IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul ricorso n. 454/2004
proposto  Bonazzi  Paolo  Giacinto, rappresentato e difeso dagli avv.
Mario   Sanino,Valentini   Rosaria   Russo   ed   Ercole   Romano  ed
elettivamente   domiciliato  presso  quest'ultimo  in  Milano,  Corso
Sempione n. 15/A,
    Contro il Ministero della giustizia, rappresentato e difeso dalla
Avvocatura  dello  Stato  e  domiciliato presso questa in Milano, via
Freguglia  n. 1,  per  l'annullamento  -  previa  sospensione  -  del
provvedimento  25  novembre  2003  n. 03E07469,  con cui il direttore
generale  del  Ministero della giustizia ha disposto la cancellazione
del  ricorrente  dal  Registro  dei revisori contabili, nonche' degli
atti presupposti e/o connessi.
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'intimato Ministero;
    Vista la memoria prodotta dalla parte resistente a sostegno della
propria difesa;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Uditi,  alla pubblica udienza del 27 maggio 2004, i patroni delle
parti;
    Udito il relatore dott. Adriano Leo;
    Ritenuto in fatto e in diritto:

                              F a t t o

    Con   il   ricorso   qui   all'esame  (ritualmente  notificato  e
depositato) si e' esposto quanto segue:
        l'istante  sig.  Paolo  Bonazzi  e'  un  conosciuto e stimato
professionista   che   esplica  l'attivita'  lavorativa  di  revisore
contabile  e  che,  in  tale  attivita',  e'  interessato  da  eventi
societari  ed  aziendali  di primaria importanza ed in alcuni casi di
rilevanza nazionale.
    Nel  corso  dell'anno  2000  egli  ebbe  a  subire  una  sentenza
patteggiata  ex art. 444 c.p.p. di applicazione della pena di 11 mesi
di reclusione, con sospensione condizionale della medesima, e cio' in
relazione  al  fallimento  di  una societa' verificatosi quattro anni
dopo  l'uscita  di  esso  sig.  Bonazzi  dal collegio sindacale della
societa' stessa.
    In  data 27 gennaio 2003, la Direzione generale per il commercio,
le  assicurazioni  e  i  servizi,  ufficio  c2,  del Ministero per le
attivita'   produttive,   con  nota  prot.  n. 546985,  segnalava  al
Ministero  della  giustizia  che, da visura effettuata nel casellario
giudiziale, il sig. Bonazzi risultava non possedere piu' il requisito
della   onorabilita',  legislativamente  richiesto  per  l'assunzione
dell'ufficio di sindaco di una societa' fiduciaria.
    In  virtu'  di  tale segnalazione, la Commissione centrale per la
formazione  del  Registro dei revisori contabili, istituita presso la
Direzione   ganerale  della  giustizia  civile  del  Ministero  della
giustizia,  in  data  11  aprile  2003,  con nota prot. n. 7/126/esp,
richiedeva  ad  esso  istante  di  fornire  deduzioni  e  chiarimenti
relativi ai fatti segnalati nella nota sopra citata.
    In  data  6  giugno  2003,  il  sig.  Bonazzi  rispondeva in modo
dettagliato  ed  esauriente  alle  richieste  della detta Commissione
centrale    sicche'   l'amministrazione   avrebbe   dovuto   disporre
l'archiviazione del procedimento in questione.
    Senonche',  la  Commissione  centrale riunita nella seduta del 24
aprile  2003  disponeva  di  convocare  il ricorrente per «una seduta
disciplinare»  (come da verbale n. 032/2003 di detta Commissione), la
quale veniva fissata per il giorno 9 ottobre 2003.
    A  tale  seduta il dott. Bonazzi non poteva partecipare in quanto
all'estero  per  impegni  professionali  non  rinviabili  e  pertanto
presentava, per il tramite del suo difensore, una memoria.
    All'esito del procedimento, il Direttore generale della giustizia
civile, recepita la proposta obbligatoria ma non vincolante formulata
dalla   Commissione   centrale   ai  sensi  dell'art. 36  del  d.P.R.
n. 99/1998, disponeva (come da verbale n. 048/2003) «la cancellazione
della  iscrizione  nel  registro  dei revisori contabili, a decorrere
dalla data di pubblicazione del presente provvedimento nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica italiana, del dott. Bonazzi Paolo».
    Quanto  sopra  premesso,  con  il  ricorso l'istante ha impugnato
l'atto teste' indicato, del quale ha sostenuto l'illegittimita' ed ha
chiesto  -  previa sospensione - l'annullamento per i seguenti motivi
di censura:
    1.  -  Violazione  di  legge  per  violazione  dell'art. 8 d.lgs.
n. 88/1992  e  dell'art. 40  d.P.R. n. 99/1988. Eccesso di potere per
illogicita'  e  contraddittorieta'.  Eccesso di potere per difetto ed
erroneita'   di   motivazione.   Travisamento   dei  fatti.  Difetto.
presupposto;
    2.   -   Violazione   del   principio   di   proporzionalita'   e
ragionevolezza.   Eccesso  di  potere  per  difetto  di  istruttoria.
Irrazionalita' manifesta;
    3.  -  Illegittimita'  costituzionale degli art. 8 e 9 del d.lgs.
n. 88/1992   e  dell'art. 40  -  comma  2  -  d.P.R.  n. 99/1998  per
violazione  dell'art. 3  Cost., nella parte in cui, con la previsione
della  sola  sanzione  massima  della  cancellazione,  impediscono la
graduazione  della  sanzione  e  quindi non permettono di trattare in
modo differenziato situazioni diverse.
    Si  e' costituito in giudizio l'intimato Ministero contestando la
fondatezza del ricorso e chiedendone la reiezione.
    Con   ordinanza   4   febbraio   2004  n. 312,  questo  Tribunale
amministrativo  regionale - Sez. IV - ha accolto la formulata domanda
cautelare.
    Con   successiva   memoria  depositata  il  14  maggio  2004,  il
ricorrente ha ulteriormente illustrato le proprie ragioni.
    Alla pubblica udienza del 27 maggio 2004, sentiti i patroni delle
parti, la causa e' stata assunta in decisione dal collegio.

                            D i r i t t o

    1.  -  Come  accennato  in  narrativa,  il ricorso in epigrafe e'
diretto   all'annullamento   del   provvedimento  25  novembre  2003,
pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  in data 30
dicembre  2003  n. 101 (a pag.1 con l'inserzione n. 03E07469), con il
quale  atto  il  Direttore  generale della giustizia civile presso il
Ministero   della  giustizia  ha  disposto  «la  cancellazione  della
iscrizione  nel  Registro  dei revisori contabili» dell'istante dott.
Bonazzi  Paolo  per  il  fatto  che a costui, iscritto nel suindicato
registro  con  il n. 6889, «e' stata applicata la pena di undici mesi
di reclusione per i reati di bancarotta fraudolenta e ricorso abusivo
al credito» in virtu' della sentenza penale 22 giugno 2000 del G.i.p.
di  Asti, emessa ex artt. 444 e 445 c.p.p. ed equiparata a «pronuncia
di  condanna»  penale (cfr. il comma 1-bis del citato art. 445 c.p.p.
introdotto con legge 12 giugno 2003 n. 134).
    Piu'  precisamente,  a  cagione  della  detta  «condanna» penale,
riportata  per  l'imputata  commissione di reati previsti della legge
fallimentare  (r.d.  16  marzo  1942  n. 267), il ricorrente e' stato
cancellato   dal   Registro   dei   revisori   contabili   «ai  sensi
dell'art. 40,  secondo  comma,  lettera a) del decreto del Presidente
della  Repubblica  n. 99/1998  in  relazione  all' art. 8 del decreto
legislativo   n. 88/1992»;   disposizioni  normative,  quelle  teste'
indicate,  a  mente  delle  quali  la  cancellazione  dal Registro in
discorso  «e'  ...  disposta  ...  a)  se  non sussistono i requisiti
previsti  nel  decreto  legislativo»  sopra indicato (cosi' la citata
disposizione   dell'art. 40  d.P.R.  n. 99/1998)  e,  in  particolare
(vedasi  la  disposizione  del  citato art. 8 d.lgs. n. 88/1992), nel
caso  in cui l'iscritto nel Registro risulti aver «riportato condanna
alla  reclusione,  anche  se con pena condizionalmente sospesa, salvi
gli effetti della riabilitazione: 1) per uno dei delitti previsti dal
regio decreto 16 marzo 1942 n. 267».
    2.  -  Con riguardo alla sopra riferita disciplina risultante dal
combinato disposto dell'art. 40 d.P.R. n.99/1998 e dell'art. 8 d.lgs.
n. 88  /1992  (sulla  cui  base  -  ripetesi  - e' stata stabilita la
censurata  cancellazione del ricorrente dal Registro di che trattasi)
sono   sorti   dubbi  di  legittimita'  costituzionale  sia  in  capo
all'istante  e sia in capo al collegio, si' da indurre quest'ultimo a
rimettere la relativa questione alla Consulta.
    Tale  questione,  incentrantesi  sul  ravvisato  contrasto tra la
suindicata  normativa e l'art. 3 della Costituzione, e' rilevante nel
giudizio  qui  in considerazione stante che soltanto una declaratoria
di  incostituzionalita'  della  normativa  in  discorso  puo' portare
all'accoglimento del ricorso in epigrafe.
    La questione de qua appare al collegio non manifestante infondata
per le considerazioni di cui infra.
    Ed  infatti,  come  si  e' sopra visto, per il combinato disposto
delle   suddette   norme,  e  a  cagione  -  principalmente  -  della
formulazione  del  precitato art. 8 - primo comma, lettera c) n. 1) -
d.lgs.   n. 8/1992,   la  cancellazione  dal  Registro  dei  revisori
contabili e' disposta nei riguardi «di coloro che ... hanno riportato
condanna  alla  reclusione ... per uno dei delitti previsti dal regio
decreto 16 marzo 1942 n. 267».
    La teste' riferita previsione legislativa contempla l'irrogazione
della sanzione della cancellazione dal detto registro in correlazione
ad  una  condanna  a pena di reclusione, comunque si atteggi questa e
qualsivoglia ne sia la durata, senza - quindi - far alcun riferimento
alla  graduazione  di  tale pena che risulti stabilita nella sentenza
penale  di  condanna  in ragione delle peculiarita' della commissione
del   reato  ascritto  al  revisore  contabile;  il  che  chiaramente
significa  che,  a causa della normativa de qua, tutte le volte che a
carico  di  un  revisore  contabile vi sia una sentenza di condanna a
pena  reclusiva,  qualunque  ne sia l'entita' e indipendentemente dai
fatti  e comportamenti posti in essere nello specifico fatto di reato
a  lui  ascritto,  la  sanzione  irrogabile  nei  confronti  di detto
soggetto  sara' sempre la cancellazione dal registro professionale in
cui e' iscritto.
    Ora,  ad  avviso  del  collegio,  una statuizione come quella del
citato  art. 8  d.lgs.  n. 88/1992,  alla quale fa richiamo il citato
art. 40  -  secondo  comma  -  d.P.R.  n. 99/1998, appare sicuramente
stridere  con  il  principio di uguaglianza sancito nell'art. 3 della
Costituzione,  stante  che  (come  gia'  notato  dalla Consulta nella
sentenza  2  febbraio  1990 n. 40) «l'automatismo di un'unica massima
sanzione,   prevista   indifferentemente   per  l'infinita  serie  di
situazioni che stanno nell'area della commissione di uno stesso grave
reato» deve reputarsi inconciliabile «con il principio di uguaglianza
che,  come  esige  lo  stesso  trattamento  per identiche situazioni,
postula  un trattamento differenziato per situazioni diverse»; il che
si  traduce nella inderogabile necessita' (gia' ravvisata dalla Corte
costituzionale  nella  citata  sentenza n. 40/1990 e nella successiva
sentenza  19  marzo  1990 n. 158) che «il "principio di proporzione",
che  e'  alla  base  della  razionalita'  che domina il "principio di
eguaglianza",  regoli  sempre  l'adeguatezza  della  sanzione al caso
concreto».
    Per  quanto  fin  qui  notato, quindi, le suindicate disposizioni
normative  appaiono,  al  collegio,  contrastanti con il principio di
uguaglianza  di  cui all'art. 3 della Costituzione e, di conseguenza,
la sopra evidenziata questione di illegittimita' costituzionale delle
disposizioni  normative  in  discorso  e'  da ritenere, ad avviso del
collegio, non manifestamente infondata.
    Pertanto,   tale  questione  di  incostituzionalita',  in  quanto
rilevante  ai  fini  della  decisione  del  ricorso in epigrafe ed in
quanto   non   manifestamente   infondata,   va  rimessa  alla  Corte
costituzionale perche' si pronunci su di essa.