IL TRIBUNALE

    Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da Lega
Italiana  per  l'abolizione  della  caccia  (LA.C.)  in  persona  del
Presidente  pro  tempore,  e Lega Antivivisezione (L.A.V.) in persona
del   presidente   pro  tempore,  rappresentate  e  difese  dall'avv.
Guglielmina  Simoneschi ed elettivamente domiciliate in Bologna Viale
XII Giugno 7 presso l'avv. Erika Greischberger;
    Contro  Regione  Emilia-Romagna  in  persona del presidente della
giunta   pro  tempore,  rappresentata  e  difesa  dagli  avv.  Franco
Mastragostino  e  Maria  Chiara Lista ed elettivamente domiciliata in
Bologna  Piazza  Aldrovandi  3;  provincia  di Bologna in persona del
presidente della giunta pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv.
Emilia Neri ed elettivamente domiciliata in Bologna Via Zamboni 13, e
nei  confronti  di  Associazione  Arci  Caccia  in persona del legale
rappresentante  pro  tempore,  non  costituito; e con l'intervento in
opposizione  Federcaccia  della Regione Emilia-Romagna in persona del
legale  rappresentante  pt.,  rappresentata  e  difesa  dagli  avv.ti
Giuseppe  Manfredi  e  Cristina Baffi ed elettivamente domiciliata in
Bologna  via  Altabella  3), per l'annullamento della delibera n. 257
della giunta provinciale di Bologna, adottata in data 30 luglio 2002,
avente ad oggetto: «approvazione del Calendario venatorio provinciale
per   l'annata   2002/2003»;   della  delibera  n. 258  della  giunta
provinciale  di  Bologna,  adottata in data 30 luglio 2002, avente ad
oggetto:  ««Approvazione  degli orari e delle modalita' relative alla
caccia  di  selezione  agli  ungulati  ad integrazione del calendario
venatorio  provinciale per l'annata 2002/2003; nonche' - occorrendo -
della     deliberazione     n. 969     della     giunta     regionale
dell'Emilia-Romagna,  adottata  in  data  10  giugno 2002 e avente ad
oggetto: «Direttive relative alla istituzione e alla gestione tecnica
delle aziende venatorie».
    Designato relatore il Cons. dott. Giancarlo Mozzarelli;
    Uditi   all'udienza   pubblica  del  30  ottobre  2003  gli  avv.
Guglielmina  Simoneschi, S. Scalini (in sostituzione dell'avv. Emilia
Neri), Maria Chiara Lista e Cristina Balli;
    Considerato quanto segue:

                              F a t t o

    Le  associazioni sopraindicate fanno preliminarmente presente che
la  giunta  provinciale  di Bologna ha approvato, con delibera n. 257
del  30 luglio 2002, il Calendario venatorio provinciale per l'annata
2002/2003   e,   con  delibera  n. 258  adottata  in  pari  data,  ha
determinato,  a  completamento  del  primo,  gli orari e le modalita'
relative  alla caccia di selezione agli ungulati. In particolare, con
il  Calendario venatorio amministrazione provinciale ha stabilito, in
applicazione  ed  integrazione  del Calendario venatorio regionale di
cui  alla  l.r.  n. 14  del  12 luglio 2002, le prescrizioni tecniche
valevoli  negli  anni  2002/2003  per  la  caccia  nella Provincia di
Bologna,  e  ha  autorizzato, in applicazione della l.r. n. 15 del 12
luglio 2002, l'esercizio della caccia in deroga alla Direttiva 79/409
CEE nel territorio di propria competenza.
    La  Regione Emilia-Romagna ha, infatti, previsto le «norme per la
definizione del Calendario venatorio regionale» con la l.r. n. 14 del
12  luglio  2002,  dichiarata  all'art. 10  (disposizioni finali) con
validita' quadriennale».
    Si aggiunge che la l.r. di settore n. 8/1994 (disposizioni per la
protezione  della  fauna  selvatica  e per l'esercizio dell'attivita'
venatoria)  attribuisce la relativa competenza alla giunta regionale,
cosi'    inoltre    stabilendo   la   natura   amministrativa   -   e
l'assoggettamento  al  relativo  regime  giuridico:  iter formativo e
mezzi  di  impugnazione  -  dell'atto  di approvazione del calendario
Venatorio regionale, che la stessa l.r. n. 8/1994 definisce annuale.
    Fatto   e'   che  espressamente  l'amministrazione  regionale  ha
correlato  la  propria  determinazione  in  ordine  allo strumento di
disciplina  della  caccia nel territorio di competenza, cosi' come le
modifiche con esso apportate alla normativa di cui alla Legge statale
n. 157/1992  (..)  alla  recente  riforma del Titolo V della parte II
della Costituzione.
    Il  primo  comma  dell'art. 1  della  l.r.  n. 14/2002,  infatti,
stabilisce  «la  presente  legge  definisce  il  calendario venatorio
regionale,  sulla  base  della  competenza  legislativa della Regione
nella  materia  della  caccia, in conformita' al titolo V della Parte
seconda della Costituzione».
    Si  osserva  che «analogo fondamento giustificativo sembra essere
stato attribuito all'adozione della simultanea l.r. n. 15 con cui, lo
stesso  12  luglio  2002,  e'  stata  approvata,  modificando la l.r.
n. 8/1994,  la disciplina dell'esercizio delle deroghe previste dalla
Direttiva 79/409/CEE».
    Con  successiva  l.r.  n. 22  del  20 settembre 2002 il consiglio
regionale  ha poi integrato la stessa l.r. n. 15/2002, consentendo la
detenzione   e  l'uso  quali  richiami  vivi  delle  specie  indicate
dall'art. 2 della legge da ultimo citata.
    E',  tuttavia,  da  ritenersi  che l'Ente regionale nell'adozione
delle  indicate  leggi  n. 14, 15 e 22 del 2002, abbia ecceduto dalla
potesta' legislativa costituzionalmente riconosciutagli.
    A sostegno del ricorso sono presentate le censure seguenti:
        A)  con  riguardo  all'esercizio  della  caccia nei confronti
delle  specie  protette Storno, Passero e Passera mattugia, in deroga
alla Direttiva 79/409 UE:
            1)  Violazione  di  legge  (art. 117,  primo comma Cost.;
art. 249  Trattato CEE; art. 9, primo comma, lett. a) della Direttiva
CEE 79/409; art. 117, 2 comma, Cost.; art. 5 Cost.).
    Si  rileva  che  «in considerazione della rilevanza europea della
tutela  del  patrimonio  faunistico  la Direttiva del Consiglio delle
comunita'  Europee  79/409 del 2 aprile 1979 ha stabilito un generale
regime  di  protezione degli uccelli «viventi naturalmente allo stato
selvatico  nel  territorio  europeo  degli  Stati  membri ai quali si
applica il Trattato» (art. 1).
    In  particolare,  tra le specie oggetto della protezione di fonte
comunitaria  sono  comprese  lo  Storno,  il  Passero  e  la  Passera
mattugia.
    L'art.  5 della Direttiva dispone, inoltre, l'obbligo degli Stati
membri  di  adeguarsi alla medesima instaurando un regime generale di
tutela degli uccelli selvatici, che comprenda il divieto di ucciderli
o di catturarli deliberatamente con qualsiasi metodo.
    L'art. 7  consente il prelievo venatorio di alcune specie, tra le
quali  non  sono  comprese  Storno, Passero e Passera mattugia, salva
comunque la primaria esigenza di conservazione.
    Il  successivo  art. 9  riconosce,  infine,  la  possibilita'  di
derogare a tale generale regime di protezione anche per le specie non
ammesse  al  prelievo  venatorio,  ma  solo  in  via  eccezionale,  e
ricorrendo  i  presupposti  e  le  condizioni specificamente previsti
dalla norma.
    In   particolare,   la   Direttiva,   al  secondo  comma,  impone
l'osservanza  di  precisi requisiti di forma, volti ad assicurare che
la  deroga  sia  contenuta  entro  limiti  strettamente  necessari  e
soddisfi  esigenze  precise e situazioni specifiche (..). La Corte di
Giustizia   dell'Unione   europea  ha  al  riguardo  conseguentemente
ritenuto  che  non  risponde  alle  esigenze di protezione risultanti
dalla Direttiva e viola l'obbligo comunitario di fedele trasposizione
la  normativa  degli Stati membri che consenta la caccia in deroga in
modo  generale  e  permanente  (..) o che non contenga un riferimento
adeguatamente  circostanziato  agli  elementi  di cui ai numeri 1 e 2
dell'art. 9».
    Si  aggiunge  che  «con  la  delibera n. 257/2002 la Provincia di
Bologna,  in  violazione  del  regime di tutela di cui alla Direttiva
predetta, ha autorizzato su tutto il territorio di propria competenza
aperto  alla  caccia,  e  da  parte di tutti i cacciatori iscritti ai
relativi  ATC  o  che  vi  abbiano accesso per la caccia in mobilita'
controllata,  l'abbattimento  delle specie protette Storno, Passero e
Passera mattugia.
    La  determinazione  provinciale ha cosi' dato concreta attuazione
alla  l.r. n. 15/2002, la quale, nel disciplinare la deroga ex art. 9
della   citata   Direttiva,  ha  peraltro  omesso  ogni  specifica  e
circostanziata indicazione in ordine ai presupposti e alle condizioni
prescritti  dalla  stessa  disposizione  comunitaria,  di fatto cosi'
consentendo  l'esercizio  della  caccia  in deroga in modo generale e
permanente».
    Sulla  base delle considerazioni dianzi indicate, le associazioni
ricorrenti  presentano questione di legittimita' costituzionale della
l.r.  n. 15/2002,  art. 1  e  2,  per violazione dell'art. 117, primo
comma,  Cost.,  in  riferimento  all'art. 9  Direttiva  U.E. 79/409 e
all'art. 249  Trattato  CEE,  per  violazione  dell'art. 117, secondo
comma  e  dell'art. 5  Cost.»  e contestano la deliberazione giuntale
n. 257/2002  per  violazione  di legge nei termini di cui in epigrafe
alla presente censura.
    Le   Associazioni   ricorrenti   osservano   al   riguardo   come
«l'art. 117,  1  comma, Cost., stabilisce che la potesta' legislativa
e'  esercitata  dallo  Stato  e  dalle  Regioni  nel  rispetto  della
Costituzione,   nonche'   dei   vincoli   derivanti  dall'ordinamento
comunitario  e  dagli  obblighi  internazionali, cosi' individuando i
limiti generali di ogni competenza legislativa (statale e regionale).
    In  questi termini la Costituzione ha recepito il principio della
«primaute»  del  diritto  comunitario  su  quello degli Stati membri,
innovazione   che   consente  di  ritenere  direttamente  colpita  da
illegittimita'  costituzionale  la  legge  che  risulti  difforme  al
diritto  comunitario.  Censura  cui  (..)  non  si  sottrae  la  l.r.
n. 15/2002.
    Innanzitutto,  infatti, dalla lettera dell'art. 9 della Direttiva
U.E. e dalla interpretazione che della norma ha dato costantemente la
Corte   di   Giustizia,   risulta   la   necessita'  che  l'eventuale
introduzione  nei singoli Stati membri del regime derogatorio avvenga
con  legge delle autorita' statali (..). La l.r. n. 15/02 ha, invece,
disciplinato  autonomamente  e  in  difetto  di  una previa normativa
nazionale la deroga ex art. 9 cit.
    In  secondo  luogo,  la  legge  regionale  non  ha  adempiuto con
esattezza  alle  disposizioni della Direttiva comunitaria, mentre la'
stessa  Corte  di  Giustizia ha piu' volte affermato la necessita' di
una   fedele   trasposizione,  pena  l'inadempimento  degli  obblighi
comunitari (..).
    Infatti,  la  l.r.  n. 15/2002  ha consentito la caccia in deroga
omettendo di valutare, in violazione del I comma dell'art. 9 cit., la
concreta  possibilita'  di soluzioni diverse, come del resto dimostra
l'efficacia quadriennale della stessa legge regionale.
    I  mezzi e i soggetti abilitati (tutti i cacciatori iscritti agli
ATC  di  Bologna o che vi abbiano ingresso per la caccia in mobilita'
controllata), i tempi (per tutta la durata della stagione venatoria),
i  luoghi  (tutto  il territorio della Regione aperto alla caccia) e,
non  ultimo,  il  carniere  giornaliero  e stagionale (per gli storni
rispettivamente  di 25 e di 200 capi, per i passeri di 10 e 100 capi)
consentiti  per  il prelievo in deroga dalla l.r. 15/2002 dimostrano,
inoltre,  come  esso  non  sia  stato  autorizzato limitatamente allo
stretto   necessario,   ne'  per  esigenze  e  situazioni  precise  e
specifiche».
    Si  aggiunge  che  «le  centinaia  di  migliaia di capi di cui si
autorizza   l'abbattimento   (in   relazione  all'elevato  numero  di
cacciatori  e  alla  considerevole durata della deroga) rappresentano
una  circostanza  che  contrasta  insanabilmente  con  il concetto di
«piccole  quantita»  di uccelli per le quali la Direttiva consente la
cattura,  la  detenzione  e  comunque  il prelievo; sicche', non puo'
ritenersi  soddisfatto  neppure  il  requisito  di  cui  al  punto c)
dell'art. 9».
    Si rileva inoltre che «anche la Corte costituzionale, confermando
la  propria  costante  giurisprudenza,  ha  recentemente affermato la
necessita'  che  la  disciplina delle deroghe al regime di protezione
sia  stabilita  con normativa di carattere nazionale per garantire un
uniforme  ed  adeguato  livello di salvaguardia delle specie protette
(Corte  Cost.  sentenza n. 169/1999)» e che «tanto e' sufficiente per
eccepire  l'illegittimita' costituzionale della l.r. n. 15/2002 anche
per  violazione  degli artt. 117, 2 comma, e 5 della Costituzione. In
relazione  ai denunciati profili di illegittimita' costituzionale non
si  ritiene  che  essi possano essere sanati, neppure in parte, dalla
circostanza che in data successiva alla l.r. 15/2002 il Parlamento ha
licenziato  in  materia  una  legge nazionale al momento in attesa di
promulgazione e di pubblicazione.
    Infatti,  la  l.r.  e' stata innanzitutto approvata quando ancora
non era intervenuta quella nazionale in materia (..).
    In  ogni caso, poi, rispetto all'art. 19-bis sembrano sollevabili
le  censure  mosse  alla  tecnica  legislativa  impiegata  dalla l.r.
n. 15/2002,  non  avendo il legislatore italiano esercitato la deroga
nel  rispetto  dei  presupposti  e  requisiti indicati dalla predetta
normativa comunitaria.
    La  semplice  riproduzione  del  testo previsto dall'art. 9 della
Direttiva  CEE,  come  effettuato  dall'art. 19-bis,  infatti, da una
parte  frustra  le  finalita'  della stessa Direttiva, consentendo di
fatto  l'attuazione  da  parte  delle  Regioni  di deroghe generali e
permanenti  e  dall'altra  viola  quell'esigenza  di  uniformita'  di
disciplina  cui era invece preordinata la necessita' di una normativa
nazionale in materia».
    2) Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione,
per  difetto  dei  presupposti di fatto e di diritto, per illogicita'
manifesta e per violazione del principio di proporzionalita'.
    Si  rileva  che  «l'INFS,  con  il  parere di cui alla nota prot.
n. 4972  del  19  giugno  2002,  ha  valutato  il  prelievo in deroga
consentito  dalla  l.r.  n. 15/2002  «biologicamente  e  tecnicamente
immotivato  e  non  in  sintonia con quanto stabilito dalla Direttiva
409/1979  CEE,  art. 9».  In particolare, l'organo di consulenza (..)
evidenzia  la  sproporzione  e l'inadeguatezza dei mezzi previsti dal
progetto  della  legge  regionale rispetto allo scopo tipico, ammesso
dalla stessa Direttiva e che si dichiara di voler perseguire.
    L'INFS,  inoltre, esclude che la proposta formulata dalla Regione
per  consentire  l'esercizio  della  deroga  di  cui  all'art. 9 cit.
soddisfi in concreto le condizioni previste dallo stesso art. 9».
    Si  aggiunge  che «tale parere, che ancorche' non vincolante, non
puo'  non  avere  una sua specifica valenza e' stato disatteso, prima
dalla  Regione  Emilia-Romagna  e poi dalla Provincia di Bologna, pur
nel difetto di una adeguata istruttoria e motivazione» e che pertanto
«la Regione Emilia-Romagna e la Provincia di Bologna hanno consentito
l'esercizio  della deroga ex art. 9 Direttiva 79/409 CEE senza che ne
ricorressero  i  presupposti  di  fatto  e  di diritto indicati dalla
stessa norma comunitaria»;
    3)  Violazione  di  legge  (art. 117,  1  comma,  Cost.; art. 249
Trattato  CEE;  artt. 5  e 9 Direttiva CEE 79/409; art. 117, 2 comma,
Cost.; art. 5 Cost.; art. 4, quarto comma, legge n. 157/1992).
    Si  rileva  come  «l'art. 34  della  Legge  comunitaria  2001  ha
modificato  l'art. 4  della  legge n. 157/1992 depennando dall'elenco
delle  specie  catturabili  per  essere cedute ai fini di richiamo lo
storno,  il  passero  e la passera mattugia, in quanto protette dalla
Direttiva  79/409  CEE.  La  modifica  legislativa trae origine dalla
condanna  del Governo italiano, con sentenza della Corte di Giustizia
(causa  159/1999 del 17 maggio 2001) per aver permesso la cattura con
le  reti  e  la detenzione di queste tre specie di uccelli. Pronuncia
che  consente  di  ritenerne  precluso  altresi'  l'uso  ai  fini  di
richiamo».
    Si  aggiunge  che «la Regione Emilia-Romagna, in contrasto con la
chiara  lettera  della normativa comunitaria e del nuovo art. 4 legge
n. 157/1992,  ha consentito con la l.r. 20 settembre 2002, n. 22, che
ha  integrato  la  precedente l.r. n. 15/2002, «la detenzione e l'uso
(..)  di richiami vivi provenienti da allevamenti o da catture svolte
antecedentemente  al DPCM del 21 marzo 1997, appartenenti alle specie
di cui all'art. 2 (art. 2-bis)».
    Il  Calendario  venatorio  provinciale  nel  capo  dedicato  agli
«strumenti  di richiamo e metodi di caccia vietati» stabilisce che ai
sensi  dell'art. 5  comma 2 e art. 4 comma 4 della legge n. 157/1992,
e'  ammesso,  altresi',  l'uso  di  esemplari  vivi appartenenti alle
specie  consentite»,  cosi'  risultando consentito, per effetto della
n. 15/2002,  come  integrata  dalla  L.R. n. 22/2002, la detenzione e
l'uso di storno, passero e passera mattugia».
    Sulla   base   delle  considerazioni  predette,  le  Associazioni
ricorrenti «censurano in capo al calendario Venatorio della provincia
di  Bologna  la  violazione  di  legge  [nei termini sopraindicati] e
sollevano  questione  di  legittimita'  costituzionale  nei confronti
dell'art. 1  l.r.  n. 22/2002  per  violazione  dell'art. 117,  primo
comma,   Cost.,   in   relazione   alla  Direttiva  CEE  79/409  come
interpretata  dalla Corte di Giustizia; dell'art. 117, secondo comma,
Cost.  e  dell'art. 5  Cost.,  in relazione all'art. 4, quarto comma,
legge n. 157/1992».
    B)  Con riguardo a tempi e modalita' dell'esercizio venatorio nei
confronti delle specie ordinariamente cacciabili:
        4)  Violazione  di  legge  (art. 117,  2 comma, Cost.; art. 5
Cost.;  art. 18,  primo comma, lett. c) legge n. 157/1992; art. 25, 2
comma,  Cost.; art. 30, lett. a) legge n. 157/1992; art. 50, 2 comma,
lett. d) l.r. n. 8/1994.
    Eccesso  di  potere  per  difetto  dei  presupposti di fatto e di
diritto. Difetto di istruttoria e di motivazione.
    Si osserva che «le delibere provinciali impugnate hanno del tutto
arbitrariamente dilatato l'arco temporale entro il quale e' possibile
esercitare  il  prelievo venatorio, in contrasto con quanto fissato e
delimitato nell'art. 18 della Legge nazionale 157/1992.
    Tale  ultima  disposizione individua specifici tempi di prelievo,
stabilendo  in  particolare  per  gli  ungulati alla lettera c) del 1
comma,  che  la  caccia  puo'  essere esercitata dal 1° ottobre al 30
novembre.
    Il  secondo  comma dello stesso articolo consente alle Regioni di
modificare  il periodo venatorio, purche' siano osservate determinate
condizioni,  tra  le quali il rispetto dell'arco temporale massimo di
cui  al primo comma. Disciplina che, espressamente, lo stesso secondo
comma afferma applicabile alla caccia di selezione degli ungulati.
    L'art. 50, secondo comma, l.r. 8/1994, stabilisce che le province
adottano  il  Calendario  provinciale,  con  il  quale,  tra l'altro,
«riportano  i  piani  di  abbattimento  degli ungulati cacciabili con
metodi selettivi (..) nel rispetto dell'arco temporale massimo di due
mesi di cui all'art. 18 della legge statale anche non consecutivi».
    L'art.  3,  primo  comma,  l.r. n. 14/2002, in applicazione della
quale  (..)  la  Provincia  ha  dato  le  prescrizioni  valevoli  per
l'esercizio  venatorio  sul territorio di propria competenza, dilata,
in  violazione della disciplina legislativa statale e regionale sopra
richiamata,  il  periodo di caccia degli ungulati, in particolare nei
confronti  di alcune classi sociali del capriolo e di tutte le classi
sociali del cervo, del daino e del muflone.
    La   delibera   provinciale   n. 257/2002  afferma  espressamente
l'applicazione  della  disciplina  stabilita dalla l.r. n. 14/2002 in
ordine ai tempi e alle modalita' del prelievo.
    La  successiva  delibera  provinciale  n. 258/2002 esplicitamente
dichiara  che tra le innovazioni introdotte dalla l.r. n. 14/2002, in
considerazione  della  recente competenza legislativa esclusiva delle
Regioni  in  materia  di  caccia  e recepite dal Calendario Venatorio
Provinciale,  e'  da  annoverare quella relativa al periodo di caccia
degli  ungulati,  infatti consentita, in maniera differenziata specie
per specie, dal mese di giugno al mese di marzo».
    Si  afferma che in tal modo «le delibere della giunta provinciale
di  Bologna  n. 257/2002 e 258/2002 appaiono illegittime per la parte
in  cui,  sommando i relativi periodi di caccia, consentono la caccia
al  capriolo,  daino,  cervo e muflone per un periodo superiore ai 60
giorni  consentiti  dalla legge n. 157/1992 (capriolo femmina e tutti
classe  0: 70 gg.; daino: 70 gg.; cervo: da un massimo di cinque mesi
e  mezzo  a  un  periodo  minimo  di tre mesi e mezzo a seconda delle
classi sociali e del sesso; muflone: tre mesi (..)».
    Si aggiunge che «la illegittima dilatazione del periodo di caccia
consentita dall'art. 3, primo comma, lettera d) della l.r. n. 14/2002
e  dai  provvedimenti applicativi, viene a ledere il contenuto minimo
del  regime di protezione accordato dallo Stato al proprio patrimonio
faunistico:  nucleo  che la giurisprudenza della Corte Costituzionale
afferma  inderogabile nell'interesse dell'intera comunita' nazionale,
dalla normativa regionale.
    Il giudice delle leggi ha, infatti, piu' volte affermato che sono
norme di grande riforma economico-sociale le disposizioni di cui alla
legge n. 157/1992, e in particolare quelle che garantiscono il nucleo
minimo  di salvaguardia della fauna selvatica, tra le quali la stessa
Consulta   include,  oltre  al  generale  regime  di  protezione,  le
disposizioni  relative alla delimitazione dei periodi venatori (Corte
cost.    n. 1002/1988;    n. 577/1990;    n. 35/1995;    n. 272/1996;
n. 323/1998; n. 168/1999; n. 169/1999; n. 4/2000).
    Cio'   basterebbe  per  radicare  la  censura  di  illegittimita'
costituzionale nei confronti dell'art. 3, primo comma, lett. d) della
L.R.  n. 14/2002: ma (..) si rileva anche la violazione dell'art. 25,
secondo  comma,  Cost.,  il quale stabilisce sia rispetto al precetto
che alla sanzione, una riserva di legge statale in materia penale.
    Invero,  l'art. 30,  primo  comma,  lett.  a)  legge n. 157/1992,
prevede  l'applicazione  di  sanzione  penale  nei  confronti  di chi
eserciti  la  caccia  fuori  dai periodi indicati nella stessa legge,
sicche' la Regione Emilia-Romagna, dilatando il periodo venatorio, ha
illegittimamente  ridefinito  il  precetto della indicata fattispecie
penale».
    Si  osserva,  infine,  che  «l'aumento  della pressione venatoria
cosi'  consentita dalla Regione ed attuata dalla Provincia di Bologna
non trova neppure giustificazione nella programmazione faunistica.
    Nel   Piano  faunistico  provinciale  di  Bologna  2001/2006  e',
infatti,  stimata  una  densita'  faunistica  delle  specie  in esame
irrisoria  rispetto  ai  cacciatori abilitati al prelievo (nel 2000 i
cacciatori di selezione erano 734: p. 184).
    L'aumento della pressione venatoria e', inoltre, prevista in modo
generalizzato  e quindi a prescindere dalla vocazionalita' faunistica
del  territorio, come invece richiede la pianificazione faunistica in
tema di prelievi.
    Rispetto ad alcuni ambiti territoriali (distretti 2 e 3 ATC B03),
infine, l'estensione dei periodi di caccia nei confronti del capriolo
e'  stata ammessa dalla Provincia in carenza dei necessari censimenti
e  disattendendo,  senza  adeguata  motivazione,  il contrario parere
dell'INFS»;
    5)  Violazione  di  legge  (art. 117, secondo comma, Cost.; ad. 5
Cost.; art. 18, V e VI comma, legge n. 157/1992).
    Eccesso  di  potere  per  difetto  dei  presupposti di fatto e di
diritto.
    Si   rileva   che   «l'art. 21,   primo  comma,  lett.  m)  legge
n. 157/1992,  stabilisce il divieto di cacciare su terreni coperti in
tutto  o nella maggior parte di neve, salvo che nella zona faunistica
delle Alpi».
    Il   divieto   ha   evidente  fine  conservativo  del  patrimonio
faunistico, esso risultando particolarmente esposto alla minaccia del
prelievo venatorio in presenza di condizioni climatiche avverse.
    L'art. 3,  terzo comma, l.r. n. 14/2002 di contro dispone che «la
caccia  agli ungulati in forma selettiva puo' essere consentita anche
su terreni in tutto o in parte coperti di neve».
    Facolta'  che  il  Calendario  venatorio  provinciale  di Bologna
riconosce espressamente.
    Ne  consegue  (..)  l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 3,
terzo  comma, l.r. n. 14/2002, per le ragioni gia' esposte nei motivi
del  ricorso che precedono, e la denunciata violazione di legge delle
delibere Provinciali impugnate».
    6)  Violazione  di  legge (art. 117, secondo comma, Cost.; art. 5
Cost.;  art. 16,  primo  comma,  lett. b) legge n. 157/1992; art. 50,
secondo  comma,  lett.  b)  l.r.  n. 8/1994.  Eccesso  di  potere per
travisamento, per illogicita' e difetto di motivazione.
    Si   rileva   come   «l'art. 16,  primo  comma,  lett.  b)  legge
n. 157/1992  stabilisce  che  le  Regioni,  sentito  l'INFS,  possono
autorizzare  l'istituzione di Aziende Agrituristico Venatorie (AATV),
nelle  quali  sono consentiti l'immissione e l'abbattimento per tutta
la  stagione  venatoria  di fauna selvatica di allevamento. Il quarto
comma  precisa che l'esercizio dell'attivita' venatoria nelle AATV e'
consentito nel rispetto della presente legge.
    L'art. 50,  secondo  comma,  lett.  b)  l.r. n. 8/1994 precisa al
riguardo  che  le  Province,  previo  parere  dell'INFS,  adottano il
calendario Venatorio provinciale con il quale autorizzano l'esercizio
venatorio nelle AATV limitatamente alla fauna da allevamento.
    L'art.  1,  quinto  comma,  della L.R. 14/2002 rispetto alle AATV
stabilisce che esse provvedono agli abbattimenti in base alle vigenti
direttive regionali».
    Si   aggiunge   che   «tali   direttive  adottate  dalla  Regione
Emilia-Romagna  con  deliberazione  della  Giunta regionale 10 giugno
2002,  n. 969,  consentono  l'esercizio  nelle AATV della caccia alla
volpe  (punto 3.1) che (..) non e' qualificabile come fauna selvatica
di allevamento.
    Il   calendario   provinciale   di   Bologna,   in   applicazione
dell'art. 1,   quinto  comma,  l.r.  n. 14/2002  e  della  richiamata
direttiva  regionale, include la volpe tra le specie cacciabili nelle
AATV.  Ne  consegne  (..):  a) l'illegittimita', per violazione delle
norme  dianzi  indicate  della  deliberazione  della giunta regionale
n. 969/2002  nella parte in cui consente nelle AATV anche la caccia a
fauna  selvatica  non  di  allevamento, in particolare alla volpe; b)
l'illegittimita',  per  violazione  della  legge  sopraindicata e per
invalidita'   derivata,   della  delibera  della  giunta  provinciale
n. 257/2002».
    Si  osserva infine che «la deliberazione provinciale impugnata e'
sul punto censurabile anche sotto altri diversi profili. Infatti, nel
parere  richiesto  dall'amministrazione  provinciale  in relazione al
proprio  Calendario  venatorio,  l'INFS  esprimeva parere sfavorevole
riguardo al prelievo venatorio della volpe nelle AATV, non risultando
l'ammissione  coerente con la legge n. 157/1992 e, in particolare con
le  finalita' di impresa agricola che la legge statale riconosce alle
aziende in oggetto.
    Ciononostante  la  Provincia  di  Bologna  ha  autorizzato con il
Calendario   venatorio   la   caccia  della  specie  nelle  AATV  con
motivazione  sbrigativa  ed  incongrua, essa rinviando al riguardo ad
una delibera manifestamente illegittima (la delibera Giunta Regionale
n. 969/2002)»;
    7)  Violazione  di  legge (art. 117, secondo comma, Cost.; art. 5
Cost.; art. 1, secondo comma, artt. 7 e 10 legge n. 157/1992).
    Si  osserva  che  «l'art. 9,  quinto  comma della l.r. n. 14/2002
stabilisce per i soli prelievi di fauna selvatica migratoria in forma
vagante  il  sistema di annotazione sul tesserino a consuntivo, ossia
al termine della giornata di caccia.
    Il Calendario venatorio provinciale di Bologna al punto 8 dispone
l'applicazione della regola nei territori di competenza».
    Si   aggiunge  che  «come  gia'  affermato  dalla  Giurisprudenza
amministrativa  (TAR  Veneto  sez. II dec. 19 maggio 1998 n. 689), la
previsione  dell'indicato  sistema di annotazione si appalesa erronea
ed  illegittima in quanto vanifica di fatto l'insieme delle rilevanti
finalita' proprie del tesserino di caccia.
    La  rilevazione  e',  infatti,  funzionale  ad  un  complesso  di
attivita',  tutte  espressioni  del principio fondamentale, enunciato
dall'art. 1   della   legge   n. 157/1992,  secondo  cui  l'esercizio
dell'attivita'  venatoria  e'  consentito  purche'  non contrasti con
l'esigenza di conservazione della specie.
    L'annotazione  del  bilancio finale al termine della giornata non
consente  in particolare l'attuazione di alcun controllo sul prelievo
venatorio, ne' consente di ritenere attendibili i dati raccolti.
    Ne  consegue l'impossibilita' di una corretta analisi tecnica dei
carnieri  e  proficua  azione di vigilanza. Ed ancora, la difficolta'
per l'INFS di formulare, secondo le sue competenze istituzionali, gli
indirizzi  orientativi  essenziali  per  la pianificazione faunistica
(artt. 7 e 10 L. n. 157/1992)»;
    8)  Eccesso  di potere per difetto di istruttoria e per incongrua
ed     insufficiente    motivazione.    Manifesta    illogicita'    e
irragionevolezza.
    Si  rileva  che  «il quarto comma dell'art. 18, legge n. 157/1992
riconosce  alle  Regioni,  per  la  caccia  alla  fauna  selvatica da
appostamento,  la  possibilita'  di derogare al numero delle giornate
settimanali  indicato  al  quinto  comma, limitatamente, tuttavia, al
periodo  1°  ottobre/30 novembre e, comunque, sentito l'INFS e tenuto
conto delle consuetudini locali.
    La  necessita'  del  parere  dell'INFS  mira,  evidentemente,  ad
assicurare  una  gestione  venatoria  corretta sotto il profilo della
preservazione  di  uno  status  di  conservazione  favorevole  per le
singole specie.
    Si  aggiunge  come «l'art. 4, secondo comma, l.r. n. 14/2002, nel
regolare  le  giornate di caccia, stabilisce alla lett. c) che dall'1
ottobre  al  30  novembre,  possono  essere  fruite  per la caccia da
appostamento   alla   fauna   selvatica  migratoria  cinque  giornate
settimanali.
    La   deroga  ex  art. 18,  sesto  comma,  cit.,  e'  attuata  dal
Calendario  venatorio  provinciale  impugnato,  nonostante i difformi
pareri dell'INFS.
    Soprattutto  con  la  nota  prot.  n. 6154  del  26  luglio 2002,
infatti,  l'INFS  censura l'aumento delle giornate di caccia proposto
pur  nel  difetto  dei  censimenti necessari a valutare l'impatto del
conseguente   maggiore  prelievo  sulla  conservazione  delle  specie
migratorie, alcune delle quali in flessione.
    Carenza  che, da una parte non consente all'Istituto di esprimere
in  merito  un  ponderato  parere, dall'altra manifesta una scorretta
strategia  di  conservazione di detta specie da parte della Provincia
di Bologna.
    Non  solo:  l'amministrazione  provinciale  nel  discostarsi  dal
giudizio  INFS  non  si  e'  neppure  preoccupata  di  darne adeguata
motivazione,  limitandosi  a richiamare, nell'atto istruttorio del 29
luglio  2002,  le  consuetudini  locali e la gia' nota circostanza di
«non  essere in possesso di elementi che segnalino un pesante impatto
sulle specie oggetto di caccia».
    Cio'  sebbene  alcune delle specie migratorie ammesse alla deroga
di  cui  al  quarto  comma  dell'art.  18 cit. siano state indicate a
rischio  di  flessione  o  addirittura  vulnerabili a livello europeo
dall'INFS  (..) e qualificate con status di conservazione sfavorevole
da  parte  dello  stesso  piano  faunistico  venatorio provinciale di
Bologna   (pagg.   70  e  segg.:  particolarmente  Tortora,  Quaglia,
Canapiglia, Codone, Marzaiola, Frullino)».
    Sostanzialmente  si  censura  di illegittimita' costituzionale la
norma  di  cui  all'art. 4, secondo comma, lett. c) l.r. cit. - nella
parte in cui consente, dal 1° ottobre al 30 novembre, la possibilita'
di fruizione di due giornate ulteriori a scelta ogni settimana per la
caccia da appostamento alla fauna selvatica migratoria - in relazione
alla   prescrizione  di  cui  all'art. 18,  sesto  comma,  legge  n.
157/1992.
    9)   Eccesso   di   potere  per  difetto  di  istruttoria  e  per
insufficiente motivazione, illogicita' e travisamento dei fatti.
    Si  rileva  che «il Calendario venatorio regionale prevede per la
Tortora,   all'art. 4,   quarto  e  quinto  comma,  l.r.  n. 14/2002,
l'apertura   della  caccia  al  1°  settembre  (c.d.  preapertura)  e
all'art. 6 un carniere giornaliero di 25 capi.
    Per  la  Beccaccia  prevede,  invece, la chiusura venatoria al 31
gennaio  e un carniere giornaliero di tre capi e stagionale di venti.
Negli  stessi  termini  ne  propone  il  prelievo il Piano faunistico
venatorio provinciale».
    Si aggiunge che «l'INFS in considerazione del (..) precario stato
di  conservazione  delle  due specie, evidenziava, nel parere reso in
data  26  luglio  2002,  prot.  n. 6154, la conseguente necessita' di
ridurre  il carniere della Tortora da 25 a 10 capi e di anticipare al
31  dicembre  la chiusura della caccia alla Beccaccia», mentre invece
«la  provincia  consentiva  il  prelievo  delle  specie  indicate nei
previsti  termini  della  l.r.  n. 14/2002,  senza  alcuna fondata ed
adeguata  motivazione.  E'  infatti  evidente  che:  a) rispetto alla
Tortora,   l'INFS   ha   palesemente   manifestato  nell'esigenza  di
conservazione  della  specie la ragione della richiesta riduzione del
carniere;  ed  ancora,  e'  la  legge  stessa (..) a richiedere, onde
garantire  l'effettiva  conservazione  delle  specie  (..), il parere
INFS,  cosi' obbligando l'Amministrazione che intenda discostarsene a
motivarne  le  ragioni. Ritenere che sia sufficiente per disattendere
un  parere INFS il richiamo alle disposizioni di legge vigenti azzera
la  valenza  del  parere  stesso  oltre  che  la  ratio di tutela, b)
rispetto   alla   Beccaccia,   non  sono  state  attuate  le  «misure
limitative»  del  carniere, cosi' come invece asserito nella nota del
29  luglio 2002 della provincia, confermando in realta' il Calendario
venatorio provinciale, l'entita' del prelievo ammesso per la medesima
specie dalla regione.
    Mentre  e'  con  riferimento  al  carniere quale era previsto dal
Calendario  venatorio  regionale  e proposto dal Calendario venatorio
provinciale   che  avrebbe  dovuto  semmai  operarsi  le  limitazioni
necessarie ai fini conservativi della specie».
    Sostanzialmente  si  censura  di illegittimita' costituzionale la
norma  di cui agli artt. 4, quarto e quinto comma, e 6, quarto comma,
l.r.  cit. - nella parte in cui consentono per la Tortora un carniere
giornaliero  di  venticinque  capi  e  per  la  Beccaccia la chiusura
dell'esercizio  venatorio al 31 gennaio ed un carniere giornaliero di
tre  capi e stagionale di venti capi - in relazione alla prescrizione
posta dall'art. 1, secondo comma, legge n. 157/1992.
    Le amministrazioni resistenti (Regione Emilia-Romagna e Provincia
di   Bologna)  controdeducono  ampiamente  nel  merito  del  ricorso,
chiedendone il rigetto.
    L'associazione   «Federcaccia  Emilia-Romagna»  interveniente  in
opposizione   eccepisce   invece   preliminarmente   la   carenza  di
legittimazione   al   ricorso   delle   associazioni   ricorrenti   e
controdeduce  anche  ampiamente nel merito del ricorso chiedendone il
rigetto.
    Con  successiva  memoria  del  27  novembre 2002, le associazioni
ricorrenti    hanno    ulteriormente    delineato    le    rispettive
argomentazioni.
    Con  ordinanza 28 novembre 2002 n. 821, questa Sezione ha accolto
l'istanza  cautelare  presentata  dalle associazioni ricorrenti. Tale
ordinanza  e'  stata  confermata  in  appello dal Consiglio di Stato,
«tenuto conto dei principi espressi dalla Corte Costituzionale con la
sentenza n. 536 del 20 dicembre 2002 (id. VI sezione, ord. 14 gennaio
2003 n. 100).
    Con memoria del 22 febbraio 2003 le associazioni ricorrenti hanno
presentato quali motivi aggiunti di gravame, censure di violazione di
legge ed eccesso di potere sotto diversi profili rispetto ai seguenti
provvedimenti ulteriori:
    Delibera  22  gennaio  2003  n. 17  della  giunta  provinciale di
Bologna,    avente   ad   oggetto   «Modalita'   attuative   relative
all'effettuazione  del  piano  di  prelievo  in  selezione del Cervo,
Capriolo  e  Daino  per  l'annata  venatoria  in  corso»,  e relativo
allegato;  nonche'  degli  atti  premessi,  presupposti,  connessi  e
consequenziali, compresi pareri e proposte, con particolare riguardo,
in  parte  qua,  alla delibera 23 dicembre 2002, n. 476, della giunta
provinciale di Bologna avente ad oggetto: «Integrazioni al Calendario
venatorio  provinciale  per  l'annata  2002/2003 relative al piano di
abbattimento  del daino nell'ATC B04 e al piano di prelievo del Cervo
e del Cinghiale».
    Successivamente,  con  delibera  20 febbraio 2003 n. 51 la giunta
provinciale  di Bologna ha revocato le delibere provinciali da ultimo
impugnate  con  motivi  aggiunti  di  gravame  e  conseguentemente le
associazioni  ricorrenti  hanno  rinunciato all'istanza cautelare nel
frattempo proposta.
    Con  successive memorie le parti hanno ulteriormente delineato le
rispettive argomentazioni.
    Con  ordinanza  23 luglio 2003 n. 100, questa Sezione ha disposto
l'acquisizione, in via istruttoria, di ulteriore documentazione.
    Con successive memorie, le parti hanno ulteriormente delineato le
rispettive  argomentazioni anche con riferimento alle decisioni della
Corte costituzionale nel frattempo intervenute in materia.
    I  procuratori  delle parti hanno, infine, provveduto al deposito
della  nota  delle  spese  ed  onorari  di  giudizio,  per  l'importo
complessivo  di  Euro  12.246,47 + 5.133,52 P/A e CPA incluse (per la
parte  ricorrente) Euro 12.297,99 (per la Provincia) e 8.334,73 + IVA
e CPA (per la Regione).

                            D i r i t t o

    1)  Il  presente  ricorso  propone  due  questioni manifestamente
distinte ed autonome - «ratione materiae» - ossia: quella specifica e
circoscritta  attinente  l'esercizio della caccia nei confronti delle
specie  protette  Storno,  Passero e Passera mattugia, in deroga alla
Direttiva  79/409  UE  (prime tre censure) e quella attinente tempi e
modalita' dell'esercizio venatorio ordinario (ultime sei censure).
    2 - 2.1) Con sentenza adottata nella medesima camera di consiglio
del   30  ottobre  2003,  questo  collegio  ha  respinto  l'eccezione
preliminare   di   inammissibilita'   del  ricorso  (per  carenza  di
legittimazione   delle   associazioni  ricorrenti)  presentate  dalla
Federcaccia  Emilia-Romagna  quale interveniente in opposizione ed ha
accolto  il  ricorso  (nella  parte  relativa ai primi tre profili di
gravame,  attinenti  la questione distinta ed autonoma dell'esercizio
della caccia in deroga alle specie protette Storno, Passero e Passera
mattugia)  e - previa disapplicazione della legge dell'Emilia-Romagna
n. 15/2002  e  successive integrazioni per contrasto della stessa con
l'art.  9  della  Direttiva  del  Consiglio  delle  comunita' Europee
n. 79/409  CEE  -  ha  annullato  l'impugnata delibera giuntale della
Provincia  di  Bologna  30  luglio  2002 n. 257 (nelle corrispondenti
parti prescrittive).
    2.2.   -   La   seconda   questione  posta  dal  ricorso  attiene
complessivamente  l'asserita violazione del riparto costituzionale di
competenze legislative tra Stato e Regione in relazione a modalita' e
tempi  dell'esercizio  venatorio  ordinario nell'area territoriale di
riferimento (ultime sei censure).
    Come  si  e'  gia'  rilevato  dianzi,  tale  seconda questione e'
manifestamente  distinta ed autonoma - «ratione materiae» - da quella
specifica  e  circoscritta  attinente  l'esercizio  della  caccia nei
confronti  delle  specie protette Storno, Passero e Passera mattugia,
in deroga alla Direttiva U.E. 79/409.
    Ritiene,  peraltro,  il  collegio  che  la legislazione regionale
dianzi indicata nella parte specificamente in esame, ponga un profilo
di  illegittimita'  costituzionale  per  violazione  degli  artt. 117
secondo  comma,  lett.  S) e 97, primo comma, Cost.; che tale profilo
non  sia,  in  questa  fase,  manifestamente infondato e che esso sia
rilevante  ai  fini  della  definizione (in parte qua) della presente
controversia.
    A tale riguardo, appare evidentemente necessario fare riferimento
alla  fondamentale  decisione  20  dicembre  2002  n. 536 della Corte
Costituzionale  ed  al  complesso  delle  sue statuizioni in materia,
nella  scia  dell'orientamento  gia'  accolto  in  sede cautelare dal
Consiglio  di  Stato  in  relazione al presente ricorso (id., VI sez.
ord. 14 gennaio 2003 n. 100).
    Nella  decisione dianzi indicata, la Corte costituzionale afferma
che  l'art.  117,  secondo comma, lettera s) della Costituzione - nel
testo  modificato  dalla Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 -
esprime  una  esigenza  unitaria  per  cio'  che  concerne  la tutela
dell'ambiente e dell'eco-sistema, ponendo un limite agli interventi a
livello  regionale che possano pregiudicare gli equilibri ambientali.
E   cio'  in  quanto  la  tutela  dell'ambiente  non  puo'  ritenersi
propriamente una «materia», essendo invece l'ambiente da considerarsi
come  un  «valore»  costituzionalmente  protetto  che  non esclude la
titolarita' in capo alle Regioni di competenze legislative su materie
(Governo  del territorio, tutela della salute ecc.) per le quali quel
valore  costituzionale assume rilievo. E, in funzione di quel valore,
lo  Stato  puo'  dettare  standard  di  tutela  uniformi  sull'intero
territorio  nazionale  anche  incidenti  sulle competenze legislative
regionali ex art. 117 della Costituzione.
    La  Corte  costituzionale  rileva, inoltre, come gia' prima della
riforma  del  titolo  V  della  Parte  seconda della Costituzione, la
protezione   dell'ambiente   avesse   assunto  una  propria  autonoma
consistenza   che  non  si  esauriva  ne'  rimaneva  assorbita  nelle
competenze   di   settore   (sentenza   n. 356/1994),  configurandosi
l'ambiente come bene unitario che puo' risultare compromesso anche da
interventi minori e che va pertanto salvaguardato nella sua interezza
(sentenza  n. 67/1992); che, infine, la natura di valore trasversale,
idoneo ad incidere anche su materie di competenza di altri enti nella
forma  degli standard minimi di tutela, gia' ricavabile dagli artt. 9
e   32  della  Costituzione,  trova  ora  conferma  nella  previsione
contenuta  nella  lettera  s)  del  secondo comma dell'art. 117 della
Costituzione, che affida allo Stato il compito di garantire la tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema.
    Entro  questa  cornice  complessiva - e con specifico riferimento
alla  questione  sottopostale, la Corte - nella predetta decisione ha
riconosciuto  come  la delimitazione temporale del prelievo venatorio
disposta   dall'art. 18   della  Legge  n. 157/1992  sia  rivolta  ad
assicurare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili
e   risponda   all'esigenza   di  tutela  dell'ambiente  per  il  cui
soddisfacimento   l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s)  ritiene
necessario  l'intervento  in via esclusiva della potesta' legislativa
statale.  E  cio'  in  quanto  -  come  gia'  affermato  dalla  Corte
costituzionale  nella  sentenza  n. 323  del 1998 -, vi e' un «nucleo
minimo   di   salvaguardia  della  fauna  selvatica  nel  quale  deve
includersi  -  accanto  all'elencazione  delle specie cacciabili - la
disciplina  delle  modalita'  di  caccia,  nei  limiti in cui prevede
misure   indispensabili   per   assicurare   la  sopravvivenza  e  la
riproduzione  delle  specie  cacciabili e al novero di tali misure va
ascritta  la  disciplina  che,  anche in funzione di adeguamento agli
obblighi comunitari, delimita il periodo venatorio» (in tal senso, v.
anche  successivamente  Corte  costituzionale, sentenze 4 luglio 2003
n. 226 e 227 e 15 ottobre 2003 n. 311).
    Nel   contesto   della  giurisprudenza  costituzionale  predetta,
ritiene  il  collegio  che  tale  nucleo minimo di salvaguardia della
fauna selvatica per il cui soddisfacimento l'art. 117, secondo comma,
lettera  s)  Cost.  ritiene  necessario l'intervento in via esclusiva
della   potesta'  legislativa  statale  debba  esser  ragionevolmente
individuato   nel  complesso  unitario,  omogeneo  e  coerente  delle
disposizioni  di  cui  alla  legge  nazionale 11 febbraio 1992 n. 157
(«norme  per  la  protezione della fauna selvatica omeoterma e per il
prelievo   venatorio»),   in   quanto   espressamente  preordinate  a
disciplinare  l'esercizio dell'attivita' venatoria con modalita' tali
da  consentire che esso non contrasti con l'esigenza di conservazione
della  fauna  selvatica  (art.  1,  secondo comma, l. cit.) ed a dare
integrale  recepimento  ed  attuazione  alle Direttive 79/409 CEE del
Consiglio  del  2  aprile  1979,  85/411 CEE della Commissione del 25
luglio  1985  e  91/244  CEE  della  Commissione  del  6  marzo  1991
concernenti   la   conservazione  degli  uccelli  selvatici,  nonche'
attuazione  alla  Convenzione  di  Parigi del 18 ottobre 1950 ed alla
Convenzione  di  Berna  del  19 settembre 1979 (art. 1, quarto comma,
legge cit.).
    Conseguentemente,   dubita   il   collegio   della   legittimita'
costituzionale  della  legislazione  regionale dianzi indicata (nelle
parti  prescrittive  di  cui  in  prosieguo)  per  contrasto  con  la
ripartizione  delle  competenze legislative tra Stato e Regione posta
dai  suddetti  parametri  costituzionali: in particolare, il collegio
dubita   della   legittimita'   costituzionale  delle  norme  di  cui
all'art. 3, primo comma, lett. d) e di cui all'art. 3, secondo comma,
l.r.  12 luglio 2002 n. 14 in relazione alla prescrizione del periodo
massimo  di  attivita'  venatoria per gli ungulati posta dall'art. 18
legge   n. 157/1992  (quarta  censura);  nonche'  della  legittimita'
costituzionale  della norma di cui all'art. 3, terzo comma, l.r. cit.
in  relazione  alla  prescrizione  del  divieto  di caccia su terreni
coperti  in  tutto  o nella maggior parte di neve posta dall'art. 21,
primo  comma, lett. m) l. n. 157/1992 (quinta censura), nonche' della
legittimita'  costituzionale  della  norma  di cui all'art. 1, quinto
comma,  l.r. cit. - nella parte in cui consente, in base alle vigenti
direttive    regionali   relative   alla   gestione   delle   Aziende
agri-turistico  venatorie  (A.A.T.V.),  la  caccia  alla  volpe  - in
relazione alla prescrizione dell'immissione ed abbattimento presso le
Aziende  predette  unicamente di fauna selvatica di allevamento posta
dall'art. 16,  primo  comma,  lett.  b)  n. 157/1992 (sesta censura);
nonche'   della   legittimita'  costituzionale  della  norma  di  cui
all'art. 9, quinto comma, l.r. cit. - nella parte in cui consente per
gli  abbattimenti  di  fauna  selvatica  migratoria  in forma vagante
l'annotazione  sul  tesserino  venatorio al termine della giornata di
caccia  -  in  relazione  alle prescrizioni in tema di controlli e di
adozione di indirizzi orientativi per la pianificazione faunistica da
parte  dell'Istituto  nazionale  per  la  fauna selvatica poste dagli
artt. 7  e  10,  n. 157/1992, oltre che al canone di razionalita', di
buon  andamento  e  di imparzialita' dell'azione amministrativa posto
dall'art.  97,  primo  comma,  Cost. (settima censura); nonche' della
legittimita'  costituzionale  della  norma di cui all'art. 4, secondo
comma,  lett.  c)  l.r.  cit.  -  nella parte in cui consente, dal 1°
ottobre  al 30 novembre, la possibilita' di fruizione di due giornate
ulteriori  a scelta ogni settimana per la caccia da appostamento alla
fauna  selvatica  migratoria  - in relazione alla prescrizione di cui
all'art. 18, sesto comma, legge n. 157/1992 (ottava censura); nonche'
della  legittimita'  costituzionale  delle norme di cui agli artt. 4,
quarto  e quinto comma, e 6, quarto comma, l.r. cit. - nella parte in
cui  consentono per la Tortora un carniere giornaliero di venticinque
capi  e  per  la Beccaccia la chiusura dell'esercizio venatorio al 31
gennaio  ed un carniere giornaliero di tre capi e stagionale di venti
capi  -  in  relazione  alla  prescrizione posta dall'art. 1, secondo
comma, legge n. 157/1992, (nona censura).
    Il   collegio   ritiene   che   la   questione   di  legittimita'
costituzionale  dianzi  delineata  si  presenti  come rilevante e non
manifestamente infondata.
    Quanto   al   primo   profilo,   l'eventuale   caducazione  delle
disposizioni di legge regionale predette a seguito di un accertamento
di   incostituzionalita'   delle   norme  medesime  comporterebbe  la
illegittimita'    derivata    dalle    impugnate    delibere   (nelle
corrispondenti  parti  prescrittive) e la conseguente definizione (in
parte qua) della controversia in senso favorevole all'interesse fatto
valere in giudizio dalle Associazioni protezionistiche ricorrenti.
    Quanto  alla  non  manifesta  infondatezza  della questione, essa
emerge   dalla  considerazione  principale  che  le  norme  regionali
predette - nel contemplare tempi e modalita' della caccia nell'ambito
territoriale  di  riferimento  manifestamente difformi «in peius» (in
relazione  alla  tutela  del  patrimonio  faunistico)  rispetto  alle
corrispondenti  disposizioni  della  Legge  nazionale 11 febbrio 1992
n. 157  («norme  per  la protezione della fauna selvatica omeoterma e
per il prelievo venatorio») e ben maggiormente pervasive degli ambiti
naturali  propri  della  fauna  selvatica protetta - incidono in modo
sinergicamente  pregiudizievole  proprio  su  questo nucleo minimo di
salvaguardia  della  fauna selvatica rappresentato dalle prescrizioni
della Legge nazionale citata, in quanto espressamente preordinate nel
loro   complesso   unitario,   omogeneo  e  coerente  a  disciplinare
l'esercizio dell'attivita' venatoria con modalita' tali da consentire
che  esso  non  contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna
selvatica  (art. 1,  secondo comma, legge cit.), anche in funzione di
adeguamento  agli  obblighi  comunitari  ed  internazionali  (art. 1,
quarto comma, legge cit.).
    In  particolare,  ritiene  il  collegio  che  la  legge regionale
predetta abbia pesantemente inciso proprio su questo nucleo minimo di
salvaguardia della fauna selvatica:
        a)  dilatando  ampiamente  l'ambito  temporale della stagione
venatoria  per  gli  ungulati  in  maniera  differenziata da specie a
specie,  dal  mese  di  giugno al successivo mese di marzo, ben oltre
l'arco  temporale  massimo  prescritto  dall'art. 18, primo e secondo
comma,  Legge nazionale cit. (art. 3, primo comma, lett. d) e secondo
comma l.r. n. 14/2002);
        b)  consentendo  la  caccia  agli ungulati in forma selettiva
anche  su  terreni in tutto o nella maggior parte coperti di neve - e
quindi   in   una  situazione  climatica  comportante  un'accresciuta
precarieta'  anche alimentare di tali specie - in manifesto contrasto
con  l'omologo  divieto  protezionistico  posto  dalla  norma  di cui
all'art. 21,  primo  comma,  lett.  m), Legge nazionale cit. a tutela
della  conservazione  di  tali  specie (art. 3, terzo comma, l.r. n.
14/2002);
        c)  consentendo  -  in  base  al  richiamo  confermativo alle
vigenti  direttive  regionali  relative  alla  gestione delle Aziende
agrituristico  venatorie  (A.A.T.V.)  -  la caccia alla volpe in tali
aziende, in manifesto contrasto con l'omologo divieto protezionistico
di  immissione  ed  abbattimento  per  tutta la stagione venatoria di
fauna  selvatica non di allevamento (quale e', tipicamente, la Volpe)
in  tali  aziende  posto dalla norma di cui all'art. 16, primo comma,
lett.  b),  Legge nazionale cit. a tutela della conservazione di tali
specie  e  nonostante  il  lineare ed ineccepibile parere «tranchant»
dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica (art. 1, quinto comma,
l.r. n. 14/2002);
        d)  consentendo  per  gli  abbattimenti  di  fauna  selvatica
migratoria  in  forma vagante il sistema di annotazione sul tesserino
venatorio  al termine della giornata di caccia (cioe', a consuntivo e
non  dopo  ogni  abbattimento):  un sistema gia' riconosciuto in sede
giurisdizionale   come   palesemente   inidoneo   a   consentire   il
perseguimento  delle finalita' proprie del tesserino di caccia e tale
conseguentemente  da  vanificare  ogni  forma  di  reale e penetrante
controllo  sugli  abbattimenti  compiuti dai singoli cacciatori, come
rilevato  anche  dall'INFS  che proprio a questa disposizione ascrive
oltre   alla   sostanziale   vanificazione  del  controllo  anche  la
possibilita'   per   l'Istituto   di   elaborare   dati   attendibili
sull'abbattimento  della fauna migratoria (TAR Veneto, IIª Sez., dec.
19  maggio 1998 n. 689, in motivazione, pag. 7). E cio', in contrasto
con  la  finalita'  protezionistica  delle  prescrizioni  di cui agli
artt. 7 e 10 della Legge nazionale cit. che attribuiscono all'INFS un
complesso  di  funzioni di particolare rilievo inerenti il patrimonio
ambientale costituito dalla fauna selvatica e che gli conferiscono il
potere   di   adottare   indirizzi   orientativi  essenziali  per  la
pianificazione      omogenea      e     congruente     dell'attivita'
faunistico-venatoria,  necessariamente fondati sulla conoscenza della
consistenza   faunistica  da  conseguirsi  anche  mediante  modalita'
omogenee  di  rilevazione  e di censimento (TAR Veneto, dec. cit., in
motivazione pag. 7/8).
    Il  sistema di annotazione «a consuntivo» sul tesserino venatorio
introdotto   dalla  norma  di  cui  all'art. 9,  quinto  comma,  l.r.
n. 14/2002   appare   -   ad   avviso   del  collegio  -  contrastare
conseguentemente  anche  con  il  canone  di  razionalita',  di  buon
andamento   e   di  imparzialita'  dell'azione  amministrativa  posto
dall'art. 97,   primo   comma,   Cost.,   a   causa   degli   effetti
pregiudizievoli  che  esso  comporta sulla complessiva pianificazione
dell'attivita'  faunistico-venatoria  in  una cornice necessariamente
protezionistica;
        e)   consentendo,   dall'1   ottobre   al   30  novembre,  la
possibilita'  di  fruizione  di  due giornate ulteriori a scelta ogni
settimana   per  la  caccia  da  appostamento  alla  fauna  selvatica
migratoria  -  e  quindi  un  impatto  tendenzialmente  crescente del
prelievo venatorio su quest'ultima - nonostante che il massimo organo
statale  di  consulenza  faunistico-venatoria rilevi come «allo stato
attuale   delle   conoscenze   non  vi  siano  informazioni  tecniche
sufficienti  per  valutare  le  possibili  conseguenze derivanti alle
popolazioni  delle  specie  ornitiche  migratrici oggetto di caccia a
seguito  della  concessione  delineata»;  come pertanto l'Istituto si
trovi «nell'impossibilita' di esprimere un ponderato parere in merito
alla   possibilita'   di   autorizzare   l'attivita'   venatoria   da
appostamento per ulteriori due giornate settimanali durante i mesi di
ottobre  e novembre», segnalando peraltro nel contempo che «alcune di
dette  specie  cacciabili sono attualmente indicate a livello europeo
in  flessione  o  persino  vulnerabili,  per  cui  una  piu' corretta
strategia  di  conservazione  di  dette  specie  potrebbe  in effetti
richiedere  misure  specifiche  di  controllo dell'impatto venatorio»
(allegati  n. 13  e  14 al ricorso): e cio' in sostanziale violazione
della  prescrizione  di cui all'art. 18, sesto comma, Legge nazionale
cit.,   nella   parte   in   cui   essa   richiede   una  valutazione
necessariamente  congrua  del parere dell'INFS, che nella fattispecie
in esame non e' dato rinvenire nel complesso degli atti di causa.
    Tale possibilita' di fruizione di due giornate ulteriori a scelta
ogni  settimana  per  la  caccia da appostamento alla fauna selvatica
migratoria  -  introdotta dalla norma di cui all'art. 4, primo comma,
lett.  c)  l.r. n. 14/2002 - appare, ad avviso del Collegio, il quale
solleva la questione ex officio in via gradata, contrastare anche con
il  canone  di  razionalita',  di  buon  andamento e di imparzialita'
dell'azione  amministrativa  posto dall'art. 97, primo comma, Cost. a
causa   degli   effetti   tendenzialmente  pregiudizievoli  che  esso
comporterebbe sugli assetti di conservazione delle specie faunistiche
interessate  per il riconosciuto vuoto informativo su cui la predetta
deroga estensiva regionale assai precariamente si fonda;
        f)  consentendo per la specie Tortora un carniere giornaliero
di  venticinque  capi abbattuti e per la specie Beccaccia la chiusura
venatoria  al  31  gennaio  ed  un  carniere  giornaliero di tre capi
abbattuti e stagionale di venti capi abbattuti, nonostante che l'INFS
rilevi  che  «nel  caso  della  Tortora  (..)  occorre  prevedere una
sensibile  riduzione  del  carniere  previsto (non piu' di dieci capi
giornalieri  per  cacciatore, anziche' i venticinque previsti)» e che
«per  la Beccaccia si ritiene opportuna una chiusura anticipata della
stagione  venatoria al 31 dicembre, in relazione non solo al precario
stato di conservazione delle popolazioni europee di questa specie, ma
anche   in   considerazione   della   maggiore   vulnerabilita'   che
contraddistingue  questo  Scolopacide  in inverno» (allegato n. 13 al
ricorso):   e  cio'  in  sostanziale  violazione  della  prescrizione
tipicamente  protezionista  di  cui  all'art. 1, secondo comma, Legge
nazionale  cit.,  nella  parte  in  cui essa dispone che «l'esercizio
dell'attivita'  venatoria  e'  consentito  purche'  non contrasti con
l'esigenza di conservazione della fauna selvatica».
    La previsione per la specie Tortora di un carniere giornaliero di
venticinque  capi  abbattuti e per la specie Beccaccia della chiusura
venatoria  al  31  gennaio  e  di un carniere giornaliero di tre capi
abbattuti  e stagionale di venti capi - introdotta dalle norme di cui
agli  artt. 4,  quarto  e  quinto  comma,  e  6,  quarto  comma, l.r.
n. 14/2002  -  appare,  ad  avviso  del collegio, il quale solleva la
questione  ex  officio  in  via gradata, contrastare conseguentemente
anche  con  il  canone  di  razionalita',  di  buon  andamento  e  di
imparzialita'  dell'azione  amministrativa  posto dall'art. 97, primo
comma,  Cost.  a  causa degli effetti tendenzialmente pregiudizievoli
che  essa  comporta  sugli  assetti  di  conservazione  delle  specie
faunistiche  interessate in base alla valutazione dianzi indicata del
massimo organo statale di consulenza in materia faunistico-venatoria.
    Va pertanto sollevata la questione di legittimita' costituzionale
della Legge dell'Emilia-Romagna n. 14/2002 - nelle parti prescrittive
dianzi  indicate - per contrasto con la legge 11 febbraio 1992 n. 157
e  con  il  riparto  di  competenza  legislativa posto dall'art. 117,
secondo  comma,  lettera  s) della Costituzione nonche' per contrasto
con  l'art.  97, primo comma, della Costituzione: conseguentemente va
disposta la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, mentre
il  presente  giudizio  (in  parte  qua) deve essere sospeso ai sensi
dell'art.   23   legge   n. 87/1953,   fino  all'esito  del  giudizio
incidentale di costituzionalita'.