ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale dell'articolo 34 della
legge  27 dicembre  2002,  n. 289 (Disposizioni per la formazione del
bilancio  annuale  e  pluriennale dello Stato - legge finanziaria del
2003),  e  dell'articolo 3, commi 53-55, 58, 60, 61 e 65, della legge
24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale  e  pluriennale  dello  Stato  - legge finanziaria del 2004),
promossi  con ricorsi della Regione Marche (2 ricorsi), della Regione
Toscana  (2  ricorsi),  della  Regione  Piemonte, della Regione Valle
d'Aosta,  della Regione Campania, della Regione Umbria, della Regione
Emilia-Romagna  (2 ricorsi) e della Regione Veneto, notificati il 25,
il  26,  il  28 febbraio  ed il 1 marzo 2003, il 24 ed il 26 febbraio
2004,  depositati  in cancelleria il 4, il 5 ed il 7 marzo 2003, il 3
ed il 4 marzo 2004 ed iscritti ai numeri 14, 15, 18, 19, 21, 22, 25 e
26  del  registro ricorsi 2003 ed ai numeri 31, 32 e 33, del registro
ricorsi 2004.
    Visti  gli  atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  28 settembre  2004 il giudice
relatore Romano Vaccarella;
    Uditi  gli  avvocati  Stefano Grassi per la Regione Marche, Lucia
Bora  e  Fabio Lorenzoni per la Regione Toscana, Gabriele Pafundi per
la  Regione  Piemonte,  Vincenzo  Cocozza  per  la  Regione Campania,
Giovanni  Tarantini  per  la  Regione  Umbria,  Giandomenico Falcon e
Franco  Mastragostino per la Regione Emilia-Romagna, Mario Bertolissi
per la Regione Veneto, Giuseppe Ferrari per la Regione autonoma Valle
d'Aosta  e  l'avvocato dello Stato Giancarlo Mando' per il Presidente
del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  otto distinti ricorsi (iscritti ai numeri 14, 15, 18,
19,  21,  22,  25  e  26  del  registro ricorsi del 2003), le Regioni
Marche,   Toscana,   Piemonte,   Valle   d'Aosta,  Campania,  Umbria,
Emilia-Romagna  e  Veneto  hanno  promosso  giudizio  di legittimita'
costituzionale,   tra   altre  norme,  dell'articolo 34  della  legge
27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale  e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2003), a norma
del  quale:  a)  le pubbliche amministrazioni di cui agli articoli 1,
comma 2, e 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165
e  successive  modificazioni  provvedono  alla rideterminazione delle
dotazioni  organiche nel rispetto del principio dell'invarianza della
spesa  e  senza  superare il numero dei posti di organico complessivi
vigenti  alla  data  del 29 settembre 2002 (commi 1 e 2); b) «sino al
perfezionamento  dei  provvedimenti  di  cui al comma 1, le dotazioni
organiche  sono  provvisoriamente individuate in misura pari ai posti
coperti al 31 dicembre 2002, tenuto anche conto dei posti per i quali
alla  stessa  data  risultano  in  corso di espletamento procedure di
reclutamento,  di  mobilita'  o  di  riqualificazione  del personale»
(comma  3);  c)  «per  l'anno 2003,  alle  amministrazioni  di cui al
comma 1  (...)  e'  fatto  divieto  di  procedere  ad  assunzioni  di
personale  relative  a  figure  professionali  non  fungibili  la cui
consistenza  organica  non  sia  superiore all'unita', nonche' quelle
relative  alle categorie protette» (comma 4); d) «per le regioni e le
autonomie  locali,  nonche'  per  gli  enti  del  Servizio  sanitario
nazionale  si  applicano le diposizioni di cui al comma 11» (cosi' il
comma 10)  il  quale  dispone  che  e)  «ai  fini  del concorso delle
autonomie  regionali  e locali al rispetto degli obiettivi di finanza
pubblica,  con  decreti  del Presidente del Consiglio dei ministri da
emanare  entro  sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della
presente  legge,  previo  accordo  tra  Governo,  regioni e autonomie
locali  da  concludere  in sede di Conferenza unificata, sono fissati
per  le  amministrazioni  regionali,  per  le province e i comuni con
popolazione  superiore  a  5.000  abitanti  che abbiano rispettato le
regole del patto di stabilita' interno per l'anno 2002, per gli altri
enti  locali e per gli enti del Servizio sanitario nazionale, criteri
e  limiti  per  le  assunzioni a tempo indeterminato per l'anno 2003.
Tali  assunzioni, fatto salvo il ricorso alle procedure di mobilita',
devono,  comunque,  essere  contenute  (...)  entro  percentuali  non
superiori  al 50 per cento delle cessazioni dal servizio verificatesi
entro  l'anno 2002 tenuto conto, in relazione alla tipologia di enti,
della dimensione demografica, dei profili professionali del personale
da   assumere,   della  essenzialita'  dei  servizi  da  garantire  e
dell'incidenza  delle spese del personale sulle entrate correnti. Per
gli  enti  del  Servizio  sanitario nazionale possono essere disposte
esclusivamente  assunzioni,  entro  i  predetti  limiti, di personale
appartenente al ruolo sanitario»; f) «fino all'emanazione dei decreti
di  cui al presente comma ... trovano applicazione le disposizioni di
cui al comma 4»; g) con i decreti medesimi «e' altresi' definito, per
le  regioni,  per  le  autonomie  locali  e per gli enti del servizio
sanitario  nazionale,  l'ambito applicativo delle disposizioni di cui
ai  commi 1,  2  e  3  del presente articolo»; h) «per l'anno 2003 le
amministrazioni di cui al comma 1 possono procedere all'assunzione di
personale  a  tempo  determinato,  ad  eccezione  di  quanto previsto
all'art. 108  del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto
2000,  n. 267,  o con convenzioni ovvero alla stipula di contratti di
collaborazione  coordinata e continuativa nel limite del 90 per cento
della  spesa  media  annua  sostenuta  per  le  stesse  finalita' nel
triennio  1999-2001.  Tale  limitazione  non  trova  applicazione nei
confronti delle regioni e delle autonomie locali, fatta eccezione per
le  province e i comuni che per l'anno 2002 non abbiano rispettato le
regole  del  patto  di  stabilita' interno, nonche' nei confronti del
personale  infermieristico  del  Servizio sanitario nazionale» (comma
13).
    1.1.  - In particolare, la Regione Marche, con ricorso notificato
il  26 febbraio 2003 (n. 14 del 2003), censura le disposizioni di cui
ai  commi 2,  3,  4 e 13 dell'art. 34 della legge n. 289 del 2002, in
primo  luogo  per  lesione  della  sfera  di  competenza  legislativa
regionale in violazione degli artt. 117, commi secondo, terzo, quarto
e sesto della Costituzione.
    La  ricorrente  osserva  che la normativa in esame, prevedendo un
vero e proprio blocco generalizzato delle assunzioni di personale per
le  amministrazioni  pubbliche tra le quali sono comprese le Regioni,
disciplina  la  materia  delle assunzioni e delle dotazioni organiche
delle  amministrazioni  regionali  e  degli  enti  facenti  parte del
Servizio  sanitario  nazionale  che non e' fra quelle per le quali lo
Stato  ha  potesta'  legislativa  esclusiva,  limitata dall'art. 117,
secondo   comma,   lettera g),   Cost.   al   solo   «ordinamento   e
organizzazione  amministrativa  dello  Stato  e  degli  enti pubblici
nazionali».  Pertanto,  la materia dell'«ordinamento e organizzazione
amministrativa delle regioni, degli enti locali e degli enti pubblici
sublocali»  spetta  inequivocabilmente  alla  competenza  legislativa
esclusiva  delle  Regioni  che  risulta  cosi'  lesa  dalla  norma in
questione.
    Secondo   la  ricorrente  non  sarebbe  possibile  ricondurre  le
disposizioni  impugnate  entro  i  confini  della materia - assegnata
dall'art. 117,  secondo  comma,  lettera m),  Cost.  alla  competenza
esclusiva  statale  -  della  «determinazione  dei livelli essenziali
delle  prestazioni  concernenti i diritti civili e sociali che devono
essere  garantiti  su  tutto  il  territorio  nazionale»,  risultando
quest'ultima  eterogenea  rispetto al blocco delle assunzioni e delle
dotazioni organiche, in particolar modo, delle strutture del servizio
sanitario nazionale.
    Anche   ove   fosse   possibile  ricondurre  la  norma  impugnata
nell'alveo  della  materia - di competenza legislativa concorrente ai
sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost. - della «tutela della salute»
o  della  «armonizzazione  dei bilanci pubblici e coordinamento della
finanza   pubblica»,   continuerebbero   a   sussistere   profili  di
illegittimita'  costituzionale nella misura in cui le norme censurate
non  dettano  principi  fondamentali,  ma  disposizioni di dettaglio,
direttamente  applicabili  ai  destinatari  e  non  cedevoli a fronte
dell'eventuale  esercizio della potesta' legislativa regionale. Tanto
piu'  che,  ai  sensi dell'art. 2 del decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma
dell'articolo 1  della  legge  23 ottobre 1992, n. 421), compete alle
Regioni  la  funzione  legislativa  ed  amministrativa  in materia di
assistenza sanitaria ed ospedaliera.
    Ne'  infine sembra alla ricorrente che possa rivestire un qualche
rilievo  l'eventuale  richiamo all'interesse nazionale, categoria non
menzionata  espressamente dalle norme del Titolo V della Costituzione
e, comunque, inidonea ad escludere o limitare la potesta' legislativa
regionale;
    Sarebbe  inoltre  ravvisabile  una  violazione  dell'autonomia di
spesa  riconosciuta  e  garantita  alle  Regioni dall'art. 119 Cost.,
secondo  cui  queste  sono  l'unico  soggetto  abilitato  a prevedere
procedure e criteri di controllo della propria spesa pubblica, almeno
fino  a quando lo Stato non avra' dettato i principi di coordinamento
della  finanza pubblica e del sistema tributario di cui all'art. 119,
secondo comma, Cost.
    Ancora,  il  comma 11  dell'art. 34,  nel prevedere un'ipotesi di
allocazione  di  decisioni  amministrative  presso  la Presidenza del
Consiglio  dei  ministri  che incardina in organi statali le relative
funzioni  ed  attivita', viola l'art. 117, sesto comma, e l'art. 118,
Cost.  che  fissano,  rispettivamente,  una ripartizione rigida della
potesta'   regolamentare   tra   Stato   e   Regioni  e  i  parametri
costituzionali   per   la   corretta   distribuzione  delle  funzioni
amministrative tra gli enti che costituiscono la Repubblica. Infatti,
il  decreto impugnato, per un verso, disciplina materie riconducibili
all'art. 117,  terzo e quarto comma, Cost. in relazione alle quali la
potesta'  regolamentare  spetta  esclusivamente  alle  Regioni e, per
altro   verso,  non  richiama,  ne'  sono  diversamente  rinvenibili,
espressamente  od  implicitamente,  specifiche  ragioni  di esercizio
unitario della funzione amministrativa tali da consentirne la riserva
al livello di governo sovraregionale.
    Peraltro,  la  finalita'  del comma 11, di garantire «il concorso
delle  autonomie  regionali  e  locali al rispetto degli obiettivi di
finanza pubblica», non consente al legislatore statale di intervenire
in  settori  materiali  dell'ordinamento che gli sono sottratti, come
quello  relativo  all'organizzazione  amministrativa  della Regione e
degli  enti  subregionali;  ne'  l'intervento  legislativo  censurato
introduce   norme   di   coordinamento  della  finanza  pubblica,  ma
stabilisce  dei  vincoli alla politica delle assunzioni del personale
di  Regioni  ed  enti  locali.  D'altra parte, lo stesso art. 3 della
legge  27 dicembre 2002 n. 289, nell'istituire un organo consultivo -
l'Alta  Commissione di studio - con il compito di indicare al Governo
i  principi  generali  del coordinamento della finanza pubblica e del
sistema  tributario, ai sensi degli artt. 117, terzo comma, 118 e 119
della Costituzione, con evidenza rinvia l'individuazione di questi ad
un  futuro provvedimento legislativo statale, in tal modo inscrivendo
le  norme  oggi  censurate  nella  sfera  di  competenza  legislativa
residuale della regione.
    Inoltre,  la  previsione  di  un  accordo tra Governo, Regioni ed
autonomie  locali  per fissare criteri e limiti per le assunzioni per
l'anno 2003, se e' coerente con il principio del coordinamento di cui
all'art. 119  Cost.,  non  puo' costituire lo strumento per applicare
puntuali  limiti  fissati  unilateralmente dal legislatore statale in
violazione del medesimo art. 119 Cost.
    1.1.1.  -  Si  e'  costituito  il  Presidente  del  Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, il quale conclude per l'infondatezza del ricorso, qualificando
l'art. 34 impugnato quale norma, costituente una temporanea misura di
salvaguardia,  volta  a  stabilire principi in tema di «coordinamento
della  finanza pubblica», intesa come finanza «allargata» e cioe' non
solamente  statale. Irrilevante risulterebbe inoltre la censura mossa
al  comma 13  della  norma  denunciata,  in  quanto  essa, in tema di
assunzioni  a  tempo  determinato,  espressamente  prevede  che «tale
limitazione non trova applicazione nei confronti delle regioni».
    1.2.  - La Regione Toscana, con ricorso notificato il 26 febbraio
2003  (n. 15 del 2003), impugna l'art. 34, commi 1, 2, 3, 4, 11 e 13,
della legge n. 289 del 2002, perche' violativo dell'art. 117 Cost. il
quale   riserva   la   materia   dell'ordinamento  ed  organizzazione
amministrativa  alla legislazione esclusiva statale solo con riguardo
allo  Stato  ed agli enti pubblici nazionali, mentre attribuisce alle
Regioni,   nell'esercizio   della   potesta'  legislativa  residuale,
l'organizzazione  amministrativa  e l'ordinamento del personale delle
Regioni  e  degli enti strumentali, ivi compresi gli enti del sistema
sanitario  regionale;  peraltro, la prevista emanazione di decreti da
emanarsi  a  seguito di accordo raggiunto in Conferenza unificata non
eliderebbe  la  censura,  in  quanto  tali  decreti non possono certo
sostituire l'esercizio di una potesta' legislativa costituzionalmente
affidata alle Regioni in via esclusiva.
    Ne'   la   norma  censurata  e'  riconducibile  nell'alveo  della
legittimita'  costituzionale in virtu' del richiamo al rispetto degli
obbiettivi  di  finanza  pubblica  imposto anche alle amministrazioni
regionali, posto che tale principio va concretamente attuato mediante
scelte  assunte  nell'esercizio  dell'autonomia  regionale che, nella
specie,  e'  compressa dalla previsione di disposizioni puntuali e di
dettaglio.
    1.2.1.  -  Il Presidente del Consiglio dei ministri, costituitosi
per   mezzo   dell'Avvocatura  generale  dello  Stato,  sostiene  che
l'intervento  legislativo  censurato  non  incide indebitamente sulla
organizzazione  dell'amministrazione regionale e dell'ordinamento del
relativo   personale,   ma   costituisce   espressione   di  principi
fondamentali   in  tema  di  coordinamento  della  finanza  pubblica,
mediante  l'individuazione  di  criteri  e limiti per le assunzioni a
tempo indeterminato per il 2003 con d.P.C.m. che il previo accordo in
sede  di  Conferenza  unificata vale ad assicurare come adeguato alle
peculiari  esigenze  del  personale  delle  Regioni in relazione alle
funzioni da svolgere.
    1.3. - La Regione Piemonte, con ricorso notificato il 28 febbraio
2003  (n. 18 del 2003), impugna l'art. 34 della legge n. 289 del 2002
-  con  espressa  menzione  dei soli commi 1 e 11 - perche' violativo
della  competenza  regionale  esclusiva  in tema di organizzazione ed
ordinamento  del proprio personale dipendente ai sensi dell'art. 117,
quarto  comma,  Cost.  Tale  censura,  a  detta della ricorrente, non
sarebbe  superata  dal  previsto accordo fra Governo, Regioni ed enti
locali  in sede di Conferenza unificata ai fini dell'emanazione di un
d.P.C.m.  con  la  fissazione di criteri e limiti per le assunzioni a
tempo  indeterminato  per l'anno 2003: i divieti cosi' previsti hanno
infatti   carattere   generalizzato   ed   appaiono   privi  di  ogni
giustificazione    fondata   su   specifiche   esigenze   di   ordine
economico-finanziario.    Vi    sarebbe,    inoltre,    una   interna
contraddittorieta'  tra le dichiarate finalita' di contenimento della
spesa  pubblica,  realizzate  mediante  il divieto delle assunzioni a
tempo  indeterminato,  e la possibilita' di procedere senza limiti di
spesa  ad  assunzioni  a  tempo  determinato;  in  tal modo imponendo
dall'esterno  alle  Regioni  modalita'  operative per un contenimento
della  spesa  in  concreto  non  perseguito.  Cio'  che  comporta  la
violazione  dei  principi  di  ragionevolezza  e  di  buon  andamento
(articoli 3 e 97 Cost.).
    Lamenta   inoltre   la  ricorrente,  senz'altro  specificare,  la
violazione degli articoli 114, 118, 119 e 120 della Costituzione.
    1.3.1.  -  Il Presidente del Consiglio dei ministri, costituitosi
per  mezzo  dell'Avvocatura  generale  dello  Stato,  conclude per la
infondatezza  del  ricorso, sottolineando l'incongruenza del richiamo
ai  parametri  costituiti  dagli articoli 3 e 97 Cost., e la parziale
inammissibilita'  per  la  genericita'  dei  motivi  riguardanti,  in
particolare, il comma 11.
    1.4.  -  Con  ricorso  notificato  il 28 febbraio 2002 (n. 19 del
2003),   la   Regione   Valle   d'Aosta   denuncia   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 34 della legge n. 289 del 2002, in relazione
agli  articoli 3,  5,  114, 117, 118 e 119 Cost., nonche' all'art. 10
della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al Titolo
V  della  Parte seconda della Costituzione), deducendo, al pari degli
altri  ricorrenti,  che  la norma impugnata, disciplinando la materia
del  pubblico  impiego  presso  le  Regioni  e gli altri enti locali,
nonche'  la  rideterminazione  degli  organici,  invade  la  potesta'
legislativa   esclusiva  regionale  garantita  dall'art. 117,  quarto
comma,   Cost.   e   che   tali  disposizioni,  di  tipo  sicuramente
dettagliato,  nell'autorizzare  una  fonte  secondaria  (d.P.C.m.) ad
intervenire   sul  punto,  realizzano  una  violazione  non  sanabile
attraverso   il  ricorso  all'accordo  da  raggiungersi  in  sede  di
Conferenza unificata.
    Rileva  poi  la ricorrente una violazione dell'art. 118 Cost. per
la  limitazione  imposta  all'autonomia  organizzativa  della Regione
nelle  proprie  scelte  discrezionali  in  tema  di  rapporti  con il
personale.
    Inoltre,   anche   ove  l'intervento  legislativo  statale  fosse
inscrivibile  nell'area  del  coordinamento  della  finanza pubblica,
trattandosi   di  materia  concorrente  sussisterebbe  la  violazione
denunciata  avendo  lo  Stato  dettato  norme  non  di  principio  ma
dettagliate.
    Infine,  ove  la ratio della norma dovesse risiedere nel rispetto
del  patto  di stabilita' interno, essa sarebbe afflitta da manifesta
irragionevolezza  e  da  sproporzione dei mezzi impiegati rispetto al
fine  perseguito  (art. 3  Cost.)  posto che il rispetto del patto di
stabilita'  potrebbe  essere  perseguito  solo mediante l'indicazione
degli  obbiettivi  e non anche dei mezzi per farvi fronte, versandosi
nell'ambito   di  prerogative  costituzionalmente  riconosciute  alle
Regioni.
    1.4.1.  -  Si  e'  costituito  il  Presidente  del  Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  il  quale,  sulla  base  di  difese  analoghe  a  quelle gia'
riferite,  chiede  che  il ricorso sia dichiarato inammissibile e che
sia comunque respinto in quanto infondato.
    1.5.  -  Con  ricorso  notificato  il 26 febbraio 2003 (n. 21 del
2003),   la  Regione  Campania  denuncia  anch'essa  l'illegittimita'
costituzionale    dell'art. 34   della   legge   n. 289   del   2002,
limitatamente  ai  commi 1,  2,  3,  4  e  11,  in  riferimento  agli
artt. 114, 117, terzo e quarto comma, e 119 Cost.
    Oltre  a  proporre  censure gia' riferite a proposito degli altri
ricorsi  (lesione  della  potesta' legislativa esclusiva regionale in
tema   di  ordinamento  degli  uffici  e  degli  enti  amministrativi
dipendenti  dalla  Regione  e  carattere dettagliato della norma), la
ricorrente  denuncia  anche  la  violazione  del  principio  di leale
cooperazione  per  l'invasione delle competenze legislative esclusive
della Regione.
    1.5.1.  -  Si  e'  costituito  il  Presidente  del  Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  il  quale conclude per l'inammissibilita' della questione con
riguardo  al  comma 11  per assenza di specifici motivi di censura e,
per il resto, per il rigetto del ricorso, siccome infondato.
    La  difesa  erariale  osserva,  in  particolare,  «che  la  spesa
pubblica  costituisce,  tenuto  doverosamente conto anche degli oneri
riflessi  e consequenziali, una quota cospicua della spesa degli enti
territoriali:  l'attribuzione del principio di invarianza della spesa
passa  necessariamente  attraverso  il  contenimento  delle dotazioni
organiche».
    1.6.  -  Con  ricorso  notificato  il 28 febbraio 2003 (n. 22 del
2003),  la  Regione  Umbria  denuncia l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 34  della  legge n. 289 del 2002, limitatamente ai commi 1,
2,  3, 4, 10 - quest'ultimo nella parte in cui stabilisce che «per le
regioni  e  le  autonomie  locali,  nonche' per gli enti del Servizio
sanitario  nazionale si applicano le disposizioni di cui al comma 11»
-  nonche'  ai  commi 11  e  22,  in riferimento all'art. 117, quarto
comma, Cost. e per indeterminatezza del dettato normativo.
    In  particolare,  con  riguardo  ai  commi 1,  2,  3,  4 e 10, la
ricorrente   pone   in   luce   profili   di   contraddittorieta'  ed
indeterminatezza del dettato normativo laddove, dapprima, sembrerebbe
disporre  l'applicazione  anche  alle  Regioni  della  disciplina dei
commi 1, 2 3 e 4 e poi, attraverso la disposizione del comma 10, pare
invece  rendere  applicabile  agli  enti regionali quella derogatoria
prevista dal comma 11.
    Anche  la  Regione  Umbria,  come  gli  altri  ricorrenti, deduce
l'illegittimita'  della  norma  impugnata  in  quanto  disciplina  la
materia,   ordinamento  degli  uffici  e  degli  enti  amministrativi
dipendenti  dalla  Regione,  oggi riservata alla potesta' legislativa
esclusiva regionale ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost.
    Analoghi  motivi  di  censura la ricorrente estende, ove ritenuto
applicabile  anche  alle Regioni, al comma 22 dell'art. 34 cit. nella
parte  in  cui  prevede che le «altre amministrazioni pubbliche» sono
tenute  all'osservanza  di  quanto  in esso stabilito con riguardo al
fatto  che  «per  ciascuno  degli  anni 2004  e  2005,  a seguito del
completamento  degli  adempimenti  previsti  dai commi 1 e 2 e previo
esperimento  delle  procedure  di mobilita', le amministrazioni dello
Stato  anche  ad ordinamento autonomo, le agenzie e gli enti pubblici
non  economici  con  organico  superiore  a  200 unita' sono tenuti a
realizzare  una riduzione del personale non inferiore all'1 per cento
rispetto  a  quello  in  servizio  al  31 dicembre  2003  secondo  le
procedure  di cui all'art. 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e
successive modificazioni».
    1.6.1.  -  Si  e'  costituito  il  Presidente  del  Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,   il   quale   conclude   per  l'inammissibilita'  ovvero  per
l'infondatezza del ricorso con argomentazioni analoghe a quelle spese
avverso i ricorsi 14 e 15 del 2003.
    1.7. - Anche la Regione Emilia-Romagna, con ricorso notificato il
7 marzo    2003   (n. 25   del   2003),   denuncia   l'illegittimita'
costituzionale    dell'art. 34   della   legge   n. 289   del   2002,
limitatamente  ai  commi 1, 2, 3, 4 e 11, in riferimento all'art. 117
Cost.,   osservando   che   la   norma  impugnata,  avente  carattere
tipicamente ordinamentale ed organizzatorio, e' come tale estranea al
contenuto  proprio  della  legge  finanziaria,  che  non  puo'  certo
costituire  per lo Stato, in via sostitutiva, il titolo di competenza
della  sua  legislazione  in una materia (l'ordinamento del personale
regionale  e  l'organizzazione  amministrativa)  oggi  riservata alla
potesta'  legislativa esclusiva delle Regioni ai sensi dell'art. 117,
quarto comma, Cost.
    La  disposizione  censurata  inoltre  violerebbe  il canone della
ragionevolezza col disporre il blocco delle assunzioni in una fase di
completamento  del  processo  di  decentramento e dopo che la Regione
Emilia-Romagna  e' gia' intervenuta, sul piano del contenimento della
spesa  per  il  personale,  con  una propria legge. V'e' pertanto una
lesione  delle  prerogative  legislative regionali non giustificabile
con  la  riserva  statale  in  relazione  al  «sistema  tributario  e
contabile   dello  Stato»  (art. 117,  secondo  comma,  lettera e)  o
all'«armonizzazione   dei  bilanci  pubblici  e  coordinamento  della
finanza  pubblica  e del sistema tributario» (art. 117, terzo comma),
posto che quelle denunciate non sono «norme tese a realizzare effetti
finanziari  con  decorrenza  dal  primo anno considerato nel bilancio
pluriennale», ma si risolvono in misure tipicamente organizzatorie.
    1.8.  -  Con  ricorso  notificato  il 25 febbraio 2003 (n. 26 del
2003),    anche   la   Regione   Veneto   denuncia   l'illegittimita'
costituzionale   dell'art. 34   della   legge  n. 289  del  2002,  in
riferimento  agli articoli 3, 97, 114, 117, secondo e quarto comma, e
118, Cost.
    La   norma   impugnata,  ad  avviso  della  ricorrente,  comprime
l'autonomia   regionale   in   ordine  alle  esigenze  organizzative,
fissandone  a  priori  i parametri e prescindendo da ogni valutazione
della  concreta realta' regionale: cio' in violazione dei principi di
uguaglianza  (art. 3  Cost.)  e di buon andamento della p.a. (art. 97
Cost.).
    Inoltre,    la    norma    impugnata    disciplina   la   materia
dell'ordinamento  del personale regionale, che e' oggi riservata alla
potesta'  legislativa esclusiva delle Regioni ai sensi dell'art. 117,
quarto comma, Cost., ne', comunque, avrebbe il tratto della normativa
di principio, contenendo invece disposizioni di dettaglio che fissano
criteri  connotati  da  considerevole  rigidita'.  Non  vale infine a
sanare l'illegittimita' costituzionale la previsione dell'accordo tra
Governo, Regioni ed autonomie locali.
    1.8.1.  -  Si  e'  costituito  il  Presidente  del  Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  spiegando  difese  analoghe  a  quelle  articolate  avverso i
ricorsi 14 e 15 del 2003.
    2.  - . Con tre distinti ricorsi (iscritti ai nn. 31, 32 e 33 del
registro   ricorsi   del   2004),   le  Regioni  Marche,  Toscana  ed
Emilia-Romagna    hanno    promosso    giudizio    di    legittimita'
costituzionale,  tra  altre norme, dell'articolo 3, commi 53, 54, 55,
58,  60,  61  e 65 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni
per  la  formazione  del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -
legge finanziaria 2004).
    Dispone  l'art. 3,  comma 53,  riformulando  l'art. 34,  comma 4,
della  legge  27 dicembre  2002,  n. 289,  che «per l'anno 2004, alle
amministrazioni  di  cui agli articoli 1, comma 2, e 70, comma 4, del
decreto    legislativo    30 marzo   2001,   n. 165,   e   successive
modificazioni,  (...)  e' fatto divieto di procedere ad assunzioni di
personale  a  tempo  indeterminato,  fatte  salve  le  assunzioni  di
personale  relative  a  figure  professionali  non  fungibili  la cui
consistenza  organica  non  sia  superiore all'unita', nonche' quelle
relative  alle categorie protette (...). Per le autonomie regionali e
locali  e  gli enti del Servizio sanitario nazionale sono fatte salve
le assunzioni previste e autorizzate con i decreti del Presidente del
Consiglio  dei  ministri 12 settembre 2003, pubblicati nella Gazzetta
Ufficiale  n. 239  del  14 ottobre 2003, e non ancora effettuate alla
data di entrata in vigore della presente legge».
    Il comma 54 prevede una deroga al divieto di cui al comma 53, nei
limiti  di  una  spesa  annua  lorda  pari a 260 milioni di euro, per
assunzioni  di  personale,  necessario per soddisfare indilazionabili
esigenze   di  servizio  e  previo  esperimento  delle  procedure  di
mobilita', in favore (tra altri) degli «enti pubblici non economici».
    Il   comma 55   descrive  le  procedure  di  autorizzazione  alle
assunzioni  in  deroga  di  cui  al  comma precedente, ed il comma 56
prevede,  per  quel  che  qui  interessa,  che  «per  le regioni e le
autonomie  locali,  nonche'  per  gli  enti  del  Servizio  sanitario
nazionale (...) si applicano le disposizioni di cui al comma 60».
    Il  comma 60 riproduce, pressoche' letteralmente, con riguardo al
2004,  quanto  l'art. 34,  comma 11,  della  legge  n. 289  del  2002
disponeva  per  il  2003,  precisando  che  le disposizioni di cui al
comma 53  e  quelle  «dei  decreti  del  Presidente del Consiglio dei
ministri  12 settembre 2003» trovano «applicazione in via provvisoria
e  fino  all'emanazione» dei decreti del Presidente del Consiglio dei
ministri previsti dal medesimo comma 60.
    Il  comma 61  proroga  di  un  anno  i termini di validita' delle
graduatorie   per  le  assunzioni  presso  amministrazioni  pubbliche
soggette,  per il 2004, a limitazioni delle assunzioni ed il comma 65
fissa,  «per  le amministrazioni di cui al comma 53», limiti di spesa
per  il  personale a tempo determinato precisando che «le limitazioni
di cui al presente comma non trovano applicazione nei confronti delle
Regioni ...».
    2.1.  -  Con  ricorso  notificato  il 24 febbraio 2004 (n. 31 del
2004), la Regione Marche denuncia l'illegittimita' costituzionale, in
riferimento agli articoli 117, commi terzo, quarto e sesto, 118 e 119
Cost.,  dell'art. 3,  commi 53, 60 e 65, della legge n. 350 del 2003,
muovendo  censure  analoghe  a  quelle spiegate col ricorso n. 14 del
2003  avverso  le  corrispondenti disposizioni della legge n. 289 del
2002,  come  parzialmente  riformulata  dalla  legge  finanziaria per
l'anno 2004.
    2.1.1.  -  Si  e'  costituito  il  Presidente  del  Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,   chiedendo   che   la   questione  sia  dichiarata  in  parte
inammissibile e per il resto infondata.
    In  particolare,  non  sussisterebbe  l'interesse della Regione a
censurare il comma 65, posto che esso potrebbe avere rilievo solo per
la  parte  in  cui  pone  limiti di spesa che, tuttavia, per espressa
previsione,  «non  trovano applicazione nei confronti delle regioni e
delle autonomie locali».
    Con  riguardo invece ai commi 53 e 60, essi trovano la loro ratio
nel  «concorso  delle  autonomie regionali e locali al rispetto degli
obiettivi  di  finanza  pubblica»,  che si radica nell'art. 119 Cost.
Quest'ultima  norma  si  salderebbe  a  sua  volta  con la previsione
dell'art. 117,  secondo  comma,  lettera e),  Cost.  che riserva allo
Stato una fondamentale materia definibile come «governo dell'economia
nazionale».
    Inoltre,  nel porre il divieto di procedere ad assunzioni a tempo
indeterminato   durante   l'anno 2004,  la  norma  censurata  avrebbe
carattere   generale  e  di  principio,  ancorche'  sia  di  per  se'
self-executing.
    2.2.  -  Con  ricorso  notificato  il 26 febbraio 2004 (n. 32 del
2004),  la  Regione  Toscana denuncia l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 3  della  legge n. 350 del 2003, limitatamente ai commi 53,
54,  55,  60  e  61,  in  riferimento  all'art. 117  Cost., anch'essa
muovendo  censure  analoghe  a  quelle spiegate col ricorso n. 15 del
2003  avverso  le  corrispondenti disposizioni della legge n. 289 del
2002,  come  parzialmente  riformulate dalla legge finanziaria per il
2004.
    2.2.1.  -  Si  e'  costituito  il  Presidente  del  Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, il quale nel chiedere che la questione sia dichiarata in parte
inammissibile  e  per  il resto infondata, articola difese analoghe a
quelle spiegate avverso il ricorso n. 31 del 2004.
    2.3.  -  Con  ricorso  notificato  il 24 febbraio 2004 (n. 33 del
2004),  anche  la  Regione  Emilia-Romagna  denuncia l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 3 della legge n. 350 del 2003, limitatamente
ai  commi 53, 58 e 60, in riferimento all'art. 117 Cost. ed al canone
della  ragionevolezza,  anch'essa  riproponendo  censure  analoghe  a
quelle  spiegate  col ricorso n. 25 del 2003 avverso il sistema delle
corrispondenti  disposizioni  della  legge  n. 289 del 2002 su cui le
odierne norme hanno parzialmente inciso.
    3.  -  Nell'imminenza  dell'udienza  hanno  depositato memorie le
Regioni  Marche,  Toscana, Campania, Umbria, Emilia-Romagna e Veneto,
ribadendo  le  argomentazioni svolte, rispettivamente, a sostegno dei
ricorsi  numeri  14,  15,  21,  22, 25 e 26 del 2003 proposti avverso
l'art. 34 della legge n. 289 del 2002, e le Regioni Marche, Toscana e
Emilia-Romagna  per  ribadire le argomentazioni svolte a sostegno dei
ricorsi n. 31, 32 e 33 del 2004 proposti avverso l'art. 3, commi 53 e
seguenti, della legge n. 350 del 2003.
    In  particolare,  la  Regione  Umbria  (reg. ric. n. 22 del 2003)
precisa che il proprio interesse alla dichiarazione di illegittimita'
costituzionale  dell'art. 34  della legge n. 289 del 2002 e' limitato
al  solo  periodo  per il quale questa ha trovato applicazione, posto
che  l'art. 1,  comma 3,  del  d.P.C.m. 12 settembre 2003, emanato in
attuazione  dell'art. 34,  comma 11,  ha  escluso,  limitatamente  al
regime  delle assunzioni, «le regioni e i rispettivi enti strumentali
e  dipendenti delle medesime per i quali sussistono provvedimenti che
dichiarano  lo  stato di emergenza derivante da terremoti o calamita'
naturali»,  tra  i quali e' la ricorrente con riguardo al periodo che
va dal 12 settembre al 31 dicembre 2003.
    L'Avvocatura  generale  dello  Stato,  a sua volta, ha depositato
memorie a confutazione dei ricorsi.
    In  particolare,  con  riguardo  ai  ricorsi delle Regioni Marche
(n. 14  del  2003 e n. 31 del 2004), Piemonte (n. 18 del 2003), Valle
d'Aosta  (n. 19  del 2003), Campania (n. 21 del 2003), Umbria ( n. 22
del 2003), Emilia-Romagna (n. 25 del 2003 e n. 33 del 2004) la difesa
erariale chiede che venga pronunciata la cessazione della materia del
contendere,  per  il  venir meno dell'interesse delle ricorrenti, sia
con  riguardo alle censure che investono l'art. 34 della legge n. 289
del  2002, sia relativamente alla totalita' delle doglianze formulate
nei  ricorsi  numeri  31  e 33 del 2004, tenuto conto, in riferimento
alla  prima questione, che il 12 settembre 2003 sono stati pubblicati
due  decreti  del  Presidente  del  Consiglio  dei ministri, ai sensi
dell'art. 34  cit.,  in conformita' del raggiunto accordo tra Stato e
Regioni  del  19  giugno 2003,  l'uno  relativo  alle amministrazioni
regionali ed alle aziende sanitarie e l'altro agli enti locali e, con
riferimento  alla  seconda, e' stato perfezionato analogo accordo del
20 maggio  2004  sulla cui base e' in via di emanazione altro decreto
presidenziale.   L'adesione   a   questi  accordi,  ad  avviso  della
deducente,   sarebbe  infatti  oggettivamente  incompatibile  con  il
permanere delle doglianze.
    4. - Le Regioni Piemonte (dichiarando di non avere piu' interesse
alla  decisione) e Valle d'Aosta (giusta delibera della Giunta) hanno
rinunciato  ai  ricorsi  (rispettivamente  n. 18 e n. 19 del 2003) da
esse proposti.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Preliminarmente,  va  dichiarata l'estinzione del giudizio
limitatamente  ai ricorsi nn. 18 e 19 del 2003 delle Regioni Piemonte
e Valle d'Aosta per rinuncia.
    2. - Sempre in via preliminare, va disposta - per la parte in cui
investono,  con censure largamente coincidenti, l'art. 34 della legge
n. 289  del  2002, e riservando ad altre pronunce la decisione per la
parte  in  cui investono altre norme della citata legge - la riunione
dei  ricorsi  numeri  14,  15,  21,  22,  25  e  26  del 2003, attesa
l'evidente comunanza di oggetto e di questioni.
    Analogo  provvedimento di riunione si impone per i ricorsi numeri
31,  32  e  33  del  2003  per  la  parte in cui tutti investono, con
argomentazioni  sostanzialmente  analoghe,  l'art. 3,  commi 53 - 65,
della  legge  n. 350  del  2003,  riservando  a  distinte pronunce la
decisione  per  la  parte  in  cui investono altre disposizioni della
citata legge.
    La  sostanziale coincidenza del contenuto normativo investito dai
ricorsi  numeri 14, 15, 21, 22, 25 e 26 del 2003 e dai ricorsi numeri
31,  32  e  33  del  2004,  rende manifesta l'opportunita' della loro
decisione con unica sentenza.
    3.  - Le censure mosse nei confronti dell'art. 34, commi 1, 2, 3,
4,  6,  10,  13  e  22,  della  legge  n. 289  del 2002 devono essere
respinte.
    Se   e'   vero,  infatti,  che  l'art. 1,  comma 2,  del  decreto
legislativo  30 marzo  2001,  n. 165 (Norme generali sull'ordinamento
del   lavoro   alle   dipendenze  delle  amministrazioni  pubbliche),
richiamato dal comma 1, fa riferimento anche alle Regioni, e' d'altra
parte  vero che il comma 10 dispone espressamente che alle Regioni si
applicano  -  in luogo dei commi ad esso precedenti - le disposizioni
del  comma 11  (il  quale, come si dira', dispone autonomamente circa
l'applicabilita' dei commi 1, 2, 3 e 4).
    Il   comma 13,   a  sua  volta,  esclude  esplicitamente  che  la
limitazione   (riguardante   l'assunzione   di   personale   a  tempo
determinato) in esso prevista si applichi alle Regioni.
    Il  comma 22,  infine,  non  contiene alcun esplicito obbligo (in
particolare,  di  riduzione  del  personale non inferiore all'uno per
cento)  delle  Regioni  (alle  quali non puo' certamente riferirsi la
generica  locuzione  «enti  pubblici  non  economici»),  ma  contiene
esclusivamente  la previsione che «le altre amministrazioni pubbliche
adeguano  le  proprie  politiche  di  reclutamento  di  personale  al
principio  di  contenimento della spesa in coerenza con gli obiettivi
fissati  dai  documenti  di  finanza  pubblica». E' appena il caso di
rilevare   che   tale   previsione   costituisce   un   principio  di
«coordinamento della finanza pubblica» (art. 117, terzo comma, Cost.)
che  la  legislazione  statale e' certamente legittimata a fissare, e
che  non  limita  in  alcun  modo  l'autonomia  regionale riguardo ai
concreti   strumenti   (adeguamento   delle   proprie  «politiche  di
reclutamento  del  personale»)  attraverso  i  quali  quell'obiettivo
(«contenimento della spesa») puo' essere raggiunto.
    4.  -  Le  censure  mosse  al comma 11 sono fondate nei limiti di
seguito precisati.
    Non e' fondata la censura volta a contestare che la legge statale
possa prevedere meccanismi e procedure - ed in particolare l'«accordo
tra  Governo,  regioni  e  autonomie locali, da concludere in sede di
Conferenza  unificata»  -,  volti  a  far si' che vi sia il «concorso
delle  autonomie  regionali  e  locali al rispetto degli obiettivi di
finanza  pubblica»,  e possa inoltre prevedere che quanto previsto in
quell'accordo sia trasfuso in un decreto del Presidente del Consiglio
dei  ministri  che  fissi  «per  le amministrazioni regionali, per le
province  e  i  comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti che
abbiano  rispettato  le  regole  del  patto di stabilita' interno per
l'anno 2002,  per  gli  altri enti locali e per gli enti del Servizio
sanitario  nazionale,  criteri  e  limiti  per  le assunzioni a tempo
indeterminato per l'anno 2003».
    Tale  previsione,  infatti,  costituisce  puntuale attuazione del
precetto costituzionale che attribuisce alla legge statale il compito
di  provvedere  al  «coordinamento  della  finanza pubblica»: compito
legittimamente  assolto coinvolgendo nell'individuazione dei «criteri
e  limiti  per  le  assunzioni a tempo indeterminato» le Regioni e le
autonomie locali e, poi, cristallizzando in un decreto del Presidente
del Consiglio dei ministri l'accordo che fissa quei criteri e limiti.
    La  circostanza  che  il  medesimo  comma 11  disponga  che «fino
all'emanazione dei decreti (...) trovano applicazione le disposizioni
di  cui  al comma 4» - e cioe' il «divieto di procedere ad assunzioni
di  personale  a  tempo  indeterminato», fatte salve le eccezioni ivi
previste - non costituisce violazione di alcuna norma costituzionale:
si tratta, infatti, non solo di un divieto temporalmente limitato, ma
anche   e   soprattutto   di   un  divieto  funzionalmente  collegato
all'accordo  da  raggiungere  in  sede di Conferenza unificata, quale
strumento  destinato  a disciplinare, con il concorso delle autonomie
regionali e locali, la materia delle assunzioni del personale a tempo
indeterminato.  E'  evidente  che,  in  assenza  di  quel  temporaneo
divieto,  le  finalita'  perseguite con l'accordo sarebbero frustrate
se,  nelle  more,  le  Regioni e gli enti locali potessero procedere,
senza  limiti  di  sorta, alle assunzioni ritenute opportune: come e'
evidente  che  l'intervento  della  legge statale in senso limitativo
dell'autonomia  delle  Regioni  e  degli  enti  locali  non  e'  meno
legittimo  per  cio'  che il divieto da essa posto e' assoluto, ma la
sua  legittimita'  va affermata considerando il carattere strumentale
di  quel  temporaneo  divieto ai fini della efficacia ed effettivita'
della   futura  disciplina  che  scaturira'  in  sede  di  Conferenza
unificata.
    Altrettanto  ovvio  e'  che in sede di accordo ben possono essere
individuati  profili  della  disciplina  di  cui  ai  commi 1,  2,  3
(rideterminazione  delle piante organiche nel rispetto del «principio
della  invarianza  della spesa» e loro tendenziale «congelamento») da
applicare  alle  Regioni  ed  agli  enti  locali,  e  che  anche tali
contenuti  dell'accordo raggiunto in sede di Conferenza unificata ben
possono  essere trasfusi nel decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri.
    Le medesime ragioni, che impongono il rigetto delle censure mosse
alle   disposizioni   del  comma 11  fin  qui  esaminate,  comportano
l'accoglimento   di   quelle  rivolte  alla  previsione  per  cui  le
assunzioni  a  tempo  indeterminato,  «fatto  salvo  il  ricorso alle
procedure  di  mobilita',  devono,  comunque, essere contenute, fatta
eccezione  per  il  personale  infermieristico del Servizio sanitario
nazionale,  entro  percentuali  non  superiori  al 50 per cento delle
cessazioni dal servizio verificatesi nel corso dell'anno 2002».
    Si  tratta,  infatti,  di  una  disposizione  che non si limita a
fissare un principio di coordinamento della finanza pubblica, ma pone
un  precetto  specifico e puntuale sull'entita' della copertura delle
vacanze  verificatesi  nel 2002, imponendo che tale copertura non sia
superiore  al 50 per cento: precetto che, proprio perche' specifico e
puntuale  e per il suo oggetto, si risolve in una indebita invasione,
da parte della legge statale, dell'area (organizzazione della propria
struttura  amministrativa) riservata alle autonomie regionali e degli
enti locali, alle quali la legge statale puo' prescrivere criteri (ad
esempio,  di  privilegiare  il  ricorso  alle procedure di mobilita':
sentenza  n. 388  del  2004)  ed  obiettivi (ad esempio, contenimento
della  spesa  pubblica)  ma  non  imporre nel dettaglio gli strumenti
concreti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi.
    5.  -  Quanto  ai  ricorsi  numeri  31,  32 e 33 del 2004 valgono
mutatis  mutandis  -  attesa  la  sostanziale identita' di disciplina
recata  dall'art. 3,  commi 53 - 60, della legge n. 350 del 2003 - le
medesime  conclusioni  appena  esposte con riguardo all'art. 34 della
legge n. 289 del 2002.
    Va  quindi  ribadito  che  ne'  il  comma 53  (ove e' previsto il
divieto di assunzioni a tempo indeterminato) ne' i commi 54 e 55 (che
disciplinano   deroghe,   e   relative  procedure,  a  quel  divieto)
riguardano,  in  quanto  tali,  le  Regioni,  come chiarisce l'ultimo
alinea  del  comma 58  stabilendo  che «per le regioni e le autonomie
locali,  nonche'  per gli enti del Servizio sanitario nazionale (...)
si applicano le disposizioni del comma 60».
    Analoga  esplicita  previsione  e' contenuta nel comma 65 (limiti
all'assunzione  di  personale a tempo determinato), mentre implicita,
ma  inequivoca,  e'  l'estraneita'  delle Regioni a quanto dispone il
comma 61  in  ordine  alla  proroga  del  termine  di validita' delle
graduatorie,  dal  momento  che  la norma riguarda esclusivamente «le
amministrazioni   pubbliche  che  per  l'anno 2004  sono  soggette  a
limitazioni delle assunzioni».
    Respinte,  pertanto, le censure che investono i commi 53, 54, 55,
58,  61  e  65, occorre passare all'esame di quelle che concernono il
comma 60:  norma  pressoche' identica a quella contenuta nel comma 11
dell'art. 34  della legge n. 289 del 2002, e per la quale vale quanto
si  e'  precisato supra, n. 4, ribadendo l'infondatezza delle censure
relative alla parte in cui si prevede che l'accordo raggiunto in sede
di Conferenza unificata sia trasfuso in un d.P.C.m. che fissi criteri
e   limiti   delle   assunzioni   a   tempo   indeterminato,  nonche'
l'infondatezza  di  quelle  relative alla disposizione a tenore della
quale  «fino  all'emanazione  dei  decreti  trovano  applicazione  le
disposizioni  di  cui  al  comma 53»; l'illegittimita' costituzionale
della  disposizione  a  norma  della  quale  le  assunzioni  a  tempo
indeterminato   «devono   comunque   essere   contenute  (...)  entro
percentuali  non  superiori  al  50  per  cento  delle cessazioni dal
servizio verificatesi nel corso dell'anno 2003».