituire stimolo all'evasione, mettendo
a rischio la preponderante entrata tributaria dello Stato; per quanto
concerne  l'IRAP,  e'  indubbio  che  lo  Stato, che quell'imposta ha
creato,  ben puo' modificarla, considerando che ogni legge ha una sua
coerenza  interna  e  specie  in  materia tributaria e' richiesta una
verifica  economica  quando  la  situazione  finanziaria e' cambiata.
Nella specie e' singolare che la Regione ricorrente rivendichi il suo
potere  (riconosciuto  da una noma dello Stato) di variare l'aliquota
dell'imposta,  ma  contesta  il  potere  dello Stato di modificare la
disciplina,  per  di  piu'  non  in  attesa  di  varare  una  riforma
unilaterale,  bensi'  in attesa di una nuova disciplina concordata in
sede   di   Conferenza   unificata.   In  definitiva:  la  situazione
dell'economia  nazionale  richiede  interventi correttivi; quelli che
investono la finanza non statale saranno deliberati dalla Conferenza;
poiche'  l'intervento  di questa richiedera' del tempo, la situazione
e' cristallizzata al 2002, alla situazione che ogni Regione ha potuto
delineare in modo autonomo.
    Riguardo  all'art. 5, va osservato come l'aliquota e le deduzioni
non   possono   costituire   da  sole  elementi  attendibili  per  la
determinazione  della pretesa tributaria, dovendosi anche tener conto
della materia imponibile. Le disposizioni impugnate, come risulta dai
lavori  parlamentari,  rispondono  all'obiettivo che in un periodo di
ripresa economica molto lenta l'ampliamento della base imponibile non
si  dovesse  accompagnare all'inasprimento delle aliquote per evitare
una  maggior  pressione  fiscale  complessiva. In sostanza il gettito
complessivo  non  e'  stato ridotto, ma si e' voluto evitare solo che
esso  diventasse  piu' gravoso, in misura da pregiudicare la politica
economica, di competenza del Governo.
    7.  -  Con  ricorso  notificato  al  Presidente del Consiglio dei
ministri  il 24 febbraio 2004, depositato presso la cancelleria della
Corte  costituzionale  il  4 marzo  2004 e iscritto al n. 33 registro
ricorsi  del  2004,  la  Regione Emilia-Romagna ha chiesto alla Corte
costituzionale    dichiararsi,    fra    l'altro,    l'illegittimita'
dell'art. 2,   comma 21,   della   legge   24 dicembre  2003,  n. 350
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello   Stato   -  legge  finanziaria  2004),  per  violazione  degli
artt. 117, 118, 119 Cost.
    La  norma impugnata proroga, per l'esercizio 2004, la sospensione
degli   aumenti  per  le  addizionali  IRPEF  e  delle  maggiorazioni
dell'aliquota  IRAP, ma, al contrario di quella prevista dall'art. 3,
comma 1,   lettera a),della  legge  n. 289  del  2002,  essa  non  e'
transitoria  in  attesa di un imminente accordo in sede di Conferenza
unificata sui meccanismi strutturali del federalismo fiscale, ma vale
fino al 31 dicembre 2004.
    La piu' recente giurisprudenza costituzionale afferma che anche i
tributi  di  cui la legge destina il gettito in tutto o in parte alle
Regioni   e  agli  enti  autonomi,  riconoscendo  limitati  spazi  di
autonomia  agli  enti  quanto alla loro disciplina, sono istituiti da
legge  dello  Stato  ed in essa trovano la loro disciplina, salvo che
per  i soli aspetti rimessi all'autonomia degli enti territoriali. La
Regione   quindi  non  puo'  contestare  il  potere  dello  Stato  di
modificare  la disciplina dei tributi locali esistenti, in attesa che
il legislatore statale definisca il rapporto tra legislazione statale
e regionale per quanto attiene alla disciplina del grado primario dei
tributi  locali.  Tuttavia non e' consentito allo Stato di sopprimere
gli  spazi  di  decisione  autonoma  che  la  legislazione previgente
consentiva  alle Regioni e agli enti locali, legiferando in direzione
diversa da quella imposta dall'art. 119 Cost. La norma costituzionale
fissa  quanto meno una clausola di stand still, vietando una modifica
in  peius  del livello di autonomia gia' garantito dalla legislazione
statale,  cosa  che  invece  e'  avvenuta  con  la  sospensione della
potesta'  regionale,  riconosciuta  da  legge  statale,  di aumentare
l'addizionale  IRPEF  e di maggiorare l'aliquota IRPEF, rispetto alle
misure  fissate  dalle  leggi  istitutive:  il risultato e' quello di
bloccare  un  fondamentale  canale di finanziamento regionale, con la
conseguente   contrazione   delle   politiche   regionali,  con  cio'
violandosi   il  principio  di  autosufficienza  finanziaria  di  cui
all'art. 119,  terzo  comma,  Cost.,  e non consentendosi l'esercizio
delle  competenze  legislative  regionali di cui agli artt. 117 e 118
Cost.
    8.  -  Nel  giudizio si e' costituito il Presidente del Consiglio
dei ministri, con il ministero dell'Avvocatura generale dello Stato.
    La  difesa erariale svolge argomentazioni attinenti a varie parti
del  ricorso,  tra  le  quali  tuttavia  non  e'  compresa la censura
relativa  all'art. 2,  comma 21,  della  legge  n. 350  del  2003,  e
resistendo  comunque,  genericamente,  a  tutti i motivi del ricorso,
rinvia  ad  una  successiva memoria, da depositare entro il 10 maggio
2004, la trattazione delle censure al momento non esaminate.
    9.  -  Nell'imminenza dell'udienza pubblica la Regione Toscana ha
depositato  memoria  con  cui  conferma  le argomentazioni svolte nel
ricorso,   insistendo   per   l'accoglimento.  Quand'anche  si  debba
riconoscere  la  natura  statale  dei  tributi  regolati  dalle norme
impugnate,  il  relativo gettito e' attribuito alle Regioni e serve a
finanziarne  le  funzioni.  Ne  consegue  che  la  sospensione  della
potesta'  regionale  di  aumento  delle  addizionali  IRPEF  e  delle
aliquote  IRAP,  la  riduzione del gettito IRAP e il condono fiscale,
determinano  il  blocco  di  un  fondamentale canale di finanziamento
delle competenze regionali.
    Le    norme    denunciate    violano    dunque    il    principio
dell'autosufficienza  finanziaria regionale non solo sotto il profilo
di   una   menomazione  nella  capacita'  di  esercitare  le  proprie
competenze,  ma  anche  sotto il profilo che il necessario intervento
del  legislatore statale per l'attuazione del rinnovato sistema posto
dall'art. 119  Cost.  (come  riconosciuto  dalla sentenza della Corte
costituzionale   n. 37   del  2004)  non  consente  alle  Regioni  di
legiferare  in  materia  fiscale,  anche perche' una legge statale di
coordinamento e' ben lontana dall'essere emanata.
    Se  il  sistema  di  finanziamento  regionale  e'  ancora  oggi a
carattere   derivato,   e'  essenziale  il  mantenimento  del  minimo
indispensabile  per  il  finanziamento  regionale,  il  che  la Corte
costituzionale  ha  chiaramente  posto  come condizione all'esercizio
della   funzione   legislativa   statale,   riconoscendo   il  limite
discendente  dal  divieto di procedere in senso inverso a quanto oggi
prescritto   dall'art. 119  Cost.,  e,  quindi,  l'impossibilita'  di
sopprimere,  senza  sostituirli,  gli spazi di autonomia regionale in
precedenza  riconosciuti,  e  di  configurare  un sistema finanziario
complessivo   che  contraddica  i  principi  dell'art. 119  Cost.  La
finanziaria  2003  peggiora  le regole vigenti sopprimendo i limitati
spazi di intervento delle Regioni sui tributi esistenti.
    Le disposizioni censurate non possono ritenersi legittime in nome
del   coordinamento   della   finanza  pubblica.  In  detta  materia,
attribuita  alla  potesta'  legislativa  concorrente,  lo  Stato deve
limitarsi a fissare i principi, e le norme impugnate non possiedono i
requisiti  di  generalita' e astrattezza propri della legislazione di
principio,    presentando    viceversa    carattere   di   dettaglio,
autoapplicative,  incidenti  sulla  pur  esigua autonomia finanziaria
dapprima posseduta dalla Regione.
    10. - Secondo l'Avvocatura, la premessa su cui si basa il ricorso
regionale,  che  l'IRAP  e le addizionali IRPEF costituiscano tributi
propri  delle  Regioni, e' erronea. Trattandosi di tributi esistenti,
gia'  istituiti  con  legge  statale,  e  da  questa fondamentalmente
regolati  -  salvi  i  limitati spazi di autonomia riconosciuti dalle
leggi  stesse - non e' precluso allo Stato legiferare, dettando norme
modificative,  in  ipotesi,  anche  di dettaglio: potesta' rientrante
nella  esclusiva  competenza dello Stato in materia erariale, secondo
quanto    previsto    dall'art. 117,   secondo   comma,   lettera e).
Correlativamente, non essendo ammissibile la piena esplicazione delle
potesta'   regionali   autonome,   in   difetto   della  fondamentale
legislazione di coordinamento, e' da ritenere preclusa alle Regioni -
se non nei limiti espressamente riconosciuti dalla legge statale - la
potesta'  regionale  di  legiferare  in materia di tributi esistenti,
istituiti  e  regolati  da  legge statale, onde il richiamo regionale
all'art. 117,   quarto  comma,  della  Costituzione  e'  inconferente
(sentenze n. 297 e n. 311 del 2003).
    Con  specifico  riferimento  all'art. 3, comma 1, lettera a), che
dispone  la  sospensione  delle  potesta'  di aumenti regionali delle
addizionali  IRPEF e delle aliquote IRAP, si osserva, in primo luogo,
che dette imposte si inquadrano nel sistema tributario statale, e, in
secondo  luogo,  che  la  norma  va  letta  con quanto disposto dalla
successiva  lettera b), onde la temporanea sospensione della potesta'
regionale  fino all'accordo Stato -Regioni - che dovra' costituire la
base  su cui l'Alta Commissione di studi dovra' indicare al Governo i
principi  generali della finanza pubblica e del sistema tributario ai
sensi  degli  artt. 117,  terzo  comma, e 119 Cost. - e' concepita al
fine  di  assicurare  la  coordinata configurazione del nuovo sistema
tributario,  che  viceversa  singole  iniziative regionali potrebbero
condizionare o pregiudicare nella fase transitoria, tenendo conto che
nel  nuovo  sistema,  coerentemente  all'art. 119,  e' dubbio possano
trovare  ulteriore  cittadinanza  addizionali  regionali  e locali su
tributi  diretti  statali,  e  che  l'IRAP  e'  destinata  ad  essere
progressivamente ridotta ed eliminata (sentenza n. 241 del 2004).
    Sotto  un  altro  profilo,  non  e'  sostenibile  che nella norma
impugnata  sarebbe  ravvisabile  la  soppressione,  senza contestuale
sostituzione,  di  spazi  di  autonomia gia' riconosciuti: non si e',
infatti,  trattato  di  sottrazione  di  un  potere  regionale, ma di
semplice   sospensione,  fino  al  previsto  accordo  sui  meccanismi
strutturali del nuovo federalismo fiscale.
    In  conclusione,  l'intervento  legislativo  statale e' esercizio
della  potesta'  esclusiva riconosciuta dall'art. 117, secondo comma,
lettera e) (appartenenza dei prelievi tributari in oggetto al sistema
tributario  statale), o comunque espressione di un principio generale
di  coordinamento  del  sistema  tributario e della finanza pubblica,
sotto  il  profilo  della  potesta' concorrente di cui al terzo comma
dell'art. 117 Cost.
    11.  -  Anche  la  Regione  Emilia-Romagna  ha depositato memoria
insistendo  per  l'accoglimento  del ricorso e replicando all'atto di
costituzione dell'Avvocatura dello Stato.
    Pur    prendendo   atto   della   piu'   recente   giurisprudenza
costituzionale,  che  esclude  possano  definirsi  tributi  regionali
propri  le imposte istituite con legge statale, la Regione sottolinea
che la competenza statale non puo' essere esercitata in senso inverso
a quanto stabilito dal nuovo art. 119 Cost., ovvero sopprimendo senza
sostituirli  spazi di autonomia gia' riconosciuti dalle leggi statali
o configurando un sistema complessivo in contraddizione con il citato
art. 119 (n. 37 e n. 241 del 2004).
    Ne  consegue  che,  non intendendo persistere nella contestazione
della competenza statale a legiferare sulle imposte in oggetto, resta
in  piedi il problema di fondo, che lo Stato continua a procrastinare
senza  termine  l'attuazione  dei  principi  del federalismo fiscale,
modificando  la  disciplina  delle imposte del cui gettito le Regioni
sono compartecipi pregiudica unilateralmente l'equilibrio finanziario
delle  Regioni  stesse  senza  consentire  possibilita'  di recupero,
atteso  il  blocco  del  potere di autogoverno delle aliquote, e, con
atto  unilaterale,  nella  piu'  completa violazione del principio di
leale collaborazione.
    12.   -   Secondo   l'Avvocatura,   che   replica   alla  Regione
Emilia-Romagna,  riguardo  alla modifica della disciplina dell'IRPEF,
di  cui  all'art. 2 (che ha introdotto l'art. 10-bis. Del testo unico
delle  imposte  sui  redditi),  la  doglianza puo' riguardare la sola
addizionale  regionale,  essendo  inammissibile  nella parte riferita
alle   addizionali  destinate  agli  altri  enti  locali,  e  inoltre
l'intervento  e'  inquadrabile  nella materia di esclusiva competenza
statale  (art. 117,  secondo  comma,  lettera e).  Inoltre il comma 4
dell'art. 2  espressamente prevede la sua non rilevanza ai fini della
determinazione   dell'imponibile  delle  addizionali:  in  tal  modo,
derogando  al principio base secondo cui l'addizionale si applica sul
reddito  complessivo  IRPEF  al netto degli oneri deducibili, si pone
piuttosto  a salvaguardia del relativo gettito spettante a Regioni ed
enti  locali.  Se,  invece,  in  virtu'  della nuova disciplina delle
deduzioni,   non   e'   dovuta   l'IRPEF   base,   non  sara'  dovuta
l'addizionale,   ma   solo  come  effetto  indiretto  e  riflesso  (e
prevedibilmente   di  modestissimo  impatto)  di  una  modifica  alla
disciplina  dell'imposta base, che rientra nei poteri dello Stato: il
principio   costituzionale   richiamato,   di  cui  al  quarto  comma
dell'art. 119,  implica la necessita' di valutazione dell'adeguatezza
delle  entrate  complessive  delle Regioni in relazione alle funzioni
proprie, il che non discende certo da eventuali variazioni di gettito
di singole entrate tributarie.
    Per  il  resto  la  memoria  segue, anche testualmente, il tenore
delle  difese  contenute  nella  memoria  riguardo  al  ricorso della
Regione Toscana, gia' esaminata.
    13.  -  Anche  la Regione Veneto ha depositato memoria insistendo
per l'accoglimento del ricorso.
    La ricorrente osserva, in via generale, che il potere legislativo
statale  di  imporre  vincoli  alle politiche di bilancio che possono
tradursi  in  compressioni  di  autonomia  deve necessariamente avere
carattere  transitorio,  in  vista  di  specifici obiettivi (sentenza
n. 36 del 2004), senza che possa essere sistematicamente invocato per
vulnerare  il  complessivo  sistema  delle  autonomie. Nel dettare il
nuovo  titolo  V,  e,  con esso, il nuovo assetto istituzionale degli
enti  locali,  il  Parlamento  aveva  ben  presenti  le  esigenze  di
contenimento  della  spesa  pubblica  e il rispetto degli obblighi di
bilancio che discendono dalla appartenenza all'Unione europea. Non e'
dunque  consentito  al  legislatore  statale  di  prendere a pretesto
disavanzi  di  bilancio  -  gia'  manifestatisi, e in modo anche piu'
grave,  in  passato,  all'interno  di  un  sistema  accentrato  - per
comprimere   gli   spazi  di  autonomia,  come  se  la  distribuzione
costituzionale  dei  poteri  tra  Stato, Regioni ed enti locali fosse
rimasta  immutata,  e  presupponendo letture del testo costituzionale
atte a stravolgere il sistema delle autonomie.
    Entrando  nello specifico, riguardo all'art. 2 della legge n. 289
del  2002,  la  previsione  della  no tax area non incide sul calcolo
delle addizionali IRPEF, a patto pero' che l'imposta sia dovuta.
    La   Regione   Veneto  non  discute  il  potere  dello  Stato  di
disciplinare l'imposta sul reddito, ma sottolinea come l'esercizio di
tale  potere  non  puo'  sottrarre alle Regioni le risorse necessarie
allo  svolgimento  essenziale delle proprie funzioni. La disposizione
impugnata  determina  una diminuzione di risorse a disposizione delle
Regioni,  per  il  caso  in  cui,  in  base  al  nuovo  sistema delle
deduzioni,  l'imposta  non  sia  dovuta, senza prevedere alcuna forma
compensativa.
    Riguardo all'art. 3, sospendendo la potesta' regionale di aumento
delle  addizionali  IRPEF  e  aliquote  IRAP,  lo  Stato  svuota  gli
artt. 117,  terzo  comma, e 119 - norme prive di efficacia precettiva
immediata,  che  attendono  l'intervento  del legislatore statale per
trovare  piena  attuazione - di un reale contenuto normativo: e' vero
che  lo  Stato  puo'  modificare la disciplina dei propri tributi, ma
cio'  non puo' avvenire in senso inverso a quanto stabilito dal nuovo
art. 119  Cost.,  ovvero  sopprimendo,  senza  sostituirli,  spazi di
autonomia  gia'  riconosciuti  dalle  leggi statali o configurando un
sistema  complessivo in contraddizione con l'art. 119 (sentenza n. 34
del  2004).  E del resto la giurisprudenza costituzionale respinge in
modo   costante   letture   che   comprimano  le  autonomie  a  causa
dell'inerzia statale (sentenza n. 282 del 2002).
    Riguardo  alla  potesta' regionale di maggiorazione dell'aliquota
IRAP,  l'art. 4  del  decreto-legge  n. 63 del 2002, convertito nella
legge  n. 112  del  2002,  la  rende  addirittura  necessaria per via
dell'estensione  agli  anni 2002,  2003  e  2004  delle  disposizioni
dell'art. 40  della  legge n. 448 del 2001, che, a sua volta, lega le
integrazioni  del  finanziamento  della  spesa nel settore sanitario,
previste  dall'Accordo  tra  Governo,  Regioni  e  Province  autonome
dell'8 agosto  2001, alla diretta applicazione regionale di misure di
contenimento  della  spesa, attraverso l'introduzione di strumenti di
controllo  della  domanda,  la  riduzione  della spesa sanitaria o in
altri  settori, ovvero di una addizionale regionale all'IRPEF e altri
strumenti  fiscali  previsti  dalla  normativa  vigente,  ai  fini di
coprire   l'incremento   di   spesa.  Come  si  vede,  attraverso  le
disposizioni  impugnate,  lo  Stato  ha  privato  unilateralmente  le
Regioni   delle   risorse  necessarie  all'esercizio  delle  funzioni
costituzionalmente  riconosciute.  In  particolare la sospensione del
potere  di  maggiorazione, di cui all'art. 3, impedisce di ipotizzare
una  qualsiasi  politica  finanziaria regionale autonoma, segnando un
grave arretramento rispetto al passato.
    Con  riferimento  alla modifica della disciplina dell'IRAP di cui
all'art. 5,  la  definizione  dell'imposta come statale non esime dal
porre  una  barriera  alla  discrezionalita' del legislatore statale,
comprimendo   l'autonomia   gia'  riconosciuta  alle  Regioni,  senza
prevedere alcuna misura compensativa.
    In  definitiva, non si tratta di mettere in discussione il potere
statale  di  legiferare  sull'IRAP,  ma  di  impedire  che  lo Stato,
nell'esercitare  malamente  il  suo  potere,  possa  determinare  una
reformatio in peius del sistema fiscale regionale (sentenza n. 34 del
2004).
    14.   -   Secondo  l'Avvocatura,  riguardo  alla  modifica  della
disciplina   dell'IRPEF,   di   cui   all'art. 2,   la  doglianza  e'
inammissibile  nella  parte  riferita  alle  addizionali destinate ai
comuni,  potendo la Regione impugnare leggi statali nella sola misura
in  cui  ritenga  che  esse ledano la sua sfera di competenza, mentre
nella  fattispecie  la  lesione  si produrrebbe sui singoli comuni in
quanto  dotati di autonomia finanziaria. L'autonomia regionale non e'
comunque  lesa,  relativamente  all'addizionale  comunale, perche' la
potesta' regionale in materia, attinente al coordinamento nell'ambito
dei  principi  fondamentali  fissati  dalla  legge  statale,  ha come
riferimento e punto di partenza la normativa statale, e puo' muoversi
solo in ambito interregionale, cosi' che una legge statale che incida
indirettamente sulle entrate dei comuni, non puo' violare l'art. 117,
comma  terzo,  Cost.  La  stessa norma, nel ribadire quanto stabilito
dall'art. 50, secondo comma, del d.lgs n. 446 del 1997, chiarisce che
l'irrilevanza   della   deduzione,   ai   fini  della  determinazione
dell'addizionale,   e'   limitata   alla  determinazione  della  base
imponibile,  non  al suo sorgere, per cui anche se non vi fosse stato
il  rinvio  a  detta  norma,  essa sarebbe stata comunque applicabile
(ovvero  nel  senso  che  non  applicandosi  l'IRPEF, nemmeno sarebbe
dovuta  l'addizionale):  sotto  tale  profilo  la  questione  sarebbe
inammissibile.
    Essa   e'   anche   infondata,   essendo   l'addizionale  imposta
parassitaria  che  segue  le  sorti  dell'imposta principale, sicche'
sarebbe   irragionevole   l'applicazione   dell'una  in  assenza  dei
presupposti  per  l'altra.  Inoltre,  sotto  il  profilo  del  potere
legislativo, essa rientra nella esclusiva competenza statale.
    Riguardo  all'art. 3  sulla  sospensione delle potesta' regionali
delle addizionali IRPEF e delle aliquote IRAP, lo Stato ha posto come
limite il raggiungimento dell'accordo in sede di conferenza tra Stato
e Regioni.
    Con  riferimento all'art. 5, la modifica legislativa dell'IRAP e'
giustificata   dal   non  potersi  definire  l'imposta  come  tributo
regionale proprio.
    15.  -  La  Regione  Emilia-Romagna  ha  depositato memoria anche
relativamente    alla    finanziaria   del   2004,   insistendo   per
l'accoglimento del ricorso.
    Con   l'art. 21,   quarto  comma,  e'  protratto  il  termine  di
sospensione  dell'aumento  delle addizionali e, in tal modo, lo Stato
procrastina   l'attuazione  dei  principi  del  federalismo  fiscale,
modifica  continuamente  le disposizioni regolatrici delle imposte al
cui   gettito   le   Regioni   partecipano,  pregiudica  l'equilibrio
finanziario  delle  Regioni,  in  palese  violazione del principio di
leale collaborazione.
    16. - L'Avvocatura dello Stato, nella memoria relativa al ricorso
n. 33  del  2004,  si  limita  a  rinviare  alla  memoria  redatta in
relazione al ricorso n. 25 del 2003.

                       Considerato in diritto

    1.   -   Le   Regioni   Toscana   (ricorso  n. 15  del  2003)  ed
Emilia-Romagna  (ricorso  n. 25  del  2003)  hanno impugnato, fra gli
altri,  gli artt. 3, comma 1, lettera a), 5, 6, 7, 8, 9 (ad eccezione
del  comma 17),  13,  comma 3, 15, e 16 della legge 23 dicembre 2002,
n. 289  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale  dello Stato - legge finanziaria 2003), mentre la Regione
Veneto (ricorso n. 26 del 2003) ha impugnato i soli artt. 3 e 5 della
stessa legge perche' le citate norme, disponendo la sospensione degli
aumenti  delle  addizionali  IRPEF  per  comuni  e  Regioni,  e delle
maggiorazioni  delle  aliquote  IRAP di spettanza regionale in attesa
del  raggiungimento  di  un  accordo  sui  meccanismi strutturali del
federalismo   fiscale   (art. 3,   comma 1,   lettera a),  stabilendo
modifiche  alla  disciplina  dell'IRAP, con conseguente riduzione del
gettito  (art. 5)  e  prevedendo  varie  misure  di  condono  fiscale
applicabili alla stessa IRAP (art. 6, 7, 8, 9, 15, 16), e attribuendo
alle  Regioni  e  agli  enti  locali  la  facolta'  di  introdurre  e
disciplinare  misure di condono relative a tributi propri (art. 13) -
violano  l'art. 114 Cost. richiamato nel solo ricorso n. 26 del 2003;
gli   artt. 117  e  118  Cost.,  non  consentendo  l'esercizio  delle
competenze  legislative  regionali  riguardo  ad un tributo regionale
proprio;  l'art.119 Cost., che stabilisce il principio dell'autonomia
finanziaria regionale e dell'autonomia impositiva.
    2.  - Le Regioni Emilia-Romagna (ricorso n. 25 del 2003) e Veneto
(ricorso  n. 26  del  2003) hanno impugnato, fra gli altri, l'art. 2,
comma   quarto,   della  legge  23 dicembre  2002,  n. 289,  perche',
stabilendo  che  la  deduzione disposta dal comma 1 (che introduce un
nuovo   art. 10-bis   al  d.P.R.  22 dicembre  1986,  n. 917  recante
«Approvazione  del testo unico delle imposte sui redditi» dal reddito
imponibile ai fini IRPEF non rileva ai fini della base imponibile per
le  addizionali  regionali  e  comunali,  e  che  resta  fermo quanto
previsto   dall'art. 50,   comma 2,   secondo   periodo,  del  d.lgs.
15 dicembre  1997,  n. 446  (Istituzione dell'imposta regionale sulle
attivita'  produttive,  revisione  degli  scaglioni, delle aliquote e
delle   detrazioni   dell'IRPEF  e  istituzione  di  una  addizionale
regionale  a  tale  imposta,  nonche'  riordino  della disciplina dei
tributi  locali),  e  dall'art. 1,  comma 4,  del d.lgs. 28 settembre
1998,  n. 360  (Istituzione  di una addizionale comunale all'IRPEF, a
norma  dell'art. 48,  comma 10, della legge 27 dicembre 1997, n. 449,
come  modificato  dall'art. 1,  comma 10, della legge 16 giugno 1998,
n. 191),  e  in tal modo diminuendo le risorse regionali senza misure
compensative,  viola  l'art. 119, quarto comma, Cost., che stabilisce
il principio dell'autornomia finanziaria regionale.
    3.  -  La  Regione Emilia-Romagna, con ricorso n. 33 del 2004, ha
impugnato, fra gli altri, l'art. 2, comma 21, della legge 24 dicembre
2003,  n. 350  (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2004), che prorogando per
l'esercizio  2004  e  fino  al  31 dicembre 2004 la sospensione degli
aumenti  per le addizionali IRPEF e delle maggiorazioni dell'aliquota
IRAP   violerebbe   gli   artt. 117  e  118  Cost.,  non  consentendo
l'esercizio delle competenze regionali, nonche' l'art. 119 Cost., che
stabilisce   il  principio  dell'autonomia  finanziaria  regionale  e
dell'autonomia impositiva.
    4.  - In considerazione dell'identita' della materia, nonche' dei
profili  di  illegittimita'  costituzionali  fatti  valere, i ricorsi
vanno riuniti per essere decisi con un'unica pronuncia.
    5. - I ricorsi sono infondati sulla base delle considerazioni che
seguono.
    6.  -  Con  riferimento all'art. 2 della legge n. 289 del 2002 le
Regioni    ricorrenti   lamentano   che   in   base   alla   modifica
dell'imponibile  IRPEF, l'addizionale e' dovuta solo se per lo stesso
anno  e'  dovuta  l'IRPEF, con la conseguenza che tale norma comporta
una  diminuzione  delle  risorse  a  disposizione delle Regioni senza
alcuna   forma   compensativa,   ponendosi  cosi'  in  contrasto  con
l'art. 119, quarto comma, Cost.
    La questione e' infondata.
    Va,  infatti,  ribadito l'orientamento di questa Corte secondo il
quale lo Stato puo' disporre in merito alla disciplina dei tributi da
esso  istituiti,  anche  se  il  correlativo gettito sia di spettanza
regionale  (sentenza  n. 311  del  2003), purche' non sia alterato il
rapporto  tra  complessivi  bisogni  regionali e mezzi finanziari per
farvi  fronte,  circostanza,  quest'ultima,  non  emersa nel giudizio
(sentenze n. 29 del 2004 e n. 337 del 2001).
    7.   -   Parimenti   infondate  sono  le  censure  sollevate  con
riferimento  agli  artt. 3,  comma 1, lettera a), 5, 6, 7, 8, 9, 15 e
16,  tutte  centrate  sulla  deduzione della insussistenza del potere
dello  Stato di modifica riguardo ad imposte che le Regioni ritengono
«tributi   propri»,  in  tema  di  sospensione  degli  aumenti  delle
addizionali  IRPEF  e  delle aliquote IRAP, con conseguente riduzione
delle entrate.
    Al  fine  del loro rigetto e' sufficiente, da un lato, rinviare a
quanto  esposto  in  precedenza  nell'esaminare la censura all'art. 2
della legge n. 289 del 2002 e, dall'altro, richiamare la piu' recente
giurisprudenza  di  questa Corte per la quale l'istituzione dell'IRAP
con  legge  statale, e l'espressa attribuzione alle Regioni a statuto
ordinario,  destinatarie del tributo, di competenze di carattere solo
attuativo,  rendono  palese  che l'imposta stessa - nonostante la sua
denominazione - non puo' considerarsi «tributo proprio» della Regione
nel  senso  in  cui oggi tale espressione e' adoperata dall'art. 119,
secondo comma, della Costituzione, dovendosi intendere il riferimento
della  norma  costituzionale relativo ai soli tributi istituiti dalle
Regioni con propria legge, nel rispetto dei principi di coordinamento
con  il  sistema  tributario  statale. Conseguentemente la disciplina
sostanziale  dell'imposta  rientra tuttora nella esclusiva competenza
dello  Stato  in materia di tributi erariali, secondo quanto previsto
dall'art. 117,  secondo  comma, lettera e), della Costituzione, ed e'
escluso   che   essa   possa  considerarsi  oggetto  di  legislazione
concorrente (sentenze n. 296 del 2003 e n. 241 del 2004).
    Queste  conclusioni non sono, del resto, contestate nelle memorie
dalle   Regioni  ricorrenti,  le  quali,  peraltro,  insistono  nella
incostituzionalita'  della  normativa  impugnata invocando il mancato
rispetto  della  condizione  di  legittimita'  posta dalla richiamata
giurisprudenza  e, precisamente, il divieto per lo Stato di procedere
in  senso  inverso  a  quanto  prescritto  dal  nuovo  art. 119 della
Costituzione,  sopprimendo, senza sostituirli, gli spazi di autonomia
gia'  riconosciuti  dalle  leggi  statali,  o configurando un sistema
finanziario  complessivo  in  contraddizione con l'art. 119 (sentenze
n. 37 e n. 241 del 2004).
    E'  vero che la norma impugnata dell'art. 3, comma 1, lettera a),
sospende  il  potere  delle  Regioni  di  utilizzare  uno  spazio  di
autonomia   nel  prelievo  tributario,  che  la  legge  statale  loro
riconosceva.  Ma  tale misura risulta giustificabile, sul piano della
legittimita'  costituzionale, in base alla considerazione che essa si
traduce  in  una  temporanea e provvisoria sospensione dell'esercizio
del   potere   regionale   in  attesa  di  un  complessivo  ridisegno
dell'autonomia  tributaria  delle Regioni, nel quadro dell'attuazione
del  nuovo  art. 119  Cost.,  nonche'  di  una manovra che investe la
struttura  di  un tributo indubitabilmente statale, quale e' l'IRPEF,
destinato, nella prospettiva del legislatore statale, a modificazioni
profonde,  nonche'  di  un tributo, come l'IRAP, che resta un tributo
istituito e tuttora disciplinato dalla legge dello Stato.
    Ne', per altro verso, risulta dimostrato e nemmeno dedotto che la
misura   dia   luogo  ad  una  complessiva  insufficienza  dei  mezzi
finanziari  a  disposizione  delle Regioni per l'adempimento dei loro
compiti.
    Quanto  all'art. 5,  che  introduce  una  serie  di  modifiche al
decreto   legislativo   n. 446   del   1997,   istitutivo  dell'IRAP,
l'infondatezza  della  censura deriva da quanto si e' osservato circa
la  perdurante  potesta'  dello  Stato  di disciplinare detto tributo
(cfr. sentenza n. 241 del 2004).
    Per  quanto  poi  riguarda  le  norme concernenti i meccanismi di
concordato,  di  definizione  automatica  e  di definizione agevolata
(artt. 6, 7, 8, 9 - ad eccezione del comma 17 - 15 e 16), esse, da un
lato,  riguardano  tributi  su  cui  permane  la  potesta' statale di
disciplinarli,  dall'altro lato, pur potendo comportare una indiretta
diminuzione   di  gettito  a  favore  degli  enti  territoriali,  non
risultano  tali,  ancora  una  volta, da compromettere la complessiva
capacita' finanziaria delle Regioni in relazione ai loro compiti.
    8. - Con l'impugnazione dell'art. 13, comma 3, le Regioni Toscana
ed  Emilia-Romagna  contestano  la  definizione data dalla norma alla
nozione  «tributi propri» delle Regioni, delle province e dei comuni,
deducendo  che  devono essere definiti «tributi propri» quelli il cui
gettito spetti integralmente alle Regioni.
    La censura e' infondata.
    A  prescindere dal fatto che la definizione e' enunciata «ai fini
delle  disposizioni  del presente articolo» (scilicet: art. 13) e non
e'  quindi  di  carattere  generale,  la  stessa e' conforme a quella
enunciata da questa Corte con la piu' recente giurisprudenza, secondo
cui  sono  «tributi  propri regionali», nel senso del nuovo art. 119,
quelli  stabiliti  dalle Regioni con propria legge e non anche quelli
il  cui  gettito  sia  «attribuito»  alle  Regioni,  ma  siano  stati
istituiti con legge statale (v. sentenze n. 297 e n. 311 del 2003, in
tema  di  tassa automobilistica regionale; sentenze n. 296 del 2003 e
n. 241 del 2004, in tema di IRAP; nonche' sentenza n. 37 del 2004, in
tema   di   imposta  sulla  pubblicita',  di  ICI  e  di  addizionale
all'IRPEF).
    9.  -  E'  infine  infondata  la  censura con la quale la Regione
Emilia-Romagna  deduce  l'illegittimita' dell'art. 2, comma 21, della
legge  24 dicembre  2003  n. 350  (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2004),
per  violazione  degli  artt. 117, 118, 119 Cost., in quanto proroga,
fino  al  31 dicembre  2004,  la  sospensione  degli  aumenti  per le
addizionali IRPEF e delle maggiorazioni dell'aliquota IRAP.
    La  sospensione  si giustifica in base alle stesse considerazioni
sopra  esposte  a  proposito  dell'art. 3, comma 1, lettera a), della
legge  n. 289 del 2002. Vale, inoltre, la considerazione che la nuova
norma,   a   differenza   di  quanto  faceva  la  precedente,  limita
espressamente   al   31 dicembre  2004  l'effetto  della  sospensione
medesima, confermandone e rafforzandone il carattere transitorio.