ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di ammissibilita' del conflitto tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito della deliberazione del Senato della Repubblica del
15 ottobre   2003,   relativa   alla   insindacabilita',   ai   sensi
dell'articolo 68  della  Costituzione,  delle  opinioni  espresse dal
senatore  Marcello  Dell'Utri  nei  confronti  di  Pierluigi Onorato,
promosso dalla Corte d'appello di Milano - quinta sezione penale, con
ricorso  depositato  il  15 luglio  2004  ed  iscritto  al n. 268 del
registro ammissibilita' conflitti.
    Udito  nella  camera di consiglio del 1° dicembre 2004 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
    Ritenuto  che  con  ricorso  del  14  giugno 2004,  depositato il
12 luglio  2004, la Corte d'appello di Milano, sezione quinta penale,
ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Senato della
Repubblica,  in  relazione  alla deliberazione adottata il 15 ottobre
2003  (doc. IV-quater, n. 17), secondo la quale i fatti per cui e' in
corso,  davanti  alla  medesima  Corte,  un  procedimento  penale nei
confronti   del   senatore   Marcello   Dell'Utri  per  il  reato  di
diffamazione a mezzo stampa in danno di Pierluigi Onorato, concernono
opinioni  espresse  da  un membro del Parlamento nell'esercizio delle
sue funzioni: con conseguente insindacabilita' ai sensi dell'art. 68,
primo comma, della Costituzione;
        che,  ad  avviso della Corte d'appello di Milano - chiamata a
giudicare  sull'appello  proposto  dal pubblico ministero avverso una
sentenza,  con  la  quale  il giudice per le indagini preliminari del
Tribunale   di  Milano,  all'esito  dell'udienza  preliminare,  aveva
dichiarato non luogo a procedere nei confronti del senatore Dell'Utri
per  il  reato  di  diffamazione  aggravata  e  continuata  in  danno
dell'Onorato,  in  relazione  ad  un articolo pubblicato sul Corriere
della  sera del 6 marzo 2002 e ad una lettera pubblicata sul medesimo
quotidiano  il  15 marzo  2002 - il Senato non avrebbe legittimamente
esercitato il proprio potere;
        che la Corte ricorrente afferma di condividere la motivazione
-  richiamata  integralmente, allegandola - del ricorso per conflitto
di  attribuzione  sollevato  dal  Tribunale di Milano, sezione ottava
penale,  avente  ad  oggetto la medesima delibera di insindacabilita'
del  Senato  della  Repubblica  in  relazione,  tuttavia,  ai capi di
imputazione  per  i  quali,  nel  medesimo  procedimento, il senatore
Dell'Utri  era  stato,  invece,  rinviato  a giudizio dinnanzi a quel
Tribunale  per  il  reato  di  diffamazione aggravata e continuata in
pregiudizio dell'Onorato;
        che,   ad   avviso   della   ricorrente,  il  Senato  avrebbe
interpretato  estensivamente  la portata del precetto costituzionale,
nel  senso  di  ritenere  estranee alla sfera di sindacabilita' tutte
quelle  attivita'  extraparlamentari che - sebbene non funzionalmente
ricollegabili   ad   un  atto  tipico  di  esercizio  della  funzione
parlamentare  -  siano  comunque  espressione di attivita' lato sensu
politica;
        che,   per   contro   -   alla   luce   della  giurisprudenza
costituzionale  -  la  natura  eccezionale  dell'istituto contemplato
dall'art. 68,  primo  comma,  Cost. ne imporrebbe una interpretazione
restrittiva,  secondo  la  quale, per la sussistenza del nesso con le
funzioni parlamentari presupposto dalla norma costituzionale, sarebbe
necessario    l'accertamento   di   una   effettiva   e   sostanziale
corrispondenza  di  significati tra le dichiarazioni rese al di fuori
dell'esercizio   delle   attivita'  parlamentari  tipiche  svolte  in
Parlamento e le opinioni gia' espresse nell'ambito di queste ultime;
        che  tale  condizione  non  si sarebbe realizzata nel caso di
specie,  giacche' le dichiarazioni oggetto di giudizio - con le quali
il senatore Dell'Utri, dichiarandosi «vittima di un giudizio speciale
di  matrice  politica»,  avrebbe  accusato  l'Onorato  di  essere  un
«giudice  militante,  schierato in una formazione contrapposta», e di
aver  abusato  del  proprio  potere  giudiziario  per  colpirlo quale
avversario   politico   -   non  risulterebbero  collegate  ad  alcun
precedente atto parlamentare tipico;
        che   la   Corte   ricorrente   ritiene,   pertanto,  che  la
deliberazione oggetto di conflitto abbia illegittimamente interferito
nella  propria  sfera  di attribuzioni, costituzionalmente garantita,
chiedendone conseguentemente l'annullamento.
    Considerato  che,  in questa fase, la Corte e' chiamata, ai sensi
dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87,
a deliberare esclusivamente se il ricorso sia ammissibile, valutando,
senza  contraddittorio  tra  le  parti,  se  sussistano  i  requisiti
soggettivo  ed  oggettivo  di un conflitto di attribuzioni tra poteri
dello Stato, impregiudicata ogni decisione definitiva anche in ordine
all'ammissibilita';
        che,  quanto  al  requisito soggettivo, la Corte d'appello di
Milano  e' legittimata a sollevare il conflitto, in quanto competente
a  dichiarare  definitivamente,  per  il  procedimento  del  quale e'
investita,  la  volonta'  del potere cui appartiene, in ragione della
posizione  di  indipendenza,  costituzionalmente  garantita,  di  cui
godono i singoli organi giurisdizionali;
        che  anche  il Senato della Repubblica, che ha deliberato nel
senso  della  insindacabilita'  delle opinioni espresse da un proprio
membro,  e'  legittimato  ad  essere  parte  del conflitto, in quanto
organo competente a dichiarare definitivamente la volonta' del potere
che rappresenta;
        che,  per  quanto attiene al profilo oggettivo del conflitto,
la  Corte  ricorrente  lamenta  la  lesione  della  propria  sfera di
attribuzioni, garantita da norme costituzionali, in conseguenza della
deliberazione  -  ritenuta  illegittima  -  con la quale il Senato ha
qualificato  come  insindacabili, ai sensi dell'art. 68, primo comma,
Cost.,  le  dichiarazioni  rese dal parlamentare, cui si riferisce il
procedimento penale in corso;
        che, pertanto, esiste la materia di un conflitto.