IL GIUDICE DI PACE Ha emesso la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al n. 1252 del Ruolo Gen. Affari Civili dell'anno 2003, tra Rossi Daniela, rappresentata e difesa dagli avv.ti Enrico Vigorito e Francesco Bendinelli, con domicilio eletto presso il di loro studio in La Spezia, Galleria Goito, 14, ricorrente, e Polizia municipale di Massa, in persona del legale rappresentante pro-tempore, con sede in Massa, piazza Mercurio, resistente. Svolgimento del processo La sig.ra Rossi Daniela depositava ricorso avverso verbale di contestazione n. 19835 elevato dalla Polizia municipale del Comune di Massa nei suoi confronti in data 23 dicembre 2003, per la violazione dell'art. 146, comma 3. Il giudice fissava, con decreto, udienza di prima comparizione in data 8 aprile 2004. Alla Udienza di prima comparizione l'avv. Miele in sostituzione dell'avv. Vigorito il quale insisteva come da ricorso, in particolar modo nelle eccezioni di costituzionalita' in esso contenute. Preliminarmente parte ricorrente eccepiva la questione di legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 204-bis, comma 3 per violazione del principio di uguaglianza sostanziale, ex art. 3 e 24 della Costituzione, in riferimento alla possibilita' uguale per tutti di avere tutela giurisdizionale. Per parte resistente nessuno compariva. Il giudice si riservava in ordine alle eccezioni di costituzionalita' suesposta sollevata da parte ricorrente con separata ordinanza. Con ordinanza dell'11 aprile 2004 il giudice scioglieva la riserva con la seguente motivazione: ritenuto che la Corte costituzionale con decisione del 5 aprile 2004 n. 114/2004, depositata in data 8 aprile 2004, si e' pronunciata sulla questione di legittimita' costituzionale dell'art. 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, introdotto dalla legge 1° agosto 2003, n. 214, che ha convertito in legge, con motivazioni, il decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 per contrasto con gli artt. 3 e 24. della Costituzione della Repubblica italiana, nella parte in cui prevede «che all'atto del deposito del ricorso il ricorrente debba versare presso la cancelleria del giudice di pace, pena di inammissibilita' del ricorso, una somma pari alla meta' del massimo edittale della sanzione inflitta dall'organo accertatore». Il giudice pertanto rinviava la causa alla udienza del 26 maggio 2004. Alla udienza del 26 maggio 2004 compariva il dott. Pasquinelli in sostituzione dell'avv. Vigorito e dell'avv. Bendinelli il quale eccepiva preliminarmente, ritenuta la non manifesta infondatezza e la rilevanza della questione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 126-bis comma 2 del decreto-legge 30 aprile 1992 n. 285 c.d.s. con riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione. Insisteva inoltre nei motivi di cui a ricorso affinche' il verbale della Polizia municipale di Massa rilevato a carico della ricorrente venisse dichiarato nullo ed inefficace. Parte ricorrente pertanto chiedeva ai sensi della sentenza della Corte costituzionale n. 114/2004 del 5 aprile 2004 che venisse disposta l'immediata restituzione della somma versata a titolo di deposito cauzionale ex art. 204-bis comma 3 c.d.s. a favore della ricorrente. Il giudice disponeva pertanto la restituzione della somma depositata a titolo cauzionale e si riservava in merito alla eccezione pregiudiziale formulata da parte ricorrente. Motivi della decisione L'art. 126-bis/II prevede che allorquando la contestazione sia definita, ossia una volta esperiti e conclusi i ricorsi ovvero pagata la sanzione pecuniaria ovvero spirato il termine bimensile senza che impugnazione alcuna sia stata proposta, l'organo accertatore comunichi all'anagrafe nazionale degli abilitati alla guida il nominativo e i dati della patente di guida del trasgressore. A seguito della stessa in via informatica il Dipartimento dei Trasporti Terrestri (D.T.T.) effettuera' la decurtazione del punteggio nella misura corrispondente a quella indicata nel verbale di accertamento. Laddove il responsabile, ossia il conducente del veicolo, non sia stato identificato, poiche' l'infrazione non fu immediatamente contestata, la comunicazione all'anagrafe abilitati alla guida dovra' essere inoltrata a carico del proprietario sul presupposto che costui non abbia, nei trenta giorni dalla richiesta, comunicato all'organo accertatore i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione. Tale disposizione si presta a notevoli censure sotto il profilo della conformita' ai principi e al dettato della Carta costituzionale. In primo luogo si osserva come la stessa introduca in sostanza un regime di responsabilita' oggettiva della sanzione relativa alla decurtazione dei punti. Il proprietario del veicolo, e' in sostanza posto di fronte all'alternativa di comunicare l'identita' di un soggetto terzo, lasciar trascorrere il termine senza comunicare alcunche' ovvero ancora autodenunciarsi. Laddove non sia in grado di dichiarare, non solo il nominativo ma altresi' gli estremi della patente di guida entro il termine di trenta giorni dalla richiesta, l'organo accertatore dovra', una volta definita la contestazione, avviare la procedura' ex art. 126-bis a carico dello stesso. In definitiva senza che alcun accertamento circa l'identita' dell'autore dell'illecito sia stato effettuato dall'organo di Polizia Stradale. La legge n. 214 del 1° agosto 2003 che ha convertito il decreto-legge n. 151/2003, istituendo sul punto una sorta di responsabilita' oggettiva, se da un lato ancorato la procedura di decurtazione alla contestazione immediata o in alternativa all'onere di comunicare i dati dell'effettivo trasgressore, dall'altro ha gravato il proprietario-non conducente di una dichiarazione in molti casi, come in quello di specie, impossibile a rendersi». Costui puo' infatti non conoscere o non ricordare il nome della persona che in quel determinato momento si trovava presumibilmente alla guida del veicolo in sua proprieta'. Non solo! Costui puo' ben ricordare il nome di colui che aveva la disponibilita' materiale del mezzo, ma puo' di contro ignorare chi ne fosse effettivamente alla guida nell'istante in cui la violazione fu accertata o comunque non esserne certo. Ancora, costui puo' ignorare e non essere in grado di reperire i dati relativi alla patente del conducente cosi' come richiede la disposizione censurata. E del resto anche nel caso in cui la persona del trasgressore e quella del proprietario dovessero coincidere il proprietario sarebbe costretto in definitiva ad autodenunciarsi. Non vi e' traccia di norma, in tutto l'ordinamento, che imponga un siffatto dovere giuridico. E di un vero e proprio obbligo giuridico puo' parlarsi con riferimento alla previsione di sanzioni per il caso di mancata osservanza, essendo in tale ipotesi applicabile l'art. 180 ult. comma (art. 126-bis/II c.d.s.). Se la mancata contestazione immediata, anche laddove sia conforme al dettato normativo, tende a comprimere notevolmente il diritto di difesa del trasgressore (impossibilita' di controdedurre, fare osservazioni all'organo accertatore, inserire dichiarazioni a verbale a propria discolpa etc...), il, meccanismo introdotto dalla legge n. 214/2003 e delineato all'art. 126-bis c.d.s. lo azzera in via definitiva. Cio' che sebbene discutibile e' tuttavia accettabile per le sanzioni pecuniarie, del tutto criticabile e' con riferimento a provvedimenti successivi che incidano sulla sfera personale del soggetto quali la decurtazione di punti sulla patente di guida. E cio' soprattutto in ragione del fatto che a subire tali conseguenze e' un soggetto individuato sulla base di un sistema meramente nominalistico, quale l'intestazione formale del veicolo risultante dal P.R.A.. In soccorso della norma censurata appare altresi' arbitrario il riferimento alla figura dell'obbligato ex art. 196 c.d.s., concepito con riferimento all'obbligazione avente ad oggetto il pagamento della sanzione pecunaria. Peraltro si osserva come di fatto la norma crei disparita' e situazioni limite, come la stessa possa essere utilizzata agevolmente da coloro che, senza mai subire conseguenze giuridiche dei propri comportamenti, possono utilizzare il meccanismo della responsabilita' oggettiva quale schermo formale di condotte incuranti della disciplina stradale. Si pensi ai nuclei familiari in cui piu' autoveicoli fanno capo al medesimo soggetto. Si rifletta altresi' sulle problematiche che insorgono per i mezzi di cui sia titolare un ente o una persona giuridica. Che il rappresentante legale di queste debba subire gli effetti di comportamenti in alcun modo controllabili. Tali osservazioni sono state peraltro limpidamente sintetizzate dallo stesso Presidente dell'Automobile Club d'Italia (A.C.I.) Franco Lucchesi nella lettera dell'8 ottobre 2003 inviata al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Lunari affinche' il governo valuti l'opportunita' di reintervenire su un meccanismo, quello della responsabilita' oggettiva, definito come un nostrum giuridico. Della rilevanza della questione e della non manifesta infondatezza della questione E' pertanto evidente la non manifesta infondatezza (art. 23, legge n. 28/1953) della questione sollevata, perche' contraria al principio di ragionevolezza e di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost. nonche' lesiva del diritto di difesa di cui all'art. 24 comma secondo Cost. E' altresi' sussistente il requisito della rilevanza in considerazione della pregiudizialita' della questione rispetto al thema decidendum.