IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1477 del 2003 proposto da Prapaniku Gezim, rappresentato e difeso dall'avv. Marco Lancieri e dall'avv. Gabriele Contini, presso i quali e' elettivamente domiciliato in Bari, alla via Andrea da Bari n. 35; Contro la Prefettura di Bari, in persona del Prefetto pro tempore, e la Questura di Bari, in persona del Questore pro tempore, entrambi rappresentati e difesi dalla Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari; per l'annullamento dell'ordinanza del Prefetto di Bari, prot. n. 4062 del 19 agosto 2003, di archiviazione del procedimento di legalizzazione di lavoro irregolare ex art. 1, legge 9 ottobre 2002, n. 222; della nota prot. Cat. A n. 11/2003 Imm. C.A., in data 14 agosto 2003 della Questura di Bari; di ogni atto o provvedimento preordinato, conseguente e/o connesso. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Ufficio territoriale del Governo di Bari e della Questura di Bari; Viste le memorie prodotte dalle parti; Visti gli atti tutti della causa; Relatore, alla Camera di consiglio del 13 novembre 2003, il cons. Doris Durante; Udito l'avv. Marco Lancieri per il ricorrente e nessuno comparso per l'Avvocatura dello Stato; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. F a t t o e D i r i t t o Osserva il Collegio che la presente controversia riguarda la legittimita' o meno, previa delibazione della domanda incidentale di sospensiva, della ordinanza del Prefetto di Bari, prot. n. 4062 del 19 agosto 2003, di archiviazione del procedimento di legalizzazione di lavoro irregolare ex art. 1, legge 9 ottobre 2002, n. 222, avviato su domanda di regolarizzazione presentata da Ninivaggi Chiara, datore di lavoro dell'extracomunitario, e degli atti indicati in epigrafe. L'impugnata ordinanza di archiviazione costituisce, in realta', mera applicazione della rigorosa disposizione normativa contenuta nell'art. l, comma 8, lettera a) della citata legge 9 ottobre 2000, n. 222 (di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 9 settembre 2002, n. 195) che esclude dalla regolarizzazione - introdotta dalla medesima legge - i lavoratori extracomunitari nei confronti dei quali non possa essere disposta la revoca del provvedimento di espulsione gia' emesso in loro danno, in quanto statuito con la modalita' di accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica. Con l'ordinanza cautelare pronunciata in esito alla Camera di consiglio del 13 novembre 2003, questa Sezione ha accolto ad tempus (sino alla restituzione degli atti del giudizio da parte della Corte costituzionale in seguito alla decisione della questione di legittimita' costituzionale sollevata con separata ordinanza) la istanza cautelare presentata in via incidentale dal ricorrente. Rileva il Tribunale che la soprarichiamata norma dell'art. 1, comma 8, lettera a), legge 9 ottobre 2002, n. 222 (Disposizioni urgenti in materia di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari) - statuente che «le disposizioni del presente articolo non si applicano ai rapporti di lavoro riguardanti lavoratori extracomunitari nei confronti dei quali sia stato emesso un provvedimento di espulsione per motivi diversi dal mancato rinnovo del permesso di soggiorno, salvo che sussistano le condizioni per la revoca del provvedimento in presenza di circostanze obiettive riguardanti l'inserimento sociale; la revoca... non puo' essere in ogni caso disposta nell'ipotesi in cui il lavoratore extracomunitario sia o sia stato sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo... ovvero risulti destinatario di un provvedimento di espulsione mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica...» - suscita seri dubbi circa la sua conformita' all'art. 3, comma 1, della Carta costituzionale. Il Collegio intende, quindi, sollevare la questione di legittimita' costituzionale, in parte qua dell'art. 1, comma 8, lettera a) della legge 9 ottobre 2002, n. 222, proposta dal ricorrente, perche' lo stesso sembra porsi in contrasto con il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione che, notoriamente, vieta anche al legislatore di trattare in modo eguale situazioni soggettive profondamente diverse - nella misura in cui sbrigativamente equipara, ai fini dell'aprioristica esclusione dalla «regolarizzazione» (precludendo la possibilita' di attribuire rilievo all'esistenza di circostanze obiettive attestanti l'avvenuto inserimento sociale dello straniero), la ben differente posizione dell'extracomunitario che sia stato destinatario di un provvedimento di espulsione mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato o perche' ritenuto socialmente pericoloso, con quella del lavoratore extracomunitario che (come di consueto avviene) si sia semplicemente trattenuto nel territorio dello Stato italiano oltre il termine di 15 giorni fissato nell'intimazione scritta di espulsione o sia entrato clandestinamente nel territorio dello Stato privo di un valido documento di identita', non commettendo reati e senza rendersi in alcun modo concretamente pericoloso per la sicurezza pubblica. In tal modo, la norma appare porsi anche in contrasto con il generale precetto desumibile dallo stesso art. 3 della Costituzione che impone la ragionevolezza delle scelte legislative. La sollevata questione di legittimita' costituzionale appare rilevante - gia' nella fase cautelare del presente giudizio - in quanto da un lato, in base alla delibazione sommaria tipica della trattazione dell'incidente di sospensione, le censure prospettate nel ricorso appaiono prive di pregio giuridico poiche' l'impugnata ordinanza del Prefetto di Bari del 19 agosto 2003 costituisce, come detto, mera applicazione della soprariportata disposizione normativa e, dall'altro, l'esecuzione degli atti amministrativi gravati sarebbe suscettibile di provocare irreversibile, gravissimo pregiudizio delle posizioni soggettive del ricorrente. La presente fase cautelare della controversia, pertanto, ad avviso del collegio non puo' essere definita indipendentemente dalla risoluzione della sollevata questione di illegittimita' costituzionale che, per le ragioni sinteticamente indicate, appare non manifestamente infondata, dal momento che l'istanza di sospensione dell'efficacia dei provvedimenti impugnati dovra' essere definitivamente accolta oppure respinta a seconda che la disposizione normativa denunciata sara' o meno dichiarata incostituzionale in parte qua nella sede competente.