LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE

    Ha   emesso   la  seguente  ordinanza,  sul  ricorso  n. 455/2001
depositato  il  9  aprile  2001,  avverso  silenzio  rifiuto  istanza
rimborso  IRPEF  contro  Agenzia entrate - Ufficio Grosseto, proposto
dal  ricorrente:  Giarnieri  Teodoro,  via  Gorizia  n. 21/A  - 58100
Grosseto  difeso da Vannetti avv. Roberto via Gorizia n. 21/A - 58100
Grosseto.
    Conclusioni delle parti
    Per  il  ricorrente:  «Voglia  la C.T.P., previo rinvio atti alla
Corte costituzionale, accogliere la richiesta restitutoria versamenti
Erario - con vittoria spese».
    Per il resistente «reiezione ricorso - vinte le spese.».
    Svolgimento del processo.
    Portato  a discussione il ricorso ad oggetto, rimborso versamenti
per  ritenute  ex art. 16 comma 1, lett. a), d.P.R. n. 917/1986 della
stessa  posta  questione  di  legittimita'  costituzionale,  la causa
riportata in trattazione per come segue:
    Il Collegio, a scioglimento della riserva presa all'udienza del 9
luglio 2002, ascoltate le parti e lette le memorie illustrative

                            O s s e r v a

    Il  ricorrente  introduce  con ricorso ritualmente notificato una
domanda  di  rimborso  di imposta a suo dire illegittimamente versate
all'erario dal sostituto di imposta.
    Infatti,  a  seguito di una transazione in materia di lavoro (che
aveva  portato  anche ad un ricorso alla sezione lavoro del Tribunale
di  Grosseto,  procedimento  poi  non  coltivato), il Giarnieri aveva
ottenuto  quale  ristoro  delle  proprie pretese una somma (ovvero L.
14.00.000) che l'ex datore di lavoro (ditta edile Piccionetti) si era
impegnata a pagare in cambio della rinuncia all'azione giudiziaria.
    Tale  somma  e'  stata sottoposta a ritenuta ex art. 16, comma 1,
lettera a) d.P.R. n. 917/1986, poiche' tale norma prevede che «... le
somme  e  i  valori  comunque  percepiti  al netto delle spese legali
sostenute, anche se a titolo risarcitorio o nel contesto di procedure
esecutive, a seguito di provvedimenti dell'Autorita' giudiziaria o di
transazioni relativi alla risoluzione del rapporto di lavoro..».
    Sostiene  il ricorrente che tale disciplina si costituzionalmente
illegittima  poiche' la stessa si pone in netta antitesi non solo con
la  norma  previgente,  ma  anche con i generali principi del diritto
tributario  per  i quali una somma a titolo di risarcimento danni non
produce mai reddito imponibile.
    L'Ufficio  sostiene  come  tali somme abbiano natura retubutiva e
come  quindi  la  norma  sia  pienamente  legittima ed in linea con i
generali principi del diritto tributario.
    Tale tesi e' priva di pregio in quanto la costante giurisprudenza
della  Commissione  tributaria  centrale  nonche' della Suprema Corte
(vedi  ad  esempio  Cass.  n. 5643/88,  n. 498/89,  n. 12511/92 e CTC
n. 1197/98)  hanno,  correttamente qualificato tali somme come aventi
natura  risarcitoria,  impostazione  pienamente  condivisa  da questo
Collegio.
    In  particolare nel ricorso introduttivo al giudice del lavoro il
Giarnieri  domandava  sia  la  reintegra  sul posto di lavoro, sia il
risarcimento dei danno subito, come previsto dall'art. 18 della legge
300  del  20 maggio 1970 e a seguito di accordo transattivo, le parti
concordavano su un'indennita' da corrispondere al Giarnieri.
    Non   puo'   quindi  esservi  dubbio  sulla  natura  delle  somme
assoggettate  ad  imposizione,  posto  che  le  stesse  non si basano
minimante  sulla  qualita'  e  quantita'  del  lavoro  prestato  (che
consentirebbe   loro   di  avere  natura  retributiva)  ma  su  altri
presupposti che evidenziano la loro natura risarcitoria.
    In  particolare  e'  pur vero che tali somme sono assoggettate ad
imposizione  ex  art. 16, comma 1, lettera a), d.P.R. n. 917/1986, ma
e'  proprio  questo  il  motivo  di  doglianza  del ricorrente, ed il
Collegio intende accoglierlo per i motivi che seguono.
    Innanzitutto  e' palese la rilevanza della questione nel giudizio
a   quo  poiche'  ove  la  norma  di  cui  sopra  venisse  dichiarata
costituzionalmente  illegittima,  non  vi  sarebbe  alcun  titolo per
l'Ufficio  a  ritenere le somme detratte a suo tempo dal sostituto di
imposta  per  il  semplice  motivo  che  l'indennita'  attribuita  al
Giarmeri  a titolo risarcitorio non sarebbe comunque imponibile e per
l'effetto non e' quindi possibile decidere la causa indipendentemente
dalla  risoluzione  della  questione  di legittimita' costituzionale,
essendo  proprio  questa  la  questione  prospetta  dal  ricorrente e
l'unico motivo del ricorso a questa Commissione tributaria.
    A  giudizio  del Collegio poi, la questione non e' manifestamente
infondata.
    Infatti  numerose norme della Costituzione repubblicana affermano
11  valore  del lavoro (art. 1\4) e lo tutelano in tutte le sue forme
(artt. 35/36/37/38),    anche    attraverso   la   costituzione   del
CNEL-art. 99.
    Tali  affermazioni  della  Carta  costituzionale stridono in modo
evidente  con la disciplina prevista dal d.l. 41/1995 (poi convertito
nella  legge  n. 85/95)  la  quale  non solo non tutela il lavoro, ma
rende  imponibili delle somme che, nel caso de quo, rappresentano per
il Giarnieri il ristoro per un licenziamento illegittimo.
    Il  contraddittorio comportamento del legislatore e' evidente, se
solo  si pensa che mentre il giudizio del lavoro e' esente da imposte
e  tasse  proprio  per  agevolare  i  ricorrenti  (spesso  lavoratori
subordinati),  rende  pero'  imponibile cio' che gli stessi ivoratori
percepiscono   a   titolo   risarcitorio  a  seguito  di  sentenza  o
transazione relativa al predetto rapporto di lavoro.
    Del resto una simile disciplina normativa non esisteva nel nostro
ordinamento  fino  al  1995,  poiche'  da  sempre  le somme de quibus
venivano   considerate   non   imponibili   con   costante   conferma
giurisprudenziale.
    Inoltre   si   deve   rilevare  come,  data  la  evidente  natura
risarcitoria delle somme versate al Giarnieri, la loro percezione non
costituirebbe  neanche  un  indice di capacita' patrimoniale, proprio
perche'   le   stesse   non   rappresentano   un   arricchimento  del
contribuente, ma sono versate quale ristoro di una perdita (del posto
di  lavoro,  della relativa retribuzione, ecc...) e cio', se conferma
ulteriormente  la  natura  risarcitoria di tali somme, ne rende assai
dubbia  la  tassazione  ex art. 53 della Costituzione proprio perche'
non manifestano alcuna capacita' contributiva.
    Appare  pertanto fondato il dubbio di legittimita' costituzionale
dell'art. 32 comma 1 d.l. n. 41/1995 - convertito in legge n. 85/1995
per   violazione  degli  articoli   1/2/3/4/35/36/37/38  e  53  della
Costituzione.