ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale degli artt. 6, 7 e 45,
comma 2,   del   decreto   legislativo   15 dicembre   1997,   n. 446
(Istituzione   dell'imposta  regionale  sulle  attivita'  produttive,
revisione   degli   scaglioni,  delle  aliquote  e  delle  detrazioni
dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta,
nonche'  riordino  della  disciplina dei tributi locali) e successive
modifiche, promossi con ordinanze depositate il 17 gennaio 2003 dalla
Commissione  tributaria  provinciale  di  Milano, il 22 novembre 2002
dalla  Commissione  tributaria  provinciale  di Bergamo, il 20 maggio
2003   dalla   Commissione  tributaria  provinciale  di  Cuneo  e  il
18 settembre 2003 dalla Commissione tributaria provinciale di Genova,
rispettivamente  iscritte  ai  nn. 495,  502, 836 e 1190 del registro
ordinanze 2003 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
nn. 32  e  43,  1ª  serie  speciale,  dell'anno 2003 e n. 4, 1ª serie
speciale, dell'anno 2004.
    Visti gli atti di costituzione della s.p.a. Deutsche Bank Capital
Markets,  della s.p.a. B.P.B. Leasing, della s.p.a. Banca Passadore &
C.,  nonche'  gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  30 novembre  2004  il giudice
relatore Franco Gallo;
    Uditi  gli  avvocati  Vittorio D. Gesmundo e Victor Uckmar per la
s.p.a.  B.P.B.  Leasing,  Antonio  Lovisolo e Leonardo Perrone per la
s.p.a. Banca Passadore & C. e l'Avvocato dello Stato Giancarlo Mando'
per il Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  quattro distinte ordinanze, le Commissioni tributarie
provinciali  di  Milano,  Bergamo,  Cuneo  e  Genova,  nel  corso  di
altrettanti  giudizi  promossi  da  societa'  contribuenti avverso il
diniego  (talora espresso, talora formatosi con silenzio-rifiuto) del
rimborso  delle  somme  versate  dalle  medesime societa' a titolo di
IRAP,  hanno  sollevato  -  premessane  la  rilevanza e non manifesta
infondatezza - questione di legittimita' costituzionale dell'art. 45,
comma 2,   del   decreto   legislativo   15 dicembre   1997,   n. 446
(Istituzione   dell'imposta  regionale  sulle  attivita'  produttive,
revisione   degli   scaglioni,  delle  aliquote  e  delle  detrazioni
dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta,
nonche'   riordino   della  disciplina  dei  tributi  locali),  quale
modificato dall'art. 6, comma 17, lettera b), della legge 23 dicembre
1999,  n. 488  (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale  dello  Stato.  Legge  finanziaria  2000). La Commissione
tributaria  provinciale  di  Milano,  nel corso del medesimo giudizio
pendente  davanti  a  se',  ha  sollevato  questione  di legittimita'
costituzionale anche degli artt. 6 e 7 del d.lgs. n. 446 del 1997.
    Secondo  tutti  i  giudici  rimettenti,  le norme denunciate, nel
prevedere in via transitoria, per i soli soggetti di cui agli artt. 6
e  7  del  medesimo d.lgs. n. 446 del 1997, aliquote comparativamente
piu'  elevate,  attribuirebbero  irragionevolmente  alle banche, agli
altri   enti   e   societa'   finanziari,  nonche'  alle  imprese  di
assicurazione  una  capacita'  contributiva  maggiore di quella degli
altri  soggetti  gravati dallo stesso tributo, nonostante l'identita'
della  grandezza  economica  assunta  dal legislatore quale indice di
capacita'  contributiva (cioe' il valore della produzione netta), per
legge  riferibile  a  tutti  i  settori  di attivita' e da calcolarsi
secondo   basi   imponibili  differenti  per  ciascuna  categoria  di
soggetti,   proprio   per   tener  conto  delle  diverse  regole  che
disciplinano      la      rappresentazione      della      situazione
economico-patrimoniale  e  reddituale.  Sarebbe  percio'  violato  il
combinato   disposto   degli   artt. 3   e  53,  primo  comma,  della
Costituzione (e, per la Commissione tributaria provinciale di Milano,
anche   dell'art. 2   Cost.),  quale  espressione  del  principio  di
eguaglianza   e  di  proporzionalita'  del  prelievo  alla  capacita'
contributiva.
    In particolare, secondo alcune rimettenti (Commissioni tributarie
provinciali   di   Bergamo  e  di  Cuneo),  la  censurata  disciplina
transitoria   non  potrebbe  trovare  giustificazione  nelle  ragioni
indicate   nella   relazione   governativa  allo  schema  di  decreto
legislativo  e  nella  allegata  nota tecnica, cioe' nell'intento del
legislatore  di ridurre l'impatto redistributivo della nuova imposta,
in  presenza  di  un  consistente  sgravio  fiscale  per  il  settore
dell'intermediazione   finanziaria   (interessato   anche   da  altri
provvedimenti  agevolativi  connessi  con  la  sua ristrutturazione),
nonche' di un significativo aggravio per i produttori agricoli (anche
in  relazione  agli  inasprimenti  del  regime IVA per tale settore).
Sarebbe,  infatti, incongruo impedire l'effetto redistributivo voluto
dalla   riforma   fiscale,   prevedendo   meccanismi   di  temporaneo
mantenimento  proprio di quelle distorsioni che tale riforma vorrebbe
eliminare;  inoltre,  l'esigenza  di  assicurare  la  gradualita' del
passaggio  al  nuovo  sistema  d'imposizione sarebbe soddisfatta gia'
dalla cosiddetta «clausola di salvaguardia» di cui all'art. 45, commi
da 3 a 6, del d.lgs. n. 446 del 1997 e di cui al decreto ministeriale
5 maggio  1998, che, operando nello stesso modo in situazioni di pari
capacita'  contributiva  e  senza  introdurre  discriminazioni  tra i
diversi  settori di attivita', prevede una riduzione dell'IRAP dovuta
nei  primi  tre  anni  di applicazione dell'imposta, ove quest'ultima
abbia  comportato  un  incremento  del  prelievo fiscale, rispetto al
regime  precedente, superiore a certi limiti percentuali ed assoluti;
infine,  le  agevolazioni  fiscali  previste  per le ristrutturazioni
aziendali  nel  settore  delle imprese finanziarie non solo sarebbero
estranee  alla  disciplina del tributo, ma potrebbero riguardare solo
quelle    imprese    concretamente    coinvolte    in   processi   di
ristrutturazione   e,  percio',  non  anche  le  societa'  parti  del
giudizio.
    Sotto  un  diverso profilo, le Commissioni tributarie provinciali
di  Bergamo,  Cuneo e Genova, nel corso degli indicati giudizi, hanno
sollevato   questione   di   legittimita'   costituzionale,  definita
rilevante  e  non  manifestamente  infondata,  del  medesimo art. 45,
comma 2,  del  d.lgs.  n. 446 del 1997, perche' questa disposizione -
dato il vincolo, posto dallo stesso decreto legislativo, di mantenere
l'equivalenza  di  gettito complessivo dell'IRAP nel settore privato,
rispetto   al  gettito  che  sarebbe  stato  ritraibile  in  base  al
precedente  regime  -  porrebbe  a carico esclusivamente dei soggetti
passivi  appartenenti  ai  settori sottoposti ad aliquota superiore a
quella  di  equilibrio  (cioe'  ai  settori  bancario, finanziario ed
assicurativo)  il  peso della copertura finanziaria dell'agevolazione
riconosciuta  ai  settori  agricolo e delle cooperative della piccola
pesca,  sottoposti  ad  un'aliquota inferiore a quella di equilibrio.
Per le rimettenti, tale disciplina violerebbe l'art. 53, primo comma,
della  Costituzione,  inteso  come  espressione  del  principio della
generalita'  dell'obbligo  contributivo  e,  dunque,  come divieto di
addossare  soltanto  ad alcuni soggetti passivi di imposta l'onere di
finanziare  gli interventi a sostegno di una particolare categoria di
altri  soggetti;  tanto  piu'  che,  secondo  quanto  osservato dalla
Commissione  tributaria provinciale di Cuneo, vi sarebbe una tendenza
legislativa  a  stabilizzare nel tempo la denunciata differenziazione
delle aliquote per settori di attivita'.
    2.   -   Nel   giudizio  promosso  dalla  Commissione  tributaria
provinciale di Milano, si e' costituita, con memoria depositata fuori
termine  (in  data  22 gennaio  2004,  a  fronte  della notificazione
dell'ordinanza  in  data  5 maggio  2003),  la  s.p.a.  Deutsche Bank
Capital Markets.
    3.   -   Nel   giudizio  promosso  dalla  Commissione  tributaria
provinciale  di  Bergamo,  si e' costituita la s.p.a. B.P.B. Leasing,
ribadendo  genericamente  la rilevanza e la fondatezza dei profili di
illegittimita'   costituzionale  sollevati  dal  giudice  rimettente,
riservandosi ogni ulteriore deduzione e produzione.
    4.   -   Nel   giudizio  promosso  dalla  Commissione  tributaria
provinciale  di  Cuneo,  non si e' costituita la s.c. a r.l. Banca di
credito cooperativo di Alba, Langhe e Roero.
    5.   -   Nel   giudizio  promosso  dalla  Commissione  tributaria
provinciale  di  Genova, si e' costituita la s.p.a. Banca Passadore &
C.,  che, con la memoria di costituzione e con una successiva memoria
illustrativa,  ha  ribadito  ed ampliato le argomentazioni svolte dal
giudice  rimettente: a) sottolineando la sufficienza della cosiddetta
clausola  di  salvaguardia a soddisfare le esigenze del passaggio dal
vecchio  al  nuovo  regime  tributario;  b)  affermando che l'area di
discrezionalita'  riservata  al  legislatore in materia tributaria e'
pur   sempre   presidiata   dal   principio  della  correlazione  tra
prestazioni  tributarie  e  capacita'  contributiva  (nel senso della
necessita'  che,  in  situazioni  identiche, il carico tributario sia
commisurato  in  modo  uniforme),  senza  che  possano  invocarsi, in
contrario,  i  vaghi  concetti,  privi  di  tutela costituzionale, di
«ragion  fiscale»  o  di  «interesse tributario alla riscossione»; c)
rilevando  che  i  provvedimenti  agevolativi per la ristrutturazione
delle  imprese  bancarie,  indicati  dalla  relazione  allo schema di
decreto  legislativo  come  ragione  della  transitoria maggiorazione
dell'aliquota   dell'IRAP   per   il   settore   dell'intermediazione
finanziaria,   possono   riguardare  solo  le  imprese  concretamente
coinvolte in processi di ristrutturazione e, dunque, non la s.p.a. in
causa;  d)  osservando  che la previsione di un'aliquota piu' onerosa
per  il  settore delle banche troverebbe la sua sola (ed illegittima)
ragion  d'essere nell'esigenza di assicurare la copertura finanziaria
dell'agevolazione riconosciuta al settore agricolo; e) sostenendo che
l'estensione  temporale del periodo di transitoria applicazione delle
aliquote differenziate, con ulteriore inasprimento delle aliquote per
le  banche e le imprese assicurative, disposto dall'art. 6, comma 17,
lettera b),   della   legge  n. 488  del  1999,  nonche'  l'esplicita
connessione  tra  le variazioni reciproche delle aliquote transitorie
dell'IRAP  disposte  dal  citato  comma 17  ed  il  finanziamento  di
specifici  capitoli  di  spesa,  instaurata dal comma 19 dello stesso
articolo  di  legge  (secondo il quale, nel caso di gettito inferiore
agli  importi  indicati  nella  legge  per  la  riduzione,  a partire
dall'anno 2000,  del  Fondo sanitario nazionale di parte corrente, le
aliquote   transitorie  dell'IRAP  «sono  rideterminate  in  modo  da
assicurare   i   gettiti   previsti»)  evidenzierebbero  la  tendenza
legislativa  a  rendere  stabile sia il suddetto regime differenziato
per  i  settori agricolo e finanziario, sia il reciproco collegamento
delle   differenze   di  aliquote,  escludendo  cosi'  in  radice  la
possibilita'   di  addurre  la  temporaneita'  del  sacrificio  quale
giustificazione di una tale disciplina discriminatoria.
    6.  -  In  tutti  i  giudizi  e'  intervenuto  il  Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato, chiedendo la declaratoria di inammissibilita'
o,   comunque,   di   infondatezza   della   sollevata  questione  di
legittimita' costituzionale.
    Quanto  all'inammissibilita',  ha  eccepito:  a)  la  carenza  di
motivazione  sulla rilevanza delle sollevate questioni; b) la mancata
indicazione  delle  censure  riguardanti i denunciati artt. 6 e 7 del
d.lgs. n. 446 del 1997 (eccezione limitata all'ordinanza emessa dalla
Commissione  tributaria  provinciale  di Milano); c) la insindacabile
discrezionalita'  del  potere  (nella  specie  esercitato in modo non
palesemente  irragionevole) del legislatore di determinare l'aliquota
dell'imposta.
    Quanto  all'infondatezza, ha dedotto che la norma denunciata, nel
fissare   transitoriamente  un'aliquota  maggiorata  per  il  settore
bancario,  finanziario  ed  assicurativo, troverebbe giustificazione,
nel  quadro  dell'esigenza  che  la  nuova imposta assicuri lo stesso
gettito  dei  tributi  e  contributi  da  questa sostituiti: a) nella
previsione  del  non  censurato  art. 3, comma 144, lettera f), della
legge    di   delegazione 23 dicembre   1996,   n. 662   (Misure   di
razionalizzazione  della  finanza  pubblica);  b)  nella  ragionevole
applicazione  di  tale criterio da parte del decreto delegato, tenuto
conto dello sgravio apportato dall'IRAP al carico fiscale dei settori
finanziario  ed  assicurativo  e  dell'aggravio, invece, apportato al
settore  dell'agricoltura;  c)  nella  sussistenza  di  un  effettivo
collegamento  del  presupposto  di  imposta  (anche  per gli istituti
finanziari   ed  assicurativi)  con  fatti  espressivi  di  capacita'
contributiva,  non  imponendo  l'art. 53  Cost.  ne'  che il prelievo
tributario  sia identico per differenziate categorie di contribuenti,
ne'  il  divieto di applicare transitoriamente aliquote differenziate
in  ragione  delle  diverse  categorie  economiche,  al  fine  di una
coerente   e   ragionevole   redistribuzione  del  carico  tributario
conseguente alla nuova imposta.
    7.  -  Nell'imminenza  dell'udienza  pubblica,  la  s.p.a. B.P.B.
Leasing,   in   relazione  al  giudizio  promosso  dalla  Commissione
tributaria  provinciale di Bergamo, ha tempestivamente presentato una
memoria  illustrativa.  La  societa',  nel ribadire le gia' formulate
conclusioni  di  declaratoria  di illegittimita' costituzionale della
norma  denunciata, deduce: a) il mancato rispetto, con l'inasprimento
ed  il  prolungamento  per  i  periodi  d'imposta  2001  e 2002 delle
aliquote,  disposto  dall'art. 6,  comma 17,  della  legge n. 488 del
1999, della natura transitoria delle maggiorazioni di aliquote di cui
all'art. 45,  comma 2,  del d.lgs. n. 446 del 1997; b) la necessita',
in base alla natura dell'IRAP, di un'unica aliquota, tenuto conto che
la  previsione  di  differenti  e specifiche regole di determinazione
della  base  imponibile  riconduce l'indice di capacita' contributiva
alla   medesima   unita'  di  misura;  c)  che,  in  base  ai  lavori
preparatori,  l'unica  ragione  della maggiorazione di aliquota per i
settori  bancario,  finanziario  ed  assicurativo  e'  identificabile
nell'esigenza  di  assicurare a carico esclusivamente di tali settori
(con  disparita'  di  trattamento nei confronti della generalita' dei
contribuenti)  la  copertura  finanziaria delle agevolazioni concesse
(mediante  la previsione di un'aliquota ridotta) a favore del settore
agricolo,   come   successivamente   dimostrato   anche  dall'art. 6,
comma 19,  della  legge  n. 488  del  1999,  che  prevede l'eventuale
rideterminazione  delle  aliquote  di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 45
del  d.lgs.  n. 446  del  1997  (quali  modificate dal comma 17 dello
stesso  art. 6 della legge n. 488 del 1999), in modo da assicurare in
ogni  caso  i  gettiti  in  aumento  per  gli  anni dal 2000 al 2002,
indicati  dallo  stesso  comma 19  e corrispondenti alle riduzioni di
pari  importo  apportate correlativamente al Fondo sanitario di parte
corrente;  d)  l'importanza, nel giudizio incidentale di legittimita'
costituzionale,   dell'esame   degli  atti  preparatori;  e)  la  non
riconducibilita'  della  differenziazione di aliquote all'esigenza di
assicurare  la gradualita' del passaggio al nuovo sistema impositivo,
essendo  tale  esigenza  soddisfatta  dalla  cosiddetta  clausola  di
salvaguardia  di  cui  all'art. 45, commi da 3 a 6, del d.lgs. n. 446
del  1997;  f)  il mancato godimento da parte della contribuente (non
esercente  attivita'  bancaria)  di  agevolazioni  previste,  per  le
ristrutturazioni   di   aziende  bancarie,  dall'art. 13  del  d.lgs.
17 maggio  1999, n. 153, attuativo della legge delega del 23 dicembre
1998,  n. 461, e comunque revocate dal d.l. 24 dicembre 2002, n. 282,
in  attuazione  della decisione della Commissione CE dell'11 dicembre
2001,   che   le  aveva  qualificate  come  aiuti  di  Stato  vietati
dall'ordinamento  comunitario; g) che l'alleggerimento delle aliquote
dell'IRAP  in  favore  del settore agricolo integra un aiuto di Stato
incompatibile  con  il  diritto  comunitario;  h)  che  i  continui e
disordinati  interventi  del  legislatore,  diretti  ad  inasprire le
aliquote  ed  a  procrastinare  indefinitamente  una  disciplina  che
dovrebbe  essere  transitoria,  minano  il  principio  della certezza
dell'ordinamento   giuridico,  elemento  essenziale  dello  Stato  di
diritto.
    8.  -  Sempre  nell'imminenza dell'udienza pubblica, l'Avvocatura
generale  dello  Stato  ha  tempestivamente  presentato,  in  tutti i
giudizi, distinte memorie illustrative: quelle per i giudizi promossi
dalle  Commissioni  tributarie provinciali di Milano, Bergamo e Cuneo
richiamano  la  memoria di cui al giudizio promosso dalla Commissione
tributaria provinciale di Genova, corredata da vari documenti.
    La  difesa  erariale  ribadisce  preliminarmente  l'eccezione  di
inammissibilita'   della   questione   sollevata   dalla  Commissione
tributaria  provinciale  di  Genova  per carenza di motivazione sulla
rilevanza,  osservando  che,  in  ogni  caso,  la  questione potrebbe
rilevare, attesa la qualita' soggettiva della ricorrente s.p.a. Banca
Passadore  &  C.,  solo con riferimento ai soggetti di cui all'art. 6
del  d.lgs. n. 446 del 1997 e non anche ai soggetti di cui all'art. 7
dello stesso decreto.
    Nel merito, l'Avvocatura generale dello Stato, dopo aver premesso
che la questione si risolve nella verifica del rispetto, da parte del
legislatore,  del  «limite della arbitrarieta-irragionevolezza» nella
temporanea  introduzione  di  una  maggiore  aliquota  per il settore
finanziario,  oppone  alle  osservazioni dei rimettenti e delle parti
private:  a)  che  non puo' essere negata la natura transitoria della
norma  denunciata,  senza  che  in  contrario  (nel senso cioe' della
lamentata   «stabilizzazione»  del  regime)  rilevino  ne'  l'art. 6,
comma 19,  della  legge  n. 488  del  1999 (avente efficacia limitata
all'arco  temporale  transitorio  prefissato  dall'art. 45 del d.lgs.
n. 446   del  1997),  ne'  la  cosiddetta  clausola  di  salvaguardia
(applicabile  ai  contribuenti  IRAP  solo  nel  triennio dal 1998 al
2000);  b) che l'IRAP (progettata come strumento di razionalizzazione
e  non  di  gettito,  dato  il  principio  dell'invarianza di gettito
rispetto  ai  tributi  e  contributi  soppressi)  ha  comportato  una
redistribuzione  perequativa  per  settori  omogenei  di imposizione,
cosi'  da  esigere  la  considerazione  comparata  degli  effetti del
vecchio  e  del  nuovo  sistema  di  prelievo,  in modo da realizzare
gradualmente  il  passaggio  tra  i  due  sistemi  ed  assicurare  la
equilibrata  distribuzione  del  relativo onere tra i vari settori di
attivita';  c)  che  e'  erronea  l'affermazione  secondo  cui l'IRAP
esigerebbe  un'unica  aliquota  per  tutti i settori (come dimostrato
dalla  lettera  degli  artt. 3, comma 144, della legge di delegazione
n. 662  del  1996  e 16 del d.lgs. n. 446 del 1997, che prevedono non
transitorie   differenziazioni   di   aliquote   per  settori  ed  in
particolare  anche  il  potere  di variazione delle aliquote da parte
delle  Regioni,  entro  un  limite  percentuale  prefissato);  d) che
l'attivita'  finanziaria  e creditizia hanno caratteristiche proprie,
tali  da non potere essere fiscalmente equiparate ad altre attivita';
e)  che  l'IRAP  ha  comportato  un  diminuito  carico fiscale per il
settore  bancario,  diminuzione  prevista  nella  relazione al d.lgs.
n. 446  del  1997  e  riscontrata  dalla Commissione parlamentare dei
Trenta  nella  relazione  finale  del  29 settembre  1999; f) che non
sussiste  alcuna  correlazione causale tra la riduzione dell'aliquota
per  il  settore  agricolo  e  la  maggiorazione  dell'aliquota per i
settori  di  cui  agli  artt. 6  e  7  del  d.lgs.  n. 446  del 1997,
trattandosi   di   disposizioni   distinte  e  sorrette  da  autonome
giustificazioni,  come  dimostrato  anche  dalla  non coincidenza dei
rispettivi  periodi  transitori;  g)  che il citato art. 6, comma 19,
della  legge  n. 488  del  1999,  consentendo  la rideterminazione di
entrambe  le  aliquote  (quella  maggiorata e quella ridotta) - e non
gia'  della  sola  aliquota  applicabile alle banche - per coprire il
minor  gettito  derivante  dalla riduzione di aliquota per il settore
agricolo,  dimostra  l'assenza  della  denunciata correlazione tra le
variazioni  reciproche  delle  aliquote  transitorie per i settori in
discorso; h) che, comunque, l'ipotizzata correlazione tra le aliquote
non  si  traduce  nella  violazione degli artt. 3 e 53 Cost., quando,
come  nella  specie,  la previsione della maggior aliquota si ancori,
secondo  la non arbitraria valutazione discrezionale del legislatore,
al  rilievo  di una maggiore forza economica espressa dal presupposto
di  imposta  riferito  ai soggetti del settore percio' maggiormente e
transitoriamente gravato.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Con  le  ordinanze  indicate  in  epigrafe, le Commissioni
tributarie  provinciali  di  Milano,  Bergamo,  Cuneo  e Genova -- in
riferimento  agli  artt. 2, 3 e 53, primo comma, della Costituzione -
sollevano questione di legittimita' costituzionale degli artt. 6, 7 e
45,   comma 2,  del  decreto  legislativo  15 dicembre  1997,  n. 446
(Istituzione   dell'imposta  regionale  sulle  attivita'  produttive,
revisione   degli   scaglioni,  delle  aliquote  e  delle  detrazioni
dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta,
nonche'   riordino   della  disciplina  dei  tributi  locali),  quale
modificato dall'art. 6, comma 17, lettera b), della legge 23 dicembre
1999,  n. 488  (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale  dello Stato. Legge finanziaria 2000), nella parte in cui
fissano  in  via  transitoria,  per  i  soggetti  di cui agli artt. 6
(banche  e  altri  enti  e  societa'  finanziari)  e  7  (imprese  di
assicurazione)   del  medesimo  decreto  legislativo,  aliquote  piu'
elevate   rispetto   a   quella  ordinaria  del  4,25  per  cento  e,
segnatamente,  a  quelle agevolate previste a favore dei soggetti che
operano  nei settori agricolo e delle cooperative della piccola pesca
e loro consorzi.
    2.  -  I  giudizi, data l'evidente connessione, vanno riuniti per
essere congiuntamente esaminati e decisi.
    3.  -  In  accoglimento  dell'eccezione  proposta dall'Avvocatura
generale    dello    Stato,    deve    dichiararsi    preliminarmente
l'inammissibilita'   della   questione  sollevata  dalla  Commissione
tributaria  provinciale  di  Milano in relazione agli artt. 6 e 7 del
d.lgs.  n. 446  del 1997, sia per la formale mancanza, nell'ordinanza
di  rimessione,  di  una  motivazione  della  rilevanza  e  della non
manifesta  infondatezza  specificamente riferite a tali articoli, sia
per   la  sostanziale  estraneita'  delle  norme  in  essi  contenute
(disciplinanti  la  determinazione del valore della produzione netta,
rispettivamente,   delle   banche  e  degli  altri  enti  e  societa'
finanziari, da un lato, e delle imprese di assicurazione, dall'altro)
alle censure sollevate dalla rimettente, aventi ad oggetto non gia' i
criteri  di  determinazione  dell'imponibile,  ma  esclusivamente  la
temporanea  differenziazione delle aliquote di imposta per settori di
attivita' produttiva.
    4.  -  Quanto  alle questioni riguardanti l'art. 45, comma 2, del
d.lgs.   n. 446  del  1997,  l'Avvocatura  generale  dello  Stato  ne
eccepisce  l'inammissibilita'  per  carenza  di  motivazione circa la
rilevanza nei giudizi a quibus.
    L'eccezione e' infondata e va respinta.
    Dalla descrizione delle fattispecie oggetto dei giudizi contenuta
nelle  ordinanze  di  rimessione (ricorsi avverso dinieghi espressi o
silenzi-rifiuto in ordine ad istanze di rimborso di somme corrisposte
a  titolo  di  IRAP per periodi di imposta compresi tra il 1998 ed il
2000)  e  dalla stessa denominazione sociale delle ricorrenti (s.p.a.
Deutsche  Bank Capital Markets, s.p.a. BPB Leasing, s.c. a r.l. Banca
di  credito  cooperativo  di  Alba,  Langhe  e  Roero,  s.p.a.  Banca
Passadore  &  C.)  emerge  che alle societa' contribuenti - in quanto
esercenti   attivita'   bancaria   o,   comunque,  finanziaria  -  e'
applicabile,  nei  giudizi  a quibus, il denunciato art. 45, comma 2,
del  d.lgs.  n. 446  del  1997:  di  qui  l'evidente  rilevanza delle
sollevate questioni.
    5.  -  Sempre  in  ordine  alle  questioni riguardanti l'art. 45,
comma 2,  del  d.lgs.  n. 446  del  1997, l'Avvocatura generale dello
Stato ne eccepisce l'inammissibilita' sotto il diverso profilo che le
censure  atterrebbero  al  potere  discrezionale  del  legislatore di
differenziare transitoriamente l'aliquota dell'imposta in relazione a
particolari categorie di contribuenti.
    Anche tale eccezione e' infondata e va respinta.
    Le  rimettenti  dubitano  della legittimita' costituzionale della
norma  denunciata  perche' ne assumono la contrarieta' ai principi di
eguaglianza   e  di  proporzionalita'  del  prelievo  alla  capacita'
contributiva  nonche'  al  principio  della  generalita' dell'obbligo
contributivo.   Le  proposte  censure  si  risolvono,  dunque,  nella
denuncia   del   superamento  di  limiti  costituzionalmente  imposti
all'esercizio  discrezionale  del  potere legislativo e postulano uno
scrutinio nel merito, rispetto agli evocati parametri costituzionali,
sotto    il   profilo   della   non   arbitrarieta'   e   della   non
irragionevolezza.
    6.  -  Nel  merito,  le  questioni  vengono  sollevate  sotto due
distinti profili.
    Sotto  il  primo  profilo,  tutti  i giudici rimettenti censurano
l'art. 45,  comma 2,  del  d.lgs.  n. 446 del 1997, in riferimento al
combinato   disposto   degli   artt. 3   e  53,  primo  comma,  della
Costituzione   (la   Commissione  tributaria  provinciale  di  Milano
menziona   anche  l'art. 2  Cost.,  evocato,  pero',  come  parametro
meramente  rafforzativo degli altri), quale espressione del principio
di  eguaglianza  e  di  proporzionalita'  del prelievo alla capacita'
contributiva.  Nelle  ordinanze di rimessione si osserva che la norma
denunciata  comporterebbe,  a carico delle banche, degli altri enti e
societa'  finanziari  e  delle  imprese  di assicurazione, un maggior
prelievo  fiscale,  a  parita'  di  capacita'  contributiva, misurata
quest'ultima  secondo  il  valore  aggiunto  prodotto dalle attivita'
autonomamente  organizzate,  a  sua  volta  calcolato  -  al  fine di
ottenere  una  base  imponibile confrontabile tra i vari settori e le
varie  attivita'  produttive  -  con  regole  diverse  stabilite  dal
legislatore  in  relazione  al tipo di attivita'. Il tutto, senza che
ricorrano  transitorie  esigenze  di  gradualita'  nel  passaggio dal
regime   fiscale   anteriore   all'istituzione   dell'IRAP  a  quello
successivo. Queste, infatti, sarebbero gia' soddisfatte dall'art. 45,
commi da 3 a 6, del d.lgs. n. 446 del 1997 e dal decreto ministeriale
5 maggio   1998,   che,   attraverso   la   cosiddetta   clausola  di
salvaguardia,  prevedono una riduzione dell'IRAP dovuta nei primi tre
anni  di applicazione dell'imposta, ove quest'ultima abbia comportato
un  incremento  del  prelievo fiscale, rispetto al regime precedente,
superiore a certi limiti percentuali ed assoluti.
    Sotto  il  secondo profilo, le Commissioni tributarie provinciali
di  Bergamo, Cuneo e Genova censurano il citato art. 45, comma 2, del
d.lgs. n. 446 del 1997 in riferimento all'art. 53, primo comma, della
Costituzione (inteso come espressione del principio della generalita'
dell'obbligo  contributivo),  perche',  con  la  norma  denunciata, a
parita'  di  gettito complessivo dell'imposta nel settore privato, il
minor  gettito  derivante  dall'applicazione,  in favore dei soggetti
operanti nel settore agricolo e delle cooperative della piccola pesca
e  loro  consorzi,  di  un'aliquota  inferiore a quella ordinaria del
settore   privato,  comporterebbe  l'attribuzione  esclusivamente  ai
soggetti  di  cui agli artt. 6 e 7 dello stesso d.lgs. del peso della
copertura  finanziaria  della  predetta  agevolazione. Cio' a maggior
ragione  ove si ritenesse in atto una tendenziale stabilizzazione nel
tempo del regime di differenziazione delle aliquote.
    7.  -  Le  questioni  sono  infondate, in relazione ad entrambi i
prospettati profili.
    Quanto  al  primo  profilo,  il  percorso  logico  seguito  dalle
ordinanze   di   rimessione   presenta  una  complessa  articolazione
argomentativa.
    Le censure muovono dal presupposto per cui la struttura dell'IRAP
esigerebbe,  per intrinseca necessita' logica e normativa, l'unicita'
dell'aliquota da applicarsi all'imponibile, data la confrontabilita',
nell'ambito  di  tutto  il  settore  privato, della misura del valore
aggiunto  prodotto.  Da  questa confrontabilita' intersettoriale, che
sarebbe  garantita  dai  diversi  criteri  di  computo di tale valore
fissati  dalla  legge  per  ciascun  settore da questa considerato, i
rimettenti   traggono   la   conseguenza  della  irragionevolezza  di
qualsiasi   differenziazione,  anche  transitoria,  di  aliquote  per
settori  e,  quindi,  della  violazione  del  principio  di capacita'
contributiva.
    Posta  tale  premessa, le Commissioni rimettenti passano a negare
che  la  norma  denunciata, con la sua temporanea differenziazione di
aliquote,  riposi sulle esigenze, tipiche del diritto transitorio, di
graduare  il  passaggio  da  un regime di prelievo ad un altro che lo
sostituisce.  Cio', sia perche' tali esigenze sarebbero integralmente
soddisfatte   dalla   cosiddetta  clausola  di  salvaguardia  di  cui
all'art. 45,  commi da 3 a 5, del d.lgs. n. 446 del 1997, sia perche'
non   opererebbero   i   fattori  di  variazione  di  carico  fiscale
genericamente indicati, per i settori privati in discorso, nei lavori
preparatori  di  questo  decreto  legislativo  (diverso  impatto  del
tributo  nei vari settori; coevi provvedimenti di agevolazione per le
ristrutturazioni  aziendali  bancarie  e  di  inasprimento, specie in
materia di IVA, per il settore agricolo), sia perche' l'ampio periodo
di  tempo  previsto  dal decreto legislativo per l'applicazione delle
aliquote differenziate, nonche' l'asserito intento del legislatore di
rendere  stabile  tale  differenziazione,  escluderebbero  la  natura
transitoria  della  norma  denunciata. Di qui la lamentata violazione
degli evocati parametri costituzionali.
    7.1. - Nessuna di tali argomentazioni puo' accogliersi.
    E'  errato  l'assunto  dei  giudici  rimettenti  secondo  cui  la
disciplina   dell'IRAP,   per   sottrarsi  ai  prospettati  dubbi  di
legittimita'  costituzionale, dovrebbe prevedere un'aliquota unica da
applicare  alle basi imponibili diversificate ai sensi degli artt. da
4  a  11-bis  del  d.lgs.  n. 446 del 1997. La previsione di aliquote
differenziate  per  settori  produttivi  e  per tipologie di soggetti
passivi  rientra,  infatti,  pienamente  nella  discrezionalita'  del
legislatore,  se  sorretta  da  non  irragionevoli motivi di politica
economica e redistributiva.
    A regime, tale discrezionalita' e' esercitata dalle regioni entro
limiti   prefissati  ed  a  partire  da  una  certa  data,  ai  sensi
dell'art. 16,  comma 3,  del  d.lgs. n. 446 del 1997 (come modificato
dall'art. 1,  comma 1,  del  decreto  legislativo  30 dicembre  1999,
n. 506),  in  base  al  quale  le regioni, a decorrere dal terzo anno
successivo  a  quello di emanazione del decreto, hanno la facolta' di
variare l'aliquota di cui al comma 1 dello stesso articolo 16 fino ad
un  massimo  di  un punto percentuale, con potere di differenziare la
variazione  per  settori  di  attivita'  e  per categorie di soggetti
passivi. In tal caso, la differenziazione delle aliquote trova la sua
giustificazione, fisiologica e avulsa da esigenze intertemporali, nei
diversi  obiettivi  di  politica  economica  e  redistributiva che le
regioni  stesse intendano perseguire nell'ambito della loro autonomia
finanziaria.
    Con  riferimento,  invece,  alla prima applicazione del tributo -
ipotesi  che  segna  i  limiti  del  presente giudizio - tali ragioni
trovano  il  loro  specifico  fondamento  nel  carattere dell'IRAP di
tributo sostitutivo di altri tributi e prestazioni imposte e, quindi,
nel  ragionevole  intento  del  legislatore delegato di garantire una
certa continuita' tra il precedente e il nuovo regime, soprattutto in
termini redistributivi e di gettito. In particolare, le ragioni poste
a base della differenziazione sono riconducibili ai seguenti principi
e  criteri  direttivi  fissati dalla legge di delegazione 23 dicembre
1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica): a)
l'aliquota  base  dell'imposta  deve essere fissata in misura tale da
rendere  il gettito equivalente complessivamente a quello dei tributi
e  contributi  soppressi  (art. 3,  comma 143,  lettera e);  b) detta
aliquota   (come,   del   resto,  la  base  imponibile)  puo'  essere
differenziata  per  settori  di  attivita'  per  ragioni (appunto) di
politica  economica  e redistributiva, tenendo anche conto del carico
dei tributi e contributi soppressi (art. 3, comma 143, lettera f); c)
sempre  nella  fase  transitoria,  deve  essere  attuata una graduale
sostituzione  del  gettito  dei  tributi  da  sopprimere,  al fine di
evitare  carenze e sovrapposizioni nei flussi finanziari dello Stato,
delle  regioni  e degli altri enti locali (art. 3, comma 147, lettera
a).
    L'aumento  provvisorio  e  calibrato delle aliquote per i settori
bancario,  finanziario  e  assicurativo,  operato  in coerenza a tali
principi  di  delega,  e'  dunque  pienamente  giustificato  sotto il
profilo  degli artt. 3 e 53, primo comma, della Costituzione, essendo
esso  la conseguenza, da una parte, della valutazione circa il minore
impatto  del  nuovo  tributo  sui detti settori e, dall'altra, di una
scelta di politica redistributiva volta ad assicurare, in ragione del
carattere  surrogatorio del tributo, la continuita' del prelievo e ad
evitare,  quindi, possibili divergenze tra la precedente ripartizione
del  carico fiscale e quella che si sarebbe verificata ove nella fase
di  prima  applicazione  si  fosse  adottata  una  aliquota  unica  e
indifferenziata per tutti i settori produttivi del comparto privato.
    7.1.1.  -  La  ragionevolezza  della transitoria differenziazione
delle  aliquote disposta dall'art. 45, comma 2, del d.lgs. n. 446 del
1997  risulta,  del resto, dai dati economici e contabili considerati
dal  legislatore  in  sede  di  prima applicazione del tributo e solo
genericamente  contestati  dai  giudici  a  quibus  e  dalle societa'
contribuenti.  La nota tecnica allegata alla relazione governativa al
citato  decreto  legislativo  e  le  successive indagini parlamentari
evidenziano,    infatti,    uno   «sgravio   consistente»   apportato
dall'introduzione   dell'IRAP  per  il  settore  dell'intermediazione
finanziaria e un «aggravio significativo» per il settore agricolo. E'
indicativo,  al riguardo, che la Commissione bicamerale consultiva in
materia   di  riforma  fiscale,  in  esito  alle  indagini  empiriche
effettuate   sull'attuazione   dell'IRAP,   abbia   affermato,  nella
relazione  finale  del  29 settembre  1999,  che,  pur con l'aliquota
maggiorata,   il   vantaggio   tratto   dai  settori  finanziario  ed
assicurativo  dall'applicazione  dell'IRAP  e'  stato «superiore alle
aspettative»   e   che  «l'impossibilita'  che  comunque  permane  di
omologare totalmente il settore finanziario agli altri settori impone
che   se   ne   tenga  conto  attraverso  un'aliquota  differenziata»
(paragrafo 9.1.).
    La transitoria differenziazione dell'aliquota relativa ai settori
indicati  negli  artt. 6  e  7  del  d.lgs. n. 446 del 1997 e' stata,
dunque,   disposta   dal   legislatore   in   modo   non  palesemente
irragionevole, dopo aver concretamente valutato l'insufficienza della
sola  differenziazione settoriale delle basi imponibili a raggiungere
l'obiettivo  del mantenimento dell'originaria ripartizione del carico
fiscale.   Cio'   tanto   piu'  vale  se  si  considera  che  -  come
costantemente  sottolineato da questa Corte - la discrezionalita' del
legislatore  e'  particolarmente  ampia  quando  trattasi  di dettare
disposizioni  transitorie  (v.,  ex plurimis, le ordinanze n. 131 del
1988 e n. 66 del 1994).
    7.1.2.  -  Va  infine  chiarito che la tesi dell'incompatibilita'
dell'IRAP  con  una  pluralita'  di  aliquote  non  potrebbe  trovare
conforto  nelle affermazioni contenute nell'ordinanza di questa Corte
n. 426  del  2002  (secondo  cui,  «se l'idoneita' alla contribuzione
ricollegabile  alla nuova ricchezza prodotta e' identica per tutte le
forme  di  attivita'  autonomamente  organizzata,  siano esse di tipo
imprenditoriale o professionale, ne discende che la sottoposizione di
tutti i soggetti passivi alla medesima aliquota non contrasta ne' con
il   principio   di   eguaglianza   ne'   con   quello  di  capacita'
contributiva»),  perche' tale pronuncia non implica affatto - ne' sul
piano  logico ne' su quello letterale - che la pluralita' di aliquote
violi   necessariamente   gli   artt. 3  e  53,  primo  comma,  della
Costituzione.    La    Corte    infatti,   negando   l'illegittimita'
costituzionale  di  un'unica  aliquota,  non  ha  inteso escludere la
legittimita' costituzionale di aliquote differenziate per settori.
    7.2.  -  Le Commissioni rimettenti e le parti private costituite,
per   porre  in  dubbio  la  ragionevolezza  e  la  congruita'  della
denunciata  disciplina transitoria, negano anche che la maggiorazione
dell'aliquota  prevista  dall'art. 45, comma 2, del d.lgs. n. 446 del
1997   trovi   la   sua   ratio   nell'obiettivo   di   riequilibrare
temporaneamente   l'impatto   redistributivo  dell'IRAP  sui  settori
bancario, finanziario ed assicurativo. A tal fine assumono o che tale
finalita'  sarebbe  riservata esclusivamente alla cosiddetta clausola
di  salvaguardia  di cui ai commi da 3 a 6 dello stesso art. 45 o che
la  differenziazione di aliquote sarebbe in realta' «tendenzialmente»
non temporanea.
    Tuttavia,  appare  evidente  che la clausola di salvaguardia e la
temporanea  differenziazione di aliquote operano su piani diversi. La
prima  si  applica  individualmente, in relazione agli acconti dovuti
dal   contribuente   ed  indipendentemente  dal  settore  cui  questo
appartiene,  nella  eventualita'  in  cui  il maggior carico fiscale,
rispetto  a  quello  che  sarebbe  derivato  dai tributi e contributi
soppressi,  superi  gli ammontari percentuali ed assoluti fissati con
apposito  decreto  ministeriale.  La  seconda  e'  disposta invece in
generale,  per  settori di attivita', in considerazione della diversa
entita'   del   gettito   della   nuova  imposta  rispetto  a  quello
virtualmente  ritraibile dai tributi e contributi soppressi, cosi' da
modulare  nel  tempo (per i periodi di imposta stabiliti dalla legge)
l'impatto  redistributivo  del nuovo tributo. E', percio', chiaro che
le  due  misure  non  si escludono reciprocamente, potendo applicarsi
congiuntamente   nella   singola  fattispecie.  Anche  la  temporanea
differenziazione  delle  aliquote  svolge,  infatti,  una funzione di
salvaguardia  in  senso  lato,  perche'  opera  in  un  piu'  vasto e
strategico   disegno   di   diritto   transitorio,   senza  porsi  in
contraddizione con la menzionata «clausola» di cui all'art. 45, commi
da 3 a 6, del d.lgs. n. 446 del 1997.
    Quanto alla paventata «tendenziale» stabilizzazione dell'aliquota
maggiorata applicabile ai soggetti di cui agli artt. 6 e 7 del d.lgs.
n. 446   del   1997,  e'  irrilevante  ai  fini  della  decisione  la
prospettazione  del  timore  di una futura non gradita modifica della
normativa  vigente. A prescindere dalla gia' rilevata facolta' per le
regioni di differenziare le aliquote a regime, ai sensi dell'art. 16,
comma 3,  del  d.lgs.  n. 446 del 1997 e successive modificazioni, la
norma   impugnata  prevede  solo  una  limitata  durata  del  periodo
transitorio  di  vigenza  di  aliquote  differenziate, durata che non
esula dalla comune nozione di transitorieta'.
    Ne',  per  dimostrare la volonta' del legislatore di stabilizzare
la  differenziazione  delle aliquote, i giudici rimettenti e le parti
private costituite possono addurre il disposto dell'art. 6, comma 19,
della legge n. 488 del 1999, che prevede l'eventuale rideterminazione
delle  aliquote  di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 45 del d.lgs. n. 446
del  1997  (quali  modificate  dal comma 17 dello stesso art. 6 della
legge  n. 488 del 1999), in modo da assicurare in ogni caso i gettiti
in  aumento  per  gli  anni  dal  2000 al 2002, indicati dallo stesso
comma 19  e  corrispondenti  alle riduzioni di pari importo apportate
correlativamente  al  Fondo sanitario di parte corrente. Anche in tal
caso,  infatti,  il legislatore ha operato nell'ambito dei periodi di
transizione  fissati  dall'art. 45  del  d.lgs.  n. 446  del  1997 e,
soprattutto,  non  ha  trasceso  la  descritta logica normativa della
transitorieta',   limitandosi   a  consentire  temporanei  interventi
correttivi  sulle  aliquote,  in  caso  di errori nelle previsioni di
aumento di gettito.
    8.   -   In   riferimento  al  secondo  profilo  delle  questioni
(prospettato  in  tre  delle  quattro  ordinanze  di  rimessione), la
denunciata  violazione  del  principio della generalita' dell'obbligo
contributivo  si  fonda  su  una non condivisibile interpretazione di
tale   principio   e  sull'errato  presupposto  che  le  agevolazioni
transitoriamente  attribuite dal legislatore con l'art. 45 del d.lgs.
n. 446 del 1997 al settore agricolo e delle cooperative della piccola
pesca e loro consorzi siano esattamente ed esclusivamente finanziate,
con   correlazione   causale   necessaria,  dalle  maggiori  aliquote
transitoriamente  poste a carico del settore bancario, finanziario ed
assicurativo.
    Siffatta  lettura  del  principio  di generalita' dell'obbligo di
concorrere  alle  spese pubbliche e' erronea perche' non considera il
necessario collegamento con la capacita' contributiva postulato dallo
stesso  art. 53,  primo  comma,  Cost.  e  perche',  di  conseguenza,
impedirebbe  ogni  politica  redistributiva  del carico fiscale, ogni
differenziazione  di aliquote ed ogni agevolazione, pur se rispettose
dei principi di eguaglianza, ragionevolezza e capacita' contributiva.
    A  parte  cio', l'erroneita' di quanto presupposto dai rimettenti
e'  dimostrata  non solo dall'autonomia delle ragioni giustificatrici
della    differenziazione   delle   aliquote   di   ciascun   settore
(neutralizzazione  sia  del  maggiore  impatto  del nuovo tributo sui
settori  agricolo  e  della piccola pesca, sia del minore impatto sui
settori  bancario,  finanziario  ed  assicurativo),  ma  anche  dalla
diversa  durata  dei  periodi  transitori  previsti  per i menzionati
settori  (sette  periodi  d'imposta a decorrere da quello in corso al
1 gennaio  1998  per  i  settori  ad aliquota ridotta; cinque periodi
d'imposta,  con  la  stessa  decorrenza,  per  i  settori ad aliquota
maggiorata).  Non v'e', percio', alcuna correlazione biunivoca tra il
differenziale virtuale di gettito complessivo nei settori ad aliquota
agevolata  ed  il  differenziale  virtuale di gettito complessivo nei
settori  ad  aliquota maggiorata. Il decreto istitutivo dell'IRAP non
offre  alcun elemento normativo a sostegno della tesi dei rimettenti,
ne'  a  questa  gioverebbe  il  richiamo  del  sopra  citato  art. 6,
comma 19,  della  legge  n. 488  del  1999,  che anzi, nel consentire
l'eventuale   rideterminazione  delle  aliquote,  in  aumento  od  in
diminuzione,  prescinde dalla correlazione ipotizzata nelle ordinanze
di rimessione.
    Va dunque esclusa qualsiasi lesione del principio dell'obbligo di
tutti  di  concorrere  alle  spese pubbliche in ragione della propria
capacita' contributiva.